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Oltre
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E-book258 pagine3 ore

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Info su questo ebook

  Manchester (Inghilterra), primi anni del Duemila. Richard Matthews è un giovane ventisettenne, vedovo e con una figlia a carico. Lavora in un fast food ed è incapace di sognare, forse perchè non riesce ancora a superare il dolore per la prematura perdita dell'amata moglie Elise. "Ogni cosa ha un senso", amava ripetere lei. Lui però ancora non riesce a dare il giusto senso a ciò che la vita ha sinora riservato a lui e a sua figlia Emily.
  Una sera di fine anno, di ritorno a casa insieme alla bimba, la sua attenzione viene catturata da uno sciame di lucciole che si muove in maniera bizzarra intorno a lui. Spinto dalla curiosità le segue fino ad addentrarsi tra i cespugli di un parco, dove, nascosto dagli arbusti, rinviene il corpo di una ragazza. È priva di conoscenza e completamente nuda. La scuote e scopre che è viva. Sinceratosi delle sue condizioni ed incerto sul da farsi, decide intanto di coprirla e di portarla a casa sua.
  La ragazza è misteriosa, racconta poco di sè, se non di chiamarsi Claire. Non sa dove andare, così chiede rifugio a Rick. Non senza qualche riluttanza, il giovane accetta di ospitarla per qualche giorno. Con incredibile naturalezza la ragazza si inserisce così nella vita di Rick ed Emily.
  A Leeds, intanto, la sagoma di un uomo bolso e malfermo si muove in modo avulso lungo le vie del centro. Di nome fa Gerald e, dietro al grigiore di quella figura insospettabile, si nasconde un killer spietato, ora relegato allo squallore dell'indigenza. Vive oramai solo di ricordi, Gerald: ha un passato glorioso alle spalle che gli ha permesso di assaporare ogni brivido. Ha dominato, poi è finito nel fango fino a toccare definitivamente il fondo. Finchè qualcuno è venuto in suo soccorso, gli ha teso una mano e l'ha aiutato a risalire: una voce rinchiusa nella sua testa - sembra pazzesco ma è così – lo ha rilanciato, dandogli nuova grinta e vitalità, per poi sparire improvvisamente senza lasciare traccia di sè. Ariel – questo il nome della voce – decide di riapparire proprio in quel freddo giorno di dicembre per chiedergli aiuto: deve trovare Claire, non può lasciarsela scappare.
  Inizia così un folle inseguimento che non darà scampo a nessuno, coinvolgendo inevitabilmente anche Richard e la sua famiglia. E poi c'è qualcosa, un filo invisibile che collega Ariel al suo passato, portando alla luce vicende dolorose e dense di inquietudine che avrebbe voluto rimanessero seppellite. Allo stesso tempo, nella frenesia di quelle ore, si muove anche il rapporto tra lui e Claire, tremendamente elettrico e complicato come gli eventi che si susseguono.
  È, insomma, un vortice di situazioni che va al di là della comune percezione della realtà. Anzi, per capirne di più bisogna per forza fare un passo verso l'abisso. E andare oltre.
LinguaItaliano
Data di uscita16 set 2017
ISBN9788869825897
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    Anteprima del libro

    Oltre - Paolo Budicin

    Paolo Budicin

    Oltre

    CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL

    Paolo Budicin

    Oltre

    Prima edizione digitale: Cavinato Editore International – 2017

    ©Tutti i diritti riservati

    Impaginazione e grafica: Silvia Mezzanotte

    Foto di copertina: pastrovicchio.com

    CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL

    Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compreso i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    © Cavinato Editore International

    Via della Volta, 110 - 25124 Brescia Italy

    Tel. (+39) 030 2053593 - Fax (+39) 030 2053493

    cavinatoeditore@hotmail.com • info@cavinatoeditore.com • www.cavinatoeditore.com

    Indice

    Venti dicembre di quell'anno lì

    Il giorno dopo

    Intanto, in una città non troppo distante...

    Intanto nel piccolo parco a Didsbury

    Un folle sodalizio

    La ragazza del mistero

    Il ritorno di Ariel

    La principessa scalza

    I conti col destino

    Senza via di scampo

    La fredda verità

    Asso nella manica

    In pugno

    Una figura dal passato

    Sconcertanti verità

    Una lunga notte

    Scambio alla pari

    Fino all'ultimo respiro

    Una fine e un inizio

    Ringraziamenti

    NOTA SULL'AUTORE

    Avvio

    A tutto ciò che, in una serie infinita di giri e volteggi, riesce a trovare un senso e farsi armonia

    Venti dicembre di quell'anno lì

    Se provasse a spiegare a qualcuno che dietro all'apparente caos che muove la gente a fine anno c'è un ordine ben preciso, verrebbe preso di certo per matto. I più lo guarderebbero perplessi, increspando la fronte e piegando le labbra in una smorfia.

      Ed infatti Richard non lo dice a nessuno. Ma questo non gli impedisce di pensarlo.

      Dalla vetrata di un bar osserva, in serie, file ordinate di soggetti interessati alle vetrine e agli acquisti natalizi. Camminano lenti, pascolano smarriti lungo i marciapiedi. Poi, se allarga il campo visivo, nota poco distante il clan di quelli che cercano freneticamente di fare la spesa nel minor tempo possibile. Sono insidiosi: anche se ne conosci il fine, non ne puoi prevedere le mosse. E poi, ancora, c'è la specie di quelli che devono far passare le ore, che vagano senza meta - di solito in coppia o in gruppo - pronti a fiondarsi in qualche pub all'arrivo della giusta ispirazione. Ed infine ci sono le schegge impazzite, quelli, cioè, che rompono qualsiasi schema, mossi da esigenze non etichettabili.

      Ora, a quale gruppo appartenga Richard stasera non vi deve interessare. Vi suggerirei il primo, ma solo perché ancora non lo conoscete e da qualche parte devo pur iniziare. Però non immaginatelo in cerca dei regali natalizi perché, in verità, lui è soltanto alla disperata ricerca di un oggetto giallo e peloso, senza saper bene dove andarlo a pescare.

      Un oggetto giallo e peloso, sì. Non sto scherzando.

      Ecco, si tratta semplicemente di un gioco: si è scommesso, lui ha perso, e chi vince dà le coordinate all'altro su che cosa vuole farsi regalare.

      Con chi gioca di solito a questo gioco? Non con gli ubriaconi dei polverosi pub di periferia, né coi professionisti di patinati casinò londinesi.

      Ci gioca con sua figlia.

      Emily ha cinque anni, la fantasia fervida e colorata di chi vive con lo sguardo all'insù e una scomoda difficoltà a pronunciare la lettera 's'. Le esce sibilante. E così, quando parla veloce per star dietro a tutto ciò che le passa per la testa, il discorso diventa spesso un unico intricato groviglio di sibili. Però guai a farglielo notare. Non ti ascolta nemmeno. Ti punta il muso oppure se ne scappa via.

      E alla fine vince sempre lei, proprio come sua madre.

      Mentre si imbuca tra i piani terra dei centri commerciali (Richard adora i piani terra, di solito sono quelli che tengono disordinatamente di tutto) con un occhio fisso sul quadro dell'orologio, pensa al viso di Emily. Lo fa spesso. Anche senza volere. Pensare al viso di Emily è la più comoda via di fuga dalla realtà che conosca. La immagina felice, oppure imbronciata davanti a un piatto di verdure lessate. La immagina a scuola, mentre mordicchia la gomma della matita, oppure in piscina, aggrappata ad una tavoletta di legno, con le labbra violacee e la curva morbida delle orecchie ad uscirle dalla cuffia. Non importa come la immagini, ciò che conta è che i contorni del suo viso addolciscano i singoli attimi della sua giornata.

      Con l'aria trafelata e il cappotto mezzo sbottonato si dirige verso la zona giocattoli, presidiata dalla sagoma voluminosa di una commessa: nel caos generale di quelle ore si è ritagliata uno spazio per le sue attività di inventario.

      Per fortuna non deve cercare molto: scorre le prime due scansie dall'alto in basso e si imbatte nel pelouche di un pulcino che può fare al caso suo. Sette pounds. Fruga nelle tasche del cappotto e poi in quelle dei pantaloni. Ha una banconota da dieci, ben accartocciata in fondo alla tasca. Paga con quella e poi imbocca la via di fuga.

      Il tragitto che dal centro porta a Didsbury lo passa con lo sguardo rivolto fuori dal finestrino. Il bus tanto per cambiare è pieno, la sera e la mattina presto in special modo. Manchester, per essere quel brulicare di vita che anima le ore centrali del giorno, chiede un contributo a tutti. E, a suo modo, ne è pure lui uno dei protagonisti, seppur in maniera marginale. Ogni mattina infatti Richard molla sua figlia e il suo bell'appartamento per andare ad occupare il suo posto di commesso in uno dei fast food della città. Gli servono soldi per pagare le bollette e lì lo stipendio tutto sommato è buono. Praticità e spirito di adattamento, quel che ci vuole nella vita.

      Il bus intanto si svuota, si sgonfia fermata dopo fermata. Sono le otto passate e Greater Manchester assume le forme grigie e ruvide della sera.

      Conta le fermate che mancano, sono in tutto tre.

      Ha tra le mani il pacchetto con il regalo per la sua bambina. Pressato dalla gente per strada e poi da quella alla fermata del bus, se l'è stretto con troppa foga contro il petto e ora la carta si è un po' increspata. La aggiusta in modo approssimativo, pizzicandola e tirandola qua e là, ma il risultato non lo conforta.

      Sul display del cellulare c'è ancora la chiamata persa di Sue, la sua collega. Non è la prima che gli fa, né è la prima a cui lui non risponde. Con Sue gli piace discutere, quando lavorano o in pausa davanti a un caffè. Sono due contesti in cui riesce a contenerla, in cui sa che gli argomenti rimarranno di carattere abbastanza superficiale. Sì, perché col tempo Richard ha scoperto che parlare di serie tv o di weekend in campagna son cose che gli riescono piuttosto bene; e così, su quei registri, sa di potersi dare in pasto a chiunque senza particolari paure. Le telefonate al di fuori del contesto lavorativo, invece, possono portare la conversazione verso territori non ancora esplorati. E allora lui preferisce evitarle.

      Immerso in tutti questi pensieri ha perso di vista il percorso del bus. Realizza la posizione quando oramai è a pochi metri dalla sua fermata. Le porte si aprono e un afflato di gelo e di sporcizia gli riempie le narici.

      Scende con un balzo e poi si immerge nelle vie che portano all'abitazione di sua madre.

      Sulla porta di casa corre ad accoglierlo Emily. Scivola lesta ai rimbrotti della nonna e a piedi scalzi gli corre incontro saltandogli letteralmente in braccio. Richard nota con stupore che la bimba si è completamente disinteressata al pacchetto che sta tenendo tra le mani.

      Papà, oggi è successa una cosa fantastica! Le lucciole... era pieno!

      È a mille, più del solito. Richard socchiude gli occhi e la guarda perplesso. Lucciole?

      Interviene di colpo la nonna, in piedi in fondo al corridoio. Lei è immune a qualsiasi tipo di sorpresa e fa a fette l'atmosfera che si era creata tra lui e sua figlia.

      Di nuovo in giro per casa scalza! Fila subito a metterti le ciabatte! ringhia, tra le labbra spesse e lo sguardo severo. C'è sempre ferma in sua madre la convinzione che lui sia poco incline a trasmettere alla figlia regole e disciplina. Per questo, alle volte, ha quasi l'impressione che si dia da fare lei in prima persona per compensare le sue lacune di padre.

      Al parco, stasera! Sono stata circondata dalle lucciole! Era pieno e stavano tutte attorno a me! riattacca in fibrillazione Emily, incurante del rimbrotto della nonna. Richard non la segue - a volte la sua fantasia prende giri imprevedibili pensa - però si impegna a non tradire in alcun modo il suo scetticismo.

      Papà, avevo paura... ma poi era bello! Bello, sì! Volevano dirmi qualcosa, chissà... forse che sono speciale... aggiunge, riflettendo ad alta voce.

      Richard alza lo sguardo verso la madre, in cerca di un'eventuale spiegazione. Lei fa spallucce e conferma: Sì, è vero effettivamente. Che fenomeno strano. Non andavano via. E qui non è che si vedano lucciole in giro...

      Ecco, hanno fallito entrambi la chance di dare una risposta razionale e ora sono caduti in totale balia dell'entusiasmo di Emily.

      Papà, mi ascolti? lo rimprovera la bimba, le manine calde aggrappate al suo collo e il viso a poche dita dal suo.

      Sì, amore. Ovvio che ti ascolto. Hai forse qualcosa di magico in tasca? Potrebbe averle attratte...

      Per un attimo Emily rimane spiazzata da quella domanda. Fruga nei taschini della tuta e poi scuote il capo convinta: Non c'è nulla. E se fossi io magica? butta lì con entusiasmo, dilatando le pupille e sputacchiando il viso di Richard.

      Questa è una possibilità. Ora mangiamo, poi proverò a farti un test per capire se lo sei le risponde il padre, alimentando nuovi sogni. A quel punto la fa scendere e si spostano tutti e tre in cucina.

      Indovina cosa ho qui? Ti ricordi la cosa gialla e pelosa che dovevo portarti come pegno...?

    Come vanno le cose al lavoro, Rick? Ne parli poco...

      Sono rimasti soli in cucina, lui e sua madre. Emily ha scartato il suo regalo, è rimasta folgorata dal pulcino, ed ora si è spostata in soggiorno a fantasticare di prati solcati da frotte di lucciole e di morbidi pulcini. Richard si è messo a sparecchiare mentre la madre ha iniziato a lavare i piatti, nel solito monotono rituale delle serate infrasettimanali.

      Tutto bene, mamma risponde svogliato. Non parla volentieri del suo lavoro, gli sembra che siano parole buttate via. Che ci sarà mai di interessante da dire riguardo all'attività di un fast food?

      Lei tuttavia deve essere convinta del contrario, perché non lascia ma rilancia: Con i colleghi come ti trovi? Riuscite ad andare d'accordo? C'è un buon clima?

      No, non se la schioda. È tenace, come sempre. Dal soggiorno si sente Emily che erudisce il suo nuovo amico pennuto sulle regole del galateo. È arrivata pure per lui l'ora del tè, pensa Richard. Poi torna al dialogo con la madre e risponde perentorio: Bene mamma, tutto bene. Colleghi fantastici, datori fantastici. Tutto bene.

      La mitragliata di 'bene' si abbatte sul corpo della donna lasciandola con pochi validi argomenti su cui imbastire una replica. Ha finalmente capito l'antifona, non pare voler insistere su quel fronte.

      Ed infatti lei sospira rassegnata e sposta il tiro. Senti Rick, oggi mi ha fermato la maestra di Emily...

      Che c'è? Qualcosa non va? la interrompe Richard di colpo allarmato.

      No, la bambina è brava. Anzi, quella donna non perde occasioni per parlarmi bene di lei. Però ha chiesto di te, vorrebbe vedere un genitore ogni tanto... spiega sua madre, perdendo di consistenza parola dopo parola. Alla fine pare mortificata, stato d'animo che proprio non le appartiene.

      Capisco, mamma. Però con il lavoro è un casino, faccio ogni sera le otto e mezzo e con i permessi sono messo piuttosto male. Come facciamo? chiede lui preoccupato. Magari le telefono quando sono in pausa. Prova a proporglielo e senti che dice.

      Non è questo il punto replica a stretto giro.

    E allora qual è il punto? Signori, trovatemi il punto... dove cavolo si è nascosto il nostro punto? pensa Richard tra sé e sé. Si sta innervosendo, non è questa l'ora per i discorsi criptici. Sceglie tuttavia di non dire nulla ma di limitarsi a fissare la donna in attesa del prosieguo.

      Il punto è... che Emily non ha una madre spiega contrita e con voce quasi tremante.

      E quindi? incalza Richard, che intanto ha iniziato a intravedere il vero obiettivo di tutto quel tortuoso preambolo.

      Quindi... tu hai solo ventisei anni. Hai tutta la vita davanti. Ne sono passati due ed è ora che inizi a costruirti qualcosa di nuovo. Per il bene di tua figlia... argomenta la madre, scegliendo minuziosamente ogni singola parola.

      A quel punto, quando tutto farebbe pensare ad un imminente esplosione di fastidio, Richard svela in un sol colpo una delle sue più grandi qualità, che è anche uno dei motivi per cui siamo qui a parlare di lui.

      Si calma, rilegge la situazione, nonostante la stanchezza capisce le buone intenzioni della madre e con tono pacato ma deciso la rincuora: Mamma, ho capito dove vuoi andare a parare. Purtroppo ora va così, è una situazione mia, di cui non mi sento di parlare, ma che di sicuro si sbloccherà. Ora mi sto impegnando a fondo per essere tutto ciò di cui mia figlia ha bisogno ed il tuo aiuto mi è preziosissimo. Andiamo avanti così, le cose miglioreranno.

      Cerca di parlare chiaro, di caricare ogni singola parola della giusta enfasi. La fissa negli occhi e lei fissa lui. Uno dei due un po' si commuove, poi entrambi.

      Va bene, Rick. Ma riguardati. Non puoi fare tutto, non sei un supereroe.

      Certo, mamma. Tu intanto chiedi alla maestra se possiamo sentirci al telefono un giorno di questi. Magari per le diciotto. Vedi che può fare...

      Sua madre annuisce e riprende a lavare le stoviglie. Richard chiude gli occhi per un istante per riprendersi dall'emotività di quella conversazione. Poi chiama Emily e si alza per raccogliere i giocattoli che sua figlia ha disseminato qua e là per il corridoio.

      Il percorso da casa di sua madre alla sua è piuttosto breve, venti minuti stiracchiati. La sera, Didsbury è spenta più del solito, in special modo in inverno.

      Fischia un po' di vento, ogni tanto li sorprende da dietro a qualche angolo ed Emily si lascia trasportare dallo sbuffo che le gonfia il cappottino. Non la tenesse ben salda per mano Richard avrebbe la sensazione di vederla volar via come un aquilone. La bimba ora è silenziosa, cammina senza dire nulla afferrando nella manina sinistra il collo di Mr. Walsh, il pulcino comprato poche ore prima e ora forte di una vera identità.

      A metà di Kensington Street, proprio all'altezza del piccolo parco che di giorno raduna frotte di bambini, vengono improvvisamente investiti da uno sciame di lucciole, che li circondano scintillando. Brillano particolarmente, anche più delle luci dei lampioni che rischiarano la via.

      Eccole, papà! Eccole! Hai visto! prorompe euforica Emily, tirandogli il braccio quasi fosse una fune. Richard è stupito, nonostante cerchi di non darlo a vedere. Prova ad aggrapparsi ad una spiegazione razionale – la prima che gli passa per la testa – ma manca goffamente la presa e si ritrova a gambe all'aria.

      Intanto le lucciole girano intorno, tracciando linee arcuate nell'aria. A tratti sembrano impegnate ad eseguire le figure di una danza o di un qualche oscuro rituale. Finché, ad un certo punto, come a comando, volano via, dirigendosi verso il fondo del parco.

      Papà, seguiamole! ordina perentoria Emily tirando il braccio del padre come un tonno attaccato ad un amo.

      Richard rimane ipnotizzato per qualche istante, poi esce con insolita flemma da quel torpore traendo a sé la figlia: No, Em. Ora dobbiamo andare a casa. Le lucciole sono a spasso, le vedremo anche domani dice tentando di dissuadere la figlia.

      E se non vengono più? E se domani non sarò più magica? risponde la bimba in tono lagnoso, con la smorfia in volto di chi è già pronto ad abbandonarsi al pianto.

      Richard si sta spazientendo, la stanchezza lo rende spesso irritabile. Deve inventarsi qualcosa alla svelta, se vuole arginare il pericolo di una scenata in strada.

      Ma non hai sentito pure tu cosa diceva quella vestita di rosa? butta lì a gran voce.

      La bimba, colta in contropiede, scuote il capo perplessa. Lui non le dà il tempo di replicare e riprende: Forse non l'hai vista, era proprio vicino al mio orecchio. Mi ha detto che domani ci sarà una grande festa, festeggiano l'incoronazione della loro regina e... indovina? Siamo entrambi invitati! proclama solenne, cercando di essere il più convincente possibile.

      In un sol colpo il viso di Emily si illumina quanto l'esile corpicino delle lucciole: Bello!!! Allora bisogna vestirsi eleganti! esclama con gli occhi brillanti ed un sorriso di trionfo ben tratteggiato tra le labbra fini.

      Richard annuisce, sorridendo di rimando in un espressione un po' forzata. Poi i due si muovono nuovamente verso casa, mentre la luna li guarda di sottecchi, nascosta dietro strati di nubi mollicce, e le lucciole proseguono senza sosta a trasmettere al mondo la loro vana richiesta d'aiuto.

    Il giorno dopo

      L'alba del nuovo giorno viaggia avvolta dalla scia di inquietudini che sperava il sonno avrebbe saputo cancellare. Ed invece no, ora sa che dovrà per forza farci i conti per tutto il giorno.

      C'è il discorso di sua madre innanzitutto, concreto e realista; c'è l'ossessione di dover prendere in mano la propria vita; e poi c'è Emily, che gioca con i fiocchi d'avena nella scodella del latte pianificando a voce alta la loro serata di gala tra le lucciole.

    E ora che mi invento?

      Si concede il lusso di abbandonarsi per qualche attimo alla malinconia, poi inserisce il pilota automatico e lascia che la macchina vada da sola: aiuta Emily a vestirsi, la accompagna all'asilo lasciandola in custodia alla bidella e poi schizza a prendere il bus. Manchester quella mattina pare annoiata, appesantita dal traffico ed ingrigita da un cielo denso e cinereo. Sembra in qualche modo solidale con i suoi stati d'animo, constata con sarcasmo.

      Gli scorrono nella mente le parole di sua madre, quasi volesse scomporle e studiarle una ad una.

      Il punto è... che Emily non ha una madre

      Già. Vero, quanto il fatto che lui non ha più una moglie.

      Sono da poco passati due anni dalla scomparsa di Elise e le cose dentro di lui sono rimaste tali e quali le aveva lasciate in quel piovoso giorno di fine ottobre. Vivi nella memoria conserva quei momenti: la corsa in taxi verso l'ospedale, i medici che entravano ed uscivano come schegge impazzite dalla sala operatoria, la mente che saltava da un pensiero all'altro. Poi la notizia: Signor Matthews, purtroppo sua moglie non ce l'ha fatta. È rimasta stroncata da un infarto, dovuto - si presume - a una cardiomiopatia ipertrofica mai diagnosticata. Sono malformazioni non sempre facili da individuare, sa? Purtroppo noi abbiamo fatto tutto il possibile ma all'arrivo in ospedale la situazione era già disperata...

      Un infarto. Proprio mentre se ne andava a fare jogging ai giardini. "Sto ingrassando, Rick. Devo mettere giù qualche

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