La verità sulla fine di Loris Faraco
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La natura incantevole in cui il protagonista si sente un intruso pone il lettore in una dimensione onirica quasi magica rendendolo consapevole della fragilità dell’essere umano e della sua inadeguatezza di fronte all’imprevedibile risveglio dell’arcano.
Santarsiere non abbandona mai il lettore, lo accompagna nel percorso di lettura e gli rende decifrabile, con lucida coerenza, il messaggio che nasconde tra le righe, che, forse, vuole essere quello di parlare di pura amicizia, di rispettoso amore per la natura, di nostalgici ricordi, di tradizionali credenze popolari.
L’autore suggerisce il finale ma lascia al lettore la libertà di proiettare le proprie rappresentazioni immaginifiche all’interno della storia mettendolo in attesa, creando nel medesimo un’aspettativa continua per giungere alla fine e scoprire quella verità che il titolo stesso del racconto promette.
Consuelo Taccani
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Stefano Santarsiere
La verità sulla fine di Loris Faraco
Stefano Santarsiere, La verità sulla fine di Loris Faraco
© Stefano Santarsiere
Collana Fingerbooks
Tutti i diritti riservati
www.edizioniesordienti.com
Prima edizione – ottobre 2011
ISBN: 978-88-6690-010-8
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In copertina: Pino loricato
di Antonio Iannibelli
Da quando la madre di Loris Faraco è tornata a casa i vicini non fanno che lamentarsi. Vorrei sapere che razza di storia è, se si tratta dei soliti pregiudizi. Parlano di rumori, di odori insopportabili.
E cantilene.
Mi sforzo di non rimuginare su quella donna perché il pensiero mi porta inevitabilmente a suo figlio. Come stamattina, per esempio. Mentre parcheggiavo nel vialetto all’improvviso le mani hanno stretto il volante, il cuore ha avuto un balzo ed ecco… ho rivisto il volto di Loris. Mi è apparso come l’ultima volta che ci siamo incontrati, una faccia divorata dalla lanugine, lo sguardo oppresso da una disperazione senza nome.
Ho rivisto anche la ferita. Premurosamente fasciata ma sempre viva, chiazzata dal sangue che non ha mai smesso di uscire.
E mio malgrado tutta la vicenda mi è tornata alla memoria.
Che posso dire? Non potrò mai più osservare queste colline con gli occhi di quand’ero ragazzo. Le stradine che abbandonano il paese e s’inerpicano verso le contrade. I boschi sempre più intricati. Le sorgenti isolate, come quella di contrada Varcolaino. Luoghi che ho percorso insieme a Loris e che oggi mi trasmettono un’invincibile avversione.
In tutta onestà, confesso che solo per opportunismo ho iniziato a frequentare Loris Faraco, durante l’ultimo anno di liceo. I miei amici erano andati all’Università, abbandonandomi ai languidi pomeriggi del paese; dal canto mio ero indietro di un anno perché in terza liceo ero stato bocciato.
Anche Loris si era iscritto all’Università, alla Facoltà di geologia della ‘Federico II’ di Napoli, ma non se l’era sentita di lasciare le sue amate campagne. Inoltre due anni prima era morto suo padre e come figlio unico gli toccava fare da balia alla madre.
Fino a quel momento Faraco era rimasto un estraneo, uno che incontravamo a scuola o per strada, ma era lontano anni luce da noi. Non giocava a calcio, non entrava quasi mai nel bar e passava ore in biblioteca o in giro per le montagne. L’unica qualità che sapevamo e che in qualche modo apprezzavamo di lui era che conosceva la storia di tutti: se volevi sapere a quale famiglia appartenesse un certo individuo del paese, potevi tranquillamente rivolgerti a Loris. Credo fosse il suo modo di entrare in contatto con tutte quelle persone, la gente del borgo con cui non parlava mai, soprattutto i suoi coetanei, per i quali era soltanto un’ombra che si allontanava.
Gli abboccamenti che gli