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E-book167 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Ben October decide di passare il fine settimana in una vecchia casa di montagna di proprietà dei genitori, ma qualcosa di terribile accade: rimane intrappolato in una realtà alternativa, nella quale tutte le persone che ha incontrato il giorno prima e i luoghi che ha visitato sono sostituiti da delle repliche.
In un mondo dove manichini e marionette parlano e si muovono come esseri umani, Ben dovrà lottare per salvarsi dalla solitudine e dalla pazzia, senza sapere che il peggio deve ancora arrivare...

“Attraverso” è un sorprendente thriller psicologico, ricco di suspance, dalla originale, cupa e inquietante ambientazione.
Nella sua nuova edizione.
LinguaItaliano
EditoreIncubi
Data di uscita6 ott 2018
ISBN9788826494081
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    Anteprima del libro

    Attraverso - Sonny Zanon

    apprezzare.

    Ben parcheggiò lunga la strada e scese dalla macchina. Il sole splendeva alto in paese e una leggera brezza rendeva la temperatura accettabile. Affamato, entrò nella paninoteca di fronte in cerca di uno spuntino dopo il lungo viaggio e si mise in fila al bancone. L'anziano cliente davanti a lui, dopo aver parlato a lungo con il commesso e comperato quello che doveva comperare, se ne andò, non prima però di avergli lanciato un'occhiata torva. Ben si sporse sul bancone. Le mensole di legno, su cui erano appoggiati vari barattoli e bottiglie, dimostravano una certa età ed era sorprendente la stabilità, sia loro sia del locale in sé, fatto per la maggior parte in legno e di certo tenuto non bene.

    «Che cosa le serve?» disse il commesso, un uomo di mezza età pelato e con la classica pancia del mestiere.

    Di certo non il contenuto di quelle bottiglie , pensò tra sé Ben. I suoi occhi corsero lungo una fila di panini, fino a selezionarne quello che lo ispirava.

    «Quello.» rispose, indicando il panino. L'uomo dopo un secondo di incertezza glielo porse.

    Ben pagò e uscì dal negozio col panino mezzo mangiato ancora in mano. L'aria calda gli piombò subito addosso, interrompendo i suoi pensieri. Fece qualche passo e sentì tirare un laccio della scarpa destra: distrattamente lo aveva calpestato col piede sinistro. Si era sempre detto che quei lacci erano troppo lunghi, ma non aveva mai fatto qualcosa per sistemarli; ficcandosi in bocca quel che rimaneva del panino, si chinò quindi per riallacciarli e in quell'istante si accorse che un anziano, seduto su una panchina fuori dal negozio, lo fissava in modo intenso. Aveva dei corti ma folti capelli grigi, degli occhi azzurri, che la luce e l’età facevano sembrare anch'essi grigi, ed un viso magro e allungato in sintonia col fragile corpo, rivestito di una camicia a scacchi rossi e bianchi. Ben non ci pensò troppo e si mosse verso la macchina. Paura degli sconosciuti? Gli venne da ridere ripensando a quei film western nei quali i cittadini sputavano tabacco per terra alla vista di stranieri. Di certo un posto tranquillo, pensò con un po’ di ironia; mise le mani in tasca, ispezionandone ogni millimetro alla ricerca delle chiavi, che trovò nella tasca destra e inserì a fatica nella serratura. Con ancora più fatica fece girare la chiave. Maledetta macchina scassata! Si sedette nell'auto ed allacciò la cintura. Prossima destinazione casa, pensò allegramente, mentre un uomo passava di lì in bicicletta col giornale sottobraccio. Era un modesto paesino di montagna, ma non per questo poco trafficato, anzi nelle stagioni più piene l'affluenza era molto alta. Arrivò al numero 43: la strada di ciottoli in salita preannunciava la casa. La strada era ripida e per un attimo la vecchia carretta di Ben faticò ad andare avanti; un cancello verdastro e arrugginito lo attendeva sulla sommità.

    Il cancello cigolò aprendosi, e il suo suono attirò l’attenzione di un vicino sulla quarantina che fino ad un istante prima era chino sull'orto della casa a fianco.

    «Buongiorno!», disse a Ben con un sorriso stampato in faccia, mentre si alzava in piedi da dietro un muretto.

    «Buongiorno.», replicò Ben, notando i capelli incollati alla fronte per il sudore.

    «Nuovo di qui?»

    «Sì...», rispose Ben un po' imbarazzato, non sapendo come portare avanti la conversazione. «Sono venuto qui in vacanza qualche giorno.»

    «È da un po’ che non ho dei vicini in questa casa. Piacere, Bernard.»

    «Ben October, piacere di conoscerla. In effetti è da un po’ di anni che la mia famiglia non usa più questa casa.»

    «Quindi lei dev’essere imparentato con la signora e il signor October. Ero piccolo, ma me li ricordo ancora bene! E loro come stanno?»

    «Mia madre sta benone... Mio padre… Beh, mio padre è mancato poco dopo la mia nascita.», sospirò con un mezzo sorriso Ben.

    «Capisco… Senta: se le serve una mano per la casa, chieda pure, mi troverà qui.»

    «Con molto piacere» sorrise Ben, «ma chiamami solo Ben.»

    «Sarà fatto!», disse Bernard, alzando la mano destra in un saluto militare. Con aria compiaciuta si chinò nel suo orto, scomparendo, così come era comparso, dietro il muretto. Direi che è un buon inizio , pensò Ben tra sé.

    Finì di spalancare il cancello e portò dentro la macchina; il terreno in alcuni punti era ancora un po’ fangoso a causa della pioggia del giorno prima. Si fece strada tra l’erba alta del giardino fino alla porta d’ingresso: era fatta di legno, lunga e stretta.

    Dove diavolo ho messo le chiavi? Tastò ogni tasca dei suoi abiti, finché riuscì a trovarle. Fece girare a forza la chiave e con un rumore sordo la serratura si sbloccò. La porta si aprì con uno scricchiolio e lui si ritrovò all'ingresso del cottage. Davanti a sé aveva un enorme salone rettangolare con un divano ed uno spesso tavolo in legno antico, il tutto ricoperto da un sottile strato di polvere. Sulla destra un pesante specchio color rame stonava con la stanza. Andò in cucina e girò la manopola del lavandino per controllare se nei tubi ci fosse acqua, che però non sgorgò.

    Credo che farò meglio a giocarmi subito la carta Bernard, prima di imbattermi in altri problemi. Si grattò la testa e decise di uscire a chiamarlo.

    «Ciao Bernard, scusa se ti disturbo di già.»

    Bernard sbucò da dietro al muretto col suo sguardo compiaciuto. «Di cosa hai bisogno Ben?»

    «Scusami, ma in cucina non arriva l’acqua.»

    «Mi sembra normale», sogghignò Bernard, sfregandosi le mani, «sono anni che la casa è in disuso e le tubature dell’acqua sono chiuse da un po’. Seguimi pure, ti faccio vedere.» Ed in maniera leggiadra scavalcò il muretto, dirigendosi verso la casa di Ben.

    «Cosa ti porta da queste parti?», chiese Bernard, lanciando uno sguardo interrogativo a Ben, mentre si facevano strada tra l’erba alta.

    «Sono qui per prendermi una vacanza, o meglio una settimana, per staccare dal lavoro.»

    Avevano ormai raggiunto il retro della casa e Bernard si chinò a girare delle manovelle in prossimità di alcuni tubi. «Capisco… Troppi pensieri per la testa. Sai cosa ti ci vorrebbe? Te lo dico io: una bella cenetta per riempirti lo stomaco. Garantisco io per il Royal, il ristorante qui vicino.»

    «Garantisci?», sorrise Ben incerto.

    «Certo, ne sono il proprietario!», disse Bernard, sistemandosi la camicia a quadri con orgoglio. «Ed ora l’acqua dovrebbe essere tornata a scorrere». Un gorgoglio nei tubi sembrava confermarlo.

    «Certo che sei una persona piena di sorprese.», mormorò Ben.

    Arrivarono alla porta d’ingresso ed entrarono nel cottage, accompagnati dallo scricchiolio del pavimento. Dallo stanzone principale si diramavano due corridoi laterali, uno per lato della stanza. Bernard andò per il corridoio di destra ed imboccò una porta a sinistra che portava in cucina. Aprì il rubinetto e l’acqua fuoriuscì con successo.

    «Grazie mille, Bernard, credo che sarei ancora ad armeggiare con i tubi se non fosse stato per te.»

    «Nessun problema, quando vuoi», rispose il vicino con un sorriso sincero, «ora però, se non ti dispiace, ho un paio di cose da sbrigare. Ci vediamo questa sera al locale?»

    «D’accordo, tanto non saprei lo stesso dove mangiare.»

    «Perfetto, ci vediamo lì allora.» e, mantenendo il suo generoso sorriso, si avviò alla porta. La luce, che dall'esterno filtrava sopra la sua testa, lo faceva sembrare un santo con l’aureola.

    I lavori per riordinare la casa furono lunghi ma non noiosi: ci mise la cura di chi ha appena comprato casa nuova. Il corridoio sulla sinistra conduceva ad un piccolo studio e alle scale, che portavano al piano superiore, dotato di due camere da letto ed un bagno.

    La giornata era passata e si era ormai fatta ora di cena, quindi Ben uscì per andare al ristorante del suo nuovo amico. Per strada le luci gialle dei lampioni davano al paesino un aspetto gotico. Il bar era affollato e già in lontananza si sentiva la musica provenire dall'interno del locale; la sua luce illuminava la strada di giallo come un faro, mentre i piccoli negozi lungo la strada si affrettavano a chiudere. Una signora era indaffarata ad abbassare le persiane della sua vetrina: Bel Vestiario diceva l’insegna a led, anche se quello che si riusciva ad intravedere di certo non prometteva di essere bello.

    Arrivò al ristorante: per essere situato in un paesino di montagna, sapeva il fatto suo. Era a due piani, antico ma all'avanguardia, con molte insegne luminose e piuttosto affollato. Sopra l’ingresso c’era la scritta: Royal, e Ben si chiese se non avesse sbagliato a scriverlo dimenticandosi la e finale. Il portone in legno a due battenti all'ingresso dava sul salone principale. Ben entrò e l'odore di cantina che riempiva la stanza lo avvolse. Le pareti erano in mattoni e davano un aspetto pittoresco al luogo. Bernard spuntò allegro da dietro un bancone sulla destra, sempre col suo sorriso gengivale stampato sul volto.

    «Buonasera, vicino, sono lieto di vedere che alla fine sei passato.» Portava un abito elegante di colore nero con una camicia bianca e un farfallino al collo, e sorprendentemente aveva il portamento che si addice ad un proprietario di locale.

    «Hai proprio un bel posticino.», rispose Ben, osservando con aria pensierosa il soffitto in pietra.

    «Grazie! Posso offrirti qualcosa da bere finché aspetti?» Senza attendere una risposta, prese una bottiglia di liquore e, strizzando l'occhiolino, ne versò il contenuto in un bicchierino, che posò sul bancone e spinse verso Ben, facendolo scivolare in modo aggraziato sul legno. Il liquido trasparente oscillò, ma non uscì. «Goditi il drink, io torno subito.», disse Bernard, e sparì dietro una porta. Ben alzò il bicchierino, ne osservò i dettagli controluce; facendo spallucce, lo bevve in un sorso.

    «Ehi, vacci piano, figliolo.», proruppe un uomo sulla sessantina, seduto su uno sgabello accanto a Ben.

    «D'accordo...», rispose Ben con esitazione, «Anche se quello che deve andarci piano qui di certo non sono io.» bisbigliò. Un cameriere si avvicinò e fece cenno a Ben di seguirlo: lo portò al suo tavolo, gli porse il menù e, dopo un sorriso di cortesia, si diresse verso un altro tavolo, nuovo giro nuova corsa. Ben ci mise veramente poco a scegliere, perché aveva già scelto prima di entrare nel locale. Era una cosa che usava fare molto spesso fin da quando era ragazzo: ogni domenica sera usciva a cena con sua madre in un locale diverso e i due si sfidavano a scegliere il piatto più strano dal menù appeso all'esterno. Questa abitudine gli era rimasta con gli anni. Chiamò quindi una cameriera, che stava passando vicino al tavolo, per comunicarle la sua importante decisione. La stanza era ampia e conteneva un’altra quindicina di tavoli, dove altre persone erano già sedute a mangiare. Guardandosi intorno, incrociò lo sguardo di una ragazza seduta al tavolo di fronte: era snella, aveva gli occhi marroni, dei lunghi capelli neri raccolti a coda di cavallo e un ciuffo che ricopriva la parte destra della fronte. L'incontro durò pochi istanti e Ben si affrettò a distogliere lo sguardo, impegnandosi a fissare il menù e cercando di fare l'indifferente, con la faccia innaturale di chi cerca di non farsi notare e proprio per questo si fa notare di più. Degli infiniti secondi trascorsero: quando tornò ad alzare gli occhi i loro sguardi si incrociarono ancora una volta.

    «Eccomi, sono tornato.», disse Bernard, che per una volta non era così atteso e si piazzò proprio di fronte a Ben, coprendo completamente la ragazza con la sua sagoma. «Scusa se ci ho messo molto. Allora, il posto ti piace?»

    «Si, molto caratteristico.» rispose Ben, cercando di inclinare la testa di lato senza

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