Terra di ghiaccio
Di Enrico Lotti
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Anteprima del libro
Terra di ghiaccio - Enrico Lotti
9788825400304
Capitolo 1
– Sarà una situazione importante, anche se fortemente atipica.
La voce del professor Blumberg risuonava nel grande seminterrato che da qualche tempo era divenuto il suo quartier generale a Milano. Blumberg non aveva una voce stentorea, e non aveva l’abitudine di usare un tono elevato, quando si rivolgeva agli studenti nella grande aula ad anfiteatro dell’Università di Fisica. Ma in quel momento ad ascoltarlo c’era solo una prsona, sua figlia Alana.
La ragazza scivolò a fianco della carrozzina del padre invalido, per osservare il grande monitor sul quale stavano scorrendo dati e diagrammi. Per lei, appassionata di arti figurative e di video, quelle immagini potevano essere suggestive, forse inquietanti, ma restavano del tutto impenetrabili.
– Ti ricordo che non sono laureata in Fisica – gli disse, con un sorriso.
– Lo so, è sempre stato il mio cruccio – rispose il professore, digitando qualcosa sulla tastiera. La ridda di caratteri alfanumerici fu sostituita da una cartina geografica di Milano e dintorni.
Leo Blumberg prese in mano il mouse, guidò il cursore su un punto della mappa e lo rilasciò. Apparve un cerchietto rosso.
– Un nuovo varco interdimensionale si aprirà prossimamente in quest’area, nell’hinterland di Milano. Evidentemente – aggiunse quasi parlando tra sé e sé – è in corso una serie di perturbazioni, di gravi alterazioni del campo elettromagnetico, che ha come epicentro proprio questa zona. Non chiedermi perché.
Blumberg fece una pausa. Stava forse riordinando i dati, o si stava ancora arrovellando sul da farsi.
– Hai detto fortemente atipica
. Perché?
– Per una serie di lunghe e complicate ragioni tecniche riguardanti il flusso temporale ai due capi del varco – bofonchiò il professore – ma si tratterà di un varco piuttosto importante. Stando alle mie elaborazioni, si aprirà fra tre giorni, resterà aperto sì e no un paio d’ore, e si riaprirà il giorno dopo, per un periodo più breve, che sto ancora calcolando, nell’ordine delle decine di minuti.
Alana si chinò, per scrutare più attentamente la cartina che occupava tutto il monitor. Il cerchietto rosso evidenziava il luogo dove sarebbe avvenuto il fenomeno.
– Proprio nel bel mezzo di un centro commerciale.
– In un grande parcheggio sul retro di un Brico center, per essere precisi – puntualizzò Blumberg. Che aggiunse: – E questo rende la situazione molto diversa dalle precedenti. Sinora, i varchi si sono manifestati in luoghi defilati, fuori mano, o poco raggiungibili, e questo ci ha consentito di operare con discrezione. Ma ora…
– Sarà un bel casino – lo interruppe Alana, che stava iniziando a comprendere che suo padre aveva usato un bell’eufemismo, scegliendo il termine atipico
. Blumberg proseguì:
– Ci saranno centinaia, forse migliaia di persone che si troveranno di colpo immerse in una imprevista nebbia di colore azzurro. Quanti di loro finiranno, del tutto inconsapevolmente, al di là del Varco? E si ritroveranno in un mondo ignoto, un mondo del quale neppure io, in questo momento, so dire come sia. Potrebbe essere un mondo privo di atmosfera respirabile, o un oceano, una giungla primordiale, o un mondo bellicoso… come quelli che avete conosciuto voi nel corso delle vostre esplorazioni.
Un silenzio grave calò sulla stanza.
Il professore si appoggiò sullo schienale della sua carrozzina e chiuse gli occhi: – Potrebbe essere un’ecatombe. Ho il dovere di avvisare le autorità.
– Nessuno ti crederebbe, papà – disse Alana posandogli una mano sulla spalla.
– È vero. Dovrei rendere pubbliche le mie ricerche, anche se fino a questo momento non o ancora tutti gli elementi necessari per imporla come un’evidenza, e non come una semplice congettura.
– Tu saresti fatto a pezzi, e non riusciresti a evitare il disastro – insistette la ragazza.
Blumberg tacque, pensoso.
Alana si sedette sulla scrivania.
Blumberg le prese la mano e gliela strinse forte.
– Ragazza mia…
Poi l’uomo chinò il capo e lo scosse.
– Avrei sentito volentieri il parere di Florian…
Alana si irrigidì e serrò le labbra. Per un istante, una luce fredda e dura guizzò nei suoi occhi. Fu un moto impercettibile, che suo padre non poté cogliere, perché teneva ancora losguardo abbassato.
– Florian mi sta chiedendo con insistenza di incontrarlo – disse il professore.
– Anche a me – rispose decisa Alana.
Blumberg alzò lo sguardo e fissò la figlia. La ragazza proseguì: – Mi sta letteralmente tempestando di messaggi, chiamate, e-mail. Sono anche un po’ preoccupata, non lo riconosco più. Si comporta come uno stalker!
– Uno stalker… Andiamo! – fece Blumberg, cercando di sorridere.
– Ti confesso che ho un po’ paura di quello che potrebbe fare – disse la ragazza.
Blumberg le prese entrambe le mani, con grande tenerezza. In quel momento, era la piccola Alana, la sua bambina, il suo grande amore.
– Florian è sempre stato un ragazzo tranquillo, mite, più a suo agio fra i libri che tra gli altri. Non me lo immagino proprio come un violento – le disse, cercando di minimizzare.
– Neanch’io lo avrei mai immaginato così – replicò lei – Non sarei mai riuscita a pensare a lui come una spia. Eppure…
Alana non completò la frase. Non era necessario.
Blumberg grugnì sommessamente e abbassò il capo. Il tradimento di Florian, del quale ora non poteva dubitare, era per l’anziano qualcosa di peggio di una terribile scoperta. Era una pugnalata alle spalle. Florian Berger, il suo studente migliore, il suo assistente di fiducia, colui che appariva sicuramente destinato a raccogliere la sua eredità spirituale e intellettuale, oltre che la sua cattedra universitaria, si era rivelato una spia. Da quanto tempo lo aveva sorvegliato di nascosto? Con quali intenti? Per appropriarsi un giorno delle scoperte del professore, o per venderle già ora al migliore offerente, magari a qualcuno di quei professori odiosi e pieni di sé, che per anni avevano ostracizzato Blumberg, ma che non avrebbero esitato a impadronirsi dei risultati delle sue richerche? La scoperta del tradimento di Florian lo aveva turbato così profondamente, che fino a quel momento il professore non se l’era sentita di parlarne con nessuno, neppure con sua figlia. E anche in quel momento, lì, da soli, si capiva che l’argomento era ancora troppo fresco e troppo doloroso per lui.
– Pensaci, papà – disse Alana, chinandosi verso il genitore e scostandogli dalla fronte un ciuffo bianco, con un gesto affettuoso.
– Non siamo ancora pronti a fare l’annuncio – soggiunse la ragazza. – Se tu comunicassi quello che sta per accadere, ammesso che qualcuno ti