Rewind
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Rewind - Vito Francesco De Giuseppe
Vito Francesco De Giuseppe
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Vito Francesco De Giuseppe
Rewind di Vito Francesco De Giuseppe
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ISBN: 9788890623875
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Indice dei contenuti
Autore
Prologo
Tunnel Quantico
1
2
Briefing
3
4
5
6
Jones
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Preparativi
18
19
20
21
La Missione
22
23
24
25
26
27
28
Mills
29
30
La Divisione Theta
31
32
33
34
35
36
37
Il Messaggio
38
39
40
41
42
Il Ritorno
43
44
45
46
47
48
49
Il Centro
50
51
52
53
54
55
56
57
58
Nello Spazio delle Fasi
59
60
61
62
63
64
65
L'Incidente
66
67
68
Controlli di Sicurezza
69
70
71
Passaggio Quantico
72
73
74
75
76
77
78
Alla fine del Tunnel
79
80
81
82
83
Passato Prossimo Venturo
84
85
86
87
88
89
90
Debriefing
91
92
Epilogo
Glossario
Autore
Vito Francesco De Giuseppe
Psicologo Psicoterapeuta.
Socio della Società Italiana di Terapia Cognitivo-comportamentale, si occupa di Disturbi d’Ansia, Depressivi e Psicosomatici.
Svolge ricerche nell’ambito della Psicofisiologia, dell’Ergonomia Cognitiva e dell’impiego di sistemi di Realtà Virtuale in Clinica, Riabilitazione e nello studio dei processi di apprendimento.
Con Simbiosis Book ha pubblicato i romanzi Indagine a tempo e Rewind.
Prologo
Le teorie di Bohr sulla radiazione mi interessano moltissimo, tuttavia non vorrei essere costretto ad abbandonare la causalità stretta senza difenderla più tenacemente di quanto abbia fatto finora. Trovo assolutamente intollerabile l'idea che un elettrone esposto a radiazione scelga di sua spontanea volontà non soltanto il momento di saltare
, ma anche la direzione del salto
. In questo caso preferirei fare il croupier di casinò piuttosto che il fisico.
Albert Einstein
I pannelli sulle consolle olografiche lampeggiavano avvertendo che tutto procedeva senza intoppi. L’attività nella stanza era caratterizzata dall’alta concentrazione dei tecnici. I loro gesti apparivano misurati, mai fuori posto. Il tutto dava un’atmosfera rilassata e priva d’ansie, dove però, nessuno abbassava la guardia.
I Sailor, agganciati ai Sistemi di Realtà Virtuale, monitoravano dalle stanze di sospensione l’attività dei due Alfa che navigavano in quel momento nello Spazio delle Fasi.
Sulla consolle del Direttore di Cabotaggio una luce rossa cominciò a lampeggiare, mentre il laser del proiettore olografico prese a disegnare a tre dimensioni, sul suo tavolo, una curva di rientro.
Schiacciò il pulsante che apriva l’interfono per comunicare con il Responsabile di missione.
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<> disse il tecnico.
Resnick si guardò attorno. Sentì il cuore cominciare a battere più forte, mentre i muscoli del petto si contraevano nel tentativo di respirare più velocemente.
Strana cosa, questa della meccanica quantistica
, pensò, riferendosi alle strane leggi della fisica quantistica, dove gli eventi di reazione potevano essere rilevati prima degli eventi che li causavano. La più giovane, la più probabilistica, ma anche la più provata delle teorie della fisica.
Non fece in tempo a finire quel pensiero che gli allarmi acustici si misero a suonare, mentre le luci lampeggianti all’interno della stazione d’arrivo si accesero simultaneamente.
Il cuore si mise a battere sempre più velocemente e sentì le tempie pulsare allo stesso ritmo.
Eccolo!
pensò.
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Paul stava riflettendo in fretta. Un nuovo abbassamento, a quella velocità avrebbe creato un’implosione. La voce femminile continuava ad avvertire con tono suadente che si era verificato un problema all’acceleratore A
.
Schiacciò il pulsante che bloccava la registrazione. Lo sapeva benissimo cosa stava accadendo. I due Alfa nel tunnel avrebbero avuto i loro problemi a tornare. Anzi, uno non ne avrebbe avuti, ma l’altro sì. La donna non aveva la stessa abilità. L’altro aveva tenuto aperti troppi piani temporali e il tunnel quantico aveva richiesto una maggiore quantità d’energia. Il sistema automatico di controllo aveva aumentato la quantità d’antimateria nell’acceleratore. L’energia prodotta nell’acceleratore era stata troppo elevata. Il sistema di contenimento magnetico non aveva retto e la materia era entrata in contatto con l’antimateria e si era annichilita. Questo aveva prodotto prima un aumento esponenziale dell’energia e poi una sua diminuzione repentina.
In parole povere ci sarebbe stata un’implosione e tutto quello che si trovava nell’arco di cinquecento metri, sarebbe collassato al centro del tunnel quantico.
La prospettiva gli fece sentire una scarica di brividi freddi lungo la schiena.
Tentò di scacciare un pensiero con tutta la forza che aveva, ma l’istinto di sopravvivenza vinse e non poté fare a meno di considerare che lo spegnimento dell’acceleratore avrebbe evitato la catastrofe. Questo avrebbe però condannato a rimanere intrappolato, dall'altra parte del tunnel, in quello che era chiamato Limbo, uno degli Alfa: la giovane donna.
Stava cercando di trovare un’alternativa a questa soluzione, ma più passava il tempo e più si faceva strada in lui la terribile certezza che quella era l’unica cosa da fare e non aveva tutto questo tempo a disposizione, per prendere una decisione.
In quel momento tre persone entrarono trafelate nella Sala di Controllo. Una aveva la divisa da Generale, un’altra da Colonnello e la terza indossava una tuta da jogging.
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La meccanica quantistica era una teoria strana, nella quale le reazioni potevano accadere prima delle azioni. Questo era stato un bel rompicapo per più di un secolo per i fisici, che vedevano totalmente ribaltate le leggi della fisica newtoniana. I rilevatori di rientro erano macchine che registravano la presenza di quanti in spostamento lungo linee vettoriali che s’intersecavano nello Spazio delle Fasi. Poteva accadere che una variazione della fase dei quanti potesse essere registrata prima della causa che ne aveva determinato la modificazione.
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Resnick si chinò sulla sua consolle e sollevò il coperchio di plastica rossa del pulsante di spegnimento. Guardò dapprima Bridgeman e Moore, poi si volse verso Al.
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Chiuse gli occhi e premette il pulsante.
Oltre il vetro della Sala di Controllo si vedeva il nero, enorme tubo, formato da una sospensione di gel di bisolfito di carbonio sostenuto da una rete di nanoparticelle di molibdeno-carbonio. A prima vista poteva sembrare un normale tubo di materiale plastico, ma se si provava a toccarlo, il materiale si deformava al punto di rompersi. Appena però si lasciava, il materiale tornava nuovamente alle condizioni iniziali, ricomponendosi nella forma originaria. Nel tubo scorrevano, a una velocità che la mente umana non poteva immaginare, particelle di carica opposta, le quali scontrandosi, creavano uno spazio vuoto in cui le coordinate spazio-temporali scomparivano annullandosi. Annichilazione era il termine tecnico con il quale si definiva questo processo.
Il punto in cui la materia si annichiliva, era il luogo d’ingresso e di uscita per lo Spazio delle Fasi. Il Portale. La porta sul mondo dei mondi.
I proiettori olografici restituivano le immagini dell’acceleratore ripreso da telecamere lungo tutto il percorso sul quale si spiegava. Sia nelle immagini olografiche, che nella parte a vista della sala di controllo, il colore dell’acceleratore mutò, divenendo dapprima grigio e poi sempre più chiaro fino a diventare trasparente. Le macchine emisero un sibilo lungo e basso, che scese di tono fino allo spegnimento degli apparati, terminando uno sforzo che non erano più in grado di sopportare.
Tunnel Quantico
1
Il sole splendeva sulla verticale del villaggio. Il cielo terso si rispecchiava sull’acqua del fiume che scivolava lenta nella stretta ansa che delimitava il villaggio. Alcune donne, con grandi recipienti sulla testa camminavano verso le rive del corso d’acqua per riempirli e portarli nelle capanne. Altre donne erano invece chinate a lavare i loro pochi panni sporchi. Dopo averle immerse nell’acqua, sbattevano con forza il bucato su pietre rotonde levigate, lasciandole poi lì ad asciugare.
I loro canti e le risate si mischiavano a quelle dei bambini, che giocavano sullo spiazzo antistante al fiume. I bambini si rincorrevano, calciando una palla fatta di stracci. Il più piccolo di loro, un furetto di un metro e venti che correva come un dannato, tirò un destro che il portiere non riuscì neanche a vedere.
Mentre i compagni del piccolo marcatore festeggiavano il gol, il portiere imprecava contro i suoi che avevano lasciato calciare senza difendere. Continuando a imprecare andò a recuperare la palla che si era fermata qualche metro più in là.
Mentre si avvicinava a essa, vide un piccolo fulmine che scaturiva dal terreno. Il bambino si fermò di colpo spaventato. Si formarono altri piccoli fulmini che aumentarono d’intensità e ampiezza, diventando sempre più alti.
Tutti i bambini e gli abitanti del villaggio osservavano impietriti il fenomeno. Poi all’improvviso ci fu un’esplosione che scaraventò il piccolo portiere a terra. Stordito, si sollevò lentamente, ma il terrore lo bloccò, sgomento davanti allo spettacolo che gli si parò dinanzi: una bolla trasparente prese forma, crescendo a dismisura, al centro un piccolo cubo nero, al cui interno saettavano lampi multicolori.
Fu l’ultima cosa che il bimbo riuscì a vedere. Poi la bolla crebbe troppo velocemente per fuggire e tutto divenne nero, inghiottito da un buio denso e compatto.
Poi vide delle scie luminose venirgli incontro e attraversarlo, senza fargli alcun male.
Il bambino si mise a urlare, ma non riusciva a sentire la sua voce. Fu colto da un acceso terrore. Chiuse gli occhi e sentì il cuore battere all’impazzata.
Quando li riaprì il buio e le scie erano scomparse. La luce del sole brillava di nuovo sul villaggio e la palla di stracci era ancora davanti a lui.
Si voltò e vide i suoi compagni guardarsi esterrefatti, come se si stessero risvegliando da un brutto sogno.
2
A migliaia di chilometri di distanza, un giovane in camicia hawaiana ascoltava musica a tutto volume dagli auricolari del suo lettore mp3. Intento a navigare sulla rete, non si accorse della segnalazione acustica del sistema d’allarme. Il suono che usciva dagli auricolari era troppo alto, perché potesse sentirlo. Quando anche il monitor olografico di servizio si mise a lampeggiare, il giovane scienziato si accorse di quanto stava accadendo.
Si tolse gli auricolari e si girò con la poltrona verso il monitor di servizio.
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Sul monitor compariva un’immagine, da qualche parte in Africa, ripresa da un satellite CP6 in orbita polare a quattrocentocinquanta chilometri d’altezza. Si vedeva un disco nero che si allargava velocemente.
I sensori del satellite segnalavano un aumento dell’energia elettromagnetica proporzionale all’incremento di dimensione del disco.
Rimase lì a fissare quanto stava osservando quasi in trance, poi si scosse e si precipitò a indossare le cuffie del telefono di rete. Compose un numero sulla tastiera e attese che dall’altro capo del telefono si decidessero a rispondere.
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Il canale video e audio si aprirono appena giunse la risposta alla chiamata. Sul monitor si aprì una finestra nella quale comparve un volto lentigginoso incorniciato da capelli stopposi e biondi.
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Percorse di corsa il corridoio che lo separava dalla Sala d’Osservazione e una volta arrivato, vide tecnici e scienziati occupati davanti alle loro postazioni di lavoro. Gli schermi olografici erano pieni di dati e immagini che cercavano di comprendere.
Fiesler, il Responsabile della Sezione di Fisica Quantistica della Sala d’Osservazione, stava parlando al telefono.
<> Fiesler rimase in silenzio a guardare i monitor davanti a lui, mentre ascoltava la risposta che veniva dall’altro capo del telefono.
Quando il suo interlocutore terminò riprese a parlare senza staccare gli occhi dai monitor.
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Chiuse la telefonata e si voltò verso Burns.
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Burns rimase folgorato e un pensiero percorse la sua mente, facendogli avvertire un brivido freddo lungo la schiena.
Una domanda, una semplice domanda.
Burns si chiese chi lo avesse aperto.
Il disco continuò a ingrandirsi fino a coprire un’area di un chilometro di diametro, poi, improvvisamente, il fenomeno, com’era cominciato, cessò.
Dopo quasi sei ore e mezzo dalla sua comparsa, il disco nero sparì dagli schermi e l’immagine dal satellite tornò a mostrare il corso di un fiume, che si spiegava in un pianoro ricco di vegetazione.
Briefing
3
Nella stanza aleggiava un odore dolciastro. L’uomo annusò l’aria socchiudendo gli occhi.
Profumo speziato. Cannella.
Pensò.
La zaffata lo colpì forte e con violenza. Dopobarba muschiato. Costoso. Non erano in molti a poterselo permettere. Molto diverso dal dopobarba rancido che era dato in dotazione.
Sentì l’odore aspro e pungente del tabacco, ma non sentì quello acre del fumo. Qualcuno aveva preso una sigaretta e se la rigirava tra le dita.
Strano gioco quello di indovinare cosa accade, partendo dagli odori che si possono percepire. Strano gioco per un Esper che poteva leggere nella mente delle persone, se solo lo avesse voluto. Strano gioco per uno come Ierkov.
Gabriel Sasha
Ierkov era un Alfa.
Era russo e per anni aveva combattuto gli Alfa americani.
Era considerato tra i migliori nel suo paese. Negli ultimi anni aveva lavorato per l’Agenzia Spaziale Russa.
Il Generale Makarov lo aveva chiamato personalmente e lui si era ritrovato nel suo ufficio. Non lo accolse da solo però, insieme con lui c’erano due scienziati, consulenti del F.S.B, l’ex K.G.B.
Questo per Ierkov non era una novità. Non potevano nasconderglielo e non avevano nessun’intenzione di farlo. Erano i suoi vecchi capi del Komitat 8, il Centro di Ricerche e Studi sulle Applicazioni delle Armi Psichiche. Così si chiamava il Centro in Siberia, dove era stato di stanza per dodici anni, prima di essere mandato a Mosca, alle dirette dipendenze del Ministero della Difesa.
Da allora aveva vissuto i privilegi del suo ruolo, fino all’arrivo di Gorbaciov. Il Segretario aveva prima cominciato a tagliare i fondi per la Difesa, poi aveva ridotto all’osso gli organici e aveva cominciato a chiudere parte del mastodontico apparato militare sovietico, fino al crollo dell’Unione Sovietica e la transizione alla nuova realtà politica e sociale della Federazione Russa.
Personalmente non aveva avuto problemi, le sue abilità erano riconosciute anche dalla nuova Amministrazione russa, ma aveva perso buona parte dei privilegi di cui godeva e relegato allo stesso livello di un piccolo burocrate.
Quel giorno, il Generale Makarov, il Professor Kanchelski e il Professor Karlov, gli offrirono l’opportunità di rinverdire i vecchi fasti: gli offrivano l’opportunità di partecipare a una ricerca sul campo. C’era un problema però: la ricerca doveva essere fatta insieme agli uomini del Centro, come si faceva chiamare la controparte americana del Komitat 8.
Ierkov pensò che stessero scherzando, ma le sue analisi psichiche gli dissero immediatamente che quella che stava ascoltando era la verità. Avrebbe dovuto lavorare fianco a fianco con gli Alfa americani, i nemici di sempre. Coloro con cui si era confrontato aspramente negli ultimi vent’anni. Quella gente era in gamba. Lavoravano in coppia: un Alfa e un Sailor; chiamavano così l’operatore che controllava i parametri psicofisiologici dell’Alfa, durante le sue missioni e che aveva anche il compito di registrare tutto ciò che l’Alfa vedeva e provava.
Anche i russi operavano secondo questo protocollo, ma loro usavano altri nomi, anzi numeri. Uno era l’Esper e Due era il controllore. Evidentemente chi aveva deciso di assegnare queste definizioni non era dotato di gran fantasia.
Gli Uno erano traslocatori, si spostavano nello spazio, potevano essere in luoghi