Infiltrato
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Un’altra appassionante avventura degli uomini del commissariato di Belleville, messi ancora una volta a dura prova dallo spietato mondo della criminalità parigina.
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Anteprima del libro
Infiltrato - Flavia Maria Macca
Tavola dei Contenuti (TOC)
Copertina
PROLOGO
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRE
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI
I romanzi di Flavia Maria Macca
cover.jpgUn Giallo di
Flavia Maria Macca
Infiltrato
img1.pngISBN versione digitale
978-88-6660-424-2
INFILTRATO
Autore: Flavia Maria Macca
© CIESSE Edizioni
www.ciesseedizioni.it
info@ciesseedizioni.it - ciessedizioni@pec.it
I Edizione stampata nel mese di ottobre 2022
Impostazione grafica e progetto copertina: © CIESSE Edizioni
Immagine di copertina: Licenza Creative Commons CC0
(libero uso commerciale, attribuzione non richiesta)
img2.pngCollana: I nostri Noir
Editing a cura di: Renato Costa
Editore e Direttore Editoriale: Carlo Santi
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale, pertanto nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza che l'Editore abbia prestato preventivamente il consenso.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Ad Angelina. Grazie per l’affetto che mi hai regalato, non ti dimenticherò mai. R.I.P.
PROLOGO
La donna aprì gli occhi. La prima sensazione fu di profondo smarrimento. Dove si trovava? Cos’era successo? Era sdraiata su un letto, nella stanza c’erano un armadietto e un comodino. Una flebo era attaccata al braccio destro. Un ospedale, senza dubbio. Ma com’era arrivata lì? E, soprattutto, chi era? Qual era il suo nome? Presto lo smarrimento si trasformò in panico. Il cuore prese a battere all’impazzata, un suono galoppante si diffuse nella stanza, era il battito del suo cuore? Un’infermiera che indossava un camice immacolato irruppe nella stanza.
«Signora, si sente bene?», le chiese.
«Mi aiuti, la prego! Mi dica chi sono e cosa ci faccio qui!»
L’infermiera le rivolse uno sguardo compassionevole, la cosa non fece che aumentare il suo disagio e la sua preoccupazione.
«Cerchi di stare tranquilla, non le fa bene agitarsi. Mi chiamo Rose e sono un’infermiera. Si trova in ospedale, ha avuto un incidente. Vado subito a chiamare il dottor Sullivan che l’ha seguita in questi giorni, le spiegherà tutto. Nel frattempo, faccia dei bei respiri profondi. Ecco, brava, così… Adesso vado a cercare il medico, farò in fretta, promesso».
Lasciò la stanza e, correndo, raggiunse la sala medica. Spalancò la porta, ma all’interno non c’era nessuno. Guardò l’orologio appeso alla parete, erano le dieci del mattino, i medici erano tutti in giro per il reparto impegnati nelle visite giornaliere. Sempre correndo, raggiunse il gruppetto di medici nella stanza numero diciotto.
«Dottor Sullivan, mi spiace disturbarla durante le visite, ma la paziente della stanza tre si è svegliata. È in evidente stato confusionale, non sa chi sia e dove si trovi. Potrebbe venire a darle un’occhiata?»
«Certo, Rose, grazie per avermi avvisato. Finalmente si è svegliata!»
Poi, rivolto ai colleghi, chiese di continuare il giro visite senza di lui. Era ansioso di capire chi fosse la donna che due giorni prima era stata raccolta per strada da un’ambulanza e portata in ospedale in gravi condizioni. Presentava diverse ferite alla testa e al volto, le aveva fatto subito una TAC, dalla quale era emerso un grosso ematoma all’emisfero cerebrale destro. Probabilmente un colpo inferto con un oggetto contundente. Era questa la causa della perdita di memoria? Doveva scoprirlo al più presto, era suo preciso compito dare alla paziente sconosciuta un’identità e avrebbe fatto del suo meglio per riuscirci.
CAPITOLO UNO
Alex Renard era a colloquio con Julien La Belle, il Prefetto di Parigi. Era stato convocato il giorno prima e, pur sapendo di non aver fatto niente di sbagliato, era piuttosto agitato; si sentiva come uno studente convocato dal Preside. Claude non aveva accennato il motivo dell’incontro, gli aveva detto soltanto che il Prefetto voleva vederlo per motivi di lavoro. Un’ovvietà, sicuramente non l’avrebbe convocato per discutere di calcio o per parlare del più e del meno.
Il Prefetto, un uomo di mezza età molto elegante e dal carattere affabile, lo fece accomodare di fronte alla sua scrivania.
«È un piacere vederla, ispettore Renard. Mi spiace averla convocata con così poco preavviso, ma si tratta di una questione molto delicata e piuttosto urgente che mi ha costretto a scordare le buone maniere. Ci siamo incontrati diverse volte negli ultimi anni e sempre per la consegna di una nota di merito o di una medaglia per i difficili casi brillantemente risolti da lei e dal commissariato di Belleville, sicuramente il più efficiente di Parigi. Conosco Claude da quasi trent’anni, ho avuto modo di apprezzarne le spiccate doti investigative e quella cocciutaggine che non gli permette di avere pace finché non risolve i casi su cui indaga. E da un commissario così non potevano che crescere
degli ispettori in gamba come lei, come Henry Rupert, Eleonore Durand e Isabelle Pregnant. Siete un’ottima squadra e non c’è che da farvi i complimenti».
Alex era a disagio. Per esperienza sapeva che dietro a tante belle parole, ci sta sempre la fregatura.
«La ringrazio per le parole di apprezzamento, dottor La Belle, fanno sempre un gran piacere, ma non credo di essere stato convocato per questo. Venga al punto, mi dica perché mi trovo qui».
La Belle non trattenne una risata.
«Accidenti! Va sempre dritto al nocciolo della questione! D’accordo, mi piace il suo modo di fare, poche parole e tanti fatti. Questo non fa che confermare quanto ho detto prima. E ogni parola che ho pronunciato era sentita e sincera, questo vorrei le fosse chiaro».
Tirò fuori dal cassetto una fotografia e la consegnò ad Alex, che rimase a dir poco sbalordito. L’uomo ritratto gli somigliava in modo sorprendente e, a parte qualche chilo in più, avrebbe potuto essere suo fratello gemello.
«Capisco il suo stupore, ispettore. Quest’uomo le somiglia in modo sorprendente, è d’accordo?»
«Direi che somiglianza è un termine limitativo. È praticamente identico a me!»
«Esatto, e questo è il motivo per cui si trova qui oggi».
«Chi è quest’uomo?»
«Si tratta di Eric Mosse, uno dei criminali più spietati che abbia mai messo piede in Francia».
«Sì, certo, ne ho sentito parlare spesso, ma non mi è mai capitato di seguire un caso che lo riguardasse, o di vedere una sua fotografia, anche perché, se non ricordo male, non vive a Parigi».
«No, infatti. È nato a Nizza il 27 agosto del 1980. Ha iniziato la sua brillante carriera
di trafficante di droga nella sua città, poi si è trasferito a Londra e da lì ha gestito i suoi affari, che hanno prosperato anno dopo anno fino a prendere piede in tutta la Francia. La banda di cui era il capo aveva basi anche a Parigi, ha fatto la spola tra qui e Londra per anni, è stato difficile scovarlo, incastrarlo e rinchiuderlo in un carcere di massima sicurezza. È stata un’operazione laboriosa e molto lunga, condotta dalla prefettura di Nizza in collaborazione con il principale commissariato di Polizia di Londra. Adesso è detenuto qui a Parigi da quattro anni, in isolamento totale, non gli è concesso alcun collegamento con il mondo esterno. La sua banda parigina pian piano si è sciolta e alcuni dei componenti si sono distribuiti tra le altre gang della Francia, altri si sono trasferiti all’estero. C’è una banda in particolare, qui a Parigi, che sta guidando quasi l’intero traffico di droga francese e non solo. È talmente potente che ci dev’essere sotto qualcos’altro. Dobbiamo scoprire di che si tratta e soprattutto chi è a capo dell’organizzazione. Sappiamo che costui si fa chiamare lo sfregiatore
perché sfregiare il viso dei suoi rivali o di chi lo tradisce prima di eliminarli, è un po’ il suo marchio di fabbrica. Tramite i nostri informatori più fidati, sappiamo che si trova da qualche parte a Parigi, ma non sappiamo dove di preciso».
«Mi scusi, non capisco dove vuole arrivare...»
«Ha ragione, si starà chiedendo cosa c’entri lei in tutto questo. Glielo spiego subito. Vorrei che prendesse il posto di Mosse e che si infiltrasse nella banda di cui le parlavo, della quale fanno parte alcuni suoi vecchi amici».
«Aspetti un momento… ha appena detto che Mosse è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza!»
«Esattamente. Organizzeremo la sua evasione
, è già d’accordo con noi, abbiamo pianificato tutto. Tra due settimane sarà condotto in ospedale per una grave malattia e durante il tragitto riuscirà a evadere. E si presenterà alla banda in questione chiedendo di farne parte. Sono certo che non rifiuteranno, un po’ per la reputazione che ha e poi perché il braccio destro dello sfregiatore, Bastien Monfort, è il fratello di Célestin, il migliore amico di Mosse. Ovviamente non sarà lui a presentarsi, ma lei…»
«E lei si fida di quell’uomo? Non pensa che appena sarà fuori, avviserà qualcuno dei suoi vecchi amici?»
«Non mi creda così ingenuo, ispettore Renard. Mosse è un uomo disperato, che non ha niente da perdere. In cambio della sua collaborazione gli abbiamo offerto un vitalizio che gli permetterà di vivere da pascià in carcere e la protezione totale da parte delle guardie del penitenziario. Nessuno oserà toccarlo o infastidirlo, tutti lo temeranno, diventerà un leader e questo attualmente è il massimo a cui possa aspirare. Inoltre, fino al momento del rientro in carcere, trascorrerà un periodo in una località di mare, in una villetta dotata di ogni comfort, ovviamente scortato da una decina di agenti. Mi creda, venderebbe l’anima al diavolo per avere tutto questo, ammesso che ne abbia ancora una. La lista delle atrocità che ha commesso è talmente lunga che non basterebbe una giornata per leggerla tutta, anche se a vederlo non si direbbe. Non per niente lo chiamavano il diavolo dalla faccia d’angelo
».
«Per sostituirmi a lui, dovrei conoscere ogni dettaglio della sua vita, privata e non, a questo ha pensato?»
«Certo, per questo dovrà passare due settimane con lui. Le spiegherà ogni cosa e le assicuro che sarà preciso ed esaustivo».
«Mi sembra di capire che la sua non sia una richiesta, ma un preciso ordine! Ha già pianificato tutto!»
«Non posso obbligarla, so di non poterlo fare, quando una missione comporta rischi elevati. Diciamo che la conosco abbastanza da sperare che voglia aiutarmi. So che ha famiglia, una bambina di poco più di un anno e una compagna che, tra l’altro, lavora con lei al commissariato. Non gliel’avrei mai chiesto se non fosse per la sorprendente somiglianza con Mosse. Non posso rivolgermi a nessun altro. Ovviamente sarà lautamente ricompensato a fine missione. Parliamo di circa centomila euro, una cifra che potrebbe renderle la vita molto più agevole, potrebbe costruire un futuro roseo per sua figlia».
«Se vivrò abbastanza a lungo per vederla crescere, ovviamente...»
«Non avrei voluto affrontare questo argomento, ma visto che l’ha fatto lei, le posso assicurare che se qualcosa dovesse andare storto, gli euro che andranno alla sua famiglia saranno trecentomila. Mi rendo conto che il denaro non sostituirebbe mai la sua presenza, ma aiuterebbe parecchio. Pensi che sgominare quella banda e catturare lo sfregiatore
renderebbe la Francia un luogo migliore dove vivere. Certamente non eliminerebbe del tutto la criminalità, ma la fetta più marcia sicuramente sì. Un futuro migliore per tutti, anche per la sua bambina. Sono anni che studio questo caso, insieme a un gruppo di dodici collaboratori specializzati e abbiamo valutato ogni possibilità. Avevamo anche pensato di provare a scoprire dove risiede Bastien e pedinarlo, in modo che ci portasse dallo sfregiatore, ma non conoscendone l’identità, sarebbe stato tempo sprecato. Non avremmo potuto attenzionare ogni persona che avrebbe incontrato! Quindi, grazie anche alla sua sorprendente somiglianza con Mosse, infiltrarla nella banda ci è sembrata la soluzione migliore, forse l’unica possibile. Ovviamente non pretendo che mi risponda subito, ma posso darle tempo soltanto fino a domattina. Se accetta, dobbiamo cominciare al più presto l’addestramento. Ci dorma sopra, ne parli con la sua compagna, con Claude e con i suoi colleghi. Se accetta, anche loro dovranno fare la propria parte. L’aspetto domattina alle dieci con la risposta e mi auguro sia quella che spero. Se non dovesse accettare, dovremmo infiltrare il vero Mosse e tutto sarebbe molto più complicato, come può immaginare. Per il momento la ringrazio per il tempo che mi ha dedicato e le auguro una buona giornata».
Il Prefetto accompagnò Alex alla porta e lo congedò.
La missione comportava rischi enormi, è già difficile infiltrarsi in una banda inventandosi un’identità, prendere il posto di un altro con un passato ben definito, era addirittura folle! Con due settimane soltanto per prepararsi, oltretutto. Eppure, si conosceva bene e sapeva che alla fine avrebbe accettato, il problema più grande era spiegarlo a Roxane...
CAPITOLO DUE
«Non se ne parla, Alex! Lo farà qualcun altro! Devo ricordarti che hai una bambina di poco più di un anno? Cosa ne sarebbe di lei e anche di me, se ti succedesse qualcosa? Possibile che quando c’è un incarico pericoloso sia sempre tu ad andarci di mezzo?»
Roxane era rossa in viso, presa dalla concitata discussione con Alex. Sedeva alla sua scrivania, proprio accanto a quella di Isabelle. Lavorava al commissariato da due mesi soltanto, ma si era dimostrata subito un’abile investigatrice e insieme a Isabelle formava una squadra che per le indagini da remoto, senza interventi sul campo, si era dimostrata insostituibile.
«E chi dovrebbe farlo, secondo te? Anzitutto, c’è la somiglianza con Mosse, che è a dir poco sorprendente. E se anche non fosse così e il Prefetto trovasse un altro modo per infiltrare qualcuno nella banda, a chi si potrebbe rivolgere? Henry ha ancora una pallottola conficcata nel cranio, non dimenticarlo! Elly rientrerà al lavoro la prossima settimana e non è ancora del tutto guarita dopo il trattamento subito da Leclerc. Armand non è tagliato per questo genere di cose, quanto a Claude, da quando Denise è scomparsa non è più lui, non sarebbe in grado di reggere lo stress, senza contare che non è più un ragazzino! E sappiamo che La Belle ha un’enorme stima di Claude e del nostro commissariato, non credo si rivolgerebbe altrove. Utilizzare lo stesso Mosse è impensabile, finirebbe per fuggire all’estero e sparire definitivamente. E poi, infiltrare qualcuno che la banda non conosce è quasi impossibile, non sono dei principianti! Spacciarmi per Mosse è l’unico modo sicuro per riuscire a entrare nella banda e sgominarla una volta per tutte! Francamente non vedo altre soluzioni. Se tu le hai, esponile, sono tutt’orecchi!»
Roxane sapeva che Alex aveva ragione e questo non faceva che aumentarne lo sconforto e la profonda preoccupazione.
«Io vado a prendere un caffè», intervenne Isabelle, pensando fosse giusto lasciarli discutere in privato.
«Niente affatto, Belle, tu non ti muovi da qui!», rispose Roxane, «magari puoi darmi una mano a fare ragionare questo incosciente!»
«Anche se non ho nessuna voglia di entrare in questa discussione, posso dire di essere d’accordo con tutti e due, visto che vuoi la mia opinione! Capisco molto bene la tua preoccupazione, ma anche il discorso di Alex non fa una piega. Se vogliamo sgominare la banda di narcotrafficanti più pericolosa e ben organizzata di Parigi e risalire a chi la comanda, non c’è altro modo che infiltrarsi e non c’è persona più indicata di Alex per farlo. Fingersi un altro faciliterà l’ingresso, specialmente se consideriamo la reputazione di Mosse, sarà sicuramente ben accolto. Questo è il nostro lavoro, Rox, ormai ne fai parte e dovresti averlo capito. Quando ti dicevamo che è dura questa vita, non raccontavamo storie...»
«Belle, non trattarmi come fossi una cretina! So benissimo che ogni fottutissimo giorno rischiamo la vita, ma infiltrarsi in una banda di quel calibro equivale a un suicidio!»
«Non sottovalutarmi, amore. Non è la prima volta che lo faccio e me la sono sempre cavata piuttosto bene: so cosa fare, prepareremo tutto nei minimi dettagli, non mi succederà niente, te lo prometto!», rispose accalorato Alex, pur non credendo appieno a quanto appena affermato.
«Non fare promesse che non puoi mantenere! Questo genere di operazioni si sa come iniziano, ma non come vanno a finire. Non ci sono garanzie, né certezze. Me l’hai insegnato tu!»
«Ok, allora diciamo che ti prometto che farò la massima attenzione, va bene così?»
«Non va bene per niente, ma so che non ti farò cambiare idea, ti conosco troppo bene, ispettore Renard!»
«Quando mi chiami così la faccenda si fa seria. Devo preoccuparmi?»
Roxane gli lanciò una pratica, lui la schivò, non fu altrettanto lesto Henry, che stava entrando in quel momento nella stanza.
«E che diavolo... è questo il modo di accogliere e salutare il vostro collega preferito?»
«Non è il momento di scherzare, Henry», disse seria Isabelle.
«Che succede?», chiese ad Alex.
«Niente, divergenze di opinioni, tutto qui. Roxane non ha preso bene la notizia che tra un paio di settimane sarò infiltrato nella banda più pericolosa di Parigi. E ancora non le ho detto che sarà lei, insieme a Belle, a preparare tutto quello che mi serve».
«Cos’è questa storia? Cosa dovrei preparare, ti dispiace illuminarmi?», chiese piccata Roxane.
«Vi dovrete occupare, in collaborazione con la prefettura, di immettere nei database di tutto il mondo alcune informazioni. Per esempio, le mie impronte digitali dovranno sostituire quelle di Mosse. Poi dovrete curare i rapporti con la stampa per l’evasione del nostro uomo, escogitare la maniera migliore perché possa tenermi in contatto con voi e aiutarmi a imparare tutto quello che è necessario per potermi sostituire a Mosse. Per questo motivo, Roxane, verrai con me in Costa Azzurra per due settimane, mentre Belle lavorerà dal commissariato. Ho già avvisato mia madre, si occuperà di Cristine».
«Ma certo! Hai già organizzato tutto! Non sei venuto qui a chiedere il mio parere, ma soltanto a comunicarmi la tua decisione! Veramente grandioso, degno di una coppia perfetta, dove due persone prendono le decisioni importanti insieme e dopo averne ampiamente discusso. Invece, il grande ispettore Alex Renard non ha bisogno di confronti, decide e basta! E agli altri non resta che adeguarsi!»
Alex non aveva mai visto Roxane così arrabbiata e non poteva darle torto. Non si stava comportando in modo corretto, ma sapeva che lei avrebbe tentato di dissuaderlo e aveva paura di non essere in grado di convincerla. Così aveva pensato di metterla di fronte al fatto compiuto, con la speranza che le sarebbe passata, prima o poi.
«Mi dispiace, Rox, hai ragione, ma ti ripeto per la milionesima volta che questo è il mio lavoro e anche il tuo da un paio di mesi. Non c’è niente di facile, a volte, se si vogliono ottenere dei buoni risultati, bisogna correre qualche rischio. Siamo una squadra in gamba, la migliore di Parigi, e questo lo dico perché ne sono convinto, non perché me l’ha detto La Belle. Faremo un lavoro egregio, ma per riuscirci dobbiamo essere uniti e non perdere tempo a discutere tra noi. Se non te la senti di darmi una mano, chiederò a qualcun altro di accompagnarmi da Mosse».
«Scordatelo! Visto che ormai è tutto deciso, almeno ti terrò d’occhio e cercherò di aiutarti come meglio posso. Ora, se abbiamo finito, avrei parecchio da fare».
Alex avrebbe voluto aggiungere altro, ma Henry lo trascinò fuori dalla stanza.
«Che ti prende, Henry? Non avevo ancora finito con Roxane!»
«Sì, invece! Mi stupisco di te, il grande seduttore, il conquistatore, quello che nei suoi trentacinque anni di vita si è lasciato alle spalle centinaia di cuori infranti! E non conosci per niente le donne, non hai ancora imparato quando è il momento di lasciarle tranquille a metabolizzare ciò che le ha fatte tanto arrabbiare! In questo momento, qualsiasi cosa tu dica la farebbe incazzare ancora di più. Lascia che sbollisca la rabbia, poi sarà più facile parlare con lei».
«Senti, senti… da quando sei diventato un esperto del genere femminile? E poi sarei io il seduttore? Quando mai poi ho infranto cuori? Che ti sei bevuto stamattina?»
«Io niente, ma tu ti sei bevuto il cervello! Una donna deve sempre pensare di aver deciso lei, anche se non è così. Tu invece l’hai messa di fronte al fatto compiuto, stavolta non ti sarà facile farti perdonare. Comunque c’è qui il tuo migliore amico, Henry Rupert, non ti lascerò combattere questa battaglia da solo e non mi riferisco solo a quella con Rox. Sarò il tuo contatto al commissariato, ho già qualche idea su come potrai contattarmi nella massima sicurezza. Vorrei poter prendere il tuo posto, io non ho figli che mi aspettano a casa, purtroppo non posso farlo, non ti somiglio nemmeno un po’...»
«Va bene, genio. Che ne dici di andare nel mio ufficio e cominciare a metterci al lavoro?»
«Questa sì che è un’ottima idea! Andiamo, socio!»
Roxane era visibilmente scossa dopo il diverbio con Alex. Isabelle di problemi coniugali era un’esperta, dopo la profonda crisi vissuta con il marito Ben soltanto un anno prima. Ora erano più uniti che mai, quando alla base di un rapporto c’è amore profondo, rispetto e fiducia, nessun problema è insormontabile. Roxane era in piedi davanti alla finestra. Si avvicinò e la strinse a sé.
«Devi essere forte, Rox, capisco quanto l’incarico che il Prefetto ha dato ad Alex ti preoccupi, ma se guardi la faccenda in modo distaccato, capirai anche tu che è l’unico a potersene occupare. Lavoreremo tutti per lui, faremo in modo che non gli succeda niente, lavorando di squadra, abbi fiducia in lui e in tutti noi, andrà tutto bene!»
Roxane si divincolò dall’abbraccio e tornò a sedersi alla sua scrivania.
«Quello che dici è tutto vero, Belle, solo mi è impossibile guardare la faccenda in modo distaccato. È di Alex che stiamo parlando. Il mio compagno, il padre di Cristine! È tutto il mio mondo, senza di lui la vita non avrebbe più alcun senso!»
«Lo so, ti capisco, ma a volte amare significa anche soffrire e bisogna farlo in silenzio, per non creare ansie alla persona amata. Penso che Alex sia preoccupato per questa missione almeno quanto te. Credi che non pensi alla donna che ama, a Cristine, a sua madre? Se gli succedesse qualcosa vi darebbe un dolore forse troppo pesante da sopportare. Eppure, questo è il suo lavoro e sa di doverlo svolgere al meglio, con tutti i pericoli e i rischi che ciò comporta. Agendo in questo modo non farai che aumentare la sua preoccupazione e i sensi di colpa. Devi essere forte e impegnarti al massimo insieme a tutti noi per fare in modo che i rischi siano ridotti al minimo. Ormai fai parte della squadra e in questo genere di lavoro soprattutto tu e io, lavorando in ufficio, saremo un supporto indispensabile e prezioso. Scusa se mi permetto di parlarti con franchezza, ma trovo che sarebbe inutile e controproducente consolarti e dirti che hai ragione, penso piuttosto che tu abbia bisogno di essere spronata e mi sono permessa di farlo».
Roxane rimase molto colpita dalle parole di Isabelle. Aveva ragione su tutta la linea, si stava comportando in modo infantile ed egoistico. Invece di supportare Alex e cercare di alleviarne la tensione, non aveva fatto altro che dargli altre preoccupazioni. Si alzò di scatto dalla sedia, abbracciò Isabelle e le sussurrò nell’orecchio: «Grazie, Belle, sei un’amica. Vado subito a parlare con Alex».
Uscì correndo dalla stanza. Isabelle sorrise, era sicura che Roxane avrebbe capito. Era talmente innamorata da riuscire a mettere da parte se stessa per il bene di Alex. Sorrise al pensiero che proprio lei, una fabbrica di problemi coniugali, era forse riuscita a mettere pace tra Alex e Roxane. La vita è decisamente sorprendente!
Roxane entrò senza bussare nell’ufficio di Alex e lo trovò intento a lavorare con Henry.
«Henry, ti dispiace lasciarmi qualche minuto da sola con Alex? Vorrei parlargli in privato».
«Certamente!», rispose prontamente Henry, «vado a prendere un caffè e a fumare una sigaretta. Fate pure con comodo».
Poi uscì dalla stanza, non prima di aver guardato Alex strizzando un occhio.
«Allora, Rox», chiese subito Alex, «di cosa volevi parlarmi? Immagino tu sia qui per la discussione di prima. Ascolta, so di aver sbagliato, io volevo solo…»
«Stop, amore, non dire altro. Sono io che ho sbagliato e sono qui per scusarmi».
«Ho sentito bene? Mi hai chiamato amore? E sei qui per scusarti? Allora è proprio vero che esistono i miracoli!»
«Smettila di fare lo scemo, sono seria. Quando decisi di entrare in Polizia, tu mi mostrasti tutti i lati difficili di questo mestiere, i pericoli, la sofferenza, la pressione psicologica, le notti insonni passate al commissariato ad esaminare verbali di interrogatori, prove, fascicoli… mi sembrava tutto ovvio, di sicuro non pensavo che fare la poliziotta sarebbe stato come lavorare in un qualsiasi ufficio! È solo che quando c’è di mezzo la persona che ami, tutto diventa più difficile e le parole che mi hai detto prima improvvisamente assumono un senso diverso. Eppure, capisco che tu sia la persona più indicata per svolgere questo incarico e non solo per la somiglianza, sei un ottimo poliziotto, probabilmente il migliore in circolazione. Ovviamente starei meglio se fossi io a svolgere questo incarico così pericoloso, al posto tuo. Credo che non riuscirei a vivere senza di te».
Corse ad abbracciarlo e lui la tenne stretta a sé.
«Vivresti anche senza di me, tesoro. E questo perché c’è Cristine, la nostra piccolina. Comunque, stai tranquilla, non ho nessuna intenzione di lasciarvi, sarà una missione perfetta e sai perché? Perché non sono io il migliore, siamo tutti noi, la nostra squadra. Oltre ad essere bravi nel nostro lavoro, abbiamo dalla nostra il rapporto di profonda amicizia che ci lega e ci permette di lavorare al meglio. Questa sarà la nostra arma migliore, come è sempre stato. Ora torna nel tuo ufficio, c’è tanto lavoro da fare e pochissimo tempo. Se non te la senti di venire con me in Costa Azzurra e vuoi rimanere con Cris, per me