Tra valli e fiori
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Con questo romanzo Roberto Gianolio raggiunge vette letterarie ancora da lui inesplorate e chi leggerà le sue pagine potrà trarre conclusioni individuali e dare giudizi critici personali.
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Anteprima del libro
Tra valli e fiori - Roberto Gianolio
Roberto Gianolio
Tra valli e fiori
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
Roberto Gianolio
Tra valli e fiori
Prima edizione: Cavinato Editore International – 2017
©Tutti i diritti riservati
Impaginazione e grafica: Silvia Mezzanotte
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
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Indice
I signorotti
Rientro al paese
La resa dei conti
La ripresa
Filippo
Maria
Città
Casualità
Tutto è perduto
Nuova vita
Verso nuovi orizzonti
Biografia
Avvio
I SIGNOROTTI
Il profumo si alzava lentamente dal terreno mentre alcune persone si allontanavano dalla chiesa dopo la Santa Messa del mattino ed il cielo si apriva mentre nuvole si dilatavano, verso i monti, scomponendosi in frammenti scompigliati mentre i paesi lontani si illuminavano poco a poco con il levar del sole e le ombre si allungavano su quelle falde dei costoni su cui erano costruite case di ogni genere. Un’aquila volteggiava affamata verso le vette più alte mentre le prime rondini iniziavano la loro giornata di volo allietando le persone che rivolgevano gli sguardi verso il cielo. Era una giornata di festa e già di primo mattino tutti si preparavano a festeggiare una giornata attesa da tempo e le donne, con il sorriso sulle labbra, preparavano cornetti e torte per allietare i palati degli amici invitati a passare la giornata insieme. Dalla strada, che saliva verso il paese, si notavano carretti pieni di verdura e i contadini che giungevano in piazza proponevano le loro merci a chi desiderava acquistare il loro prodotto mentre grida squarciavano la tranquillità della piazze e bimbi scatenati si rincorrevano a perdifiato. Solo la casa dei signorotti del paese era ancora avvolta dal silenzio e alcune mamme richiamavano i loro figli imponendo di fare silenzio e non disturbare il riposo dei padroni, fatto che veniva ignorato con sberleffi maleducati da parte di alcuni più scalmanati con il volto arrossato per la corsa.
Le prime persiane si stavano aprendo sulla vallata e le domestiche iniziavano il lavoro quotidiano iniziando ad arieggiare le camere ancora avvolte dalla penombra della notte appena sfiorita e alcuni richiami risuonavano nella vallata per richiamare l’attenzione dei venditori. Era abitudine dei contadini avvicinarsi alla villa padronale e offrire le merci a prezzo ridotto, dimostrando stima al padrone del paese e a tutta la servitù che si prodigava in quella casa. Da una finestra si notò un giovane che si stirava annoiato davanti a un panorama che avrebbe invitato a camminare e fare escursioni faticose verso vette incontaminate. Era il figlio minore del padrone, Enrico, nato ultimo da una nidiata di figli che la madre aveva sfornato al suo padrone più che marito. L’età dei figli variava tra in venti e i dodici anni e mentre la prima assomigliava alla madre e aveva i suoi raffinati lineamenti l’ultimo aveva preso tutte le caratteristiche negative del padre. Gli altri tre figli mezzani erano abbastanza educati ma almeno non davano eccessivi pensieri a quella famiglia che viveva tra agi e speculazioni di carattere costruttivo in un paese dove dominavano ogni attività che si stava svolgendo. Soltanto Maria, che aveva diciotto anni era diversa e con il suo atteggiamento spesso battagliero cercava di allontanare dalla famiglia quell’odio che serpeggiava tra le persone del paese che sentivano la differenza che vi era tra loro e i padroni ma che per questa ragione provavano un astio che li avrebbe inceneriti se ne avessero avuto la possibilità.
Maria girava spesso da sola tra le vie cittadine e guardava con interesse chi la attorniava, per qualche ragione legata dalla religione li faceva sentire fratelli e avrebbe voluto aiutarli sentendo una parità civile che ancora non era stata stabilità nel paese. Tutti gli uomini al passaggio del padrone si scappellavano inchinandosi deferenti mentre le donne facevano un inchino, gesto ormai abituale tra tutte le donne paesane che avevano appreso dalle madri quella deferenza dovuta ai signori del paese, fatto che poneva radici in un lontano passato e le diverse generazioni succedutesi erano sempre meno interessate alla civiltà cittadina e più legate ai propri interessi. La generazione attuale era fatta da un padre dispotico, una moglie sottomessa e cinque figli tutti diversi uno dall’altro. Solo il più giovane sembrava che avesse ereditato la ferocia del padre e si divertiva a tiranneggiare i suoi coetanei ponendo sempre in primo piano la superiorità di nascita a lui dovuta e per questa ragione era il più odiato di tutta la famiglia. Una sola era amata e stimata da tutti: Maria, che con il suo carattere gentile e cameratesco, era accolta da tutti con gioia e il sorriso sulle labbra. Quando passeggiava in paese non vi era porta che non si aprisse per invitarla a entrare e non vi era tavolo, anche se povero, che non fosse bandito con pasticcini fatti in casa da mani premurose. Maria accettava da qualcuno l’invito facendo in modo che ogni volta qualcuno fosse diverso e che alla fine di ogni mese tutti fossero soddisfatti per averla ospitata.
Il fratello minore, Enrico, era spesso fatto oggetto di scherzi fastidiosi e il suo modo di rispondere spesso offendeva le famiglie dei loro figli e creava non poche difficoltà anche sul lavoro dei loro padri, perché, essendo tutti dipendenti del padrone, dimostravano il loro astio facendo spesso in modo che le costruzioni non fossero costruite correttamente e quando avvenne che un ponte crollò sotto il peso dei trasporti pesanti e dalla magistratura furono aperti dei dossier a carico del padrone, per reazione, anche giustificata a volte, furono prese misure nei confronti di molti lavoranti e licenziati con la scusa di esubero del personale. Il paese piombò nella povertà più nera e molti iniziarono a emigrare verso lidi stranieri