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Alla ricerca del pd
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E-book117 pagine1 ora

Alla ricerca del pd

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Il PD nell’arco della sua breve storia ha già vissuto cambiamenti e rivoluzioni. Tali cambiamenti si sono realizzati però principalmente negli assetti di vertice, e sempre nel senso di affossare quello che le decisioni popolari avevano indicato con lo strumento delle primarie. Siamo di fronte ad un partito che afferma una vocazione democratica e poi nei fatti si comporta in modo tale da negare le decisioni prese sulla base della volontà democraticamente espressa. Un partito che soffre di una cronica incapacità di definire una strategia ed un gruppo Dirigente che la porti avanti. Il PD nasce dalla confluenze di diverse anime ed idealità politiche e deve da subito fare i conti con la amalgama tra quei Gruppi Dirigenti , evidenziando una particolare attitudine alla suddivisione del potere e delle poltrone. Il PD però non ha solo questa caratteristica negativa . A questa infatti se ne aggiunge una seconda non meno importante: la assenza di dibattito interno o meglio la impossibilità per un qualunque militante o iscritto di poter far sentire la propria voce. Nei Circoli si discute più di come pagare gli affitti delle sedi o di feste e pranzi piuttosto che di strategie e linee politiche. Gli organismi a valenza Provinciale o Comunale una volta eletti stentano a funzionare e le decisioni si concentrano in piccoli gruppi spesso autoreferenziali, o che si limitano a ratificare le decisioni prese dagli Amministratori , se l’Amministrazione o la Regione è sostenuta da coalizioni con il PD.
Così migliaia di persone , che potrebbero dare una propria visione o parere o comunque apporto culturale ed elaborativo che potrebbe contribuire alla formazione di una più ampia base di consenso alla definizione degli indirizzi politici del Partito se ne sono andati. I “cerchi magici” che anche nel PD si sono venuti a formare hanno quindi creato quella categoria degli “sconosciuti” di coloro cioè che vorrebbero e spesso hanno le qualità intellettuali, di esperienza, di storia personale, di capacità critica e di analisi per dire la loro ma che non riescono a farsi ascoltare , si sono stancati e si sono ritirati su una sorta di Aventino o limbo della politica.
Gli sconosciuti, una moltitudine di intelligenze ed idealità pronte a dare un contributo ma ignorate, messe da parte , per lasciare spazio a cerchie ristrette e poco controllabili nelle decisioni e nella gestione del potere.
Anche questo è il PD. Questo libro vuole essere una denuncia ( Tormenti) ed una occasione , per uno di quegli sconosciuti di dire la propria (Suggestioni) : non per avere visibilità o accedere a segrete stanze ma solo per, l’intimo piacere di dire la propria e di offrire a chi avrà la pazienza di arrivare in fondo una propria visione ( Estasi) , come ce ne sono a migliaia nelle menti di coloro che rimangono sconosciuti: sono quelle visioni che rischiamo di non poter mai conoscere e con le quali confrontarci e che mi auguro trovino la forza e la voglia di “dire la loro”.
LinguaItaliano
Data di uscita24 lug 2013
ISBN9788868553043
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    Anteprima del libro

    Alla ricerca del pd - Michele Rubbini

    vite.

    Gli sconosciuti del PD

    Il PD è un Partito, desidero continuare a chiamalo così, che nell’arco della sua breve storia ha già vissuto cambiamenti e rivoluzioni vere e proprie. Tali cambiamenti si sono realizzati però principalmente negli assetti di vertice, e sempre nel senso di affossare quello che le decisioni o indicazioni popolari avevano indicato attraverso lo strumento innovativo delle primarie. Siamo cioè di fronte ad un partito che afferma una vocazione democratica e poi nei fatti si comporta in modo tale da negare le decisioni prese sulla base della volontà democraticamente espressa. La breve storie dei Segretari Generali, ma non solo questa, è li a testimoniarlo.

    Un partito dunque che soffre di una ormai cronica incapacità di definire una strategia ed un gruppo Dirigente che la porti avanti. Il PD nasce dalla confluenze di diverse anime ed idealità politiche e deve da subito fare i conti con la amalgama tra quei Gruppi Dirigenti, evidenziando una particolare attitudine alla suddivisione del potere e delle poltrone, dato che, ahimè, lo caratterizzerà anche in seguito, generando la maggior parte degli eventi negativi che ne hanno segnato il breve percorso. Il PD però non ha solo questa caratteristica negativa. A questa infatti se ne aggiunge una seconda non meno importante: la assenza di dibattito interno o meglio la impossibilità per un qualunque militante o iscritto di poter far sentire la propria voce. I Circoli, che pure sono ampiamente presenti in tutte le Province d’Italia lottano quotidianamente con la difficoltà del tesseramento poiché l’adesione di giovani leve stenta a decollare e contemporaneamente l’abitudine a delegare le decisioni politiche ai Vertici ha di fatto reso la discussione interna poco attrattiva e sostanziale. Nei Circoli si discute più di come pagare gli affitti delle sedi o se fare feste e pranzi per tesserare persone piuttosto che di strategie e linee politiche. Gli organismi a valenza Provinciale o Comunale una volta eletti stentano a funzionare e le decisioni si concentrano in piccoli gruppi spesso autoreferenziali, o che si limitano a ratificare le decisioni prese dagli Amministratori, se l’Amministrazione o la Regione è sostenuta da coalizioni con il PD.

    Lentamente ma inesorabilmente una componente importante e significativa di possibili forze intellettuali, sociali, del Volontariato, ma anche professionisti e semplici lavoratori nonché edonisti dell’intelletto si sono allontanati preferendo altri luoghi di confronto rispetto a cercare di dare un contributo all’interno del Partito.

    Così migliaia di persone, che potrebbero dare una propria visione o parere o comunque apporto culturale ed elaborativo che potrebbe contribuire alla formazione di una più ampia base di consenso alla definizione degli indirizzi politici del Partito se ne sono andati. E se ne sono andati talora sbattendo al porta ma più spesso, stanchi di bussare ad una porta che non si apre o di sbattere contro un muro di gomma che finge di ascoltare ma poi ignora e frustra le aspettative.

    I cerchi magici che anche nel PD si sono venuti a formare hanno quindi creato quella categoria, alla quale mi onoro di appartenere, degli sconosciuti di coloro cioè che vorrebbero e spesso hanno le qualità intellettuali, di esperienza, di storia personale, di capacità critica e di analisi per dire la loro ma che non riescono a farsi ascoltare e quindi si sono stancati e si sono ritirati su una sorta di Aventino o limbo della politica.

    La Politica, non la fanno solo i Dirigenti, ma anche e soprattutto le Persone ed i Dirigenti se non hanno il consenso e l’approvazione intima delle Persone è bene che cambino mestiere.

    Gli sconosciuti, una moltitudine di intelligenze ed idealità pronte a dare un contributo ma ignorate, messe da parte, per lasciare spazio a cerchie ristrette e poco controllabili nelle decisioni e nella gestione del potere.

    Anche questo è il PD. Questo libro vuole essere una denuncia (Tormenti) ma anche una nuova occasione, per uno di quegli sconosciuti di dire la propria (Suggestioni) : non per avere visibilità o accedere a segrete stanze ma solo per il gusto, l’intimo piacere di dire la propria e di offrire a chi avrà la pazienza di arrivare in fondo una propria visione (Estasi), come ce ne sono a migliaia nelle menti di coloro che rimangono sconosciuti: sono quelle visioni che rischiamo di non poter mai conoscere e con le quali confrontarci e che mi auguro trovino la forza e la voglia di dire la loro.

    I Tormenti

    Il PD, i PDs e ancora il PD

    In questa parte vengono proposti alcuni temi di riflessione su alcuni aspetti della vita del PD che spesso sono stati oggetto di critica, sia nelle conversazioni private, che in occasioni pubbliche. Recenti vicende (Elezioni politiche e del Presidente della Repubblica) che hanno drammaticamente mostrato al mondo una realtà interna fatta di litigi, pugnalate alle spalle, interessi privati, gelosie e quant altro hanno seriamente minato la credibilità del Partito Democratico soprattutto in termini della sua capacità di rappresentare il nuovo e l’ossatura di un movimento di rinnovamento e moralizzazione della vita pubblica di cui in tanti sentiamo la necessità.

    Queste poche note di critica vogliono essere uno stimolo alla riflessione su quegli aspetti che, se superati e definitivamente cancellati, possono contribuire a fare del PD il vero elemento motore della rinascita del Paese.

    Alcune di queste riflessioni si riferiscono a fatti avvenuti anni addietro, ma se lette con occhio all’attualità possono testimoniare come alcune problematiche di oggi fossero già presenti in passato e come gli stessi problemi e la stessa incapacità di autocritica si stiano trascinando fino a i giorni nostri.

    Il Pd, la Lega e il voto. Che fare?

    (2008)

    L’ analisi del voto fatta dal PD è ormai consolidata, e si è assestata sulla convinzione che il voto alla Lega Nord sia stato l’elemento fondamentale che ha determinato l’esito delle elezioni politiche 2008. Sulle motivazioni a tale preferenza espressa dagli elettori sono state dette molte cose ma quella che sembra avere il massimo dei consensi è che il voto alla Lega è stato un voto di protesta, o comunque un voto fortemente caratterizzato da elementi di protesta. Se così fosse sarebbe relativamente semplice correggere questa tendenza, poiché l’interpretazione più attendibile sarebbe che gli elettori hanno preferito la Lega per segnalare una problematica che la sinistra non ha affrontato nei tempi e modi adeguati ma cui, ben presto, sotto la spinta della protesta darà risposta. Ma non è così! Il voto alla Lega non è un voto di protesta o non solo un voto di protesta, ed il PD stenta a comprenderne le ragioni. La Lega si presenta agli elettori dopo essere stata presente sul territorio anche e soprattutto nei periodi interelettorali, assumendo come propri tutti i motivi non di scontento, ma di disagio sociale e personale di tutte le fasce sociali a partire dagli operai per finire agli imprenditori, ma non trascurando neppure gli intellettuali, gli impiegati, gli artigiani le imprese agricole. Ai tempi delle ideologie era semplice stabilire la scelta di campo: vi era un campo socialista caratterizzato da una visione del mondo basata su equità sociale, soddisfazione di bisogni elementari, tolleranza, comprensione, solidarietà, internazionalismo, redistribuzione del reddito, protezione di fasce sociali più deboli, impegno della pubblica amministrazione a sostegno dei meno abbienti con l’offerta di servizi anche di qualità ancorati alle fasce di reddito. Dall’altro vi era il campo capitalista, liberista, imprenditoriale, quello dei padroni, una visione del mondo basata sulla competizione esasperata, sulla appropriazione di risorse, sulla distribuzione privilegiata basata sul censo. Da un lato quindi i proletari, i contadini, la cui adesione al campo socialista era una appartenenza di fatto, poiché lì stavano la difesa dei propri interessi e le uniche prospettive di riscatto e sviluppo sociale, ma anche alcune fasce di ceto medio impiegatizio, intellettuali e qualche imprenditore illuminati, la cui adesione era tutta ideologica anche quando tale adesione andava a stridere con interessi personali. Dall’altro lato i padroni e tutti coloro ad essi collegati. La sinistra per oltre un secolo ha vissuto, con gli opportuni aggiornamenti, su questa schematizzazione, creando le proprie organizzazioni, partiti, sindacati, il cui obiettivo era quello della difesa di interessi di quelle classi. Sulla base di questo la storia della sinistra si è arricchita di analisi, confronti, elaborazioni teoriche, spostamenti di grandi masse su basi ideologiche, scissioni e nuovi partiti, ma nell’ottica di una chiara scelta di campo: chi era di sinistra aderiva ai partiti della sinistra, ai sindacati della sinistra, alle organizzazioni sociali della sinistra, alle assicurazioni della

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