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L’Ultimo Valzer
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L’Ultimo Valzer
E-book108 pagine51 minuti

L’Ultimo Valzer

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Info su questo ebook

Lui stava lì, in piedi accanto a quel pianoforte con addosso il suo abito scuro e le luci che lo abbagliavano.
A stento riusciva a vedere la prima fila.
Era davvero stato impeccabile, non aveva mai suonato con così tanta grazia come quella sera.
Il pubblico era restato affascinato da quella esecuzione di Puccini. Un valzer davvero straordinario.
Un sogno.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2017
ISBN9788826020730
L’Ultimo Valzer

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    Anteprima del libro

    L’Ultimo Valzer - Nicolò Chiara

    Quignard)

    Capitolo I

    Le note si espandevano per tutta la casa, scendendo

    lentamente in fondo alle scale. Non era rock o altro genere

    di musica che potrebbe causare chissà quanti mal di testa, se

    non sono apprezzati ovviamente.

    Quel valzer che Giovanni componeva in modo dolce,

    immerso nella più celestiale tranquillità del mondo, riusciva

    a dare calma e serenità persino al più scorbutico dei vicini

    dello stabile.

    Pigiava i tasti di quel pianoforte delicatamente, come i

    pedali di una rosa.

    In quei momenti riusciva a dimenticare tutto.

    I problemi che lo affliggevano, ormai da diversi mesi a

    questa parte, poteva chiuderli dentro un cassetto solo in

    questo modo.

    Seduto al suo pianoforte.

    Suonò il campanello.

    Per un momento Giovanni non lo sentì nemmeno,

    continuano a suonare, a rendere quei tasti vivi, quel

    pianoforte magico e spettacolare.

    Il campanello suonò di nuovo.

    Giovanni uscì da quel bellissimo mondo, ritornando alla

    realtà e maledicendola per i torti che da essa stava subendo.

    Si alzò con molta calma avviandosi alla porta.

    Addosso aveva ancora il pigiama ed una leggera vestaglia,

    tipica delle mezze stagioni primaverili.

    Erano appena le 10:00 del mattino, ma purtroppo quando

    non si ha un lavoro, spesso si perde anche la voglia di

    mettersi addosso un vestito.

    O meglio, ancor peggio quando si viene licenziati.

    Dopo più di vent’anni di onorato servizio come contabile

    nel cantiere navale della città, all’improvviso si vide messo al

    cancello.

    Non potrà mai dimenticare quel giorno maledetto.

    Era il 20 Dicembre e lui si recava puntuale, come tutte le

    mattine in quell’ufficio dentro i capannoni del cantiere.

    Mai un ritardo, mai una richiesta per malattia o altro.

    Eppure quel giorno sembrava che tutto questo non

    contasse nulla. La serietà e la perseveranza che aveva

    dedicato a quel lavoro svanirono all’improvviso.

    <

    cominciando a perdere introiti>> .

    Questa fù la semplice e stupida spiegazione del sig. Rizzo,

    il proprietario del cantiere navale.

    Giovanni non riuscì a dire una parola.

    Restò come un sasso ascoltando quelle parole.

    <

    personale. Ma sono sicuro che potrai sistemarti subito.

    Dopotutto sei un maestro di pianoforte e sono certo che

    troverai una cattedra.>>

    Certo.

    Proprio per questo faceva il contabile da quindici anni

    in quel cantiere. Non ci avrebbe mai messo piede se fosse

    stato così facile, come Rizzo diceva in quel momento.

    Ma l’unica cosa che riuscì a fare fù prendere quelle

    quattro cose che aveva sulla scrivania in ufficio ed

    andarsene.

    Quel giorno era pure uno dei suoi preferiti, con un

    leggero strato di neve che copriva i monti alle spalle della

    città.

    Cosa rarissima, aveva anche nevicato fino in spiaggia per

    qualche ora e questo di solito lo rendeva felice.

    Quella bellissima sensazione che lo aveva

    accompagnato fino a quell’ufficio, ora la lasciava cadere

    come la neve, lungo la strada di casa.

    <>, disse

    Giovanni voltando subito le spalle alla porta, recandosi in

    cucina a versarsi un pò di caffè.

    <>

    L’uomo entrato in casa era un classico personaggio

    d’ufficio, vestito in doppio petto con borsa in cuoio ed

    occhiali da lettura sempre pronti, appesi nel laccio attorno al

    collo.

    Era l’amministratore del condominio.

    Si sedette in salotto, mentre Giovanni sorseggiava il caffè,

    e iniziò ad uscire un mucchio di carte da quella borsa

    cominciando a dividere l’attenzione tra quel mucchio di

    documenti e Giovanni che, con lo sguardo perso nel vuoto,

    beveva quell’amaro caffè.

    Sapeva bene il motivo di quella visita, una delle tante

    avute negli ultimi mesi.

    <>

    <

    lei che con mia moglie in questi ultimi mesi>>, risposte

    Giovanni in modo molto sarcastico, non nascondendo un

    velo di tristezza.

    <

    già tre mesi che non paga l’affitto dell’appartamento, per non

    parlare anche delle spese condominiali.>>

    Giovanni si sedette di fronte all’amministratore.

    <

    quarantacinque anni è difficile ottenere pure un posto come

    fattorino.

    Ho pagato finchè ho potuto le spese, ma ormai ho quasi

    terminato anche i risparmi che tenevo da parte.>>

    L’amministratore prese le carte e le riposò dentro la borsa.

    <

    aiutarla>>, disse l’amministratore con un tono amichevole.

    Giovanni si accese una sigaretta.

    <>

    Quella notizia lasciò molto meravigliato Guerrero.

    <>, continuò

    Giovanni aspirando con una calma quasi rassegnata la

    sigaretta.

    L’amministratore si tolse gli occhiali, rivolgendosi con fare

    quasi paterno.

    <

    Giovanni, ma quando te lo ha detto?>>

    <>

    Giovanni si alzò, ritornando in cucina in cerca del caffè.

    In quel periodo ne beveva un pò troppo per tentare di

    rilassarsi.

    L’amministratore sistemò gli ultimi documenti in quella

    sua borsa, e si alzò in direzione della porta.

    <

    caffè, o altro.>>

    <

    padrone e vedrò di poterti concedere un pò di tempo. Ti farò

    sapere tra qualche giorno.>>

    Giovanni lo ringraziò e si diresse assieme a lui verso la

    porta.

    Il sig. Guerrero amministrava quello stabile da ormai

    trent’anni. Conosceva bene Giovanni e sua moglie Katia, da

    quando si erano trasferiti da Roma.

    Si erano conosciuti in quella bellissima città, lui uscito da

    poco dal conservatorio, lei una semplice commessa in un

    negozio di tessuti.

    Si innamorarono al primo sguardo.

    Poco meno che trentenni si sposarono e Giovanni, non

    trovando lavoro come insegnante di pianoforte (a parte

    qualche lezione privata), decise di voltare pagina.

    Non voleva essere un peso, anzi era lui che aveva

    la responsabilità di mandare avanti la baracca. E così fece.

    Inviò diversi curriculum non come laureato al

    conservatorio, ma come esperto contabile (aveva il diploma

    da ragioniere), ed ebbe la fortuna di essere contattato in

    meno di un mese.

    Si trasferirono a Messina (una vera fortuna trovare un

    impiego in quella città), dove in un primo tempo anche sua

    moglie cercò lavoro.

    Giovanni, una volta assunto come contabile nel cantiere

    navale che lo aveva contattato, dissuase Katia nel proseguire

    quelle ricerche.

    Il posto che aveva ottenuto era sicuro e rendeva bene, e

    poi aver trovato quel lavoro era già stato un colpo di

    fortuna. Dubitava potesse riuscire anche a lei.

    Ma era semplicemente un lavoro.

    La sua passione era da tutt’altra parte quando, una volta

    rientrato a casa, mentre Katia era a preparare il pranzo o

    stava sbrigando altre faccende,

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