Il vino: passione, scienza e arte
Di Juri Merlini
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Anteprima del libro
Il vino - Juri Merlini
1642)
I
LA NASCITA DEL VINO
"…e dove non è vino non è amore;
né alcun altro diletto hanno i mortali."
Euripide
(480 a.C. - 406 ca. a.C.)
Le origini del vino non possono essere stabilite con esattezza, tuttavia, grazie al metodo del Carbonio-14 applicato su alcuni reperti, si può affermare che la pratica enologica era già applicata nel 6000 a.C. Nello specifico sono stati ritrovati resti di brocche d’argilla decorate con grappoli d’uva in Georgia e un torchio vinario presso Damasco.
Nella Bibbia si narra che l’arca di Noè, dopo il Diluvio Universale, si arenò sui pendii del Monte Ararat, al confine tra la Turchia Orientale e l’Armenia, a sud della Georgia. In questo luogo Noè piantò una vigna e, quando ne bevve il vino, si ubriacò e poi si mise a dormire nudo nella sua tenda (Genesi 9, 20-1).
La viticoltura si diffuse intorno al 4000 a.C. grazie ai Sumeri, con lo stanziamento di questa popolazione in Mesopotamia, tra i fiumi Tigri ed Eufrate.
Furono tuttavia gli antichi Egizi a dar vita alle prime tecniche viticole e a sviluppare le prime tecnologie enologiche. Le più importanti attestazioni dell’attività vitivinicola degli Egizi ci giungono attraverso alcuni affreschi tombali presso Tebe (Luxor), dove vengono rappresentate dettagliatamente le fasi della tecnica viticola e del processo di vinificazione.
Gli egiziani tenevano accurate registrazioni delle tecniche enologiche, come testimoniato dai numerosi geroglifici che rappresentano dettagliatamente ogni fase produttiva.
Le documentazioni più affascinanti sono quelle pittoriche che decorano le tombe e rappresentano la vendemmia, la pigiatura, l’imbottigliamento, l’immagazzinamento e il consumo, per esempio le tombe di Nakht, Sheikh Abd el-Qurna e Sennefer (TT52 e TT96) della XVIII dinastia (1552 a.C. - 1295 a.C.).
Fig. 1 Tomba di Nakht a Sheikh Abd el-Qurna (TT52)
Fig. 2 Tomba di Sennefer (TT96)
Il vino era considerato dagli Egizi come una bevanda legata indissolubilmente al mondo del soprannaturale, visto come un dono della gratuità divina; grazie alla colorazione rossa sembra legarsi direttamente alla vita richiamando il colore del sangue.
Il vino e la vite sono simboli di rinascita per gli Egizi in quanto sono associati al dio Osiride, il quale per primo rinacque dopo la morte; tale associazione viene inoltre rafforzata dal ruolo di Osiride come dio della vegetazione e rappresentato con il volto verde, incarnando la forza della terra che rinasce ogni anno insieme al nuovo raccolto.
Bere il vino nell’Antico Egitto assumeva il significato di nutrirsi della divinità stessa, di conseguenza riporre il vino nelle tombe rappresentava l’augurio di unirsi alle divinità.
La conservazione del vino avveniva all’interno di anfore dotate di un collo stretto e due manici, la cui chiusura veniva affidata a tappi di argilla. Il vino veniva normalmente dolcificato con miele e aromatizzato con erbe aromatiche, in particolare l'assenzio, permettendo così di mascherare eventuali difetti gusto-olfattivi.
La centralità del vino nella civiltà Occidentale fu legata al ruolo divino che gli venne assegnato: esso era infatti considerato dai greci come un dono di Dionisio, un’essenza che legava la dimensione umana a quella divina e che permetteva l’avvicinamento agli dei.
I Greci introdussero nuove tecniche colturali dando impulso decisivo allo sviluppo della viticoltura in epoca romana. Le principali tecniche di vinificazione giunsero in Italia soprattutto grazie ai Fenici, che furono importanti precursori dell’enologia moderna. Le celebrazioni in onore di Dionisio arrivarono in Italia con il nome di Baccanali, celebrazioni nelle quali le Baccanti, sacerdotesse di Bacco, danzavano vestite di una pelle di daino, il capo cinto di una corona di edera e tralci di vite.
Gli Etruschi diedero impulso alla diffusione della viticoltura e svilupparono nuovi sistemi di allevamento della vite in piccole piante potate (alberello).
All’epoca dell’Impero Romano la viticoltura si diffuse magnificamente in tutta l’Europa Settentrionale. L’Italia, conosciuta come Enotria (Terra del Vino), cominciò a distinguersi qualitativamente grazie all’attenzione verso la qualità, ricercando una maggiore struttura dei vini, applicando l’invecchiamento in botte e conservando il vino in bottiglie di vetro, introducendo l’importanza delle singole annate, valorizzandone l’unicità.
Con la caduta dell'Impero Romano la cultura vitivinicola fu abbandonata fino a quando, nell’Alto Medioevo, gli ordini religiosi (in particolare i Monaci Benedettini e Cistercensi) svilupparono nuove tecniche enologiche, in particolare in merito alla spumantizzazione con rifermentazione in bottiglia.
Il significato spirituale associato al vino attraversò i secoli fino ad assumere un ruolo centrale nel Cristianesimo, dove rappresenta il sangue di Cristo nella celebrazione della Mensa Eucaristica.
Nel XVIII secolo si cominciò a produrre vini di crescente livello qualitativo grazie alla selezione delle uve e alla maggior attenzione alle fermentazioni con macerazione, che consentivano di ottenere vini più strutturati e predisposti all’invecchiamento.
Il XIX secolo rappresentò la massima euforia nello sviluppo vitivinicolo, tanto che l’economia nazionale di molti paesi si basava sulla produzione di vino.
La vitis vinifera fu coltivata in tutta l’Europa fino alla metà del 1800, quando si manifestò una devastante piaga proveniente dall’America del Nord provocata da un insetto della famiglia degli Afidi: la Fillossera (Philloxera Vastratix), un parassita in grado di attaccare le radici della vite europea e le foglie di quella americana.
Per tentare di arginare la diffusione si tentarono molte vie, fino a quando venne ideato uno stratagemma vincente, ossia innestare la base della vita americana con la parte aerea della vite europea, sfruttando così le porzioni immuni al parassita di entrambe le piante. Si trattò probabilmente del primo esempio di lotta biologica
, che permise alle vite europea di giungere fino ai giorni nostri.
II
LA VITE
"Il buon vino è ogni volta una sinfonia di quattro movimenti,
eseguita al ritmo delle stagioni.
Il sole, il terreno, il clima e i vitigni modulano l'opera,
mentre il vignaiolo, come solista, imprime la sua cadenza."
(Philippe Margot)
La Vitis vinifera è un arbusto rampicante caducifoglie, che entra in riposo vegetativo durante la stagione fredda, con ripresa vegetativa in primavera. I frutti della vite sono delle bacche definiti acini, riuniti in grappoli di diversa forma e dimensione.
La vite è diffusa in vaste aree del pianeta comprese tra il 20° e 50° grado di latitudine Nord e il 20° e 50° di latitudine Sud; i vigneti che crescono ai limiti estremi settentrionali (tra il 50° e il 51° di latitudine Nord), sopravvivono grazie al clima continentale.
Fig. 3 Diffusione della vite nel pianeta
La vite è caratterizzata da un ciclo vitale e da un ciclo annuale. I vigneti hanno una vita di circa 40 anni, dei quali i primi due anni improduttivi, una produzione crescente dal terzo al settimo anno e successivamente costante fino al trentesimo anno, dopodiché si assiste a una produzione decrescente.
Fig. 4 Ciclo vitale della vite
Il ciclo annuale della vite è rappresentato da tre fasi fenologiche che si ripetono ogni anno: attività radicale, fase vegetativa e fase riproduttiva, che dall’impollinazione dei fiori porta fino all’invaiatura (colorazione degli acini) e infine alla maturazione, con una crescita del rapporto zuccheri/acidi fino alla raccolta.
Condizioni di sviluppo della vite
Il clima condiziona lo sviluppo della vite determinando l’unicità dei vini di ogni singola annata. I principali fattori che influenzano lo sviluppo vegetativo e riproduttivo della vite sono la temperatura, l’esposizione solare, le precipitazioni e l’altitudine.
Le temperature medie necessarie alla vite per svolgere le funzioni vegetative e riproduttive dipendono dalle fasi del ciclo biologico: germogliamento da 8 a 12 °C; fioritura da 18 a 22 °C; invaiatura da 22 a 25 °C e vendemmia da 18 a 23 °C.
Un’elevata escursione termica tra giorno e notte (condizione che si verifica soprattutto nelle zone collinari) è un fattore determinante