Giallo Paesano
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Anteprima del libro
Giallo Paesano - Roberto Gianolio
Giallo paesano
By
Roberto Gianolio
2015
Cap. I
Eravamo seduti attorno ad un tavolino di piazza Garibaldi, bar «Al bianchino».
Presenti, come sempre, io giornalista narratore, il signor Gino, postino e tuttofare, l’amico Ernesto, ex geometra in pensione e Fiorino, venditore ambulante.
La partita immancabile a scopone era nel pieno dello svolgimento, Gino ed io eravamo mazzieri, attenti allo spariglio, Ernesto e Fiorino intenti a imbrogliare il gioco.
Una birra ghiacciata, che stava colando grosse gocce sul tavolino di marmo, era in attesa di essere succhiata con avidità da noi, giocatori accaniti del sabato sera.
Si potrebbe pensare che la nostra vita scorresse sui binari del nullafacente
treno giornaliero, ma non era così, a modo nostro ci occupavamo anche dei fatti altrui.
E vi era molto da dire, da raccontare e qualche volta da inventare.
Stava di fatto che ci piaceva spettegolare su questo e su quello, se poi si presentava l’occasione e diventa questa o quella, ancora meglio.
Ultimamente non vi era stato molto movimento nel nostro paese, e le giornate afose si susseguivano ininterrotte in questa estate incalzante.
Passavano davanti al nostro tavolo quasi tutte le persone del paese, chi elegantemente vestito e chi, tornando dal lavoro, sporco e mal combinato.
Alcune ragazze, ancora in fiore, si stavano accalcando sul muretto della chiesa, in attesa di chissà quali sogni. I ragazzi stavano in disparte timorosi nel fare attenzioni indesiderate.
La serata si andava spegnendo dolcemente, le birre sul tavolino si erano moltiplicate e noi, accaniti giocatori senza posta, ci accingevamo a raggiungere le nostre semplici abitazioni.
Io scrivevo sul giornale di provincia, avevo un corsivo tutto mio che, senza sprechi, mi consentiva di vivere serenamente. Scrivevo sulle bellezze turistiche locali, i posti, dove la domenica le famiglie per bene si recavano con tutti i figli a trascorrere momenti di pace.
Non sempre il tempo era favorevole e allora, dopo il pranzo, tutti andavano in piazza, formando i soliti capannelli di variegate persone facendo inutili chiacchiere sul raccolto o sulla vendemmia che si stava preparando.
Le poche anime della nostra comunità di provincia erano semplici e poco favorevoli alle novità.
Sta di fatto che la venuta in paese della signorina Rita, aveva creato un certo scombussolamento.
Era una donna piuttosto attraente, possedeva forme prosperose come piacciono a noi uomini navigati e un modo di comportarsi che ricordava vagamente le stelle del cinema.
Le donne del paese stavano in allarme, mentre i mariti si scambiavano occhiate complici al suo passaggio.
Valutavano a occhio le dimensioni del davanti e del didietro, dando poi un giudizio personale sulle eventuali possibilità amatorie.
Ognuno diceva la sua, sempre a sproposito, e le donne rimbrottavano, per tanto ardire, i loro scostumati mariti. Le giornate si susseguivano spente come sempre sotto la coltre afosa dell’estate incipiente.
L’unica nota fuori del coro era Rita, che passeggiava solitaria in minigonna rossa e maglietta attillata che mostrava con sicurezza certe caratteristiche che secondo le donne del paese andrebbero nascoste e riservate eventualmente a un solo uomo. Quella sfacciata le mostrava a tutti, giovani e vecchi, uomini e donne. Chissà cosa volesse questa donna giunta in un paese che si stava dimostrando ostile, almeno da una buona metà degli abitanti.
Tutto procedeva come sempre, con un pizzico di colore in più: Rita. Il sogno di molti uomini abituati a non sognare mai, il desiderio di persone che mai avrebbero desiderato qualcosa fuori dalle mura domestiche. E la piazza si animava, mai sino ad ora era stata così attiva, il bar Al bianchino
mai aveva vissuto momenti di vacche grasse come adesso.
Un via vai continuo di granite e aranciate e birre e bicchierini di vino bianco leggermente macchiati di vermouth, ve ne era per tutti i gusti e per tutte le tasche. Pur di assistere al passaggio, tutti stavano dando fondo ai risparmi settimanali.
Lei, impassibile e altera, passava tra le ali di folla, indifferente a sguardi e commenti.
Chissà cosa nascondeva quella sfacciata. Chissà quali peccati avrebbe commesso per essere relegata in un paesino di provincia dimenticato dallo Stato e da nostro Signore.
Era sulla bocca di tutti, forse in un modo diverso secondo il tipo di bocca, ma comunque vi era.
Un bel giorno, era di lunedì mattina, abbastanza presto, venne in ufficio, nella redazione che si trovava in fondo al paese, sulla destra dopo la chiesa, a due passi dal campo di pallone.
La mia finestra guardava sul campo, dove stavano giocando giovani di contrade diverse, lei, senza pronunciare