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Scene lacerocontuse
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E-book185 pagine2 ore

Scene lacerocontuse

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Info su questo ebook

Scene Lacerocontuse raccoglie i testi di quattro drammi teatrali di Maurizio Faggi, quattro storie molto diverse che rimangono nell'ambito del teatro di parola, ma che toccano tematiche niente affatto omologate, che superano gli schemi di un certo sentire comune, dove i personaggi, scavando nella loro psiche più profonda, portano alla luce i lati più oscuri del proprio dolore esistenziale.
LinguaItaliano
Data di uscita9 mar 2015
ISBN9788891177483
Scene lacerocontuse

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    Anteprima del libro

    Scene lacerocontuse - Maurizio Faggi

    Tokyo

    Presentazione e note dell'autore

    Questa pubblicazione vuol raccogliere alcuni dei lavori teatrali che ho scritto negli anni passati. Testi affatto diversi dalle commedie che scrivo a quattro mani con Stefania Mancini, con la quale esprimo quel lato dissacratore e umoristico, che indubbiamente mi occorre per riequilibrare l'aspetto profondamente drammatico che invece permea la mia produzione teatrale personale.

    Sono quattro testi teatrali, atti unici, quattro indagini esistenziali tra l'antropologico e lo psicanalitico, quattro drammi non omologati sulla fatica del dolore del vivere.

    Niente di autobiografico, tutto quel che scrivo è molto lontano dal mio vissuto personale, nei miei testi posso solo riconoscere lo sforzo della ricerca dei motivi esistenziali del nostro vissuto.

    Mater saturans prova a gettare uno sguardo sul ruolo della madre più vicino a quello della Grande Madre di ancestrale cultura, ovvero, colei che crea ma anche distrugge, idea piuttosto lontana da quella della madre come Madonna-Madre-di-Dio-creatrice-ed-accudente che il nostro addestramento culturale vuol continuare a farci credere.

    Attese è invece uno sguardo doloroso sul femminile e sul rapporto tra donne in uno spazio chiuso fisico, ma soprattutto psicologico, come quello di un bordello, che diventa un paradigma esistenziale.

    Il testo Kratia è un'opera scritta molti anni fa. Nel rileggerla prima della pubblicazione ho potuto rendermi conto delle ingenuità, delle incongruenze, di come i personaggi a volte sfuggano dal ruolo e della poca teatralità. Eppure ho trovato in essa, oltre certe enfatizzazioni, molti spunti di riflessione non banali per una diversa declinazione di lettura del rapporto edipico.

    Santu Paulo meu delle tarante è una sorta di spettacolo-saggio antropologico etnomusicale (è accompagnato da musiche di pizziche e tarantelle). Parte dal desiderio di portare in scena il fenomeno della taranta, oggi molto di moda anche se completamente snaturato dalla sua commercializzazione, normale del resto in un epoca nella quale i motivi umani e sociali che scatenavamo il tarantismo si sono trasformati e hanno cambiato modalità di espressione. Sono partito da testi originali antichi e ricerche etnoantropologiche sul fenomeno dei tarantati, come quelle del Mingozzi e di De Martino (La terra del rimorso, Magia e sud), nei quali ho ricercato in trasparenza tutti quei lati umani, dolorosi e sofferti, che traspaiono in filigrana tra le righe di questi saggi antropologici, e ho usato questo materiale affettivo umano per creare dei personaggi teatrali che illustrassero il tarantismo a partire da quello che è il vero motivo del fenomeno: la sofferenza dei tarantati, che potevano esorcizzare il loro male di vivere solo attraverso questa pratica di delirio magico fatta di musica e ballo.

    M.F.

    SCENE LACEROCONTUSE

    Mater saturans

    Attese

    Kratia

    Santu Paulo meu delle tarante

    MATER SATURANS

    Dramma in un unico atto e due scene

    per una madre ed un figlio di Maurizio Faggi

    Personaggi:

    Madre)

    Figlio)

    Atto unico

    Scena prima

    La scena si svolge su di un palcoscenico dal fondale nero o

    comunque neutro. I due personaggi, una signora di oltre

    mezza età vestita di nero come dopo una cerimonia funebre ed

    un uomo, suo figlio, portano sulla scena in penombra un

    semplice tavolo quadrato e due sedie. Sul tavolo scende, con

    un sinistro cigolio di carrucole, un esagerato lampadario

    baroccheggiante di cristallo pieno di polvere che illumina la

    tavola e le due sedie. La donna ed il figlio un pezzo alla volta

    apparecchiano la tavola con tovaglia, piatti, bicchieri, posate,

    tovaglioli, la madre indossa poi un grembiule, di sottofondo la

    canzone Mamma cantata da Connie Francis. I due alla fine si

    siederanno ai lati del tavolo uno di fronte all'altra e inizieranno

    la loro discussione. Il figlio ha un tono a volte inquisitore,

    aggressivo nei confronti della madre: sembra sfogare un

    rancore antico. La madre sembra subire il tutto anche se

    spesso si ribella, si giustifica.

    Madre) Io sono arrivata a malapena a Sorrento per il viaggio di nozze...

    Figlio) (polemico) Non certo per colpa di Papà, che ti voleva portare negli Stati Uniti...

    Madre) (rassegnata) Si, gli Stati Uniti… L’America... New York,… no non era per me…

    Figlio) Non hai mai accettato di andare in vacanza con lui.

    Madre) Era abituato a viaggiare da quando era giovane e non voleva perdere quest’abitudine.

    Figlio) La curiosità nasce dal desiderio di conoscere e papà era un uomo intelligente, colto, amava coltivare i suoi interessi...

    Madre) Io no! Non ero abituata a conoscere, non avevo studiato, io!

    Figlio) Appunto! Perché non hai approfittato di quei viaggi. Lui voleva condividere questo piacere con te…ma tu gliel’hai sempre negato, sempre! Ogni volta ti chiedeva di partire con lui con entusiasmo che faceva tenerezza. Fingeva di dimenticarsi quello che gli avevi sempre risposto: no!… Ogni volta!

    Madre) Poi smise di chiedermelo…

    Figlio) Perché avrebbe dovuto continuare? Sopportare i tuoi sguardi gelidi? deludevi sempre ogni suo sincero tentativo di stare insieme.

    Madre) (polemica) Perché non stava a casa insieme con me, invece di voler viaggiare con me!

    Figlio) Papà appena poteva stava a casa con te… per mangiare i tuoi pranzi infiniti. Non c’era altro da fare a casa nostra!

    Madre) Grazie! Era quello che sapevo fare, il meglio che potevo fare per voi...

    Figlio) Potevo?! Che volevi fare!

    Madre) Perché mi dici questo?

    Figlio) Perché non ti sei mai voluta affrancare da quella cucina nella quale ti barricavi tutto il giorno.

    Madre) Era il mio modo di volervi bene. Voi non c’eravate mai in casa, vi vedevo solo a pranzo e a cena, quando andava bene. Quando non eravate fuori… o in viaggio!

    Voci registrate.

    Figlio) Atene, Istanbul, Samarcanda, Dublino, S.Pietroburgo, Palermo, Siviglia…

    Madre) Parigi, Praga, Ibiza, Napoli, Lima, Toronto, Sidney...

    Figlio) Londra, Venezia, Basilea, Francoforte, Pechino, Lione...

    Madre) Maldive, Edimburgo, Copenhagen, Cordova, Nizza…

    Figlio) New York, Singapore, Madras, Locarno…

    Madre) Roma, Berlino, Budapest…

    Figlio) Vienna, Los Angeles...

    Madre) San Francisco…

    Fine registrazione, ora dal vivo.

    Figlio) Non sei mai venuta una volta!

    Madre) Quante cose non ho visto…

    Figlio) Non te ne penti?

    Madre) Non lo so! Sinceramente non lo so…

    Figlio) (astioso) Io spero di si, ti auguro di essertene pentita, che ti rimanga per la vita questo rimpianto!

    Madre) (competitiva) Posso sempre andarci, ho tempo, soldi e salute per farlo!

    Figlio) Certo! Ma ci andrai come ci siamo andati noi… sola!

    Madre) Pensi che non sia abituata ad esserlo?!

    Figlio) Certo che ci sei abituata! Ed è stato piacevole?!

    La madre ha un breve silenzio eloquente, che fa capire che non

    è stata bene sola.

    Figlio) Hai fatto di tutto per rimanere sola!

    Madre) Non ci sono voluta rimanere, mi avete lasciato sola!

    Figlio) No Mamma! No! Tu non sei mai voluta venire con noi. Mai! Ci avresti fatto un piacere. Preferivi rimanere a casa piuttosto che farci contenti!

    Madre) (sulla difensiva) Non è vero! Avevo da fare!

    Figlio) Da fare?!? Che cosa avevi da fare? Da spignattare?! "Andate voi, a me sapete non interessa, (in crescendo di rabbia) e poi ho paura dell’aereo, della nave, del treno, della macchina, del pullman, della bicicletta!!! Quante scuse meschine!

    Madre) Non erano scuse! Ho veramente paura dell’aereo!

    Figlio) (ironico) Mamma! Tu non volevi prendere neanche il tram! Volevi solo stare a casa in cucina!

    Madre) E allora!! Così non vi ho disturbato!

    Figlio) Tu non ci avresti disturbato, ci avresti fatto compagnia. Era il pensiero di poter star bene insieme che ti faceva paura, avrebbe messo in crisi tutte le tue idee… i tuoi concetti…

    Madre) (secca) Quali Idee?!

    Figlio) Che io e papà eravamo due ingrati e che tu eri la martire!

    Madre) Mi avete trattata come una schiava come un…

    Figlio) (tronca la madre risoluto) Piantala Mamma!! Tu volevi fare la martire! Hai passato la vita a fare la martire. Non hai perso occasione per non farla!

    Madre) (ironica) Ah si?!

    Figlio) Quando decidevamo di rimanere per non lasciarti sola, i tuoi silenzi diventavano di roccia, facevi l’offesa: Almeno voi partite, non vi preoccupate per me… Se ce ne andavamo sembravi un cane abbandonato sul bordo di una strada per farci sentire in colpa tutto il viaggio. Al ritorno poi eri più minacciosa di quando eravamo partiti.

    Madre) (ironica) E visto che ogni volta c’era questo teatrino, perché non ci rinunciavate?

    Figlio) A te piaceva che non ci fossimo a casa, ma in viaggio!

    Madre) Che scemenza!

    Figlio) In realtà avevi bisogno del nostro ritorno a casa: c’era in te un’intima soddisfazione che per niente ti saresti persa. Sembravi appagata di quello che avevi ottenuto. Semplicemente ci avevi fatto del male: lo sapevi e ne godevi! Perché agli occhi di tutti i cattivi eravamo stati noi. -Ma quanto si sacrifica per quegli ingrati che sono sempre in giro per il mondo!"

    Madre) (sprezzante) Perché non era forse vero? Vi siete sempre fatti i fatti vostri, io potevo solo rimanere in casa…

    Figlio) Sicura?!

    Madre) (spavalda) … e naturalmente uscire solo quando mi era permesso, concesso, cioè quando faceva piacere anche agli altri che io ci fossi. Ma quando faceva piacere a me uscire, quanta gente era disposta a seguirmi?...

    Figlio) Ma tu non hai mai chiesto di fare niente! Perché avresti corso il rischio che qualcuno ti dicesse di si!… un debito di riconoscenza verso gli altri che tu non volevi… erano gli altri che dovevano essere in debito con te. Così erano più facili da ricattare!

    Madre) A me dici questo! A me! Che vi ho tirato su a latte di formica!

    Figlio) Il latte può diventare acido! Da te ho succhiato solo veleno!

    Madre) Ingrato!

    Figlio) Hai ragione! Perché in realtà da te non ho succhiato niente!

    Madre) (giustificando) Che c'entra come ti ho allattato?! Latte ne avevo poco, lo sai, non ne potevo avere di più. Ero magrissima, non ne producevo… hai avuto le balie, ti lamenti?!

    Figlio) (ironico) Se invece di far mangiare gli altri avessi mangiato un po’ tu forse un po’ di latte ti sarebbe venuto.

    Breve pausa. Musica di fondo.

    Figlio) (emozionato, rivolto al pubblico) Il primo ricordo che ho della mia vita è qualcosa che ancora mi fa paura. Odore di disinfettante, un odore che ancora oggi mi da i brividi; una stanza di un bianco opalescente nebbioso quasi denso, malato, che puzzava di alcool. Io sulle tue ginocchia ti vedevo dal basso in alto. Ti vedevo il naso sbucare dietro il tuo seno scoperto che ti nascondeva il mento. Quel piccolo seno nudo, sterile e improduttivo, sovrastato dalla tua faccia della quale vedevo solo il naso e gli occhi. Non

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