La Chiave
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Anteprima del libro
La Chiave - Learco Learchi d'Auria
el.dorado.44@hotmail.com
Prefazione
Questo racconto di Learco Learchi d’Auria descrive un breve periodo di vacanza di Renato Malaspina, protagonista della storia narrata. Con gli occhi di un ragioniere in pensione viene vista la Cidade Maravilhosa di Rio de Janeiro dove, per lui, inizia un cambiamento importante.
Per Renato, uomo metodico e ligio, che sempre era stato fedele alla moglie da poco deceduta, il Brasile è un nuovo mondo dove gli abitanti hanno differenti modi per considerare le cose: modalità mai valutate prima, benché esistenti.
La chiave
, inizialmente unica, si sdoppia in una serie di chiavi di interpretazione di quella vita carioca nella quale tutto, e di più, viene permesso anche ad un uomo di sessantasette anni.
Se passata una certa età
gli uomini si sentono portar via il terreno da sotto i piedi in una vita che volge verso l’epilogo, talvolta si presenta loro ancora l’opportunità di fermare il tempo. L’autore del romanzo costruisce questa opportunità attraverso una donna quarantaseienne: Fernanda, un’amica della figlia di Renato. Un viaggio pensato all’ultimo momento, alla vigilia delle feste natalizie, si tramuta nell’esplorazione, non solo di luoghi, situazioni, usi e costumi prima sconosciuti, ma anche in una delicata storia d’amore.
Renato, con quel viaggio in visita alla figlia Luisa intendeva solamente sfuggire alla solitudine della propria vita piatta ed abitudinaria di pensionato. Poter dare un’occhiata, seppure attraverso il buco della serratura di una porta che mai si ha avuto il coraggio di aprire, diventa un fatto sconvolgente. Da vedovo triste Renato diventa un vedovo allegro e fiducioso in un roseo futuro.
Venire in Brasile ospite della figlia lo ha elettrizzato: il fascino signorile e discreto di Fernanda, professoressa di inglese, il nuovo ritmo di vita ed il paesaggio, gli provocano scariche di adrenalina che lo fanno sentire ancor giovane. Per Renato tutto ciò che, prima, apparteneva ad un sistema rigido e rutinario, in Brasile diventa, improvvisamente, flessibile ed ogni cosa sembra permessa.
È quello che Renato confessa a Luisa, con la quale si è trovato a coabitare a Rio de Janeiro e dalla quale ha appreso un’infinità di cose brasiliane in soli novanta giorni.
Novanta giorni di vacanza che sono meravigliosi, pieni di novità, tre mesi nei quali viene preso per mano ed accompagnato da due donne molto importanti per Renato: Fernanda, la nuova amica, ma anche Luisa, la figlia ritrovata.
È giunto il momento di fare qualche passo in dietro riorganizzando la propria vita? Pare proprio di sì: una doppia vita nuova, a cavallo di due continenti. È questo ciò che pensa Renato sempre più convinto che è ancora possibile afferrare per i capelli il proprio destino: quello della sua quarta età.
Attraverso ciò che accade a Renato, Learco analizza uno spaccato di vita che porterà il lettore a riflettere sulla senilità e ciò che ne consegue. É un tema già affrontato in un altro romanzo Sotto le Stelle della Croce del Sud
ma approcciato in chiave differente. Possiamo proprio dirlo, perché di chiavi di lettura ce ne sono molte, soprattutto se i fatti avvengono sotto il cielo di un pezzo di Paradiso caduto su questa terra, spesso sconvolta per opera dell’uomo e del suo modo complicato di vivere. Quello che Learco vuole trasmettere al lettore è la voglia di conoscere un poco meno superficialmente il Brasile. Il ricorso a parole e, talvolta, intere frasi in lingua portoghese del Brasile, completano l’atmosfera tropicale de La chiave
. Per agevolarne la comprensione, nelle ultime pagine è stato inserito un glossario
di massima che è di facile ed istruttiva consultazione, un complemento al quale fare ricorso ogni qualvolta non appaia chiaro il senso della lettura letterale.
Elisa Savarese
Presidente dell’Università Avalon
Trovarsi in tasca una
chiave della quale non
si conosce dove sia la
serratura e neppure la
porta è già di per sé un
fatto strano che può
anche accadere ma
prima o poi il ricordo
... ritorna.
Dedico queste fantasiose
pagine a chi, come me,
ancora sta cercando
quella serratura.
(Learco Learchi d’Auria)
I personaggi del presente romanzo sono stati ideati dalla fantasia dell’autore.
Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti sono puramente casuali.
Prologo
Tratta da Der Goldene Schlüssel
, una fiaba dei fratelli Grimm, ecco una parte del testo tradotto in lingua italiana.
"Un giorno d’inverno, mentre una spessa coltre di neve copriva la terra, un povero ragazzo fu mandato a cercare della legna. Dopo averla raccolta, siccome sentiva molto freddo, prima di rincasare decise di accendere un fuoco per scaldarsi un po’. Sul terreno, dove la neve si era sciolta, vide una chiave d’oro. Ritenendo che dove c’è una chiave non possa non esserci anche una serratura, scavò e scavò finché trovò una piccola scatola di ferro. «Se con questa chiave riesco ad aprirla…» pensò «…di sicuro dentro troverò qualcosa di grande valore.»
Così si mise a cercare il buco della serratura ma non riusciva a trovarlo. Alla fine lo scorse ma era così piccolo che lo si poteva appena vedere. Provò la chiave e questa entrò perfettamente. La girò una volta e…"
I puntini di sospensione, in questo caso, sono doverosi: rappresentano, anch’essi il seguito non detto ma lasciato all’immaginazione del lettore. L’immaginazione è una delle grandi risorse del cervello umano, anch’essa è custodita in uno scrigno insieme ai ricordi. Immaginaria è, del resto la trama del romanzo che l’autore ha voluto ambientare, quasi totalmente, a Rio de Janeiro, nel Brasile dei giorni nostri.
Italia – Città di Roma - Vie del Centro, Sabato 30 novembre 2013 -Una giornata uggiosa
Ragioniere, perito contabile, Renato Malaspina era un neo pensionato bancario ma, di fatto ed a modo suo, un filosofo. Da quando era entrato in quiescenza aveva molto tempo per attardarsi nel suo filosofare sui grandi interrogativi del perché l’uomo esiste e quale scopo ha l’esistenza di questi.
Da dove l’Umanità è venuta e dove sta andando?
era questo uno dei tanti interrogativi esoterici che lo assillava. Renato, talvolta si sentiva smarrito nel tempo e nello spazio: un ometto con una pesante chiave in mano della quale non conosceva la serratura dove la si potesse inserire. Quando ancora lavorava in banca il tempo gli trascorreva veloce concentrato sui conti ma tutto questo adesso più non c’era. Era rimasto vedovo da poco tempo, la figlia viveva all’estero con il marito brasiliano conosciuto a Roma. Renato non aveva alcun hobby né interessi di sorta al di fuori della cura della casa e di quel lambiccarsi il cervello sui grandi temi, irrisolti, della vita.
In quel Sabato, già in clima natalizio, le strade romane del Centro brulicavano di persone affaccendate a far acquisti nei negozi. Via dei Condotti si presentava con luminarie che accrescevano l’attrattiva di ogni vetrina e dei prodotti in queste esposti con la migliore presentazione di fiocchi e colori di fondo. Pareva che tutto fosse in offerta speciale… anche la città stessa era in vendita in quel grande mercato delle offerte di Natale.
Via dei Condotti, per i romani semplicemente Via Condotti
, è una delle vie più famose e belle di Roma. Situata nell’area nord del centro storico, nel cosiddetto Tridente, questa strada caratteristica è una delle arterie che da Via del Corso sale a Piazza di Spagna. Il nome deriva dalle condutture dell’Acqua Vergine che nel XVI secolo Gregorio XIII fece derivare dal bottino
, il serbatoio del Pincio. Bottino
che ancor oggi dà il nome ad un vicolo lì presso. L’antico serbatoio forniva la parte bassa del Campo Marzio. Al di là del Corso, infatti, il tracciato prosegue rettilineo, pur cambiando nome in Via della Fontanella di Borghese
. Oggi via dei Condotti è una delle vie dei negozi di lusso: le più grandi firme dell’abbigliamento, della pelletteria e della gioielleria possiedono una boutique in questa strada. Soprattutto nei fine settimana la via, come buona parte del centro della Capitale, è affollata di turisti che amano passeggiare lì dove storia e lusso si incontrano, magari sognando il mito della Roma degli anni sessanta.
Renato si stava aggirando, un poco spaesato, per le stradine interne ma si sentiva oppresso da un senso di noiosa solitudine. È terribile, raggiunta una certa età, sentirsi soli in mezzo ad una moltitudine di facce sconosciute e Renato avrebbe preferito trovarsi in mezzo a stranieri, cittadini di terre lontane: «…se mi trovassi all’estero, tutto questo sarebbe normale e non mi darebbe addosso come la sensazione di inadeguatezza che sto percependo passeggiando nelle vie che