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Sinfonia: synchronos di vita e di morte
Sinfonia: synchronos di vita e di morte
Sinfonia: synchronos di vita e di morte
E-book332 pagine4 ore

Sinfonia: synchronos di vita e di morte

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Info su questo ebook

PROLOGO
Sinfonia - Veletta
Il quieto vivere di un tranquillo Paese della Provincia italiana viene sconvolto da un serie di delitti, apparentemente non legati fra di loro e dagli incomprensibili moventi. Un intraprendente giornalista cerca di sbrogliare l’intricata trama. Il suo coraggioso procedere è però ostacolato dall’incontro con cinque donne estremamente intriganti e conturbanti. Ersilia, incantevole e sensuale, dalla provocante esuberanza giovanile, Marianeve, con le sue morbose esaltazioni e l’inquietante bellezza. Non mancheranno per l’abile giornalista momenti di imbarazzante ammirazione per le fascinose, vivaci sorelle Gorina e Giorlanda.
Infine ci saranno profondi smarrimenti nell’incontro del reporter con la misteriosa alterigia di Adolfa. Una donna capace di apparire sensuale e passionale e subito dopo, indifferente, algida e insensibile, se pure sempre affascinante.
L’indagine è accompagnate dalle note di una musica incantatrice, un Melos ricco di esaltanti arditezze cromatiche, talora sotto forma di ‘Lied’ e poi di ampi complessi orchestrali che finiscono per suggestionare il giornalista, allontanandolo dalla soluzione del mistero.
Tutta la vicenda è ricca di imprevisti e colpi di scena inaspettati.
Con astuzia il Maligno trova rifugio nelle più intime pieghe della coscienza. In quella zona d’ombra che può impunemente raccogliere i disturbi della psiche ed è in grado di nutrire le più ignominiose devianze e indurre una natura debole alla conoscenza del Male.

E’ possibile che alla luce dei fatti narrati, il lettore si possa domandare se il Male sia una entità reale e quindi esistente per se stesso e in se stesso oppure sia una pura apparenza.
‘Sinfonia: Synchronos di vita e di morte’ assume il valore di morale ritentiva: la buona cultura, l’educazione dell’anima e la sensibilità degli intenti, sono sufficienti ad allontanare ogni possibile rischio di quello stato crepuscolare capace di comportare un restringimento sistematico del campo della conoscenza del Bene.
L’angoscia, l’allucinazione e il delirio sono territori esclusivi del Male mentre il Bene consente l’unione con l’Universale.
LinguaItaliano
Data di uscita14 lug 2016
ISBN9786050480511
Sinfonia: synchronos di vita e di morte

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    Anteprima del libro

    Sinfonia - Oivatto Dream

    PROLOGO

    Sinfonia - Veletta

    Il quieto vivere di un tranquillo Paese della Provincia italiana viene sconvolto da un serie di delitti, apparentemente non legati fra di loro e dagli incomprensibili moventi. Un intraprendente giornalista cerca di sbrogliare l’intricata trama. Il suo coraggioso procedere è però ostacolato dall’incontro con cinque donne estremamente intriganti e conturbanti. Ersilia, incantevole e sensuale, dalla provocante esuberanza giovanile, Marianeve, con le sue morbose esaltazioni e l’inquietante bellezza. Non mancheranno per l’abile giornalista momenti di imbarazzante ammirazione per le fascinose, vivaci sorelle Gorina e Giorlanda.

    Infine ci saranno profondi smarrimenti nell’incontro del reporter con la misteriosa alterigia di Adolfa. Una donna capace di apparire sensuale e passionale e subito dopo, indifferente, algida e insensibile, se pure sempre affascinante.

    L’indagine è accompagnate dalle note di una musica incantatrice, un Melos ricco di esaltanti arditezze cromatiche, talora sotto forma di ‘Lied’ e poi di ampi complessi orchestrali che finiscono per suggestionare il giornalista, allontanandolo dalla soluzione del mistero.

    Tutta la vicenda è ricca di imprevisti e colpi di scena inaspettati.

    Con astuzia il Maligno trova rifugio nelle più intime pieghe della coscienza. In quella zona d’ombra che può impunemente raccogliere i disturbi della psiche ed è in grado di nutrire le più ignominiose devianze e indurre una natura debole alla conoscenza del Male.

    E’ possibile che alla luce dei fatti narrati, il lettore si possa domandare se il Male sia una entità reale e quindi esistente per se stesso e in se stesso oppure sia una pura apparenza.

    ‘Sinfonia: Synchronos di vita e di morte’ assume il valore di morale ritentiva: la buona cultura, l’educazione dell’anima e la sensibilità degli intenti, sono sufficienti ad allontanare ogni possibile rischio di quello stato crepuscolare capace di comportare un restringimento sistematico del campo della conoscenza del Bene.

    L’angoscia, l’allucinazione e il delirio sono territori esclusivi del Male mentre il Bene consente l’unione con l’Universale.

    CAPITOLO PRIMO

    Quasi all’improvviso, dopo l’ampia curva della strada che taglia a mezzo il rigoglioso bosco, appare l’elegante sagoma de ‘ I due girasoli’. Un vasto pianoro comprende il moderno edificio separato dalla ombrosa linea della boscaglia, da un muro di cinta alto circa due metri.

    La proprietà è così protetta dall’invadenza dei cinghiali che numerosi proliferano nella zona definita dai documenti ufficiali: ‘Parco naturale e biotopo di interesse nazionale’.

    La costruzione deve il suo nome alla presenza di due ampie terrazze, con due vasi di girasoli, esposte rispettivamente a Est ed a Ovest, in modo da consentire un completo soleggiamento giornaliero sia al mattino che al pomeriggio. ‘I due girasoli’ possono essere considerati una via di mezzo, un giusto equilibrio fra una lussuosa Casa di cura e un super stellato Albergo. Con una capienza di circa cinquanta posti letto, ospita pazienti che necessitino di un periodo di riabilitazione dopo leggeri eventi traumatici, affaticati manager bisognosi di rilassanti terapie, esigenti signore alla ricerca di cure dimagranti o diete disintossicanti. Oppure persone alla ricerca di un semplice relax.

    I ‘Due girasoli’ distano dal vicino Paese circa tre chilometri ed i paesani sono soliti indicarle genericamente ed in semplicità come ‘la Clinica’. In ogni modo noi seguiremo il loro esempio, apostrofandole talora con lo stesso appellativo. Fra i molti ospiti illustri che ebbero modo di frequentarla a diverso titolo, alla Direzione piace ricordare un famoso atleta della Nazionale di sci, un importante uomo politico, personalità dell’Amministrazione locale e diversi imprenditori della zona. Non mancano seducenti fotografie di fascinose attrici e mogli di uomini d’affari.

    La meritata nomea de ‘I due girasoli’ è dovuta oltre che per la serietà e professionalità espletata in campo clinico e terapeutico, anche per l’ottima ristorazione garantita da una efficiente ‘brigata di cucina’. Sovente e soprattutto durante le festività, gli ospiti residenti, ricevono la visita di parenti o amici che si fermano per il pranzo o la cena.

    Al calar della notte poi, l’imponente cancello di accesso alla Clinica viene chiuso e gli ospiti possono così godere, in piena tranquillità e sicurezza, il meritato riposo.

    Una naturale oasi verde, formata da circa sei mila metri quadrati con oltre cento essenze pregiate come betulle alba, querce piramidali, ginko e rigogliose siepi quali rododendri, viburni e cornus florida, garantiscono un piacevole passeggio e ombrose frescure.

    La sala da pranzo è ampia e luminosa. Grandi vetrate consentono una vista riposante sul giardino. I tavoli sono sistemati in modo che i camerieri possano servire le pietanze secondo le prescrizioni mediche riservate ad ogni ospite. Un elegante table-plan, posto all’ingresso, indirizza ciascuno dei presenti al proprio tavolo.

    I posti a sedere possono essere cambiati nei singoli tavoli purché il cambio venga preceduto dalle relative correzioni sul table-plan il giorno precedente per modo da consentire ai camerieri di provvedere senza errori al servizio.

    Di norma ogni tavola è apparecchiata per due, quattro e anche otto coperti mentre un solo tavolo è preparato per un singolo posto: il commensale è un giornalista arrivato la sera prima e prevede un soggiorno di trenta giorni di riabilitazione per una leggera gonalgia al ginocchio sinistro. Ora la sala da pranzo è al completo e l’attenzione del giornalista è attratta da un tavolo poco distante dal suo: qui sono sedute otto persone, cinque uomini e tre donne. Dal loro comportamento è evidente che si conoscono da diverso tempo. Al giornalista sembra di capire che abbiano deciso tutti insieme di trascorrere a ‘I Due Girasoli’ un semplice periodo di relax. L’impressione è confermata dal fatto che i loro rispettivi menù non siano del tipo ‘disintossicante’ ma si tratta di porzioni abbondanti e succulenti.

    Una delle ragazze è seduta in modo da presentare il volto e il mezzo busto anteriore al giornalista. Ha un atteggiamento calmo e quasi distaccato, a differenza delle altre due donne che parlano di continuo, rivolgendosi ai compagni e ridendo generosamente per le risposte alle loro domande.

    Cosa pensi che dovremmo fare? Chiede l’uomo seduto a capo tavola, alla ragazza che aveva al suo fianco, quella che aveva maggiormente colpito il giornalista.

    Non saprei. E’ una scelta difficile e rischiosa, dalle conseguenze imprevedibili.

    Nel rispondere la ragazza appoggia sul tavolo la posata che aveva in mano. Con quel gesto sospende l’atto di mangiare e sollevando leggermente le sopracciglia, sposta in modo impercettibile lo sguardo, prima sul compagno che ha al suo fianco, per poi ritornare ad osservare il proprio piatto quasi che in esso fosse riposta la soluzione al quesito che le era stato sottoposto.

    Il commensale coinvolto nello sguardo della ragazza avrà avuto trenta anni, aveva i capelli castani e corti, un volto simpatico con occhi neri e pensosi come di chi non ha tempo per cose banali. La sua subitanea reazione fu un leggero sussulto delle sopracciglia mentre le mani posate sul tavolo mostrarono una improvvisa necessità di stirare il tovagliolo che era appoggiato sulle sue gambe.

    I due giovani avevano a modo loro comunicato! Una vibrazione misteriosa aveva creato un ponte emotivo, un sottile e quasi invisibile legame che però al giornalista non era sfuggito. Era accaduto come se due correnti si fossero unite in un solo fruire: due corsi d’acqua separati alla fonte avessero trovato un alveo comune.

    Il pensiero dell’uno si era cercato nell’altra e viceversa. Al reporter venne spontaneo domandarsi se i due giovani avessero la consapevolezza del sentimento che li univa o se il momento spirituale appena vissuto in quella ricerca non solo visiva ma anche interiore, fosse solo una inconscia reazione ad uno stimolo esterno.

    Alla Clinica le due giornate successive passarono senza che nulla di particolare sembrava dovesse farle ricordare. Gli esercizi fisici alle gambe che il personale fisiatrico facevano eseguire al giornalista, giovarono a tal punto che il dolore alle ginocchia era completamente

    sparito.

    A fine settimana alcuni tavoli della sala da pranzo risultarono vuoti. I rispettivi occupanti avevano completato il ciclo delle cure o comunque terminato il loro periodo di soggiorno. Al reporter fu così offerta la possibilità di occupare un posto in un tavolo più grande, da dove, dal giorno successivo avrebbe avuto la compagnia di altri commensali.

    Il giornalista declinò l’offerta preferendo continuare a mangiare da solo nel tavolo che gli era stato assegnato già dal primo giorno, vicino alla finestra e un poco scostato, in modo che anche l’educato conversare degli altri, arrivava attutito e per così dire in ‘sottofondo’.

    La scelta era stata suggerita da due precisi motivi. In primo luogo il reporter sentiva il bisogno di recuperare una interiore dimensione di silenzio che non è raggiungibile quando si è obbligati ad ascoltare e rispondere.

    In quella sala non c’era in verità un vero e proprio silenzio ma le voci lontane e l’educato parlare degli ospiti, aiutavano tuttavia il giornalista ad estraniarsi e concentrarsi sui propri pensieri. Più che il vuoto dei suoni, lui cercava l’assenza del trillo dei cellulari, l’ossessiva abbondanza di inutili rumori, il triviale tono di voce così lontano dalle elementari regole della buona educazione.

    Al suo tavolo non arrivava il frastuono creato da parole non desiderate. Nella sua frenetica attività professionale si era più volte trovato sommerso in una palude di suoni, situazioni e interferenze che lo avevano portato ad un livello di perdita di un qualsiasi contatto interiore. Era arrivato al punto che ogni stimolo era diventato per lui causa di fatica insopportabile con pericolose ricadute in uno stato ansioso e depressivo.

    Probabilmente la decisione di un soggiorno a ‘I due girasoli’ era stato dettato dal desiderio di cercare di mettere a tacere tutto quanto era al di fuori di sé nel tentativo di recuperare una più profonda consapevolezza del proprio essere.

    La decisione di ritirarsi per qualche giorno in un’oasi di tranquillità

    era stata anche influenzata dalla lettura in una rivista scientifica, la ‘Harward Busines Review’ secondo la quale, nel momento in cui la nostra mente si riempie di suoni che non hanno alcun significato per noi, il cervello riduce progressivamente la sua capacità.

    Però il motivo per cui il giornalista declinò l’offerta di cambiare il suo posto, così scostato e lontano dagli altri tavoli, aveva una più prosaica ragione: ogni altro posto sarebbe stato in un punto opposto della sala e quindi in una posizione strategica che non gli avrebbe consentito di vedere Adolfa, la bella commensale che lo aveva colpito fin dal primo giorno.

    Adolfa, questo risultò poi il suo nome, continuava dunque ad essere presente nei pensieri del giornalista, non è però da credere che tale interesse fosse mosso da motivi estetici o sentimentali. Il giornalista era curioso di conoscere come si sarebbe svolta, evoluta, per così dire sviluppata o trasformata quella che lui aveva considerato una evidente ‘liaison’ della ragazza con Guiscardo, il giovane con il quale ci fu un ‘lampo d’occhi’.

    Il reporter aveva colto nel gesto di Adolfa, un bisogno di sicurezza, quasi la ricerca di una certezza e in quel breve istante, lo sguardo costituiva o almeno così era parso, che Adolfa vedesse o forse credesse di vedere in Guiscardo, l’appagante risposta.

    In futuro, questa si sarebbe rivelata una giusta interpretazione psicologica?

    Ora la ragazza stava ascoltando l’uomo più anziano del gruppo che stava dicendo qualcosa di importante. Lo si capiva dal fatto che tutti e sette gli occupanti di quel tavolo sembravano prestare attenzione, quasi dimenticando le pietanze che si andavano raffreddando nei piatti.

    L’uomo era decisamente anziano con non meno di ottanta anni. La sua figura era elegante. Più asciutto che magro e dai lineamenti decisi in un volto scavato. Gli occhi erano piccoli ma dallo sguardo vivace. I capelli bianchi, leggermente ondulati e lunghi sulle orecchie, erano raccolti dietro la nuca in una pettinatura vaporosa. L’insieme faceva pensare ad un artista ed il giornalista lo immaginò un direttore d’or

    chestra.

    Un vestito di ottima fattura gli aderiva al corpo al punto da farlo immaginare fatto su misura. La carnagione era chiara e il pallore del viso e delle mani subiva un irreale contrasto con il colore dell’abito che era scuro.

    A differenza dei compagni era evidente che Adolfa ascoltava in maniera diversa: tutti gli altri erano attenti, di sicuro non perdevano il senso di quanto il vecchio stava dicendo ma l’atteggiamento di Adolfa era quello di un ascolto attivo. Era evidente la concentrazione e lo sforzo che la ragazza faceva, lasciando intendere che ogni parola era intesa non tanto secondo una metodologia passiva ma recepita, elaborata e condivisa o meno ma comunque sempre sottoposta ad una critica considerazione.

    Il giornalista avrebbe voluto partecipare a quel simposio in quanto era sicuro che gli argomenti in se stessi e il modo in cui venivano affrontati lo avrebbero stimolato e indotto ad una intrigante speculazione intellettuale. A quel tavolo c’era qualcosa che lo incuriosiva e al tempo stesso lo attraeva morbosamente.

    Il giorno successivo sarebbe stato domenica e il reporter decise di arrivare alla sala da pranzo qualche minuto prima dell’ora ufficiale. In questo modo sperava di poter meglio osservare i due uomini che, sedendo di fronte ad Adolfa e Guiscardo, durante i pasti volgevano le spalle al giornalista non permettendogli in tal modo di conoscerli meglio. Infatti quello che inizialmente poteva sembrare una semplice curiosità, con il passare del tempo si era andata trasformando in una vera e prepotente esigenza. Un bisogno quasi ossessivo di sapere e approfondire, una conoscenza per soddisfare un sentimento più propriamente psicologico che filosofico.

    Già la sera prima, durante la cena il giornalista aveva concentrato la sua attenzione sull’uomo che sedeva a capotavola di fronte a quello

    che tutti chiamavano il ‘professore’.

    Costui si chiamava Romualdo ed aveva una età approssimativa intorno ai quarantacinque anni. Era di piccola statura e leggermente tendente alla pinguedine pur non essendo obeso. I capelli erano bianchi, radi e molto corti, su di una testa tonda e piuttosto grossa. Aveva le mani grassottelle con le dita piuttosto corte ma non volgari e con la pelle, come quella delle gote, rosea e levigata. Gli occhi esprimevano allegria e gioia di vivere: avrebbe potuto diventare un simpatico nonno.

    Anche la voce era piacevole ad udirsi, piana e suadente e anche dolce. Ad un certo punto al giornalista parve di udire uno stralcio della sua conversazione, si riferiva ad un corno inglese o qualcosa di simile.

    Pur essendo arrivato presto, una sgradevole sorpresa colse il giornalista nella sala da pranzo: la tavola di Adolfa era scomparsa e tutto appariva stravolto!

    Tutti i tavoli, sebbene normalmente apparecchiati, erano stati come risucchiati verso il centro della sala in modo da assorbire lo spazio precedentemente occupato dalla postazione di Adolfa.

    Il primo pensiero del reporter fu che la ragazza avesse terminato il periodo di soggiorno a ‘I Due Girasoli’ e con i suoi compagni avesse abbandonato la Clinica.

    Il giornalista fu all’improvviso dominato da una sensazione più che di rabbia, di vera e propria frustrazione.

    Per un attimo si sentì privato di qualcosa di cui credeva di avere assoluto bisogno ed ebbe paura! Subito dopo però la sua natura razionale non gli permise di vivere in modo distruttivo questa momentanea sensazione e riflettendo più pacatamente, dovette riconoscere che il fatto in sé era molto più semplice e banale di quanto potesse immaginare.

    Adolfa ed i suoi compagni non erano in fondo che soggetti di una realtà estemporanea che non avrebbero in alcun modo potuto e soprattutto dovuto aggredire o limitare la sua libertà personale.

    La subitanea esplosione emotiva aveva impedito al giornalista di

    vedere che nel lato opposto della sala, era stato occupato lo spazio creatosi dallo slittamento dei tavoli, da una lunga tavolata apparecchiata con una ventina di ‘coperti’. Lentamente e con educato ordine i singoli posti vengono occupati ed il reporter riconosce Adolfa, Guiscardo, Romualdo e altri avventori, alcuni dei quali al momento sconosciuti. Era evidente che nuovi amici si erano aggiunti per il pranzo domenicale.

    Ora tutti i posti sono stati occupati e la tavola è al completo. Il professore Almerigo (tale risulterà essere il suo nome) fa un silenzioso gesto al cameriere più vicino che, contrariamente alla prassi si dispone a raccogliere le singole ordinazioni.

    Nonostante la distanza, Adolfa è ben visibile ed il reporter ne approfitta per osservarla nuovamente. Il modo di gestire e la postura della ragazza hanno qualcosa di particolare. Sovente, dopo essersi portato il cibo alla bocca, deposita la forchetta al fianco del piatto, per seguire meglio la conversazione. Usa sempre il tovagliolo, prima e subito dopo aver portato il bicchiere alle labbra, semplice norma di ‘bon-ton’ ma il modo in cui esegue anche questa banale operazione la rende speciale. Il suo modo di fare, il suo stesso modo di essere è come se derivasse da una procedura esclusiva e privilegiata.

    A quel tavolo erano tutti elegantemente composti: gli uomini ‘distinti’ e le donne eleganti. C’era una signora intorno ai sessanta anni, ancora bella nel corpo e nelle movenze. Un discreto trucco ne sottolineava i grandi occhi e il lungo collo era liscio e delicato, appena ornato da una preziosa collana che terminava con una croce d’oro potenziata e con zaffìro centrale: la sua persona non poteva non catturare l’attenzione.

    Eppure Adolfa era diversa da tutti gli altri!

    Poi all’improvviso il reporter capì in cosa consistesse la differenza. Certe eleganze sono e rimangono provinciali e in talune persone la grazia, il garbo, il buon gusto, la leggiadria, conservano il loro marchio di limitatezza pur nell’elevato standard culturale. Intendendo con questo termine la coltivazione e l’esercizio delle facoltà spirituali ed interiori. Purtroppo la consuetudine ha indotto, nei tempi moderni, la

    credenza comune a dimenticare il senso più profondo della cultura antica, latina e greca, dove il termine va identificato nell’educazione delle facoltà intellettuali dell’individuo, non trascurando l’ambiente, ivi compreso quello familiare, in cui questa si svolge.

    Così un vero comportamento elegante, esteriore e spirituale, non è sufficiente che venga inteso come un insieme di modi in contrapposizione all’essere goffo, sgraziato, impacciato o inadatto in ogni momento della vita ma esige qualcosa di molto di più.

    Adolfa aveva un modo di essere diverso, uno stile che si apprende in una cultura completa e complessa, assorbita attraverso una educazione che eccede i confini provinciali e manifesta un pensiero ed un modo di comportarsi in grado di soddisfare le esigenze di pensiero e le aspettative di un multiforme universo di usi e nazionalità. Si trattava evidentemente di un qualcosa assorbito fin dal primo vagito ed in un ambiente saturo di costumi atavici.

    Alla fine del pranzo seguirono i convenevoli ed i nuovi arrivati salutarono rispettosamente il professore Almerigo che diede l’impressione di volersi ritirare in camera. Tutti gli altri abbandonarono la sala avviandosi verso l’ampia terrazza che prometteva un tiepido sole.

    Adolfa e Guiscardo si diressero invece verso il giardino che in quel momento non risultava molto frequentato dagli ospiti della Clinica.

    Il parco era subito piaciuto al giornalista che fin dal primo giorno del suo arrivo, non aveva esitato a passeggiare per i viali e sentieri che, accorti architetti del ‘verde’ avevano saputo magistralmente tracciare.

    L’accostamento delle diverse essenze era stato fatto in modo che il panorama che si offriva al visitatore non fosse mai uguale. Dietro ad ogni curva si apriva una sorpresa, sempre nuova ed appagante.

    Il grande viale che dall’ingresso della costruzione portava verso il cancello principale, era lastricato con grosse pietre di una varietà di granito San Pellegrino della val Codena in Valtellina e di un bel colore grigio-azzurrognolo. Sul suo lato destro e sinistro si dipartivano vialetti secondari che a loro volta si interrompevano per poi, pochi metri più

    avanti si congiungevano a piccoli sentieri che attraversavano ombrosi boschetti di betulle o zampillanti vasche.

    Talora un acciottolato sentiero accompagnava l’ospite di fronte ad una monumentale pianta di rododendro del tipo a foglia sempreverde, arrotondata e coriacea, oppure alla presenza di una imponente quercia piramidale.

    Adolfa e Guiscardo si erano incamminati lungo una stradella soleggiata e fiancheggiata da bordure fiorite che nella loro forma allungata mettevano in evidenza, differenziandole fra loro, aiuole e tappeto erboso.

    In alcuni casi le bordure erano alte e costituite da rose a cespuglio, a volte si presentavano a profilo scalare, intendendo un utilizzo di piantine nane, medie, oppure alte come nel caso della salvia splendida. La bellezza delle bordure che accompagnava il passeggio dei due giovani, dipendeva dal fatto che i giardinieri avevano usato essenze dalla fioritura scalare che sarebbe avvenuta in epoche diverse come per l’achillea, il tagete, flox ed altea. Era dunque un tripudio di colori, dal giallo al rosso e azzurro più o meno chiaro e intenso.

    Il giornalista che si era pazientemente messo nella loro ‘scia’, non poteva fare a meno di domandarsi di cosa stessero parlando i due giovani che lo stavano precedendo. Il loro passo era così lento e posato che pareva sfidare il tempo. Era come se per loro esistesse solo il presente! Il reporter era invece impaziente, avrebbe voluto fermarli, conoscerli meglio, sapere tutto di loro per soddisfare una curiosità che era diventata una vera ossessione, sebbene ne ignorasse il vero motivo.

    Il giorno prima il giornalista aveva chiesto ad un cameriere chi fossero le persone sedute al tavolo di Adolfa, ricevendone una risposta piuttosto vaga:

    Fanno parte di un circolo culturale. Si direbbe una associazione molto vecchia con sede nel Paese qui vicino.

    Il che non fece che aumentare la curiosità del giornalista.

    Mentre i due giovani procedevano nella loro passeggiata il reporter

    ebbe modo di fare una interessante constatazione psicologica: all’inizio della loro ‘camminata’ che ormai si protraeva da quasi un’ora, Adolfa appariva esitante, sospesa, quasi dubbiosa, come capita di esserlo quando si è in attesa di qualcosa senza sapere che possa accadere pur sperando che accada. All’opposto Guiscardo mostrava i segni di una maggiore sicurezza, pareva intrepido e sicuro di sé. Proprio come accade quando si è ormai deciso di fare qualcosa e si è stanchi di dovere aspettare oltre.

    Ora però la scena era cambiata!

    Adolfa sembrava condurre le ‘danze’!

    La sua camminata era sicura, la testa alta e tutta la sua figura esprimeva la consapevolezza di essere la più forte. Mentre Guiscardo camminava, si muoveva e la guardava nell’atteggiamento di chi si aspetti qualcosa che da tanto attendeva.

    Nel giro di pochi minuti si erano invertite le parti e con esse i punti di forza!

    Nonostante tutto però era evidente che quei due giovani si erano intesi e i loro spiriti avevano trovato un’alma comune. Forse non era ancora amore ma certo affetto e attrazione: il preludio di quel turbamento che conduce verso una completa elevazione, un rapimento prossimo all’estasi.

    Fra Adolfa e Guiscardo non c’era ancora stato alcun contatto fisico. Camminavano l’uno a fianco dell’altra, sebbene la distanza dei loro corpi fosse minima al punto che talora per uno scarto improvviso, come per evitare un sasso o una radice, i loro corpi finivano per sfiorarsi.

    Ormai il sole aveva superato la zona mediana del suo corso pomeridiano e l’ombra delle cime degli alberi più alti incominciava a protendersi sul parco coprendo aiuole e cespugli. Proprio in quel momento il giornalista decise di allungare il passo per intercettare i due giovani e dialogare con loro ma accadde un piacevole imprevisto: Adolfa e Guiscardo vennero a trovarsi di fronte ad una vasca ingombra di ‘ninfee

    rustiche’ adagiate sul pelo dell’acqua ed emergenti per circa un palmo.

    Era ben evidente il verde sfumato in bronzo sulla pagina superiore delle foglie, protette da un leggero velo cerato mentre le pagine inferiori erano uniformemente rossastre. I bellissimi fiori, taluni bianchi e altri rosa emergevano dall’acqua solo di pochi centimetri. Guiscardo ne colse uno e lo porse ad Adolfa che fece il gesto di godere del delicato profumo. Poi il ragazzo le prese la mano e guidò la compagna sul lato sinistro della vasca dove il sentiero proseguiva ma coperto da un rigoglioso rododendro… e subito furono nascosti alla vista. Sebbene il viottolo continuasse dopo il momentaneo ingombro, i due giovani non ricomparvero e il sentiero rimase deserto.

    Il giornalista girò sui suoi passi e tornando indietro non poté fare a meno di sorridere. Aveva avuto l’intenzione di incontrarsi con i due giovani per conoscerli meglio, non c’era riuscito e pur rinunciandovi era egualmente contento. Forse lo sarebbe stato un po’ meno se si fosse accorto che su quel sentiero, a seguire i due giovani non era il solo!

    FINE CAPITOLO PRIMO

    CAPITOLO SECONDO

    Le camere a ‘I due girasoli’’ erano tutte belle e confortevoli, si sarebbe potuto dire che erano state progettate per appianare qualsiasi preoccupazione avesse afflitto un loro ospite. L’arredamento e persino le ‘luci’ ed i colori delle pareti erano state oggetto di attenti studi che avevano visto impegnati valenti architetti e psicologi per andare incontro alle esigenze dei più difficili clienti.

    Occorre anche dire che i giorni che il giornalista aveva appena trascorso a ‘I due girasoli’ erano state di assoluto relax e non c’era stato alcun motivo di preoccupazione, ansia o turbamento.

    Eppure quella notte il reporter la trascorse in uno stato di perenne agitazione. Dapprima l’aria della stanza gli era

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