Sa Contonera: Ai piedi del monte Gonare
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Info su questo ebook
Gonaria Nieddu è nata a Mamoiada da genitori ogliastrini. Madre di due figli e nonna di tre nipoti. è stata insegnante delle scuole medie a Fonni, Ilbono, Arzana e Tortolì, dove attualmente risiede. Si è dedicata alla politica negli anni ’70, ricoprendo l’incarico di consigliere nel comune di Ilbono. Partecipa attivamente a diverse associazioni di volontariato senza mai dimenticare la sua grande passione per la scrittura. Nel 2012, il racconto “La mia guerra” si è classificato al primo posto nel concorso “Lettere in Aria” e ha ottenuto lusinghieri riconoscimenti presso l’Ambasciata Tedesca in Italia. “Sa Contonera” è la sua prima pubblicazione.
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Anteprima del libro
Sa Contonera - Gonaria Nieddu
GONARIA NIEDDU
SA CONTONERA
AI PIEDI DEL
MONTE GONARE
AmicoLibro
Gonaria Nieddu
Sa Contonera
ai piedi del monte gonare
Proprietà letteraria riservata
l'opera è frutto dell’ingegno dell'autore
© 2015 AmicoLibro
via Oberdan 9
75024 Montescaglioso (MT)
www.amicolibro.eu
info@amicolibro.eu
Prima Edizione: aprile 2015
A mio padre per il suo attaccamento al lavoro, duro,
sicuro e sempre senza fissa dimora.
A mia madre che nel crescere i suoi figli ha sofferto in modo particolare per l’isolamento.
Ai miei fratelli e alle mie sorelle cresciuti
a contatto con la natura, ma privi dell’elemento vitale
del confronto coi propri simili.
PREFAZIONE
Sa Contonera - ai piedi del monte Gonare
è un libro che denota padronanza della lingua italiana, usata appropriatamente per esporre dei contenuti avvincenti, ricchi di emozioni e speranze che si intrecciano: è tenero, a tratti esposto con humor e sconcertante onestà.
Regala ai lettori un’avventura emozionante ed è ricca di colpi di scena. Fonde sentimenti personali e conflitti sociali dentro storie che lasciano il segno.
L’ambiente è quello delle sperdute case cantoniere di un tempo, immerse nella solitudine e circondate da silenzi eterni che hanno ispirato Gonaria a scrivere, spesso con spunti autobiografici, di fatti che riescono a conivolgere piacevolmente chi legge nonostante la loro drammaticità.
Chiara Mulas
INTRODUZIONE
Insegnante in pensione, figlia di cantoniere stradale, Gonaria Nieddu narra di svariati episodi della sua infanzia vissuti in varie Cantoniere, poste di regola lontane da qualsiasi centro abitato. Fa parlare perlopiù le Cantoniere stesse, mettendo in evidenza il disagio derivante dall’isolamento. Racconta dei continui trasferimenti da una sede all’altra, della fame di compagnia, di lei da bambina, dell’attesa costante del passaggio di qualcuno nello stradone.
Apre la serie di narrazioni con i ricordi trasmessi dai suoi genitori riguardanti il periodo di fine anni venti, quando era difficile sottrarsi all’incombenza del banditismo, piaga allora diffusa nell’isola.
Come esperienze personali, parla di episodi ora allegri, ora pervasi da sentimenti di paura e di terrore. Racconta dei rapporti d’amicizia instaurati sul finire dell’ultimo conflitto, fra la sua famiglia e i militari tedeschi di una Compagnia insediatasi proprio di fronte alla casa cantoniera. Ricorda la ritirata degli stessi per l’Armistizio, il rumore assordante degli aerei Anglo-Americani che sfrecciavano a bassa quota tutte le ore e il terrore nel volto della madre durante una fuga. Racconta dei momenti tragici vissuti per le armi puntate contro i genitori e i figli dentro casa, nel corso di una rapina.
Parla infine dell’ultima sede lavorativa assegnata al padre: la Cantoniera da sempre ambita. Qui, il clima dolce e tutto quanto ne poteva derivare avevano dato alla famiglia la serenità per tanti anni mancata, nonostante le vicissitudini derivanti dalla fine della guerra, dalla malaria e dalle sue conseguenze.
PIRA ‘E ONNI
UN FISCHIO DI BASSO TONO
Due, tre colpi in rapida successione alla finestra quella sera fecero trasalire tutti all’interno della cucina.
Is carabineris, is carabineris…
avvisava con voce tremante, quasi balbettando, quel giovane lasciato fuori a fare il palo mentre l’ospite seduto in una seggiola accanto al camino, d’improvviso si rizzava in piedi con uno scatto felino e, raccattando nervosamente le sue cose per rimetterle nel logoro zaino posto a terra fra le sue gambe, cominciò a girare su se stesso, ora a destra ora a sinistra, saltando a scatti in verticale quasi a sfiorare il soffitto.
Dov’è il moschetto… dov’è il moschetto?
gridava in un perfetto italiano. Stralunato, non ricordava più dove l’aveva appoggiato al momento del suo arrivo. Giuanni, il cantoniere, corse verso l’ingresso, afferrò l’arma che come al solito Samuele appoggiava nell’angolo appena dietro il portone e, appena gli fu vicino, strattonandolo cercava di richiamarlo al controllo di sé. Ma lui, in preda a una forte agitazione, non capiva, non vedeva più ciò che gli stava attorno. Con gli occhi sbarrati fino all’inverosimile, scansava quelle braccia tese, quel moschetto che gli veniva messo sotto il naso e continuava a gridare.
Dov’è il moschetto… dov’è il moschetto?
Non c’era niente da fare: il cervello gli era andato in tilt.
Giuanni riuscì ad afferrarlo per un braccio e a trascinarlo nella camera attigua. Aprì la finestra che dava sul retro e con uno spintone lo indusse a saltare fuori, al buio, senza riuscire a consegnargli l’arma che a lui ormai bruciava fortemente in mano. Si sentì il brusco tramestio di passi in corsa sul viottolo della collina e lui, con tutta la forza che gli era rimasta addosso, lanciò il moschetto il più lontano possibile sperando che andasse a finire nel folto dei cespugli. Richiuse prontamente la finestra e corse in cucina dove Marianna, la giovane moglie, si era lasciata scivolare sulla sedia attorno al tavolo. Rosìca, l’unica vicina e madre dell’improvvisato palo, subito accorsa, la rassicurava che non di carabinieri si trattava, ma del solito gruppetto di pastori che spesso la sera veniva per scambiare quattro chiacchiere con gli amici cantonieri.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo. Marianna, in preda a una forte agitazione, stentava a riprendersi mentre con un fazzoletto in mano si asciugava il viso, e tremante, si abbracciava con compostezza il ventre palpitante di vita, come a rassicurare quel figlio che doveva ancora portare in sé per poco tempo. Giuanni le si avvicinò porgendole un bicchiere d’acqua e invitandola a rilassarsi.
Stai tranquilla, sono i soliti in cerca di un bicchiere di vino
, le disse dandole due colpetti affettuosi sulle spalle per rincuorarla. Poi corse fuori dicendo Torno subito…
Passò dietro casa perché, sapendo dove poteva essere finito il moschetto lanciato dalla finestra, voleva farlo sparire, doveva evitare al fuorilegge la permanenza nei pressi. S’incamminò scostando a ogni passo cespugli d’ogni genere e lo trovò quasi subito, benché il buio fosse intenso. Incespicando in mille ostacoli fatti di sassi e radici, di tanto in tanto gettava un fischio di richiamo, di basso tono, fino a quando lui apparve quasi correndogli incontro. Era ancora ansimante e anche imbarazzato per lo scompiglio causato in casa di chi l’aveva accolto, come altre volte, per le sue inderogabili esigenze. Afferrò l’arma con movimenti ancora bruschi ricomponendosi, e quando gli fu rivelato del falso allarme, con un vago gesto del capo, commentò Ho già visto e… mi dispiace…
Si allontanò con la stessa rapidità con cui era apparso e, salutando debolmente con un’alzata di mano, scomparve inghiottito dal buio nel folto della boscaglia.
Giuanni emise un lungo sospiro e si accorse solo allora della luna apparsa in fondo all’orizzonte e del lugubre richiamo della civetta al di là della collina; mentre dall’interno del ritrovo adibito a bettola, già si levavano alte le voci del gioco alla morra.
Si lasciò scivolare per un attimo su un basso cespuglio a lato della mulattiera: le gambe gli tremavano. Non trovandosi il fazzoletto in tasca, si tirò su un lembo della camicia per asciugarsi la fronte che grondava di sudore. Rilassatosi, rientrò a casa con una voglia struggente di scambiare qualche parola con Marianna e altri familiari di Rosìca nel frattempo accorsi.
Quanto a me, sono ancora oggi una casa cantoniera ben solida, forte, imponente, di una struttura architettonica particolare; un fiore all’occhiello nel mio campo. Posta a metà strada fra l’Ogliastra e il Nuorese, a non molta distanza dal Passo Correboi, con due alloggi