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Il gruppo
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E-book207 pagine3 ore

Il gruppo

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Info su questo ebook

Amore, amicizia, valori, intensa storia articolata su un come eravamo attorno all'inizio della vita adulta del protagonista e del suo gruppo di amici. Spazia dagli anni all'inizio dell'università, vissuti in un periodo storico tutt'altro che facile, fino al raggiungimeno di una stabilità adulta. Pervaso di onestà intellettuale, con un'analisi approfondita dell'animo dei protagonisti nel confronto con loro stessi e con le vicissitudini drammatice o piacevoli che riserva lorola vita, che talvolta appre obliqua, distante, sopra le righe e, di fatto spesso incomprensiile.Alla fine il distacco dal gruppo sarà inevitabile e logico. Rimarrà il ricordo, non il rimpianto,
LinguaItaliano
Data di uscita4 ott 2013
ISBN9788868555184
Il gruppo

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    Anteprima del libro

    Il gruppo - Maurizio Mizzoni

    Maurizio Mizzoni

                    Il Gruppo

    PREFAZIONE A CURA DELL’AUTORE

    Ci tengo a precisare subito, che questo non è un libro di denuncia, perché in Italia non c’è più nulla da denunciare, è accaduto di tutto e di più.

    E’ il libro dell’amicizia, quella vera.

    Il libro è una narrazione fantastica, con personaggi totalmente inventati, anche con alcuni cenni di verità e storici, molto leggero, dagli aspetti romantici e drammatici.

    E’ stato scritto con gli occhi di un adulto, dalla vita vissuta e dalle molte esperienze, mai negative, perché servono sempre e non si devono cancellare mai dalla propria mente.

    Si narra l’evoluzione sociale di un ragazzo, il suo rapporto con gli amici più importanti, dalla maturità alle soglie della prima occupazione.

    Il libro ha molti momenti di vita reale, con qualche piccolo cenno autobiografico, che non guasta mai; pieno di gioie, e di amarezze, alcune delle quali fanno parte, purtroppo, solo della vita italiana.

    Il titolo Il Gruppo, nasce fantasticamente dalla volontà, mai doma, di non essere mai grandi per sapere e conoscere tutto, e di reagire a tutti e tutto senza mai tirarsi indietro.

    Ed inoltre, dalla voglia di portare all’ennesima potenza il valore dell’amicizia.

    Vi si trovano momenti di gioventù, amore, amicizia, lavoro, famiglia.

    A mio avviso gli eterni valori che nella vita tutti dovrebbero provare e sostenere quotidianamente.

    Purtroppo la società in cui viviamo tenta di distruggerli.

    Chiedo scusa in anticipo se ho peccato di presunzione, superbia, accidia e perché no anche di cattiveria, di quella buona.

    Il libro è stato scritto nell’inverno 2012-2013, in uno dei momenti più bui e vergognosi della storia politica e sociale italiana dopo la fine della seconda guerra mondiale.

    E neanche la prospettata fine del mondo della profezia Maya ha potuto fare giustizia.

    Ringrazio i lettori che vorranno partecipare questi scritti.

    Tutte le storie riportate e i personaggi, i principali interpreti delle vicende che si succedono, sono totalmente inventati.

    Infine lascio per ultimo il sentito e dovuto ringraziamento alla mia famiglia, a mia moglie Marzia, donna di straordinario equilibrio, e ai miei due meravigliosi figli, Silvia e Gianluca.

    Loro tre mi hanno regalato le gioie più belle che un uomo possa ottenere dalla vita.

    Maurizio   

                                               INDICE

    Capitolo 1 - Esami di maturità pag. 4

    Capitolo 2 - La vita universitaria pag. 21

    Capitolo 3 - Difesa dello studio pag. 51

    Capitolo 4 – La scoperta peggiore pag. 65

    Capitolo 5 – I nemici pag. 81

    Capitolo 6 – L’attesa e lo studio pag. 156

    Capitolo 7 – Il centro sociale pag. 195

    Capitolo 8 – Le lauree e la fine del gruppo pag. 232

    Capitolo 9 – Il regalo a Sandro pag. 239

                                                  Capitolo 1

    Esami di maturità

    Il mio nome è Pietro.

    La mia famiglia composta di un padre artigiano, perito elettrotecnico, operante nel settore degli impianti meccanici elettrici e termici, madre ex operaia nella seconda guerra mondiale in una fabbrica di munizioni, ma volutamente casalinga da mio padre, che ha voluto solo un figlio e maschio, con una convinzione atavica, maschilista e anacronistica che le femmine costassero di più e che potessero creare più problemi alla famiglia.

    Ho ricevuto dai miei genitori un’educazione rigorosa, rispettosa delle opinioni di tutti, cristiana non praticante, ma non mi è mai mancato nulla, e tutte le mie richieste, in virtù di un buon andamento scolastico, sono state sempre evase nei limiti della condizione economica familiare.

    Sono uno sportivo a 360° ed ho provato molti sport anche a livello agonistico, aiutato anche da un notevole fisico di atleta formato in palestra da un carissimo professore di ginnastica amico di famiglia.

    Sono appassionato di motori e di motociclette in particolare, e questa passione continuava a crescere in me col passare degli anni.

    Ho avuto poche ragazze perché non ero capace di approcciare con loro per paura di prendere delusioni, anche se dotato di bella presenza. Quelle poche che ho avuto, ritengo che non siano state in grado di utilizzare la loro intelligenza come dovuto; può darsi anche che io non sia stato in grado di non farmi comprendere a fondo da loro. 

    Sono appassionato di meccanica e negli anni passati durante le vacanze scolastiche, tra la scuola media e il liceo, solo dopo i quattordici anni, chiesi a mio padre di poter lavorare con lui come apprendista, per migliorare le mie conoscenze di meccanica e capire in anticipo il funzionamento del mondo del lavoro.

    Avevo anche una pausa di tre settimane ad agosto, che passavo con i miei in vacanza sulla costiera adriatica, il luogo del culto del divertimento assicurato, che era meta anche di molti dei miei amici.

    Accontentato da mio padre, che peraltro mi ha sempre assunto alle sue dipendenze con regolare contratto a tempo determinato, percepivo un salario minimo che per me era di grande importanza, per capire il valore e il potere di acquisto del denaro e il valore del sacrificio del lavoratore.

    Durante questo pur minimo periodo di lavoro estivo, cresceva in me la considerazione per mio padre e mia madre, che vedevo solo a colazione la mattina presto e la sera a cena.

    Avevo la netta sensazione che avessero deciso di comune accordo l’approvazione a questa mia richiesta di lavoro.

    Passarono gli anni dell’adolescenza, come meglio un ragazzo senza grandi pretese potesse avere.

    Arrivammo poi, al fatidico anno degli esami di maturità nel 1977.

    Allora la scuola in Italia aveva inizio il primo di ottobre e aveva termine verso la fine del mese di giugno.

    Gli esami di maturità si tenevano in luglio.

    Quell’estate faceva molto caldo, esistevano allora sul mercato solo condizionatori d’aria portatili monoblocchi, molto rumorosi.

    Mio padre ne aveva comprato uno proprio per alleviarmi la fatica dello studio durante la preparazione all’esame di maturità.

    Facevo parte di un gruppo di amici con i quali avevo condiviso i banchi di scuola elementare, media e di liceo, accomunati dalla passione per le moto, gli sport, le ragazze ma soprattutto la musica.

    I ragazzi, con i quali ero fortemente e particolarmente legato, erano tre: Marco, Luca e Giovanni.

    Durante tutto il liceo, anche se non eravamo nella stessa sezione, si era instaurata nel gruppo una linea guida, condivisa da tutti e quattro, che ci obbligava a metterci in contatto tra noi per tutte le decisioni extrascolastiche legate ad aspetti sportivi, ludici e perché no di scelta delle ragazze.

    Devo ammettere che era un po’ restrittiva, ma siamo stati fortunati ha funzionato alla grande, forse per il forte sentimento di rispetto e amicizia che provavamo l’uno per l’altro.

    Allora la televisione nazionale aveva solo i canali Rai 1 e 2, e il telefono analogico aveva la rotellina con molla di ritorno.

    C’erano le prime radio libere che ascoltavamo costantemente.

    Non avevamo nulla di tutti gli apparati elettronici multimediali che esistono oggi.

    S’incominciavano a vedere i primi autolavaggi automatici.

    Vi erano molti radioamatori con postazioni fisse, e gli autotrasportatori, con quelle mobili, che sui camion montavano baracchini anche molto potenti, che controllavano i movimenti dei loro automezzi.

    I camionisti, avevano creato una rete capillare sul territorio nazionale, che ricordo casi d’interventi molto rapidi, dei soccorritori e delle forze dell’ordine, in eventi di calamità naturali, incidenti stradali gravi e frane e smottamenti. Sono stati rapidi proprio per gli avvisi lanciati dagli autisti dei camion.

    Erano molto uniti tra loro e si vantavano di avere le prime informazioni su tutto.

    S’identificavano con nomi strani, in modo da potersi far riconoscere facilmente via etere, e gli autisti dei camion, che viaggiavano sul tutta la nostra penisola, erano i testimoni più attendibili di qualsiasi notizia, proprio perché presenti nel luogo.

    Ricordo poi che i camionisti, che allora non avevano una norma che disciplinava gli orari di viaggio, o controlli elettronici come oggi, facevano le fortune e a volte le sfortune delle trattorie sparse sul territorio nazionale.

    Elogiavano quelle con rapporto qualità prezzo, sconsigliando le altre. Infatti se in viaggio per l’Italia ti capitava di vedere molti camion parcheggiati intorno a una trattoria o a un ristorante, avevi la certezza di mangiare bene.

    Erano i primi segni di pubblicità occulta.

    Poi in quel tempo, c’era la corsa, per chi se lo poteva permettere, all’impianto hifi più potente installato nelle auto dei giovani, le quali allora non avevano tra gli optional quello che offrono oggi.

    Tutto quello che avevamo a noi, andava bene, ci bastava, e per il nostro gruppo è stato un bene, perché la voglia di essere uniti, la fame di nuove conoscenze, sentirci e vederci quotidianamente, discutere di organizzazioni di feste per il sabato sera, anche litigare per motivi politici legati ai movimenti studenteschi di allora, ci ha forgiato in tal modo da renderci ancora più forti di fronte al cambiamento della vita sociale italiana.

    Non abbiamo mai passato, oltre l’impegno per lo studio pomeridiano, tanto tempo in casa. Vero è che non vedevamo l’ora di incontrarci al solito posto, in un luogo dove di fronte avevamo una pasticceria i cui proprietari erano di origine napoletana.

    Noi vivevamo all’aria aperta, nel mondo che ci era stato donato dal caso, quello era il nostro turno e lo dovevamo sfruttare al meglio.

    Spesso prima di ogni ragionamento e o discussione, con 50 lire ciascuno, ci compravamo una pasta, che noi avevamo dichiarato, essere il simbolo dell’arte della pasticceria: il cannolo con la crema.

    Io con Luca e Giovanni, avevamo i motorini, Marco era l’unico che non era stato colto fino in fondo da questa passione, ma a turno comunque saliva su uno dei nostri, mai ad abbandonarlo, mai lasciarlo a piedi.

    Non c’era l’obbligo di indossare il casco, e comunque usavamo i motorini per gli spostamenti necessari senza spavalderia o ostentazione di vita benestante, ma con una sensazione di libertà unita al privilegio di poter essere in qualsiasi posto, quando volevamo, come volevamo.

    Avevamo tanti altri amici, che però mostravano verso di noi invidia per il nostro grande legame.

    A ridosso del periodo degli esami di maturità, un giorno di giugno, decidemmo di riunirci al solito posto, e cominciammo a parlare casualmente del nostro futuro e delle scelte sulle facoltà universitarie che ci sarebbe piaciuto frequentare.

    Questo incontro fu sicuramente il più importante della nostra vita e della nostra amicizia.

    Da quel momento sarebbe venuto fuori inevitabilmente anche il futuro del nostro gruppo.

    Vero è, data l’importanza dell’argomento, che dimenticammo di acquistare il cannolo con la crema, e ci accorgemmo a margine dell’incontro, che questo forse era un segno del destino, inteso come inizio del cambiamento cui andavamo incontro.

    Abbiamo cominciato a parlare dei nostri obiettivi futuri, di quale corso universitario ci avrebbe fatto piacere seguire, tenendo presente che decidemmo subito una regola ferrea: restare uniti sempre, anche se con idee diverse. 

    Era venerdì 17 giugno 1977, questo solo per gli scaramantici, ma alla fine pomeriggio non eravamo ancora giunti a decisioni definitive, e questo fece emergere le prime difficoltà tra noi.

    Anche se si andavano a tracciare le scelte future di ognuno di noi, abbiamo ritenuto che era importante avere il parere del gruppo.

    Cominciai io dichiarando la mia intenzione di frequentare il corso di ingegneria all’università.

    Gli altri si guardarono ed escludendomi dagli sguardi, diedero un cenno di approvazione conoscendo la mia passione per la meccanica.

    A seguire Giovanni, che aveva il padre medico e la mamma infermiera ostetrica, espresse la sua passione per la medicina, applicata però alle attività sportive.

    Marco, il più vicino e attento sostenitore delle nuove tecnologie, ogni giorno ci parlava di nuove scoperte, era abbonato a più riviste mensili di estrazione scientifica, e confidò che era molto attratto dalle scienze informatiche.

    Luca, il più tenace e convinto sostenitore del rispetto delle leggi vigenti, tanto da scoraggiarci qualche volta, a fare azioni che secondo lui ci avrebbe creato delle grane, vedeva il suo futuro con una toga da giudice dietro un banco di tribunale o in alternativa fare il notaio, una delle professioni meglio retribuite.

    La discussione fu tranquilla, e mai come quella volta ci guardammo in faccia con degli sguardi smarriti, mai visti sui nostri volti, tutti con la consapevolezza che qualcosa a settembre sarebbe potuto accadere: la divisione del gruppo.

    Si era fatta l’ora di cena, ma non c’eravamo mai salutati negli anni passati senza una definita convinzione reciproca di quanto avevamo discusso.

    Non potevamo certo far vincere il giorno degli scaramantici sul nostro futuro.

    Decidemmo allora di informare i nostri genitori, che avremmo cenato fuori, senza fare menzione del motivo.

    Molto strano, di venerdì, di solito andavamo a cena e con gli altri amici ed amiche il sabato, considerato da tutti la massima espressione temporale per incontri, feste, cene compleanni etc...

    Sentivamo il bisogno immediato di capire cosa ci stava accadendo.

    Decidemmo di andare a mangiare la pizza.

    Andammo in una pizzeria tra le più fatiscenti in città, dove si pagava poco, ma si mangiava la pizza migliore, e ogni tanto passava qualche topolino; tanto che noi lo ribattezzammo il topodromo.

    Quella sera non provammo gusto neanche per la pizza più buona della città, per quanto eravamo coinvolti e immersi nel problema, ma comunque ci aiutò a tracciare le linee guida principale delle nostre scelte future.

    Prendemmo però una decisione definitiva ed importante, anche se avessimo seguito i corsi di laurea di nostro piacere, anche se molto differenti, avremmo dovuto trovare una città universitaria in cui stare insieme, che ci offriva le facoltà universitarie da noi scelte.

    Doveva inoltre avere un costo adeguato allo stato sociale delle nostre famiglie.

    Pertanto ci siamo fissati appuntamento nella stessa pizzeria, una settimana dopo, e sempre di venerdì, con l’impegno di ognuno a portare una proposta con l’ausilio anche dei propri genitori, finanziatori inevitabili dell’opera.

    Ahh… ad avere internet, google e uno smartphone!! Avremmo risolto tutto in cinque minuti.

    Pensate che solo nel 1982, arrivò il primo computer, il Commodore 64 che resta a tutt’oggi il computer più venduto al mondo.

    Comunque non siamo stati colti dall’ansia né dalla paura.

    La determinazione e l’unità del gruppo, ci dava una forza incredibile, che neanche la mancanza di mezzi di grande contenuto tecnologico di quell’epoca poteva fermare.

    Intanto andava avanti la preparazione dell’esame di maturità, studiavamo e ci incontravamo nel tardo pomeriggio, e in compagnia di altri amici, ma mai una parola al riguardo del nostro problema, solo sguardi di complicità.

    C’era la sensazione, o forse anche la paura, che se avessero capito qualcosa, il nostro gruppo avrebbe mostrato per la prima volta un lato debole.

    Naturalmente con i miei genitori non è stato tutto rose e fiori, c’era da aspettarselo, anche perché si sentivano esclusi da quella decisione, che comunque loro dovevano approvare e finanziare.

    Inoltre ero figlio unico, vivere lontano di casa, con la possibilità di trovare anche il lavoro lontano di casa, significava per loro perdermi.

    Allora dovevo prospettargli l’evento sotto un’altra veste, in modo da non creare uno scontro generazionale che facesse cadere tutti quei valori e paletti fissati nel corso della nostra vita insieme con l’educazione che mi avevano trasmesso.

    Mi ricordai di aver letto un aforisma di un autore Libanese di religione cristiano-maronita trasferitosi negli USA, certo Jibran Khalil Jibran, diventato popolarissimo solo dopo la sua morte nella controcultura americana e nei movimenti New

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