Pensieri sospesi tra cielo e mare
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Anteprima del libro
Pensieri sospesi tra cielo e mare - Learco Learchi d'Auria
el.dorado.44@hotmail.com
Prefazione
Quelli descritti in queste pagine potrebbero apparire fatti veramente accaduti a persone realmente esistite. Non lo sono, in quanto nati dalla fantasia dell’autore. Personaggi, luoghi e vicende sono completamente inventati da Learco che di creatività ne dimostra molta nel narrare cose che potrebbero apparire vere.
È tuttavia il racconto immaginario di una vita, talvolta un poco amara, vissuta con pienezza da Leonardo Giordano, il protagonista bolognese, al quale ogni ricordo torna alla mente mentre naviga a bordo del suo motorsailer. Da questo nasce il titolo dell’attuale romanzo.
Liberdade è invece il nome messo all’imbarcazione, sottintendendo la ricerca di qualcosa che difficilmente si può raggiungere completamente. È un natante piccolo ma dal motore potente, come lo è la voglia di sfidare il mare, forse con la nascosta speranza di finire così la propria esistenza di piccolo uomo. «È dolce morire nel mare…» continua a ripetersi il protagonista, rammentando le parole scritte da Jorge Amado nel suo libro Mar Morto
e così facendo, tra cielo e mare, i ricordi e le tristezze della propria vita sfilano davanti ai suoi occhi già stanchi di tutto.
Il motorsailer di Leonardo era stato di proprietà al 50% con Dago Kauan, un caro amico che, morendo gli lascia in dono la propria quota non senza lasciargli anche una raccomandazione: …ti lascio la mia parte della barca. Cambiale pure il nome, se vuoi, ma abbine cura. In lei c’è la mia anima
. Per Leonardo le parole di Dago diventano un testamento morale. Dopo aver rimesso a nuovo il natante Leonardo percepisce, attraverso questo, la continua presenza dell’amico che più non c’è e quella presenza morale gli tiene compagnia mentre la chiglia fende le onde e, dietro di sé, due solchi di spuma segnavano il tragitto di una rotta, già percorsa tante volte.
A trarlo da questo stato di insoddisfazione esistenziale, giungono dall’Italia i suoi figli ed una nipotina. Le giornate di Leonardo, tutto preso dal suo ruolo di cicerone e di padre rinnovato, si animano con quei figli nati da due madri diverse dalle quali Leonardo aveva divorziato. I figli erano cresciuti lontano da lui, allevati dalle due ex mogli. Con loro si instaura un nuovo rapporto e tutto parrebbe andare per il meglio fino a quando il figlio minore, quello avuto dalla seconda moglie, non inizia a dimostrare una forte avversione per il fratello maggiore e decide, all’improvviso di tornarsene a Milano. Per Leonardo è un duro colpo che darà la mazzata finale alla propria salute.
La conclusione di questo racconto riserverà comunque una sorpresa che racchiude l’auspicio dell’avverarsi di una speranza per tutti coloro che, nel mondo intero, non hanno mai smesso di credere nel Creatore dell’Universo, indipendentemente da qualsiasi nome gli abbiano attribuito.
Lo stile con cui i testi sono stati redatti è quello solito di Learco, semplice e lineare. L’abilità descrittiva è, come sempre, quella dell’artista avvezzo all’uso del pennello, sapendo creare immagini che si imprimono, vive come sprazzi di colore, nella mente del lettore.
Elisa Savarese
Presidente dell’Università Avalon
Quando si è vicini all’epilogo del
proprio vissuto ci si trova a dover
fare i conti con il passato. Accade
in un momento di relax… forse,
quando a tutto si può pensare ma
non ad un bilancio.
I pensieri esplodono nella mente
con i lontani ricordi che tornano
portando angosce, sovente volute
dimenticare sebbene mai superate.
Dedico queste pagine ai miei figli
da me lontani, ma non per questo,
meno amati.
(Learco Learchi d’Auria)
I personaggi del presente romanzo sono stati ideati dalla fantasia dell’autore.
Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti sono puramente casuali.
Prologo
Leonardo spesso ripeteva, mentalmente, le parole scritte da Jorge Amado nel libro Mare Morto
.
È dolce morire nel mare perché nelle sue acque scure, nel mare profondo c’è Lei: Iemanjà, la madre e amante di tutti gli uomini.
…dal mare profondo dal buio della sua tana, emana un dolce richiamo, un richiamo forte e silenzioso, un canto profumato di mistero e d’amore che arriva alle orecchie di tutti. E tutti la desiderano e la temono: madre dai seni che piangono, madre guerriera, madre amante, colei che conosce tutti i più nascosti desideri.
…ma severa e implacabile è la legge del mare: per amarla, per conoscere il suo volto, i suoi segreti, sentire il suo profumo è necessario morire.
…solo il più coraggioso, l’eroe, il guerriero notturno, colui che non teme di guardare il volto della donna amata, che non sfugge la sfida o il pericolo: la notte dell’amore. Solo colui che soccombe alla potenza del mare può conoscere i segreti dell’amore. Solo lui viaggia nelle terre senza fine, assapora il latte proibito, conosce tutti i segreti del mondo.
Era il 7 settembre e Leonardo aveva deciso di trascorrere quella giornata di Festa dell’Indipendenza del Brasile prendendo il sole in compagnia di un buon libro mentre la barca correva pigra solcando il mare. La chiglia fendeva le onde e, dietro di sé, due solchi di spuma segnavano il tragitto di una rotta, già percorsa tante volte. Con il sole a picco è facile perdere la nozione del tempo perdendosi nel limbo dei propri ricordi.
«È dolce morire nel mare…» fece sue le parole di Jorge Amado, pensando al mistero della fine. Nessuno sa quando
sebbene Leonardo pensasse che ognuno aveva il diritto di scegliere il come
morire.
Il romanzo che stava leggendo gli aveva indicato una possibile soluzione nel Mar Oceano.
Già in passato aveva emulato Paulo Neves, il protagonista di Brezza di mare sulla pelle
il romanzo la cui trama si svolgeva a bordo del Brisamar
un motorsailer come il suo.
Anche lui, come Paulo Neves, aveva sfidato gli elementi e in più di un’occasione si era trovato a tu per tu con una realtà violenta che lo schiaffeggiava mentre stava spingendo il Liberdade
al massimo delle sue possibilità meccaniche, frangendo le onde che si erano ingrossate.
Leonardo era stato affascinato dalla descrizione, da poco letta: "…la prua si alzava impennandosi ed il motore ruggiva avviluppandosi nell’acqua che pareva essere fatta di pece blu. Quando la prua si abbassava, pericolosamente in discesa, l’elica vorticava a vuoto, avvolgendo l’aria ma il peso dell’imbarcazione faceva proseguire il motorsailer nella sua corsa verso il piede di una nuova risalita. Le ondate spazzavano il ponte mentre gli spruzzi bagnavano il corpo ed anche il volto, accecando la vista. Paulo Neves rideva, ubriaco del proprio orgoglio di uomo avvezzo al mare. Era una risata folle ed irriverente. Irriverente verso gli elementi figli di una natura che stava sfidando in spregio ad ogni logica ed al buon senso.
Leonardo ne ricordava anche le parole rivivendo, affascinato, quei momenti carichi di adrenalina: Sì, eccomi…
diceva Paulo Neves, per poi continuare: …sono forte e malvagio, solo come possono esserlo i forti e i vincitori
mentre conduceva il proprio motorsailer sulle risalite di quelle montagne russe fatte di spuma salata in rivoltosa ebollizione e gridava la sua sfida all’Oceano: "…te lo faccio vedere io chi sono! Schiavi si nasce ma gli uomini forti, quelli veri, diventano liberi e si prendono la propria libertà conquistando il mondo del quale diventano dominatori!»
Anche Leonardo aveva mani grandi e forti ma che stringevano il timone e la manetta dell’acceleratore con delicatezza. Leonardo, così come Paulo, conosceva bene la barca che, accarezzata da quelle mani sapienti, rispondeva come una donna può rispondere alle carezze di un amante esperto nell’arte di soggiogarla. In quelle stesse occasioni nessuno, né Paulo né Leonardo, aveva vinto e neppure la natura… ma nessuno aveva perduto.
«È dolce morire nel mare…» si ripeté ancora una volta Leonardo Giordano felsineo di nascita ma stabiese d’origine e peruibense per adozione. Viveva in Brasile ormai da molti anni. Aveva lasciato il luogo dove era nato a seguito di una brutta storia familiare. Pensandoci bene, nella famiglia nella quale era nato non era stato molto felice. Neppure anni dopo, quando si era sposato due volte, aveva raggiunto la serenità e per questo altrettante volte aveva divorziato.
Aveva scoperto il Brasile, se così si può dire, venendoci in vacanza. Il suo primo viaggio e poi anche i due successivi, nell’arco di due anni, li aveva considerati un risarcimento
in cambio di tutti quegli anni nei quali aveva lavorato per il benessere familiare, senza mai prendersi un giorno di libertà.
Vedere il Brasile ed i brasiliani con l’occhio del turista, è tuttavia un modo falsato di considerare le cose, che non si limitano al Carnevale, il Samba, la Bossa-nova, le partite di calcio, le spiagge meravigliose piene di belle ragazze con la pelle del colore di tutte le razze. Leonardo sapeva bene tutto ciò, pur tuttavia aveva continuato a fare le sue puntate turistiche di tre mesi senza curarsi più di tanto. Fu durante la permanenza degli ultimi tre mesi del secondo anno che, essendo vicino all’età del pensionamento, decise che il Brasile poteva interessarlo per stabilirvisi definitivamente.
Quando si va in un luogo sconosciuto, tutto è nuovo ma anche interessante, sopra tutto se si abbandona l’ottica della vacanza dove ogni cosa è organizzata per lasciare la migliore impressione nel cliente dell’agenzia turistica. Durante l’ultima permanenza Leonardo aveva preso in affitto una quitinete
ammobiliata in Campinas, Città importante dell’interno dello Stato di São Paulo. Sufficientemente padrone del portoghese-brasiliano, più di quando era arrivato la prima volta, aveva preso a fare la spesa nel supermercato sotto casa, a parlare con tutte le persone con le quali aveva rapporti, a coltivare qualche amicizia femminile e così facendo era entrato nella giusta dimensione per fare le sue valutazioni. Considerando il rapporto di cambio molto favorevole, che riportava la propria pensione a livelli di acquisto superiori a quelli della vecchia lira italiana, si era informato presso la Polícia Federal per sapere che cosa dovesse fare per risiedere in Brasile definitivamente. Ora ricordava che la risposta laconica del funzionario addetto ai problemi di immigrazione era stata molto semplice: «Occorre il Visto Permanente che deve essere chiesto tramite uno dei due Consolati Generali Brasiliani in Italia, presentando i documenti che verranno chiesti, con allegata la traduzione in portoghese, giurata, di un interprete abilitato.»
Nella quiete di quel giorno soleggiato, mentre il motorsailer stava provocando lo sciabordio delle onde che solcava, a Leonardo venne in mente il nome dato alla sua imbarcazione.
«Liberdade…» si disse: «… Libertà, un nome da me voluto, un nome che dice tutto ma quanta fatica per conquistarla!» Egli tornò di nuovo con la mente al ricordo di quei giorni turbinosi fatti di fretta ed apprensione per raggiungere la tanto anelata libertà in terra brasiliana ed i fatti stavano sfilando, davanti ai suoi occhi, come proiettati sulla tela di uno schermo. Leonardo ricordò come era tornato a Bologna per richiedere tutti i documenti di una lunga lista, farli tradurre in portoghese, presentarli al Consolato Brasiliano più vicino alla sua città, che era quello di Milano.
In attesa del nullaosta del Dipartimento di Immigrazione a Brasilia, Leonardo aveva iniziato ad organizzare il trasloco delle proprie cose in Brasile ma la procedura per ottenere il Visto Permanente non fu così facile come gli avevano fatto intendere quelli della Polícia Federal di Campinas.
Qualche giorno prima di Natale, avendo avuto conferma del nullaosta ricevuto, si era presentato a fare la coda nel Consolato Brasiliano, con il passaporto in mano, per farvi apporre il tanto sospirato Visto Permanente.
«Ecco, qui c’è il mio passaporto!» aveva detto, consegnando il documento alla funzionaria dello sportello.
«Bene, Signor Giordano può tornare fra dieci giorni lavorativi per