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Una vita
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E-book140 pagine2 ore

Una vita

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Info su questo ebook

Un giovane, nato e cresciuto in un paese di campagna decide, con l’aiuto dei genitori, di tentare la fortuna nella capitale. Apre un negozio di ferramenta e inizia un’attività commerciale che avrà una certa fortuna. Conoscerà varie donne nel suo percorso vitale e da questa e trarrà delizie e dolori che lo porteranno sull’orlo del baratro, ma la sua forza d’animo unita a un forte senso religioso e vitale gli faranno affrontare tutte le situazioni con coraggio sino a giungere ad una sistemazione definitiva, ritornando al paese per concludere positivamente la sua esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita4 nov 2014
ISBN9786050331523
Una vita

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    Anteprima del libro

    Una vita - Roberto Gianolio

    Farm

    L'arrivo

    Cap. 1

    Mai la città di Roma era apparsa così tetra. Il cielo plumbeo che, come una cappa, la avvolgeva completamente donando colori spenti come di morte. La solita ridente distesa che si notava arrivando dall’autostrada una volta svoltato nella direzione Roma-Sud, verso Monteporzio Catone, appariva quasi come l’immagine di un tetro dipinto del Guercino. Le dolci colline cosparse di splendidi paesi arroccati sulle cime e coltivate a vitigno pregiato davano l’impressione di fare da sfondo a un racconto giallo. Ci si aspettava che, all’improvviso, spuntasse un fantasma tra la nebbiolina che iniziava a salire lentamente. Paolo, alla guida della sua utilitaria stava guidando con attenzione in mezzo al traffico quasi impazzito dell’ora di rientro. Lunghe code si prevedevano ai caselli e la segnaletica indicava pericolo. Paolo non aveva fretta, la sua giornata di viaggio stava terminando, i sogni e le speranze coltivate a lungo lo accompagnavano, ben fissate nella mente. Tutto gli appariva sereno, in netto contrasto con il tempo fuori, e molto si attendeva dalla vita futura. Aveva lasciato il paese senza rimpianti, tutta una gioventù di studio e di ricerca personale, ma tutto gli era rimasto estraneo, pur vivendolo intensamente. La sua famiglia era agiata, senza essere ricca o avere ereditato fortune dal passato. Il padre era un onesto commerciante di attrezzi da lavoro, riforniva tutti i contadini delle valli e aveva un contegno elegante e dignitoso: si faceva pagare quando loro potevano o avevano venduto il raccolto. Molte volte passavano anni prima di recuperare solo una parte del denaro investito, ma il padre diceva sempre che occorre aiutare il prossimo, specialmente quando si ha la fortuna di possedere molto senza aver faticato troppo. Paolo aveva appreso la lezione alla perfezione, senza poter pensare di fare credito a tutti si era proposto comunque di dare una mano ai bisognosi. Stava avvicinandosi al casello, auto dopo auto, lentamente, il nastro si andava sciogliendo, ancora poche auto e la strada per il centro lo avrebbe accolto nelle sue spire. Non conosceva Roma e non si sarebbe aspettata una simile ragnatela di strade. Abituato alle due sole vie del proprio paese, tutto questo rappresentava un sogno da cui svegliarsi in fretta, la deviazione per la Tuscolana si approssimava e tutte le case che la sovrastavano sembravano immensi giganti con mille occhi. Si sentiva piccolo in quell’imponente città che lo osservava quasi con occhio severo e indagatore. Nella sua minuscola auto si sentiva schiacciato nell’immensità della metropoli. La sua meta si stava approssimando, aveva preso in affitto un minuscolo appartamento nei pressi di piazza Tuscolo, senza conoscere la zona gli sembrava impossibile ritrovare l’indirizzo accuratamente segnato su un fogliettino: via Licia 7. Quando riuscì a trovare un parcheggio per la sua auto, scendendo, si guardò attorno, alberi platani giganti lo attorniavano e le costruzioni di molti piani lo intimidivano. Era abituato ai due piani della sua casa in paese e ai tre del comune o di qualche nuovo condominio, la legge sul terremoto dicevano, ma da loro nessuno ne aveva mai sentito parlare da generazioni. Forse occorreva attendere il futuro, forse le costruzioni così fatte avrebbero retto alle onde d’urto e sperando solo ondulatorie. Con calma, con la sua valigetta in mano, si addentrò nel portone aperto, pensava vi fosse un portiere, di cui neppure l’ombra era rimasta nell’androne. Si avviò su per le scale, secondo piano, interno dodici. Aprì con cautela, come se la porta potesse cadergli addosso e accese la luce dell’ingresso. Lo colpì la grandezza del locale illuminato, forse era grande come la sua cantina al paese. Pochi metri quadrati con qualche mobile appena decente, odore intenso di chiuso, forse nel bagno mancava l’acqua nel water. Controllò la sua ipotesi e spinse il pulsante del Catis, a ogni conto cambiare acqua faceva comunque bene. Si aggirò nella stanza cercando di osservare ogni più piccolo dettaglio, ma non vi era molto da vedere, solo i mobili necessari alla sopravvivenza: un tavolo con due seggiole, un armadio abbastanza capiente, un letto alla francese, una minuscola scrivania che forse poteva contenere il suo computer, un crocefisso che era posto in bella visione sul letto, donando pace e serenità agli uomini in terra. Paolo, come abitudine, si segnò e pensò che fosse il caso di mangiare qualcosa, il lungo viaggio gli aveva messo un appetito eccellente. L’angolo cottura era quasi nascosto, conteneva un lavello, una cucina a gas e un frigorifero, forse del dopo guerra, ma funzionava ancora pregevolmente. Mancava il congelatore ma di quello, al momento, poteva farne a meno. Aprì la valigia che conteneva alcuni oggetti personali e poi qualche riserva mangereccia. La mamma si era preoccupata di fornire il minimo necessario all’arrivo, il giorno dopo avrebbe dovuto arrangiarsi da solo. All’età di ventotto anni, poteva benissimo arrangiarsi, la vita non regalava nulla a nessuno e occorreva conquistarsi ogni piccolo spazio combattendo a denti stretti. La sua idea di aprire un’attività nella capitale aveva creato non pochi problemi alla famiglia, innanzitutto quello economico e poi la perdita di un figlio sicuramente utile nell’attività del padre, ma per questo vi erano altri fratelli pronti come età a subentrare, anche se ancora giovani. Aveva un conto in banca per avviare la sua attività e, tramite un’agenzia, aveva trovato il locale adatto. Occorreva tessere una rete di relazioni ma di questo si sarebbe occupata una ditta della zona contattata via e-mail. La mamma lo aveva allevato con amore e curato in ogni bisogno e ancora adesso lo incitava e lo spingeva a farsi strada nella vita, non curandosi dei sacrifici da affrontare. Il distacco da lei era stato il solo momento difficile di quel lungo addio prima della partenza e vederla nello specchietto con il fazzoletto in mano gli procurò una stretta al cuore che ancora pesava. Non poteva pensare a quel triste momento, lui era sempre stato legato alla mamma e sentì, per la prima volta nella vita, una così cocente mancanza che lo lasciò quasi in lacrime. Per la prima volta sentiva salire lacrime che non sarebbero mai scese, ma riempirono i suoi occhi con un’immane tristezza. Cercò di scacciare il pensiero, dunque non si sarebbe neppure addormentato, occorreva riposare, il giorno appresso sarebbe stato pieno di novità. Innanzitutto scoprire la città, non tutta ma almeno la zona in cui soggiornava al momento. Aveva cercato su internet le informazioni utili, ma un conto era vederle dal vivo invece che in fotografia. Pensare al Colosseo in cartolina era come vedere la terra dalla luna. Il giorno seguente si sarebbe recato senza dubbio alla scoperta dei monumenti vicini più interessanti: il Colosseo e la basilica di S. Giovanni, tutto abbastanza vicino, da percorrere a piedi la distanza dalla sua via che distava pochi chilometri. Quando si alzò, ebbe difficoltà a raccogliere le idee, aveva dormito profondamente per la stanchezza, ma ritrovarsi solo in una città straniera così all’improvviso gli fece una strana impressione. Aprì gli occhi lentamente e si guardò attorno e non trovando nulla di famigliare, gli si strinse il cuore, adesso era solo e doveva arrangiarsi veramente, facendo tutto il possibile per cavarsela. Si fece forza e si alzò, doveva prepararsi e uscire alla conquista della città, non doveva dimenticarsi di quanto promesso alla famiglia e a se stesso. Si avviò a piedi verso via Magna Grecia e, camminando tranquillamente, osservava tutto quello che lo circondava. Arrivando all’angolo dove si trova ancora il negozio COIN, osservò con piacere le immense mura aureliane che si stagliavano davanti a lui con i loro archi e passaggi segreti. Quando si trovò in piazza S. Giovanni, sbarrò gli occhi, un qualcosa di così immenso non lo poteva neppure immaginare, le sue letture erano state troppo insufficienti poiché non descrivevano esaurientemente quanto gli offriva lo sguardo. Entrò quasi con timidezza dentro la basilica e la visione di quell’interno gli lasciò il fiato spezzato, tutto era splendido e meraviglioso. Sorrise al pensiero della sua umile chiesetta paesana, dove alcuni banchi tarlati accoglievano una ventina di persone alle funzioni domenicali e i muri scrostati con antichi affreschi di poco conto, quasi cancellati dal tempo, gli fecero pensare a quanta differenza vi fosse tra la città e il paese. Era abituato a vedere sempre uomini miseramente vestiti da contadini che si avviavano verso i campi, mentre adesso tutti andavano ben vestiti alle funzioni o a passeggio, ebbe l’impressione che nessuno lavorasse in questa capitale d’Italia. Visitò l’interno, riportando impressioni indelebili, bastò solo la vista dell’abside e di Gesù Salvatore che gli infuse una fiducia in se stesso che si portò dentro una volta uscito. Avrebbe fatto tutto quello che si proponeva e si diresse verso l’agenzia per ritirare le chiavi del negozio, trovò visi soddisfatti e ragazze carine che gli sorridevano, anche se lui non comprese molto di quanto gli succedeva attorno, si sentì accettato da quei volti estranei. Aprì la porta con un po’ di emozione, aveva sognato questo momento e ora che si stava avvicinando, sentiva crescere la tensione, mai avrebbe immaginato di arrivarci così presto. Anche se solo, sentiva dentro una strana forza che lo spingeva oltre, il pensiero di sua madre aleggiava nella mente infondendogli sicurezza. Guardò felice le sale che formavano il negozio e anche se vuote e male in arnese, immaginò la struttura come se fosse già finita. Fece i piani di lavoro, al più presto doveva iniziare a mettere mano alle lavorazioni, tutto si fondava su questo presupposto, non poteva fare il turista a lungo, le necessità della vita lo attendevano al varco senza sconti. Doveva fare presto anche per ricompensare la famiglia dello sforzo sostenuto. Non era un momento facile per l’economia in generale ma chi aveva idee poteva anche sfondare, lavorando sodo e senza attendere la mano di nessuno. Fece subito un preventivo mentale e pensò che, lavorando anche da solo per una quindicina di giorni, forse avrebbe finito tutte le lavorazioni necessarie prima dell’arredamento. Aveva portato dal paese qualche attrezzo da muratore e una volta procuratosi i sacchi di malta e quanto altro necessario, iniziò un lavoro indefesso. Dalla mattina alla sera senza sosta si dedicava al suo futuro, e più pensava a questo più ci dava dentro con vigore. Qualcuno passava e osservava quel giovane al lavoro e mai più avrebbe immaginato che fosse lo stesso proprietario a compiere quelle fatiche fisiche. Quando iniziò a dare la pittura ai muri, sentì crescere dentro di sé un orgoglio che lo esaltava. Aveva raggiunto il suo obiettivo, era il momento di iniziare ad arredare il negozio e avviare il commercio come previsto. Sentì alla sera telefonicamente il padre e lo informò su tutto il lavoro compiuto, ottenendone l’approvazione e i complimenti. Era un giovedì, si cambiò di tutto punto e si diresse al negozio di arredamento che gli aveva consigliato la signora dell’agenzia. Era un poco nascosto e faticò non poco a trovarlo, ma, infine, entrò con il sorriso sulle labbra. Si trovò di fronte una bella signora di mezza età che lo accolse come un vecchio conoscente, allungando la mano verso di lui lo salutò cordialmente. La guardò quasi con sospetto, lui era un ragazzo di paese e poco abituato a simili comportamenti. Ripensando ai sorrisi delle ragazze

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