La notte di Fatima
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Anteprima del libro
La notte di Fatima - Anna Maria Miccoli
Fatima
I
Il suono della pioggia mulinata dal vento e il borboglio del fuoco si raccolsero vicino al camino del soggiorno, alimentati dalla silenziosità delle vaste stanze. La mestizia del cielo ammantava la sala e solo i bagliori della fiamma ne delineavano i contorni, facendo affiorare le linee sinuose dei mobili e della poltrona a dondolo sulla quale giaceva Fatima.
Dalla vetrata che dava sul giardino, la donna osservava le nuvole gravide che premevano tra gli alberi, con uno sguardo interrotto da una solitudine prolungata. Si aggrappava ai braccioli seguendo il regolare movimento del dondolo, e le sue mani rigate da cordoni bluastri lasciavano trapelare i tormenti della sua esistenza.
Un improvviso scalpiccio proveniente dall’oscurità del salone la scosse.
Si arrestò spingendo i piedi contro la soglia del camino e senza voltarsi
attese di risentire il suono, sperando che fosse quello rassicurante del vento.
Non lo era: esso avanzava con lentezza e senza indugio raggelando l’aria;
si interruppe di botto e lei trattenne il respiro.
Il tempo sostò nell’attesa che le tenebre prendessero forma: un’attesa interminabile in cui gli oggetti della casa, celati dal buio, parvero bisbigliare voci del passato.
Una brusca ventata spalancò la porta che dava al giardino e nella stanza si riversò una viscosa massa d’aria. Le cime oscure degli alberi, sferzate dalla tempesta, si inarcarono premendo sui vetri delle finestre, e parvero fuggevoli volti informi.
Fatima rabbrividì. Si alzò e si diresse barcollando verso l’uscio. Lo serrò a fatica. Quando tornò a sedersi si accorse che l’oscurità aveva cancellato la stanza; solo il barlume del camino indicava la seggiola dov’era seduta.
Vi si adagiò con timore, come se presagisse su di essa la presenza
invisibile di qualcosa o di qualcuno.
Il freddo della stanza si rapprese sotto di lei divenendo inverosimilmente
un’ombra: lunga, molle, gelida. Essa assunse la forma di una creatura che si aprì a raccoglierla nel suo grembo: le cinse le spalle e le alitò un lamento tra i capelli.
L’oscuro essere sogghignò, e le sue mani impalpabili come ali di farfalla si agitarono attorno al collo della donna, prima leggere e delicate, poi sempre più forti; si fermarono sulla gola e la strinsero con la forza di una bestia.
Fatima era atterrita, eppure non si mosse. Lasciò che le dita arcane le tagliassero la pelle e che il loro profumo familiare le rievocasse la felicità perduta. Si sarebbe abbandonata alla morte: l’anelata fine di un’esistenza diventata vana e dolorosa.
Il fragore improvviso di un fulmine spaccò il silenzio del sogno, e Fatima si destò urlando: TECLA! TECLA …
Sbarrò gli occhi e subito l’incubo si dissolse sul viso rossastro della serva che le stava di fronte e la osservava sbigottita.
Signorina … signorina!
, strillò questa appoggiandole la mano sulla fronte, Dio mio com’è sudata! … Come si sente?
È venuta a prendermi … Mi vuole portare via con sé …
biascicò Fatima.
Dio misericordioso! Cosa sta dicendo? … Chi vuole portarla via?
Lei … mia sorella Tecla … Prima era qui
rispose girandosi di scatto verso la serva e fissandola a lungo, come ad assicurarsi che non fosse lei il fantasma visto in sogno.
Si calmi ora. Venga … si metta a letto. L’accompagno in camera
No! … Aspetta!
Si alzò adagio sulle gambe malferme, indicò il dondolo vuoto e bisbigliò : Vedi, Elda? … Era distesa lì e mi teneva tra le sue braccia. Le sue mani … le sue mani … le sentivo! Mi … mi … soffocavano!
È molto stanca, ha bisogno di dormire . È tardi
Ma che ore sono?
Mancano venti minuti alla mezzanotte
Mezzanotte?! Ma allora ho dormito! … Ho sognato … È stato solo un incubo!
Ma certo! Suvvia … andiamo!
, e la prese per il braccio guidandola verso il corridoio che portava alle camere.
Tuonava ancora ma molto lontano mentre i lampi si susseguivano accendendo fugacemente gli angoli bui della casa.
Quando Elda aprì la porta della stanza il gelo le investì.
Nonostante la stufa fosse accesa il freddo aleggiava, pungente e inquietante.
Fatima non volle svestirsi. Tremava. Presentiva che quella notte sarebbe stata decisiva e che si sarebbe avverato ciò che aveva