Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'ingaggio
L'ingaggio
L'ingaggio
E-book348 pagine5 ore

L'ingaggio

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Busto Arsizio, 3 luglio 2019: Luciano Seprio, il “maestro” dell’associazione culturale Tempi Nuovi, viene trovato cadavere, ucciso da tre colpi di pistola al torace. Tre giorni dopo, a Sesto Calende, viene rinvenuto il corpo di una donna di circa sessant’anni, annegata nel Ticino, apparentemente in seguito a una rapina. Laura Levi, la comandante della locale stazione dei carabinieri, è persuasa che tra le due morti ci sia un qualche legame, quando scopre che la donna, Elisa Dapporto, frequentava Tempi Nuovi e conosceva Seprio.
Il mistero si fa ancora più intrigante con la comparsa della bella Asia Perri, anche lei in relazione con l’associazione e con i due defunti e, inspiegabilmente, erede del cospicuo patrimonio della Dapporto. Le indagini sembrano non approdare ad alcuna soluzione sensata, e soltanto l’acume e l’ostinazione di Laura permetteranno di far luce su una storia in cui ogni personaggio, nessuno escluso, ha lati luminosi e angoli bui e dove il cinismo più estremo può mascherare una sincera tenerezza.
LinguaItaliano
Data di uscita3 ott 2021
ISBN9788855391696
L'ingaggio

Correlato a L'ingaggio

Titoli di questa serie (59)

Visualizza altri

Ebook correlati

Gialli per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L'ingaggio

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'ingaggio - Mauro Angelo Gallotti

    L’INGAGGIO

    EEE - Edizioni Tripla E

    Mauro Angelo Gallotti, L’ingaggio

    © EEE - Edizioni Tripla E, 2021

    ISBN: 9788855391696

    Collana Giallo, Thriller & Noirn. 38

    EEE - Edizioni Tripla E

    di Piera Rossotti

    www.edizionitriplae.it

    Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.

    Foto di copertina: Doppio sogno di Enzo Pellitteri.

    I - 3 LUGLIO 2019. BUSTO ARSIZIO. L’ESECUZIONE.

    Luciano.

    L’orologio sul comodino segnava le otto meno venti quando Luciano Seprio aprì gli occhi e individuò l’insetto che con un fastidioso e persistente ronzio l’aveva svegliato. Una piccola vespa sbatteva ostinatamente contro la portafinestra nel tentativo di uscire all’aperto. Zampettava per qualche secondo sulla superficie liscia e trasparente del vetro, poi si allontanava in volo, prendeva la rincorsa descrivendo un cerchio di mezzo metro di diametro e si riaccomodava sempre nello stesso punto. Cieca e tenace. Luciano Seprio si alzò dal letto e spalancò l’anta. La frescura dell’esterno inondò il locale e indicò all’animaletto la strada giusta per involarsi verso le piante del giardino, liberando la camera dalla sua presenza. «Il Maestro» aveva dormito poco, quasi niente, sentiva le gambe pesanti e sapeva per esperienza che la stanchezza l’avrebbe accompagnato per il resto della giornata. Da giovane poteva sopportare senza fatica una notte insonne, ma ora il corpo reagiva più lentamente. Pazienza, ne era valsa la pena, vista la giovane donna ancora addormentata tra le lenzuola. Aveva voglia di una sigaretta e uscì sul terrazzo.

    Un vero fumatore non smette mai di esserlo pensò mentre accendeva la prima Marlboro della giornata, comodamente seduto su una poltroncina in rattan, godendosi il vento che spazzava le nuvole e rendeva i contorni del mondo circostante nitidi e netti. Era stata una notte fresca dopo il feroce calore del giorno precedente e aveva passato ore molto piacevoli. Di nuovo lo sguardo cadde sulla giovane che dormiva tranquilla nel letto matrimoniale. Luciano tendeva a sopravvalutare le proprie doti, ma una simile conquista risultava poco spiegabile persino alla luce del suo marcato e inguaribile egocentrismo. Come aveva fatto Asia, così bella e giovane, a finire a letto con lui? Certo non era attratta dal suo aspetto fisico, del tutto ordinario. Doveva trattarsi del fascino del ruolo, fasullo e costruito a tavolino, di maestro spirituale e di arti esoteriche. L’oscura attrazione esercitata dal miscuglio post New Age fatto di dialoghi rassicuranti e fumosi concetti evangelizzanti, mai calati nella pratica, centrati sulla consapevolezza e il risveglio spirituale, sulla reincarnazione e altre idee astratte, la canalizzazione di energie universali, l’ipnosi regressiva per ricostruire vite precedenti, l’utilizzo fantasioso e spregiudicato delle teorie astrologiche. Luciano Seprio, opportunista nato e di buona cultura, a impostazione umanistica, era capace di creare e sfruttare collegamenti tra discipline diverse e utilizzarle a suo vantaggio in ottica meramente utilitaristica. In questo modo si era inventato un mestiere, alimentando una reputazione fondata su teorie non dimostrate, prive di concretezza e di senso di realtà, in merito alle quali era il primo a nutrire invincibili perplessità. Non era diventato ricco e neppure famoso, ma ci aveva campato benino, ogni tanto divertendosi e talvolta ritagliandosi avventure con le discepole più ingenue e disponibili. Era stato così anche stavolta. Alle 22 della sera precedente, quando era sceso dall’appartamento al primo piano per chiudere i locali dell’associazione, aveva trovato Asia, attardatasi nello spogliatoio dopo la lezione di yoga. Era sembrata sorpresa nel vederlo, si era scusata per il ritardo e mentre sistemava scarpe, asciugamani e vestiti nel borsone, avevano iniziato a chiacchierare. La ragazza era interessata alle attività dell’associazione e mostrava una sorprendente attenzione per le capacità e le conoscenze di Luciano, che non aveva perso tempo nel valutare le possibilità di portarsela a letto. Tanto valeva provarci. E c’era riuscito. Inutile farsi troppe domande e perdersi nelle dietrologie del perché e del percome. Era successo e andava bene così. Qualunque fosse la ragione, intanto se l’era goduta alla grande, e chissà quando gli sarebbe ricapitata un’occasione simile. Smaltita la parte più piacevole, adesso rimaneva il problema di liberarsene con tatto, senza diventare offensivo. Appena la donna si svegliava doveva accompagnarla gentilmente alla porta. Alle dieci iniziavano i corsi e sarebbe arrivata Alessandra Casolo, la segretaria. Per quel momento doveva sparire ogni traccia di Asia e del suo passaggio dall’appartamento. Non era auspicabile per la credibilità di un leader con la dichiarata pretesa di diventare carismatico andare a letto con le allieve, suscitare pettegolezzi e alimentare sospetti sull’integrità etica e morale; inoltre, per puro opportunismo, Luciano non voleva impedimenti proprio adesso che aveva conosciuto Elisa che, se adeguatamente manipolata, gli avrebbe risolto ogni problema economico per il resto della vita. Per evitare l’imbarazzo delle spiegazioni, sperava che Asia non avesse nessuna intenzione di rimanere e che, appena sveglia, si sarebbe allontanata di sua iniziativa. Gli avrebbe risparmiato un compito ingrato e fastidioso. A metà sigaretta, una leggera corrente di vento mosse la tenda della camera da letto, facendola scivolare e imprigionare tra i battenti del serramento e Luciano, con la coda dell’occhio, vide un’ombra muoversi nel locale. Asia si era alzata? Buttò il mozzicone dal balcone e lo guardò atterrare, ancora incandescente, sull’acciottolato. In lontananza il campanile aveva appena battuto le otto quando notò tre auto arrivare a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, accostare e fermarsi vicino al marciapiede davanti al cancello. Nessuno dei guidatori scese dalle rispettive vetture. Aspettavano qualcosa, o qualcuno. Strano. La casa, una villa stile liberty malconcia ma imponente, era isolata e nessuno parcheggiava mai lì davanti, a parte gli allievi dei corsi, e qualche coppia di amanti che lasciava l’auto per recarsi nei motel della zona. Mentalmente Luciano calcolò quanto tempo gli rimaneva prima di dover chiedere ad Asia di tornare a casa. Forse ci stava ancora una sveltina e poi doveva essere così gentile e convincente da indurla ad andarsene senza urtarne la sensibilità. In fin dei conti mostrarsi persuasivo e non prepotente conveniva anche a lui, visto che non voleva precludersi del tutto la possibilità di futuri incontri. Pensava a queste cose Luciano mentre, dispiaciuto di lasciare la frescura del terrazzino, spinse verso l’interno, a mano aperta, la portafinestra per rientrare. Asia, con addosso soltanto una maglietta e nuda dall’ombelico in giù, si era portata davanti a lui, con una pistola spianata nella mano destra. La scena era talmente surreale che Luciano pensò solo, con un impeto di desiderio, ai peli pubici scoperti della ragazza. Si stupì per l’arma puntata contro, ma non aveva paura. Tutto poteva immaginare tranne che i colpi in canna fossero destinati proprio a lui. Con tono distaccato e tranquillo, Asia gli chiese di entrare nella doccia. Evidentemente lo voleva bello pulito per farselo un’altra volta. Ma perché la pistola? Doveva essere una specie di gioco erotico e, a dire la verità, quella piccola perversione gli dava un senso di eccitazione. Provò ad accarezzarla, ma lei fece un passo indietro e si limitò ad alzare e irrigidire il braccio e a puntargli l’arma dritta in faccia, a dieci centimetri dal naso.

    «Ti ho detto di farti una doccia» ribadì con voce monocolore e senza lasciare che dallo sguardo trapelasse una qualsiasi emozione. Luciano dubitò per un attimo. E se non si fosse trattato di un gioco? Ma non aveva senso. Si sentiva incuriosito e vagamente disorientato, ma continuava a non avere paura, anche se il teatrino cominciava a durare un po’ troppo. Si diresse verso il bagno ed entrò in doccia.

    «Vieni anche tu?» le chiese.

    I tratti immobili del viso di Asia si distorsero per un secondo in un sorriso enigmatico.

    «Certo, rispose, adesso arrivo anch’io.»

    Allora è proprio un gioco pensò Luciano, senza che neppure un’ombra d’inquietudine facesse capolino nel cervello già preda dell’eccitazione. Asia non si allontanò e seguì attentamente tutte le operazioni.

    Questa è proprio perversa pensò Luciano che si fregò accuratamente il corpo e la testa con il sapone, per poi esporsi al getto pungente dell’acqua, godendo al pensiero di quello che sarebbe successo dopo. Asia aveva abbassato la pistola, ma rimaneva in una postura di massima allerta e non gli toglieva gli occhi di dosso, creandogli anche imbarazzo. Luciano Seprio si rammaricò di non essere più robusto e muscoloso. Avrebbe dovuto curare maggiormente l’aspetto fisico. Nudo non rappresentava un grande spettacolo, le braccia scheletriche e il torace magro e spigoloso, con tutto il grasso concentrato sulla pancetta prominente a peggiorare drasticamente il quadro estetico complessivo. Vestito, con la tunica bianca da maestro spirituale faceva una certa figura, grazie soprattutto ai capelli lunghi che spiovevano sulle spalle, modello Gesù tra gli apostoli, ma quando si spogliava perdeva fascino e carisma, col torace stretto e i bicipiti flaccidi. Si chiese se vedendolo nudo alla luce del sole, Asia avrebbe cambiato idea e si sarebbe pentita della decisione presa di fare l’amore con lui. Nascondendosi il più possibile allo sguardo della donna scese dal piatto doccia in marmo resina e allungò la mano verso l’accappatoio. Alzò lo sguardo e incrociò quello di Asia che, priva in apparenza di ogni emozione, sembrava non vederlo neppure. Ancora una volta non riuscì a trattenersi dall’adocchiare il pube della giovane, pregustando il piacere che lo aspettava nella mezz’ora successiva. In quel preciso momento lo raggiunsero tre colpi al torace in rapida sequenza. Luciano li sentì partire distintamente tutti e tre, ravvicinati e attutiti dal silenziatore. Non produssero il minimo disagio acustico. Cadde all’indietro senza un lamento, disteso sul pavimento con le braccia aperte come Cristo in croce. Morì quasi immediatamente, senza il tempo necessario per intuire la fine o avvertire dolore. Il sangue che sgorgava dai tre buchi rapidamente raggiunse il pavimento, raggruppandosi e spandendosi in un’unica macchia scura, come fiumi che giungono al mare.

    Asia.

    Sarebbe stato molto semplice eliminare Luciano Seprio, se la mandante non avesse complicato le cose chiedendo che il giorno e l’ora dell’omicidio fossero programmati con la massima precisione e concordati in anticipo. Meglio se la mattina presto. Tra le otto e le otto e trenta sarebbe stato perfetto. Asia non aveva chiesto perché, non era affar suo, ma questo dettaglio rendeva tutto più difficile, inducendola a raddoppiare il prezzo della prestazione. La controparte non aveva battuto ciglio e si era limitata a un laconico «per me va benissimo».

    Incassato un congruo anticipo, Asia aveva consegnato alla donna due cellulari prepagati e il numero dove contattarla. Non doveva usare quel telefono con altri e finito il lavoro era necessario liberarsene con la massima cura. Precauzioni per abbattere i rischi di essere rintracciati. Valutate le varie opzioni, si accordarono sul luogo e sull’ora dell’esecuzione.

    «Da questo momento in avanti ci sentiremo solo a missione terminata» concluse Asia. «Sarò io a farmi viva, la chiamerò sui cellulari che le ho appena consegnato. Concorderemo il giorno, l’ora e il luogo per il pagamento. Non faremo allusioni all’operazione, e ci limiteremo all’essenziale. Abbia cura di usare un tono di voce normale, quello di due amiche che combinano un appuntamento. La cifra dovrà essere in contanti. Solo biglietti da venti e da cinquanta.»

    L’altra non era esperta in questo genere di trattativa, ma capiva in fretta e sembrava affidabile. Solo insisteva sulla necessità di uccidere Luciano Seprio all’ora concordata. Asia continuava a ignorarne il motivo, ma era pagata per eseguire l’ordine e dal momento in cui accettava un incarico cessava di avere reazioni emotive. Era come se la sua personalità si dividesse in due parti, una delle quali prendeva le decisioni dall’alto e dall’esterno e guidava ogni mossa successiva. Niente aveva importanza oltre alla missione. Tutto era vissuto come se riguardasse qualcun altro.

    Il primo sopralluogo alla casa di Luciano Seprio fu incoraggiante. La villa era isolata, ai margini dell’abitato. L’ingresso principale si trovava sulla provinciale, larga e poco battuta, in una zona costellata di ville signorili ben distanziate tra loro. Il retro dava su un giardino disordinato, dove pini enormi e antichi incorniciavano un prato spelacchiato e rovinato da piante erbacee. Al pianterreno c’era la sede dell’associazione guidata da Luciano Seprio, che al piano superiore aveva ricavato l’appartamento dove viveva. Asia aveva diverse settimane di tempo per organizzare l’omicidio. Per prima cosa prese informazioni sulle attività proposte dal programma e scelse di frequentare un corso di yoga, un po’ perché l’attività fisica le avrebbe fatto bene, e soprattutto perché quelle lezioni erano le ultime della giornata e terminavano alle ventidue. Un dettaglio che le sarebbe venuto utile. Subito dopo quell’ora infatti i locali dell’associazione si svuotavano, insegnante e allievi tornavano a casa e Luciano Seprio rimaneva solo e vulnerabile. In quel momento sarebbe stata libera di entrare in azione. Poiché nessun altro viveva nella grande casa, non prevedeva complicazioni particolari.

    La sera concordata Asia se la prese comoda alla fine dell’allenamento, e fece in modo di attardarsi aspettando che tutti gli altri se ne andassero. Preferì non farsi notare e si nascose in un ripostiglio di fianco alle docce. Nessuno doveva accorgersi di lei. Attese che l’insegnante spegnesse le luci e si allontanasse prima di uscire e, al buio, tornò nello spogliatoio. L’idea era di rivestirsi e attendere l’alba chiusa lì dentro, per salire di sopra alle otto in punto e sparare a Luciano Seprio. Di solito il maestro, molto abitudinario, scendeva a serrare i catenacci terminato il film in prima serata su uno dei canali Sky, quindi pochi minuti prima delle undici, ma quella sera Luciano Seprio cambiò programma. La sorprese mentre si stava allacciando la scarpa sinistra.

    «Cosa ci fa qui al buio?» chiese per nulla insospettito dalla sua presenza, ancora prima di riconoscerla. Asia era troppo bella perché non ci si ricordasse di lei, e di aspetto così tranquillo da non destare sospetti.

    «Mi sono attardata nella sauna, non so dove sia l’interruttore e comunque filtra abbastanza luce per vestirmi al buio» rispose con un sorriso, fingendo la massima indifferenza e nascondendo la sorpresa per l’imprevisto, mentre studiava rapidamente le alternative al piano originale. L’accordo prevedeva che Luciano Seprio dovesse morire tra poche ore e farsi chiudere fuori significava essere obbligata a rientrare forzando una finestra. Non sarebbe stato un grande problema vista la mancanza di un sistema d’allarme, la vetustà dei serramenti e l’isolamento della casa che riduceva quasi a zero le probabilità di essere vista da qualcuno, ma l’idea non la convinceva, avrebbe creato situazioni potenzialmente pericolose. Meglio provare a rimanere dentro, consapevole che a questo punto le sarebbe toccato tenere sotto sequestro Luciano Seprio per più di sette ore o, in alternativa, fingersi interessata a lui e, se necessario, andarci a letto. L’idea non la entusiasmava, ma il fine giustifica i mezzi, un accordo era un accordo, era stata pagata molto bene e doveva scegliere la strada meno difficoltosa e più sgombra da potenziali problemi. Optò per la seconda ipotesi, e dopo una notte di cui avrebbe volentieri fatto a meno, col cuscino occupato per metà da quel viscido serpentello che fingeva o credeva di essere un mezzo dio, alle 6,30 in punto la sveglia del cellulare vibrò silenziosa sotto al cuscino, avvisandola che il momento stava per arrivare e che doveva prepararsi. L’aveva puntata per pura precauzione, certa che non avrebbe chiuso occhio, e così era stato. L’adrenalina l’aveva tenuta desta a passare e ripassare ogni singolo dettaglio del piano. Allertò i sensi senza muovere un muscolo, e finse di dormire quando Luciano Seprio si levò dal letto e uscì a fumare. Per un paio di minuti Asia pensò a come doveva essere una vita normale, ordinaria. Alzarsi per il footing mattutino o scendere a prendere un caffè, anziché organizzarsi per piantare una pallottola nel cuore di un perfetto sconosciuto. Non più così sconosciuto a dire la verità, visto che avevano scopato poche ore prima. Si era limitata ad aprire le gambe dopo che lui aveva bevuto un po’ troppo e perduto ogni remora nel mostrarsi voglioso e insistente. La cosa più complicata era stata convincerlo a infilarsi il preservativo, e tutto era finito piuttosto in fretta. Il «maestro» non era tipo da prestare molta attenzione al piacere della compagna. Egocentrico come in tutto il resto, si era preoccupato esclusivamente di se stesso. Meglio così. Meno fatica e meno sensi di colpa. Certo aveva trovato piuttosto sgradevole sentirsi addosso il peso, i liquidi e gli odori di quell’imbroglione, ma nulla di insopportabile o complicato. Dalla finestra aperta entrava una piacevole frescura, che non sarebbe durata a lungo, visto che le previsioni davano per la giornata un ulteriore aumento della temperatura. In casa non c’era impianto di condizionamento, ma non si stava male. I muri erano spessi, in grado di trattenere fuori il calore eccessivo dei più estremi pomeriggi estivi. Non doveva essere male vivere lì. La luce del giorno inondava il locale quando Asia, alzatasi silenziosamente, prese dal borsone della palestra la pistola nascosta tra tuta, scarpette e asciugamani. Tutte le sue funzioni emotive e intellettuali erano focalizzate sul momento presente e non lasciavano spazio a compassione o empatia. Avrebbe gradito una doccia per levarsi da dosso gli odori di Luciano Seprio, un miscuglio di sudore e di profumo scadente, un misto di patchouli e sandalo, essenze che non amava e che adesso trovava quasi rivoltanti. Pensò che sarebbe stata a casa al massimo tra un’oretta e dopo essersi lavata si sarebbe concessa una colazione abbondante, prima di dormire un po’. Era digiuna dal pranzo del giorno prima, quel cafone di Luciano Seprio l’aveva trascinata di sopra senza neppure immaginare che, finita la lezione di yoga, potesse avere fame. Aveva badato solo a riempirla di alcol il più possibile, sperando di facilitare tutto il resto. Era talmente preso dalla messa in scena da non accorgersi che lei, di quell’ottimo Franciacorta extra brut ne aveva bevuto ben poco e, al contrario, era stato lui a ingollarne abbastanza da perdere la lucidità. Un vero idiota. E pensare che c’era gente che lo chiamava «maestro».

    Luciano era sempre sul terrazzino e, mentre gli si avvicinava, lo vide gettare il mozzicone dal balcone e girarsi per entrare. Nei due secondi che seguirono alzò la pistola e la puntò all’altezza del torace. Il viso di Luciano Seprio, quando la vide in quella posizione, era tutto un programma. Malgrado il pericolo imminente lo sguardo di lui si abbassò sul pube. Uomo banale e prevedibile, privo di originalità e di intuizione, malgrado la professione scelta. Fissato col sesso, altro che guida spirituale. Uno stereotipo perfetto.

    «Adesso vai a farti una doccia» gli disse.

    Doveva accertarsi che non rimanesse sul corpo di Luciano la minima traccia di materiale genetico. Quell’idiota neanche sospettò il vero motivo della richiesta, era convinto si trattasse di un gioco erotico. La guardò sorpreso e si avvicinò per accarezzarla.

    Quasi quasi gli sparo subito pensò Asia che tese il braccio e alzò la rivoltella fino a dieci centimetri dalla faccia.

    «Vai in doccia» ripeté. Per un attimo, ma solo per un attimo, vide negli occhi di Luciano una sfumatura di perplessità e persino di paura. Durò poco. Subito dopo tornò a prevalere l’idea di uno scherzo, di un modo diverso per eccitarsi un po’. Lo seguì nel bagno, si accertò che si lavasse con cura, poi lasciò che uscisse e si dirigesse verso il porta asciugamani. Lo sguardo di Luciano si posò di nuovo tra le sue gambe. Mentre faceva fuoco e i colpi soffocati dal silenziatore esplodevano come tre sbuffi appena accennati, fu quasi sicura che il suo pube era l’ultima immagine della vita che quell’uomo inutile si portava nella tomba. Non aveva avuto il tempo di capire, di reagire, di urlare, di soffrire. E quasi le dispiacque un po’. Guardò l’orologio. Le otto e ventitré. Missione compiuta. Aveva un’ora e mezza abbondante di tempo per ripulire. Le sarebbe bastato molto meno. Aprì tutti i cassetti simulando un furto, prese dal portafoglio i contanti, il bancomat e le carte di credito. Lavò e ripose i bicchieri e gettò la bottiglia vuota in un sacchetto della spazzatura. Il letto era un ricettacolo di materiale genetico, così cambiò le lenzuola e i copri cuscini e infilò quelli usati nel borsone della palestra. Formavano un volume eccessivo, ma nessuno ci avrebbe fatto caso alle otto del mattino. Per cancellare le impronte, passò con un panno le maniglie delle porte della camera e del bagno e gli oggetti che ricordava di avere toccato. Poi scese al piano di sotto e uscì dalla porta sul retro che lasciò socchiusa. La polizia avrebbe pensato a un malvivente che, trovato aperto, si era infilato nell’abitazione a scopo di rapina. Sorpreso da Luciano Seprio, gli aveva sparato, forse perché riconosciuto, forse preso dal panico. Raccolse i capelli in una crocchia, si infilò un berrettino con la visiera calata il più possibile sopra gli occhiali scuri e si avviò verso il cancelletto dietro casa. Non trovò la chiave giusta, ma poiché la recinzione dava su prati e una fitta abetaia, scavalcò senza farsi troppi problemi, percorse i trecento metri che la separavano dall’auto rubata la sera prima e lasciata in una stradina laterale, e si allontanò sentendosi completamente al sicuro. Abbandonò la vettura a cinquecento metri da casa e percorse a piedi l’ultimo tratto. La tapparella della cucina del vicino era già alzata e intravide una sagoma dietro la finestra. La signora Del Tredici era mattutina e curiosa. Pazienza. Sarebbe stato meglio passare inosservata, ma non era un problema. Varcò la soglia dell’appartamento e immediatamente si mise all’opera. Con l’accendino bruciò il bancomat e le carte di credito sottratte. Più tardi si sarebbe occupata anche delle lenzuola e delle federe. Nascose la pistola, che avrebbe gettato nel Ticino appena possibile, e si infilò sotto la doccia. Lasciò che per qualche minuto l’acqua corresse sul corpo, inondandole i capelli e costringendola a chiudere gli occhi. Sentì il vapore occupare ogni angolo del piccolo bagno e avvolgerla in una tiepida nebbia umida. Attraverso l’anta semichiusa vide lo specchio sopra al lavandino coprirsi di una leggera patina grigia fino a non riflettere più nulla dell’ambiente circostante. Insaponò ogni centimetro di pelle, soprattutto tra le gambe e in quegli angoli dove le bastava chiudere gli occhi per ricordare i baci appassionati di quel verme schifoso. Fregò a lungo i capelli e di nuovo rimase immobile per molti minuti, a occhi chiusi, sotto i getti d’acqua. Poi asciugò lo specchio per lo spazio sufficiente a controllare il viso. Passò le mani sui seni. Luciano Seprio non ne aveva tolto gli occhi di dosso durante l’amplesso. Mentre si rivestiva si chiese quale fosse il limite oltre il quale non si sarebbe spinta. Non intravedeva la linea di demarcazione tra quello che era disposta a fare e ciò che sarebbe stato troppo anche per lei. Aveva già ucciso, ma mentre nelle occasioni precedenti si era limitata all’esecuzione di piani definiti da altri, stavolta aveva organizzato e deciso in prima persona ogni dettaglio, compreso il fuori programma del sesso con la vittima, per portare a termine l’incarico. Sapeva di essere una criminale, ma questa attitudine non le creava sensi di colpa. L’unica regola che si era imposta era di non colpire mai persone innocenti e questo bastava ad autoassolversi. Davanti al suo mirino dovevano finire solo criminali o persone equivoche e prive di morale. Razionalmente era un’argomentazione un po’ goffa, ma emotivamente funzionava. Per quanto riflettesse spesso su quest’analisi, constatava come nessun conflitto morale si affacciasse alla consapevolezza. Non riusciva a mettersi in discussione. Provava scarsa empatia per il genere umano e si sentiva emotivamente chiusa in una bolla che la isolava dal resto del mondo. Fin da bambina non partecipava ai giochi con la naturale socievolezza di quell’età e limitava i contatti con i compagni al minimo indispensabile. Il suo temperamento era stato, almeno in parte, plasmato dai genitori, assenti e distratti affettivamente. Di Dio si era liberata fin da bambina, gli era sempre parsa un’idea astrusa, e portare a termine un lavoro senza esitazione e dubbi morali era il metro di valutazione su cui misurava l’efficienza e che, astrattamente, le indicava la strada da seguire. L’assenza di scrupoli successiva all’evento era il termometro che le consentiva di continuare ad esercitare quella professione. La linea di demarcazione rimaneva chiarissima; non colpire mai un innocente. Aver cancellato Luciano Seprio equivaleva ad aver liberato il mondo da un inutile parassita. Preparò la colazione, aprì la confezione contenente il cellulare usa e getta, e chiamò la donna che le aveva commissionato l’esecuzione.

    «Pronto» disse una voce carica di attesa dall’altra parte.

    «Buongiorno, sono io. Volevo avvisarla che il quadro è finito, come d’accordo. Che ne dice di vederci oggi al solito posto, così posso mostrarglielo?»

    «Certamente, oggi va benissimo. Facciamo alle tre?»

    Asia voleva dormire un po’.

    «Facciamo alle cinque.»

    «D’accordo per le cinque allora.»

    Subito dopo Asia si chiuse in camera, abbassò le tapparelle in modo che non filtrasse il minimo filo di luce e ripassò mentalmente la sequenza del crimine, le istantanee cruente e i passaggi tesi a cancellare le tracce della sua presenza. Era quasi certa di non aver commesso errori. Nessun senso di colpa, niente che le agitasse l’anima o la coscienza. Ricorrendo alle tecniche di meditazione, rilassò i muscoli uno per uno in attesa che il sonno arrivasse. Nessun sogno venne a disturbarle il riposo.

    Asia arrivò all’appuntamento con buon anticipo, come d’abitudine. Appostata dietro all’angolo del condominio di fronte al bar, era nella posizione ideale per vedere senza essere vista. Osservava con la massima attenzione il luogo e i dintorni dell’incontro. Prevenire, sempre. In questo caso era una precauzione quasi inutile, Asia lo sapeva, ma era una questione di metodo e di procedura. L’abitudine e l’attitudine a non lasciare niente al caso era la sua polizza d’assicurazione. Malgrado il sonno di diverse ore, si sentiva ancora stanca, il cuore pulsava un po’ troppo veloce a causa dell’accumulo di tensione della notte appena trascorsa. Il più era fatto, ma non doveva abbassare il livello di attenzione. Alle 16,55, cinque minuti prima dell’ora concordata, vide la donna scendere da un taxi e accomodarsi a uno dei pochi tavolini completamente in ombra del locale. A quell’ora non c’era praticamente nessuno, faceva troppo caldo per rimanere all’aperto. Solo più tardi, attorno alle sette, sarebbe iniziata la processione per l’aperitivo. Oltre alla borsetta portava sulle spalle uno zainetto, che di certo conteneva il denaro. Asia storse un po’ il naso al pensiero del taxi, sarebbe stato più anonimo arrivare con la propria auto, ma si rese conto che in questo modo l’altra si sentiva più tranquilla nel trasporto del contante. Un cameriere si avvicinò e tornò dopo due minuti con un caffè.

    Asia le sbucò alle spalle.

    «Buongiorno» disse prendendo posto su una delle tre sedie rimaste libere, avendo cura di scegliere l’angolo appoggiato al muro che le consentiva, limitandosi ad alzare lo sguardo, sia la visuale dell’interno che di tutta la parte esterna circostante.

    «Buongiorno, cara» rispose la donna con un sorriso.

    Sembrava tranquilla, buon segno vista la delicatezza del momento e considerando che si trattava pur sempre della mandante di un omicidio.

    Asia constatò, una volta di più, come le variabili che regolano il funzionamento della mente umana non obbediscano a regole o variabili prestabilite o prevedibili in anticipo.

    Il cameriere tornò per l’ordinazione

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1