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Le figlie di Adrian: Lei era nata per lui e lo aveva salvato
Le figlie di Adrian: Lei era nata per lui e lo aveva salvato
Le figlie di Adrian: Lei era nata per lui e lo aveva salvato
E-book302 pagine5 ore

Le figlie di Adrian: Lei era nata per lui e lo aveva salvato

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Info su questo ebook

"Le figlie di Adrian è il primo racconto della Saga di Adrian a cui fa seguito "Sulle tracce di Amina", "Il Barone e la fiamma" e "La seduzione dell'Aurora".
Tirolo 1340. Alera ed Evelyn sono due sorelle, figlie del duca Adrian di Falkwand e conducono una vita tranquilla sui monti, nel loro bellissimo e prospero regno in Val Passiria.
Alera è coraggiosa, temeraria, forte, il suo sogno è quello di diventare un valoroso cavaliere al servizio di suo padre, frequenta il popolo, i soldati e le taverne, caccia e combatte meglio di un uomo. Evelyn è delicata, dolce e sempre intimidita dalle novità; è bellissima ed è una vera nobile Signora, sa cucire abiti preziosi e ricamare splendidi arazzi, sogna l’amore, quello romantico, un matrimonio da favola con un cavaliere valoroso.
Entrambe le sorelle si impegnano per fare in modo che tutti i loro desideri più profondi si realizzino, fino a quando nelle loro vite non compare un conte all’apparenza crudele e dall’aspetto inquietante con gli occhi di ghiaccio e i capelli del colore del grano maturo.
Il conte Gherard di Schwarzsee vuole una moglie, la vuole giovane, bellissima, intelligente. Per lui non ha importanza l’amore, l’amore lui non l’ha mai conosciuto e non intende conoscerlo, la sua reputazione è delle peggiori, il suo esercito è spietato e numeroso, nessuno può negare una richiesta di matrimonio a quell’uomo malvagio, neppure il duca Adrian…
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2015
ISBN9788899001346
Le figlie di Adrian: Lei era nata per lui e lo aveva salvato

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    Anteprima del libro

    Le figlie di Adrian - Susi Andreatta

    fortunata!

    Capitolo primo

    Tirolo, giugno 1340

    Le due bambine ammiravano estasiate il rosso tramonto di fuoco che si vedeva all’orizzonte, dovevano esserci abituate ormai ma ogni volta rimanevano a riempirsi gli occhi di quegli splendidi colori e ogni volta era un’immensa sorpresa. Quasi tutte le sere andavano su quella verde collina ad ammirare il cielo e la natura ed intanto parlavano dei loro sogni e dei loro desideri. Erano due sorelle con solo un anno di differenza ed era quindi inevitabile che andassero d’accordo, considerando il fatto che altre loro due sorelline molto più piccole erano a casa ancora attaccate alle sottane della madre. C’erano solo loro due al mondo, l’una per l’altra in quel momento, sempre insieme, sempre unite nei loro segreti e anche nelle loro marachelle. Nessuno al castello sapeva dove andavano e sicuramente le stavano cercando con ansia, in fondo avevano solo undici e dodici anni ed i boschi intorno al castello erano pericolosi. La loro balia le aveva messe in guardia spaventandole per non farle allontanare troppo, aveva raccontato loro di creature demoniache e crudeli che si nutrivano di bambine disubbidienti. Per un po’ di tempo la storia dei mostri del bosco aveva retto ma ora le due sorelline si sentivano grandi ed indipendenti e, quando erano insieme, non avevano paura di niente.

    Evelyn, la più grande, guardò il volto della sorella, la sua espressione era come sempre di grande stupore, pensò che era proprio una piccola curiosona.

    - Fra poco dobbiamo ritornare a casa Alera, Olga sarà disperata, avrà perlustrato il castello già una decina di volte e scommetto che una bella sculacciata questa sera non ce la toglie nessuno! - Sorrise alla sua frase, lei non era mai stata toccata da nessuno con quel suo bel faccino dolce come il miele e con i suoi modi tranquilli, aveva sempre convinto tutti che non aveva fatto niente di male. Per Alera invece la questione era ben diversa, sua sorella più piccola era una vera e propria peste, non l’aveva mai sentita una volta chiedere scusa o aver ammesso di aver sbagliato e così, con quei suoi modi duri e scontrosi, alla fine, si prendeva sempre una bella sgridata e qualche volta anche una bella punizione fisica e sempre per colpa di quella sua linguaccia biforcuta che non riusciva a tenere ferma. Eppure a guardarla era così bella, il suo viso sembrava quello di un angelo, i suoi occhi grandi e scuri con le lunghe ciglia nere erano un po’ allungati verso l’alto, il nasino piccolo e all’insù segno di vanità che in Alera era totalmente inesistente, la bocca piccola ma con le labbra carnose a forma di cuore e, quando rideva, ai lati delle guance si formavano due deliziose fossette. I capelli erano lunghi sciolti e scuri, con dei riflessi rossi che alla luce del sole diventavano più luminosi, ricci e ribelli come la testa che li ospitava.

    -Rimaniamo ancora un po’, tanto ormai il danno è fatto, cosa cambia se rientriamo più tardi? Guardiamo tutto il tramonto, Olga almeno avrà una buona scusa per farmi la sua solita lavata di capo! - Si girò e sorrise alla sorella, il suo sorriso era radioso e furbesco, sembrava una volpe con quel faccino mezzo nascosto da quella folta chioma di riccioli spettinati.

    - Sei sempre la solita Alera, non ti importa di far preoccupare la povera Olga, lo sai che fa così perché ci vuole bene e tu non fai altro che darle pensieri! -

    - Non ti ci mettere anche tu adesso, non stiamo facendo niente di male, siamo solo venute a guardare il tramonto e fra poco ritorniamo al castello, non c’è bisogno che si preoccupino tanto, la loro è solo una stupida abitudine che ben presto dovrà finire, siamo grandi ormai! -

    - Come vuoi tu sorella, ma questa volta ti arrangi, io non ti difendo, hai capito? -

    - Senti questa, tu non mi hai mai difesa Evelyn, semmai è il contrario! - Evelyn non rispose, sua sorella aveva ragione, era sempre lei che parlava in sua discolpa, era sempre lei che si prendeva la colpa di tutto pur di fare in modo che nessuno toccasse la sorella. Evelyn era così delicata sia nell’aspetto fisico che nel carattere, i suoi modi sempre dolci e remissivi, non sapendolo, nessuno avrebbe mai pensato che quelle due creature così diverse erano sorelle. La più grande era uno splendore di colori, i capelli biondi come il grano maturo lunghi e lisci le arrivavano fino ai fianchi e i suoi occhi verdi sembravano pietre preziose da tanto erano lucenti. Il visino era sempre molto pallido ma ugualmente bellissimo, con lineamenti delicati ed immensamente dolci, il suo fisico era longilineo, morbido e si cominciavano già a notare le prime ed incerte curve di donna. Solo a guardarla, Evelyn ispirava una grande voglia di proteggerla da tanto sembrava delicata ed infatti Alera era molto protettiva nei suoi confronti, per lei invece era ancora troppo presto, niente nel suo corpo lasciava presagire che sarebbe diventata una donna, era magra e slanciata ma con spalle larghe e braccia e gambe muscolose come quelle di un capretto selvatico, leggermente più bassa della sorella, era però più tonica e allenata alla corsa e alle attività fisiche per via di quel suo carattere esuberante e senza paure.

    - Guarda Evelyn, guarda laggiù sembra un falco! - La bambina indicava con la mano un punto nel cielo, si era alzata e in quel momento sprizzava energia da tutto il suo forte corpicino. Evelyn guardò dove le indicava la sorella e, con suo grande stupore, vide un grosso falco che si stava dirigendo veloce proprio verso di loro.

    - Sta venendo da questa parte Alera, ho paura, nascondiamoci! - E prese la sorella per mano cercando di attirarla verso la boscaglia che era dietro di loro.

    - No, no aspetta, voglio vederlo bene! - Il falco era sempre più vicino e stava volteggiando sopra le loro teste, entrambe non sapevano nulla di falconeria, ma in quell’ istante il falco stava puntando proprio loro e in men che non si dica sferrò il suo attacco e piombò in picchiata sopra le loro teste.

    Alera, più pronta di riflessi, si gettò subito a terra mentre Evelyn, paralizzata dalla paura, rimase in piedi e il falco con i suoi artigli possenti la colpì con forza prendendola per i capelli e cercando in qualche modo di affondarli nel viso della bambina che strillava per la paura e il dolore.

    - Aiuto, aiuto, Alera aiutami ti prego! - Gridava la piccola in preda al più cieco terrore.

    Alera non se lo fece ripetere due volte, con uno scatto degno di un gatto si alzò in piedi e, preso un grosso pezzo di legno, si scaraventò con tutta la forza sopra il falco e colpì, una due tre volte le ali della bestia fino a quando non mollò la presa e si accasciò al suolo, rimanendo quasi immobile con le ali distese.

    - Evelyn, come stai, ti ha fatto male? - Prese la sorella fra le braccia e cercò di scostarle i capelli dal visino per vedere se era ferita, tirò un sospiro di sollievo quando notò solo un minuscolo taglio sulla fronte e nulla di più.

    - È andato via, ho paura, che paura! - Si guardava intorno con gli occhi sgranati.

    - No non è scappato, è lì per terra, mi sembra ferito, guarda, è un bel falcone! - E lo indicò.

    - Non voglio nemmeno vederlo, ti prego andiamo a casa, è quasi notte e io ho paura! - Toccandosi la ferita con la punta delle dita e vedendo il sangue, Evelyn cominciò a piangere silenziosamente.

    - Va bene, andiamocene! - Sbottò nervosa Alera, odiava vedere la sorella con le lacrime che le rigavano le guance. - E di quel bel falco che cosa ne facciamo, è un peccato lasciarlo lì ferito, forse dovremmo portarlo da nostro padre, che ne dici? -

    - Ma sei forse impazzita Alera? Io non tocco quella bestiaccia terribile! - Si era alzata e stava barcollando per cercare di rimanere in piedi e dirigersi verso il castello. Il suo vestito azzurro era sporco e su una spalla era strappato, la bambina provò molta pena per lei, ma perché doveva sempre essere così sfortunata, perché quel falco non aveva preso lei per i capelli, lei era così coraggiosa da non avere paura di una simile bestia ed infatti, invece che seguire le supplice della sorella, si diresse verso l’animale che se ne stava immobile sul terreno con le ali aperte. Si inginocchiò e lo toccò con leggerezza sul dorso, il falco girò la testa e fissò i suoi occhi gialli da rapace nei suoi senza fare nessun rumore. Alera decise che non poteva lasciarlo in quel modo, così si avvicinò di più per riuscire a prenderlo in braccio, ma si fermò di colpo quando sentì un forte rumore di zoccoli di cavallo che si stava avvicinando a grande velocità. Alzò il visino e cercò lo sguardo di sua sorella e notò che la bambina stava guardando immobile in una direzione ed era più pallida di un morto. Anche lei guardò da quella parte e, quando vide i due cavalieri venire verso di lei si precipitò dalla sorella, i due uomini erano cavalieri di un altro regno, lei lo sapeva bene, conosceva tutti i soldati di suo padre e quei due non li aveva mai visti al castello. Rimasero in silenzio tenendosi per mano fino a quando i due uomini non gli furono di fronte a pochi passi di distanza, il più grosso dei due scese da cavallo con grande agilità nonostante la robustezza e l’altezza notevole del suo corpo e si avvicinò al falco che era ancora per terra fermo.

    - È ferito ad un’ala Gherard, non lo so se potrà volare di nuovo. - Prese il falco con delicatezza e lo portò all’altro che nel frattempo era sceso da cavallo. L’uomo guardò prima l’animale e poi spostò il suo sguardo verso le due bambine che nel frattempo erano rimaste ferme.

    -Voi due! - Disse, con voce forte e severa dirigendosi verso di loro con passo deciso, era un uomo molto alto quasi come il suo compagno, ma era più magro. Evelyn indietreggiò spaventata mentre Alera gli si parava davanti, con fare protettivo.

    - Chi siete e che cosa volete cavaliere? - Disse la piccola rimanendo diritta e fissandolo con determinazione, doveva sollevare la testa per poterlo guardare in faccia, lei gli arrivava a malapena alla cintura e da quella posizione poteva vedere bene la grande spada intarsiata e decorata, la spada di un nobile, come quella che usava suo padre.

    - Sono Gherard di Schwarzsee e questo è mio cugino Walter, con chi ho l’onore di parlare? - Sorrise e Alera ebbe l’impressione che si stesse prendendo gioco di lei, non era vecchio, anzi il suo viso era molto giovane e senza barba.

    - Io mi chiamo Alera Falkwand, figlia di Adrian Falkwand, Signore e padrone di queste terre! -

    - E la graziosa ragazza che si nasconde dietro di te? - Volle sapere l’uomo spostando la testa per vederla meglio, era rimasto colpito dalla dolcezza di quel viso ancora di bambina ma non del tutto, fra qualche anno sarebbe diventata una donna meravigliosa, con quei lunghi capelli biondi, lisci come la seta. - Lei è mia sorella Evelyn, che cosa ci fate nobile Gherard nelle terre di mio padre? - Questa domanda lo colpì, come faceva quella bambina a sapere che era un nobile e che aveva per sbaglio sconfinato in quelle terre, per inseguire un falco mal addestrato, preso in contropiede, rispose male e sgarbatamente. - Chi è stato a colpire il mio falcone? - Chiese accigliando lo sguardo e fissando la bambina con i capelli scuri, quella sì che doveva essere una vera streghetta, il suo sguardo era fiero e molto penetrante, scuro e attento, il sole che stava scomparendo dietro alle montagne le illuminò per un breve istante la folta chioma riccioluta e i riflessi rosso scuro che sprigionò furono incredibili.

    - Perché non mi rispondi piccola, non credo sia caduto da solo! -

    - No! Non è caduto da solo, lo ho colpito io! - Rispose fiera la bambina senza minimamente abbassare lo sguardo.

    - Era un buon falcone! - Mentì Gherard - Dovrò chiedere a tuo padre di risarcirmi del danno che mi hai causato signorina! -

    Non poteva credere che fosse stata lei a colpirlo. - Voi non sarete risarcito di niente Signore. - La sentì rispondere con la sua vocina di bimba ma priva di insicurezza. - Il vostro falco voleva mangiarsi gli occhi di mia sorella, se dirò questo a mio padre, dubito che si mostrerà magnanimo con voi e che sarà disposto a darvi qualche cosa, per la vostra perdita! -

    Entrambi rimasero zitti a guardarsi in malo modo, Gherard fece qualche passo avanti e si inginocchiò di fronte alla ragazzina per poterla vedere bene in viso e da vicino. - Quanti anni hai signorina? - Volle sapere. - Undici Signore! - Rispose lei, sempre senza distogliere lo sguardo fiero.

    - E tu che hai solo undici anni, sei sicura che tuo padre crederà al tuo racconto e non al mio? - Il bel viso della bambina, che fino a quel momento era rimasto bianco e quasi privo di espressione, diventò di colpo rosso come una fragola matura e strinse le labbra assottigliandole, i suoi occhi se possibile diventarono ancora più scuri. - Come osate rivolgervi a me in questo modo Signore, io sono sua figlia, mio padre non metterà mai in dubbio la mia parola! - Gherard allungò una mano e toccò un ricciolo che ricadeva ribelle sulla fronte della bambina e rimase stupito di quanto fosse morbido, poi rimanendo sempre inginocchiato e lasciando ricadere i capelli si rivolse all’altra ragazza. - E tu che cosa dici? - Evelyn mosse qualche passo indietro senza avere il coraggio di rispondere, aveva paura di quell’ uomo, i suoi occhi non gli piacevano erano cattivi, troppo chiari e troppo intensi, non capiva come sua sorella potesse rimanere lì senza la minima paura ad affrontare quel gigante dall’aspetto inquietante.

    - Alera, ti prego andiamo a casa…- Balbettò piano invece che rispondere.

    - Signore, fate come credete meglio, io e mia sorella ora ci ritiriamo, buona serata! - E senza aspettare si voltò e strattonando sua sorella con forza si diresse verso il sentiero che conduceva al castello. L’uomo si alzò di scatto e in pochi passi le raggiunse e mettendosi loro davanti, le fermò dicendo. - Avrò l’onore e il piacere di riaccompagnarvi al castello di Falkwand di persona e non accetto un no grazie come risposta, si sta facendo notte, a cavallo arriverete prima e così avrò modo di parlare con vostro padre in merito alla questione del mio falcone, quindi prego seguitemi e accomodatevi suoi nostri cavalli.- Afferrò con la sua grande mano per una spalla la ragazzina bionda, quella che gli sembrava la più tranquilla ma la ritirò subito perché una manina piccola ma decisa gli schiaffeggiò la sua. - Non toccate mia sorella! - Gli ordinò la bambina.

    - Allora prenderò te! - Non era mai stato un tipo paziente e nemmeno ora riusciva più a sopportare quella piccola peste, quindi la prese per la vita e, senza tanta premura, la gettò sul suo cavallo, poi salì a sua volta e ordinò a suo cugino Walter di prendere l’altra che era rimasta ferma a guardare sua sorella bloccata e scaraventata sul cavallo come un sacco vuoto. Mossa dal terrore Evelyn prese la mano che l’uomo gli tendeva e salì anche lei in groppa al cavallo consapevole più che mai che erano totalmente in balia di quei due cavalieri.

    - Gherard di Schwarzsee, siete un cafone bifolco, non vi perdonerò mai per quello che mi avete fatto! -

    - Sei una bambina molto impertinente, io ti sto accompagnando al castello, dovresti solo ringraziarmi! - Gli era seduta davanti, una piccola morbida creatura, Gherard annusò i suoi capelli e li sentì profumati come i fiori nei campi. Alera si voltò per vedere se sua sorella stava bene e vide che apparentemente era tranquillamente seduta sul cavallo del cugino di Gherard, con il viso pallido e serio.

    - Siete un parente del conte Hans? - Volle sapere la bambina, curiosa.

    - Sì, è mio padre! - Alera alzò lo sguardo e lo piantò sul volto del giovane, sapeva che suo padre e il conte Hans di Schwarzsee erano da molti anni acerrimi nemici ma non ne sapeva i motivi, come mai suo figlio si era addentrato così in profondità in territorio a lui vietato e per di più ora la stava portando al castello, suo padre sicuramente non lo avrebbe accolto bene.

    - Non ne so i motivi, sono ancora una bambina ma so che mio padre e il vostro non sono amici, non pensate di rischiare grosso ad entrare nel castello di Falkwand? -

    - Ci vuole ben altro, sono un cavaliere mercenario, ho affrontato di tutto in vita mia, di sicuro non ho paura di vostro padre! - Era vero, lui aveva da poco compiuto ventitre anni ed era appena ritornato da una lunga guerra in terra santa, ne aveva viste di cotte e di crude in quegli ultimi tre anni che era stato lontano, figurarsi se un vecchio duca poteva intimorirlo.

    - Che cosa è un cavaliere mercenario? -

    - Sei una bambina molto curiosa Alera! - Pronunciando il suo nome, provò uno sconosciuto senso di dolcezza. - Vediamo un po’ come posso spiegartelo in modo che tu lo capisca…-

    - Signore, ho un tutore che mi istruisce a dovere, parlate pure tranquillamente! - Gherard sorrise, quella ragazzina era veramente una personcina interessante.

    - Allora è molto semplice, uccido uomini, al servizio di qualcuno per denaro… - Ci fu un lungo momento di silenzio poi scoppiò a ridere, sentendola dire. - Ne avete uccisi molti? -

    - Abbastanza! -

    - Allora siete un uomo ricco! -

    - Beata innocenza, sei una creatura meravigliosa piccola Alera, quando diventerai una donna chiederò a vostro padre di potervi sposare! - Stava scherzando, voleva prendersi un po’ gioco di lei, quella situazione lo divertiva molto, guardò il viso della ragazzina, era leggermente imbronciato. Dopo un po’ lei alzò lo sguardo e disse. - Siete troppo vecchio per me! -

    Gherard sorrise ancora, era stranamente felice e quel gioco che stava facendo con quella bambina lo divertiva moltissimo. Ultimamente non c’erano stati molti motivi per essere felice, da quando era ritornato nel suo regno, tutto andava male, suo padre era un ignorante che non capiva il malessere che aleggiava pesante fra i suoi sudditi, i contadini e gli allevatori soffrivano la fame, il bestiame era spesso malato e mal nutrito ed i campi non erano coltivati a dovere ma suo padre, il conte Hans, non se ne preoccupava minimamente, tutto quello che ricavava e guadagnava da quelle poche terre lo destinava al suo potente esercito e compiva scorribande nei regni vicini e depredava tutto e tutti, facendosi un innumerevole gruppo di nemici, fra i quali anche il duca di Falkwand. Guardò sua figlia che teneva stretta al suo petto per non farla cadere da cavallo e rispose.

    - Certo che sono troppo vecchio per te, sei solo una bambina ma fra qualche anno saremo perfetti l’una per l’altro! -

    - State attento mio Signore, mio padre vi odia e non vi concederà mai la mia mano! -

    - Tuo padre non mi conosce, lui odia il conte Hans di Schwarzsee, io sono solo suo figlio un cavaliere mercenario che non si tratterrà abbastanza in questo posto perché lui possa conoscermi ed odiarmi e, in quanto al nostro matrimonio, vorrai sposarmi signorina Alera duchessa, di Falkwand? - Anche se era solo una bambina, quella domanda la emozionò moltissimo. - Spero che il vostro sia solo un scherzo conte!- Queste sue ultime parole lo innervosirono, era strano, a lui non era mai importato niente di nessuno, tanto meno delle donne, sua madre era una creatura mite e delicata, non vissuta abbastanza a lungo perché lui potesse ricordarla e tutte le altre che erano arrivate dopo aveva ben presto imparato da suo padre ad usarle per procurarsi il suo ed esclusivo piacere fisico, non aveva mai sprecato una sola parola in più di quelle che gli servivano per portarsi a letto una femmina compiacente e poi, la mattina dopo, sparire come se nulla fosse successo.- Certo che sto scherzando!- Disse malinconico, senza nemmeno accorgersene, aveva sperato in un sì innocente come risposta.

    - Bene, ne sono felice, io non mi sposerò mai! -

    - Non saresti felice di sposarti? E allora che cosa ti renderebbe felice Alera? -

    - Un giorno diventerò un valoroso cavaliere dell’esercito di mio padre e difenderò il mio regno da chiunque voglia invaderlo! - L’uomo soffocò una risata. - A sì! Ma non credi che sia un lavoro che spetta ai maschi? -

    - Io non ho fratelli e quindi spetta a me! -

    - E queste cose te le dice tuo padre? -

    - O no, certo che no, se lui sapesse quello che voglio fare, mi sculaccerebbe fino a farmi diventare il sedere viola! -

    - Credo proprio che lo farebbe, non ho mai sentito una bambina fare discorsi simili! - In realtà era la prima volta che ci parlava con una bambina.

    - Voi Signore, non glielo direte vero? - Lo guardò con quei suoi grandi occhioni neri pieni di speranza, era veramente così ingenua che Gherard non poté far altro che accennare di sì con il capo - Certo signorina, non dirò nulla a tuo padre, il tuo desiderio segreto è al sicuro con me! -

    - Grazie! - Dopo un po’ continuò. - Sapete conte Gherard, non siete poi così male, devo ammettere che mi piacete! - Non lo guardava, fissava invece davanti a sé, era imbarazzata quindi diceva la verità pensò l’uomo. - E che cosa ti piace di me Alera? - Volle sapere, lei ci pensò un po’ e poi rispose con estrema semplicità. - I vostri occhi, mi piace il loro colore, non è azzurro, è un colore che non ho mai visto negli occhi di un uomo, sì… - Si voltò e li guardò intensamente.

    - Sono proprio belli! - Con sua grande sorpresa Gherard, sentì le sue guance riscaldarsi. - Anche tu mi piaci! - E guardandosi negli occhi si sorrisero timidamente, poco dopo giunsero al portone che conduceva all’interno del castello, era quasi buio e delle guardie armate li accolsero. - Chi siete cavalieri? - Volle sapere una delle due.

    - Sono Gherard di Schwarzsee e porto la piccola duchessa Alera e sua sorella, volete chiamare il loro padre? - Subito ci fu un gran fermento, gente che urlava e che correva e poi finalmente apparve il duca con la moglie e un’altra donna, probabilmente era la balia delle due bambine. - Sono il duca Adrian, Signore di questo castello, venite avanti prode cavaliere e ditemi che le mie due figlie sono sane e salve! - La sua voce era profonda e autoritaria, ma c’era un fondo di preoccupazione in quelle parole. Gherard guardò il duca per un istante prima di rispondergli e notò che era ancora molto giovane, aveva i capelli scuri, una folta barba e un fisico alto e possente, probabilmente non aveva ancora quarant’anni.

    - Non temete duca Adrian, le vostre preziose figlie stanno bene! - Guardò la bambina che teneva stretta a sé e si stupì nel notare che era rimasta immobile e silenziosa e che era diventata pallida.

    - Cosa c’è piccola Alera, sei a casa ora, forza scendi e abbraccia tuo padre! -

    - Sì… sì vado, grazie conte Gherard! - Balbettò la bambina, scendendo dalla sella con agilità, possibile che avesse così tanta paura di suo padre? Anche Evelyn era scesa dal cavallo e si era diretta verso la sorella prendendo la sua mano e stringendola forte, tremando entrambe visibilmente, Gherard, pensò che quelle due dovevano proprio averla combinata grossa per essere così terrorizzate. - Padre, mi dispiace, perdonatemi se potete! - La vocina della ragazzina mora era debole ed incerta.

    - Di questo parleremo dopo Alera! - Suo padre non la guardava nemmeno, il suo sguardo era fisso sul volto di Gherard.

    - Conte di Schwarzsee, che cosa vi ha spinto nelle mie terre, sapete che non siete il benvenuto qui, anche se avete portato con voi le due cose più preziose che posseggo! -Gherard, si era aspettato un’accoglienza di quel tipo e non ne era minimamente turbato, anzi sorrise, smontò dal suo stallone e si diresse con passo deciso verso il duca. Si accorse che le guardie e i soldati presenti avevano impugnato le loro armi erano pronti ad un attacco. - Non c’è nessun bisogno di mettere le mani alle armi duca Adrian, sono solo con mio cugino Walter! -

    - Sono più di tre generazioni che uno Schwarzsee non mette piede all’interno di queste mura, che cosa volete? - Il volto dell’uomo era una maschera di pietra. - Nulla di più di quello che mi è dovuto! -

    - E sarebbe? - Gherard rimase in silenzio, guardò Alera, era ancora ferma, immobile con la

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