Quasi Noir
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Le linee di vita di Killer e Malika si intrecciano in una storia iniziata dieci anni prima, su binari paralleli.
Killer, ragazzo di periferia con la passione per i libri e per le armi, cerca la propria dimensione personale e sociale frequentando il poligono di tiro del paese, dove conosce Duke, appartenente a un gruppo di ultras locale.
Malika, giovane universitaria amante dello sport, cerca in tutti i modi di sfondare nel mondo della musica, la sua vera passione, e riesce ad agganciare la persona giusta grazie a una vecchia fotografia di una vacanza estiva.
Entrambi vedono il proprio entusiasmo di vita bruscamente interrotto da un evento non previsto, che porta Killer in prigione e Malika in coma.
A distanza di dieci anni, Killer e Malika devono ricominciare da zero, partendo unicamente da se stessi, in una missione di crescita personale e realizzazione sociale che ai loro occhi può sembrare impossibile - come la ricerca di un diesis fra il MI e il FA.
In un'anonima filiale bancaria, dove lavora anche Peter, vecchio compagno di cella di Killer che non ha perso i contatti con la malavita, le storie di Killer e Malika si incrociano; l’opportunità di rinascere, prendendo finalmente in mano le redini delle proprie vite grazie a un crimine organizzato dallo stesso Peter, può portare a inaspettate evoluzioni delle dinamiche relazionali fra i protagonisti, dalle conseguenze potenzialmente estreme.
Ma qualcuno, a volte, riesce a trovare il diesis fra il MI e il FA.
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Anteprima del libro
Quasi Noir - Federico Montuschi
diesis
Adesso
Einmal ist Keinmal.
Martedì 2 aprile 2013
Appoggiato allo stipite della porta finestra che dava su piazzale Loreto, Killer fumava la sua prima sigaretta giornaliera.
Il grigio di Milano invadeva la mattina; faceva freddo, un freddo umido e pungente, erano le sei e quarantasette e lui era quasi pronto per uscire, ma aspettava che la ragazza passasse per la piazza, fermandosi all’edicola per comprare il quotidiano, sfogliandolo poi rapidamente alla fermata dell’autobus, in attesa del passaggio del cinquantasei, come ogni giorno.
Ma quel giorno, per lei, il cinquantasei non sarebbe passato.
Qualche sera prima
La cena al ristorante era esattamente come lui se l’era prefigurata: un ambiente raffinato ma non troppo chic, cibo di ottima qualità, vino in abbondanza.
Le luci soffuse e il sottofondo jazz, quasi swing, davano un tono da film anni Cinquanta alla scena, che lui si gustava, simulando un reale interesse per quella ragazza che gli sedeva di fronte, alticcia sì per i troppi brindisi, ma sufficientemente lucida per sostenere comunque una conversazione che andasse oltre la normale chiacchiera da ufficio.
Killer e Malika lavoravano insieme da quasi tre mesi ormai e la reciproca empatia li aveva portati in pochi giorni a condividere tutte le pause caffè, i pranzi e, soprattutto, i gossip da ufficio, di cui nel giro di poco erano diventati involontari protagonisti.
Allora, come ti sembra questo bianco?
– chiese Killer.
Ormai non distinguo più i sapori… ma versamene un altro bicchierino, ci sta…
Il cameriere arrivò in quel momento, servendo la grigliata di pesce fumante.
Ci fu un attimo di silenzio, che Killer riempì versando il vino prima nel bicchiere di Malika, poi nel proprio.
Sei sicura di poter fare questa cosa che ti sto chiedendo? So che non è facile, ma se fosse stata facile probabilmente non mi sarei rivolto a te.
Sì, voglio farlo, non preoccuparti. E poi decideremo insieme cosa fare, dopo…
Malika avvicinò dolcemente il calice alle labbra e bevve l’ennesimo sorso, senza staccare lo sguardo da Killer, che lo ricambiò, con un sorriso stretto.
Dieci anni prima
"Remember when you were young
you shone like the sun".
Pazzo diamante.
Dieci anni prima – Killer
Paolo abitava a Rho, nell’hinterland milanese, un pasoliniano ragazzo di strada
, riccio, con gli occhi scuri e furbi e la risposta sempre pronta, a fronte di qualsiasi domanda, anche a costo di improvvisare improbabili voli pindarici.
Frequentava il quarto anno all’istituto tecnico del paese, una classe di soli maschi che raramente andavano d’accordo, tutti figli della classe operaia di prima periferia ed ereditari d’incazzature sociali contro politici che Paolo non conosceva e non voleva conoscere.
A lui interessavano i libri e questo lo faceva vivere ai margini di quel microcosmo aculturato.
I suoi pomeriggi al Bronx, come veniva chiamato in gergo quel quartiere così duro, passavano ai margini delle partite di calcio dei suoi amici, accovacciato su libri di qualsiasi genere che lo appassionavano e gli permettevano la completa evasione da un contesto che sentiva non appartenergli.
Cercava da tempo canali alternativi per conoscere nuova gente, persone più interessanti, ma senza successo.
La vita in provincia non gli offriva situazioni stimolanti e anche per questo, poco a poco, si ritrovò sempre più coinvolto dalla passione dichiarata per le armi – passione che nel giro di poco tempo gli era valsa il soprannome di Killer da parte dei compagni di classe.
Il ferro
, come veniva chiamato dagli eroi dei suoi romanzi, era simbolo di potere e d’indipendenza, fonte di supremazia verso i coetanei e garanzia di successo con le coetanee.
Un bigio pomeriggio d’autunno, più per vincere la noia quotidiana che non per reale convinzione, entrò al poligono di tiro del paese e provò a sparare alle sagome, con risultati decisamente scarsi in termini di mira, ma eccellenti in termini emotivi e di autostima.
Concentrarsi sul bersaglio, respirare profondamente quasi in modo introspettivo, premere il grilletto della pistola furono azioni nuove che gli procurarono un’eccitazione mai provata prima, un senso di sollievo adrenalinico che si concretizzò in un sorriso ebete, che gli rimase stampato sul viso fino a sera.
Fu l’inizio di un periodo di costante frequentazione del poligono che lo portò in breve tempo a conoscere gli assidui avventori di quella zona franca, che per Killer significava sicurezza e tranquillità.
Dieci anni prima – Malika
Ascoltava musica live in un locale alternativo milanese.
Il gruppo spagnolo tocava pezzi rock, gli assoli del chitarrista sparavano note sublimi che sembravano penetrare la cortina di fumo che aleggiava all’interno del locale.
La gente ondeggiava a ritmo, tutto creava un superiore senso di fratellanza che in quel momento sembrava indissolubile, ma che probabilmente sarebbe svanito nel breve percorso fra l’uscita del locale e il piccolo parcheggio antistante circondato da siepi basse.
Malika aveva sempre ammirato e spesso invidiato i musicisti.
Gente che vive di creatività e che fa nascere emozioni.
Il cantante Paco, bandana in testa, vestito di pelle nera e tatuaggi sui bicipiti, ruggiva nel microfono e la sua voce schiantava le viscere di Malika, seduta a un tavolino in compagnia di Betty, compagna d’università, con una pinta di chiara doppio malto in mano.
Cosa darei per poterlo conoscere!
– disse Malika, accarezzando il bicchiere prima di portarselo alla bocca per sorseggiare la birra.
Beh, aspettalo! Sai, qui al Pappagallo Matto i musicisti a fine concerto sono soliti fermarsi ai tavoli e conversare con la gente… e non sarebbe la prima volta che un cantante finisce a letto con una sua fan!
– rispose Betty, con un complice occhiolino accompagnato da un sorriso.
Magari! Ma sai che non sarà così… fra poco devo scappare, domani ho lezione alle otto e mezza e sono d’accordo con Ricky di andare a correre alle sette.
Con questo freddo? Tu sei matta, ragazza mia, completamente matta!
Beh, sai come sono fatta. Mi sono messa in testa di correre la mezza maratona di aprile, voglio arrivare ben preparata. Anzi, guarda, ti saluto, sono stanca e sarà meglio che mi riposi bene, sennò domani non mi reggerò in piedi dopo la corsa.
Ciao, a domani! Magari ci vediamo in aula, a meno che Paco non si fermi a parlare proprio con me questa sera… In tal caso non garantisco per me stessa!
Scema… ciao, a domani!
Malika si fece largo fra i tavolini, recuperò il cappotto e uscì dal locale.
La notte era gelida.
Dieci anni prima – Killer
L’incontro fra Killer e Duke non fu del tutto casuale.
Anche Duke amava le armi, anche Duke bazzicava il poligono.
Era un ragazzone alto, biondo, con i capelli a spazzola.
Vestiva sempre con jeans e anfibi e portava camicie dai colori sgargianti.
Assomigliava a Duke Nukem, l’eroe del videogioco di guerra, e per questo gli amici gli avevano affibbiato quel soprannome così impegnativo, che molti – erroneamente – interpretavano come una forma di impegno politico con il partito di destra attivo nel paese.
Ma a Duke, di politica, non fregava nulla.
Amava dichiararsi con gli amici un capo ultras, anche se, data la giovane età, non era altro che un aggregato al gruppo di tifosi della zona che seguiva ogni domenica la Dinamo Basket nel proprio campionato regionale.
La Dinamo era una nobile decaduta, vantava anni addietro anche un paio di stagioni in serie B, mentre ora galleggiava a metà classifica del campionato di serie D.
Fu nel mezzo di una partita a carte pomeridiana al bar del poligono, durante la quale Killer stentava a pescare una sola briscola, che gli sguardi di Killer e Duke s’incrociarono per la prima volta.
Killer incazzato nero per la sfortuna che quel giorno lo attanagliava, Duke seduto da solo a un tavolo, con la sigaretta accesa.
Entrambi si alzarono per ordinare una birra, ritrovandosi spalla a spalla al bancone del bar e ordinando la stessa birra nello stesso istante.
La situazione creò immediatamente complicità.
Ciao, sono Duke, ti ho visto gironzolare qui al poli nelle ultime settimane … da dove vieni?
Piacere. Sono Paolo. Gli amici mi chiamano Killer. Vengo dal Bronx, anzi… sto cercando di uscirne! Lascia, questo giro lo pago io.
Ah ah, cerchi di uscirne? Manco fosse una droga! Lo conosco il Bronx, meglio starci alla larga… Grazie per la birra, ce la beviamo insieme al mio tavolo? Sto laggiù, vicino alla vetrata, così possiamo magari vedere anche qualche buon tiratore, invece di star qui a sentire le lagne dei giocatori di briscola.
Volentieri, oggi poi non ne pesco una!
Afferrarono le due Ceres fredde che il barista aveva posato sul bancone e, con le birre in mano, attraversarono la sala del bar, Duke davanti, seguito da Killer.
Il tavolino di Duke era occupato dalla Gazzetta dello Sport, che Duke ripiegò su stessa, prima di porgere una sedia a Killer.
Erano quasi le sei di un pomeriggio già scuro, quando si sedettero per la prima volta uno di fronte all’altro.
Quella scena, nel tempo, si sarebbe ripetuta.
Killer, soprannome impegnativo... ma sai sparare?
– chiese Duke.
Sto imparando. Diciamo che sulla parte teorica sono fortissimo, sul pratico ho ampi margini di miglioramento
– rispose Killer abbozzando un mezzo sorriso.
Ah ah, a me succede lo stesso con il sesso!
– esclamò Duke alzando la bottiglia in segno di brindisi, che Killer non si fece mancare.
Sorseggiarono le birre poco a poco, rimanendo a parlare e bere, come due vecchi amici che non si vedono da tempo, fino a chiusura del poligono, incuranti delle sicure incazzature delle rispettive madri.
Con l’incoscienza dei loro diciotto anni erano sicuri di poter spaccare il mondo ed erano forse in cerca di un buon pretesto per farlo.
Dieci anni prima – Malika
La sveglia alle sei e mezzo era suonata più dura del solito per Malika.
Nonostante i suoi vent’anni, un’uscita serale extra con rientro dopo mezzanotte era sufficiente per crearle un arretrato di sonno che si tirava dietro per almeno una settimana.
Alle sette Ricky le fece uno squillo sul cellulare, segno che la stava attendendo da basso e lei scese di corsa le scale.
Ciao ragazza! Che faccia stanca… di che marca era il Tir che ti ha investito ieri sera?
"Ciao Ricky! Lascia stare… ieri sera sono uscita