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Sulle Ali del Tempo
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E-book207 pagine3 ore

Sulle Ali del Tempo

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Info su questo ebook

Una enorme valle da cui nessuno può entrare o uscire è il luogo dove si sveglia improvvisamente il protagonista. Non ricorda nulla del suo passato, vagando incontra i popoli e gli strani animali che abitano quel luogo misterioso. Una bellissima ragazza lo aiuta a ritrovare se stesso ma egli nasconde molto più di quanto avesse sospettato. Scoprirà ben presto che il suo mondo è molto più lontano di quanto poteva supporre. I soccorsi arrivano dal lontano passato ma prima di tornare a casa dovranno compiere una missione assieme alla bella principessa di cui il suo soccorritore si innamora. Dovranno affrontare macchine intelligenti e bestie enormi che vegliano su quella terra. Il ritorno a casa assieme a colui che è venuto a salvarlo sarà drammatico. Tutti sono morti a causa di un gruppo terroristico. I due amici torneranno indietro nel tempo per impedire quel massacro ma dovranno fare i conti con le loro coscienze. Le nuove tenologie sviluppate in quel luogo sono troppo pericolose per il mondo. Inizia così una serie di avventure in epoche diverse per dare una seconda possibilità al pianeta ed un nuovo mondo ai protagonisti.
LinguaItaliano
Data di uscita6 gen 2015
ISBN9786050347357
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    Anteprima del libro

    Sulle Ali del Tempo - Maurizio Mercati

    Capitolo 1 - Disperso

    Stava riprendendo coscienza, le nebbie che offuscavano i suoi sensi si stavano piano piano sollevando. La prima cosa che i suoi occhi videro fu un cielo azzurro con qualche nuvola e la forma di una gli sembrò familiare. Cercò di ricordare dove si trovava e perché era lì, nulla, si sentiva come se il buio lo avesse avvolto ed espulso fuori all’improvviso in quel luogo e in quel momento. Quale luogo? Quale momento? Tentò di muoversi, riuscì a mettersi seduto e si guardò intorno, molti alberi, erba verde, in lontananza montagne avvolte da una lieve nebbiolina, bel posto pensò, Ma dove sono? e soprattutto chi sono io? A quel pensiero si scosse e iniziò a guardare il proprio corpo, era a torso nudo con dei pantaloni aderentissimi che lo fasciavano fino al ginocchio, alto muscoloso, spalle larghe e pettorali sviluppati, un fisico da atleta pensò, ma sentiva che c’era qualcosa di sbagliato in tutto questo come se il corpo dove si trovava non gli appartenesse. Provò ad alzarsi in piedi, il corpo rispondeva bene. Un forte capogiro lo allarmò ma passò subito. Si aggirò tra gli alberi fino a che i suoi sensi si stabilizzarono e riuscì a pensare con maggior lucidità, sentì un odore familiare, era acqua, forse un lago o un fiume erano nelle vicinanze, seguendo il proprio olfatto si incamminò. Man mano che si inoltrava nella foresta sempre più fitta cercava di ricordare. Le domande si susseguivano nella sua mente ma non c’era ombra di risposte. Una parete oscura lo separava da tutto quello che c’era stato prima, cercava in tutti i modi di sollevare quel velo nero ma la sua mente si rifiutava di aiutarlo. Ogni tanto si fermava per guardarsi intorno, non riconosceva nulla di quei luoghi, tutto gli era sconosciuto e, pur non ricordando, ebbe la netta sensazione di non trovarsi dove avrebbe dovuto essere. C’erano molti alberi e piante, alcuni li catalogò immediatamente Quercia, pioppo, abete, pino pensò sorpreso, altre non riusciva a riconoscerle e questo lo convinse ancora di più che si trovava nel posto sbagliato. Aria, figlia di Eric re della tribù del cielo, stava compiendo il rito della caccia al serpente alato come i suoi antenati. Armata solo di una lunga lancia e di una correggia di cuoio, che nelle sua abili mani diventava una micidiale arma per lanciare pietre, stava perlustrando la vallata. Sperava di trovare l’essere che da tempi immemorabili era il talismano della sua gente, suo padre era partito da troppo tempo e ora toccava a lei. Se fosse riuscita nel suo intento, cosa non molto probabile, sarebbe potuta tornare a casa e prendere il posto che le competeva nella gerarchia del suo popolo. Aveva diciotto anni, era alta, capelli biondi lunghi, zigomi alti ed occhi di un viola quasi iridescente che ipnotizzavano chi avesse l’ardire di fissarli. Fra il popolo non era considerata molto bella, troppo alta, troppo formosa, troppo forte, tanto da mettere in seria difficoltà la maggior parte dei maschi, troppo testarda e volitiva non si piegava mai davanti a niente e a nessuno. Erano i tratti del volto e la statura a distinguerla, non apparteneva al popolo ma alla stirpe reale. Aria era l’unica figlia del sovrano di quelle terre e se si fosse dimostrata degna del suo ruolo, tornando a casa in groppa al serpente alato, sarebbe divenuta la regina della sua terra. In seguito avrebbe tentato anche lei l’impresa, volare sopra le alte montagne ed uscire dalla valle. Forse sarebbe riuscita a ritrovare il suo amato padre e gli altri partiti prima di lui. Nella valle tra folti alberi si snodava il grande corso d’acqua che rendeva fertile tutta la zona, era il fiume Erevet che nasceva dalle montagne oltre il grande buio, tutti coloro che avevano tentato di raggiungerne le sorgenti non avevano mai fatto ritorno. Anul emerse dalle profonde acque del fiume. Era lungo circa otto metri, un corpo affusolato, ricoperto di scaglie, che finiva in una specie di coda con una punta accuminata di osso. Aveva quattro grosse zampe artigliate, la testa era allungata e la dentatura possente, gli occhi rosso fuoco e la cresta in mezzo alla fronte lo rendevano terribile a vedersi. Le ali simili a quelle dei pipistrelli, con una apertura di oltre dodici metri, gli permettevano un volo agile e veloce nonostante la sua mole. Era uno dei discendenti di una razza antichissima che non apparteneva a quello strano mondo. Vi era stata risucchiata molti secoli prima da una immane catastrofe che aveva messo in comunicazione il suo pianeta di origine con questo dove lui era nato. I suoi antenati, rimasti intrappolati quando la comunicazione tra i pianeti si era dissolta, si erano adattati bene a quel luogo. Aveva caratteristiche simili al loro mondo, oramai, a parte i racconti tramandati dai padri, i suoi simili chiamavano questo posto casa. Si innalzò nell’aria immobile lasciando dietro sé una nube di goccioline che attraversate dalla luce apparivano iridescenti, pochi potenti colpi di ali e già volteggiava sopra la valle. Gli ihgard erano una razza intelligente, riuscivano a percepire le emozioni degli altri esseri viventi, si nutrivano di erbe ed arbusti e non erano aggressivi se non disturbati. L’unica cosa che proprio non tolleravano erano quei bipedi arroganti che volevano cavalcarli. Tentavano in ogni modo di sorprenderli e piegarli al loro volere senza sapere che non era con la forza che potevano avere ragione della sua razza. Solo pochissimi c’erano riusciti fino ad ora, coloro che lo avevano fatto erano divenuti poi un tutt’uno con l’essere volante. Venivano accettati solo perchè in loro si percepivano tutte le qualità che anche la sua razza possedeva: forza, senso di giustizia, bontà e determinazione. In quei bipedi che normalmente trasudavano paura, avidità e superbia trovare quel tipo di emozioni era per l’ihgard uno shock così intenso che ne rimaneva conquistato. Anul nella sua pur lunga esistenza non aveva mai trovato nessuno che fosse anche lontanamente degno della sua attenzione ed i temerari che avevano provato a catturarlo avevano fatto una bruttissima fine.Camminava velocemente nel bosco e intanto alla sua coscienza si affacciavano domande senza risposta. Un rumore attirò la sua attenzione, si voltò istintivamente, una creatura mai vista prima era comparsa alle sue spalle, la sua mente si chiese oziosamente se era vero che non la conosceva o se solo non ricordava. Il predatore, un vecchio esemplare di tyrs, con le zampe anteriori prensili dotate di durissime unghie si era spostato da un albero ad un altro seguendo quel bipede, il suo istinto gli diceva che era in difficoltà e che sarebbe stato una facile preda. I tyrs attaccavano qualunque cosa con l’intento di divorarla, la fame li spingeva ad essere temerari ma, loro malgrado, avevano imparato a temere gli esseri umani, soprattutto quando erano in gruppo. Ritto sulle zampe posteriori era poco più basso di un uomo ma le unghie robuste, la velocità e la ferocia che metteva nell’aggredire la preda facevano di lui un avversario temibile anche per il più forte guerriero delle tribù del cielo. Aveva poi un’arma ancora più insidiosa, i due tentacoli che partivano dalla base del capo, erano fortissimi e muniti di cellule urticanti che tramortivano la preda, o nel peggiore dei casi la rallentavano, in modo che il tyrs la potesse sopraffare. Attaccò improvviso e letale, i tentacoli si avvolsero attorno al busto dell’uomo che si era voltato all’ultimo istante, le zampe anteriori colpirono con violenza la testa mentre quelle posteriori scalciavano e graffiavano tentando di far cadere la preda. Il panico si impadronì dell’uomo, era stato assalito e sapeva che sarebbe morto di li a poco, senza nemmeno accorgersene tentò una inutile difesa cercando di fermare le zampe del mostro che lo stava attaccando. Era come in sogno, tutto sembrava svolgersi al rallentatore, sapeva di essere stato colpito decine di volte ma non sentiva dolore, riuscì ad afferrare una zampa del suo aggressore e spinse con forza per allontanarlo, l’arto si sbriciolò come fosse fatto di gesso e un grosso fiotto di liquido viola scuro si riversò a terra, l’altra mano colpì la testa del suo avversario e anche questa esplose e si frantumò in mille pezzi spandendo il liquido intorno a sé. Strappò quei tentacoli che ancora avvolgevano il suo torace, la testa vorticava furiosamente, la nausea stava per sopraffarlo, fece alcuni profondi respiri e ritrovò l’equilibrio. Ciò che restava del tyrs era riverso a terra ai suoi piedi, d’istinto si tastò tutto il corpo dove sapeva di trovare ferite mortali, nulla, nemmeno un graffio, la scoperta lo impaurì più dell’attacco subìto, le gambe cedettero e il buio lo avvolse per qualche momento. Tornò in sé quasi subito e piano piano riuscì a ritrovare la calma ma nella sua mente le domande si fecero ancora più pressanti :Come è possibile che io sia illeso? Che creatura era questa così terribile e così fragile?Poi in un accesso di furia urlò con quanto fiato aveva in gola : Chi sono io ? Che cosa sono io? Solo un lontano eco gli rispose beffardo. Si sedette e fece ogni sforzo per ricordare. Nulla, era come se egli fosse nato quel giorno in quel posto sconosciuto. Poi, nella sua mente si accese una piccolissima luce, come un frammento di specchio che fosse stato illuminato dal sole. Thomas… L’unica cosa che vorticava nella sua mente vuota, cosa vuol dire? Ancora una voce femminile, che lo scosse, si fece strada nella nebbia come se lo chiamasse Thomas…. Non riusciva a ricordare altro ma già quei due particolari, il nome e la voce sembravano una enorme conquista. Pensò : Forse Thomas sono io e il ricordo della voce è una persona cara che mi chiama?

    Quelle piccole luci tremolanti nell’oscurità, erano l’unico appiglio disponibile ed egli vi si aggrappò con tutte le sue forze. Qualcosa, anche se solo dei piccolissimi frammenti di quello che doveva essere il suo passato, si era fatto strada nel buio della sua memoria e lui si sentì molto meglio. Si alzò e ignorando il corpo del tyrs proseguì in cerca dell’acqua.Aria sapeva che il suo destino sarebbe stato, in un modo o nell’altro, quello di tutti i suoi antenati ma non aveva paura, anzi ne era profondamente orgogliosa. Poteva morire nel tentativo di dominare il serpente alato, molti erano caduti in questo modo, solo pochissimi c’erano riusciti e nessuno sapeva come avessero fatto. Nel caso fosse riuscita a tornare in volo dal suo popolo avrebbe dovuto affrontare l’ignoto cercando di oltrepassare le montagne verso il grande buio. Doveva liberare la sua gente e guidarla verso immense terre e distese di acqua infinite che le leggende antichissime narravano fossero oltre il grande recinto dove antichi Dei li avevano rinchiusi. Solo in volo poteva sperare di oltrepassare la grande cortina oscura che circondava la sua terra e l’unico essere vivente in grado di portarla fin lassù era il serpente alato. Quella era la sua missione e lei l’avrebbe compiuta o sarebbe morta nel tentativo, lo giurò ancora una volta a sé stessa. Alzò lo sguardo, il grande serpente era poco lontano e si librava nel cielo leggero e tranquillo assolutamente inconsapevole della sua presenza, non ebbe paura quando lo vide ma una più profonda consapevolezza di sé la avvolse, il tempo sembrò rallentare, ogni fibra di lei si tese e come se fosse uscita dal suo corpo vide sé stessa iniziare la caccia. Il fiume non era la casa del serpente alato ma egli si doveva nutrire, Aria sapeva dove alcuni di questi esseri preferivano recarsi per mangiare. Lungo il corso d’acqua verso nord si trovavano delle fitte macchie di arbusti dal colore verde chiaro che sembravano piacere molto agli ihgard. Era lì che lo avrebbe trovato ed era lì che si sarebbe compiuto il suo destino. Era consapevole che le uniche armi che poteva usare con l’ihgard erano il suo coraggio e la sua determinazione, la lancia e la fionda erano solo per proteggersi dagli altri pericoli che poteva incontrare nel suo cammino. Stava pensando a questo quando notò delle chiazze viola per terra e, poco oltre, il corpo smembrato di un tyrs. La ragazza trasalì, nel suo mondo non conosceva alcun animale in grado di ridurre un tyrs in quel modo, ad eccezione di un ihgard, ma essi non assalivano mai le altre creature se non venivano aggrediti. I tyrs si guardavano bene dall’attaccare quegli avversari troppo potenti, anzi alla loro vista scappavano sempre nel folto del bosco. In quella radura era successo qualcosa di molto strano, l’istinto e la sete di sapere le fecero dimenticare la sua missione principale. C’erano molte tracce umane in quel luogo, da abile cacciatrice riusciva a leggervi molte cose, capì che erano collegate al tyrs e iniziò a seguirle. Era seduto sulla riva sabbiosa del grande fiume, guardava scorrere le vorticose acque che si inoltravano in mezzo alla foresta e riempivano con il loro rumore il silenzio di quello strano posto. Si mise a pensare di nuovo alla sua situazione, il buio della sua mente rischiava di sommergerlo e farlo impazzire, doveva ricordare, non poteva arrendersi. Un’ombra enorme attirò la sua attenzione, guardò in alto e le sue paure più intime e antiche si materializzarono in ciò che vide. Se non era tutto un sogno, quello che stava volando tranquillamente sopra di lui era un .. DRAGO.. la parola gli saltò in mente. Poi ancora una creatura mitologica dei racconti della mia infanzia, ma io ho avuto una infanzia?.Chissà perchè gli sembrava strano vedere quella bestia, non ricordava nulla ma sapeva che non poteva esistere. Era ancora assorto nei suoi pensieri guardando il grande animale alato allontanarsi quando sentì qualcosa alle sue spalle. Fu più una sensazione che un reale rumore ma si girò con tutti i nervi tesi pronto a difendersi da un nuovo pericolo. Ciò che vide lo lasciò più confuso che mai, a una decina di metri da lui stava eretta e in posizione di sfida una bellissima giovane, armata di lancia, che lo guardava con attenzione e curiosità. Senza rendersi conto di farlo, la sua mente annebbiata catalogò quella creatura come una femmina della sua specie, alta bionda, decisamente bella e molto giovane ma non per questo meno pericolosa. Si irrigidì e cercò nella sua personale oscurità qualcosa da dire, solo il buio, nessuna parola gli salì alle labbra, rimase immobile e in silenzio fissando la splendida creatura che aveva davanti a sé. L’inseguimento e l’avvicinamento a quello strano uomo l’avevano impegnata ed era riuscita a non pensare ad altro. Lo vide di spalle in riva al fiume, si avvicinò piano piano da cacciatrice esperta e lo osservò. Spalle larghe, muscoloso, intorno ai glutei e alle gambe fino al ginocchio aveva uno stranissimo gonnellino che lo fasciava e metteva in risalto le sue forme, mai visto nulla del genere. Sicuramente era pericoloso e se poi era stato lui ad uccidere il tyrs doveva essere un guerriero eccezionale. Si disse che la sua missione era un’altra e che sarebbe dovuta andare via, ma la curiosità e una strana attrazione la trattenevano facendola avvicinare sempre più. Si alzò in piedi decisa ad affrontare lo straniero quando improvvisamente costui si girò. Lesse in quel bel viso di uomo una serie di emozioni e una confusione tale che la stupì e la rese ancora più curiosa. Chi sei tu? ridò Aria allo sconosciuto. L’uomo non si mosse ma una serie di espressioni si susseguirono nel suo volto, poi rispose con una voce un po’ incerta che sembrava venire da lontano : Non lo so !. Il giovane uomo era molto sorpreso, lo stupore crebbe quando si rese conto che la strana ragazza aveva parlato in una lingua che lui comprendeva bene. D’istinto le aveva risposto nella stessa lingua, anche se sentiva che non era la propria originale. Tutto questo attraversò la sua mente in un attimo e si rese conto di sapere molte più cose su sé stesso di quanto gli fosse sembrato. Il pensiero lo rincuorò e si dedicò ad osservare meglio la splendida ragazza che si trovava di fronte. Tumburu era il capo della tribù ribelle dei mor, fin dai tempi antichi, oltre la memoria storica, la sua gente aveva vissuto ai margini delle società alle quali si aggregava e come un parassita umano aveva sempre sfruttato gli altri mendicando, rubando, uccidendo e usando ogni mezzo illecito per vivere senza lavorare. Dopo il grande caos, il suo popolo aveva cercato di continuare con le proprie abitudini ma ai sopravvissuti non era rimasto più nemmeno di che nutrirsi, quindi fu respinto ed isolato. Non era nella loro indole lavorare, si scontravano di continuo con i gruppi di sopravvissuti che tentavano di depredare. Innumerevoli battaglie finirono per ridurre il popolo mor ad una tribù a sé stante che sopravviveva nascosta nel profondo della foresta compiendo saccheggi ed eccidi appena poteva. Durante una scorreria il capo tribù vide le tracce di uno sconosciuto, era solo, una facile preda per coloro che non disdegnavano nutrirsi di carne umana. Si mise a seguire le orme assieme ad una ventina dei suoi guerrieri migliori. Non poteva credere alla fortuna che aveva avuto, davanti a lui, ignara della sua presenza, c’era la figlia del suo più grande nemico, da sola, con l’uomo che avevano seguito. già pregustava le torture che le avrebbe inflitto e sentiva il sapore di quella tenera carne bianca sulla lingua quando, con un gesto, dette ordine ai suoi uomini di attaccare, dovevano catturare vivi quei due.

    Li vide spuntare come fantasmi striati di grigio e verde armati di lance, archi, spade e coltelli. La ragazza si girò per affrontarli ruggendo come una belva, il primo che ebbe l’ardire di saltarle addosso fu infilzato e sbattuto via come un fuscello. L’uomo pensò che doveva difendere la sconosciuta e sé stesso da quegli esseri brutali. Ebbe l’impressione che il tempo rallentasse e come se fosse stato risucchiato all’esterno del proprio corpo si vide aggredire e distruggere una decina di avversari. Notò come in sogno che si stavano muovendo pianissimo e non facevano nulla per difendersi. Vedeva ogni uomo colpito dai suoi pugni schizzare indietro e afflosciarsi come se non avesse

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