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Il gemello scomparso
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E-book221 pagine2 ore

Il gemello scomparso

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L'ispettore Stefano Zamagni inizia ad indagare per dare un volto alla persona che sembra essere il diretto responsabile degli omicidi legati all'Associazione Atropos e ad altri eventi legati al criminale Daniele Santopietro, quando una sua vicina di casa gli chiede un favore: andare a casa del nipote emiplegico, che è stato trovato morto da poco, per cercare di capire come possa essere accaduto.
L'ispettore sospende così le ricerche che aveva intrapreso per soddisfare la richiesta dell'amica. Inizialmente si pensa che la morte del ragazzo emiplegico sia dovuta ad una colluttazione con un estraneo, però le indagini arrivano velocemente ad un vicolo cieco.
Perché il ragazzo è morto?
Per arrivare alla soluzione dell'enigma, l'ispettore Zamagni e i suoi uomini dovranno andare indietro nel passato, anche attraverso la lettura dei diari del ragazzo, e arrivare a scoprire qualcosa di impensabile, in un thriller dai risvolti psicologici che terrà il lettore in tensione fino all'ultima pagina.

 
LinguaItaliano
Data di uscita18 nov 2017
ISBN9788827518793
Il gemello scomparso

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    Anteprima del libro

    Il gemello scomparso - Federico Betti

    tardi

    I

    Carla Mezzogori trascorreva una vita senza particolari scossoni, solo ogni tanto usciva con il marito oppure con le amiche lasciando lui a casa a vedere qualche evento sportivo alla televisione.

    I due si erano trovati subito bene insieme, in sintonia, perché nessuno dei due aveva mai dato segnali di volere fare nulla di diverso da quello che facevano sempre.

    Diciamolo pure, erano le tipiche persone abitudinarie che non si aspettavano mai qualcosa di particolare dalla vita né facevano in modo di stuzzicare il destino affinché avvenisse un evento fuori dall'ordinario.

    Non avevano figli perché non avevano mai espresso alcun desiderio in merito e, a questo, bisognava aggiungere la paura che potesse accadere qualcosa di simile a Luciano, il fratello di Carla.

    Marco, il figlio di Luciano, fin dalla nascita aveva presentato qualche anomalia, se si può dire così, e con il passare del tempo i suoi genitori avevano scoperto che era affetto da emiplagia. In parole povere, nel suo caso aveva la parte destra del corpo bloccata. Non era in grado di muovere né il braccio e nemmeno la gamba.

    Certo, fin da subito, appena confermata la diagnosi, Luciano e sua moglie si erano informati e adoperati perché loro figlio vivesse al meglio, con terapie e quant'altro, ma la situazione e la sua evoluzione naturale avevano contribuito a fare in modo che Carla e suo marito non volessero avere figli.

    L'assenza di un figlio proprio e le condizioni del nipote avevano poi aiutato alla formazione di un legame piuttosto forte tra Carla e Marco Mezzogori.

    Il ragazzo aveva ormai venticinque anni e dalla nascita era migliorato molto, anche se non si poteva parlare di guarigione.

    Da qualche anno, Carla andava a trovare il nipote, da sola o in compagnia del marito, almeno due o tre volte ogni settimana; generalmente la sera, spesso nel tragitto di ritorno dal lavoro oppure dopo cena.

    Anche solo per trenta o quaranta minuti, giusto il tempo per vedere come stava, fargli un po' compagnia, e poi tornava a casa.

    Lei e suo marito, come anche il nipote e la sua famiglia, abitavano a San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, a pochi chilometri dal centro del capoluogo emiliano.

    I primi vivevano in viale della Repubblica, una parallela della via Emilia, e per andare a trovare il nipote bastava fare qualche centinaio di metri fino alla vicina via delle Rimembranze.

    Carla Mezzogori, a dire la verità, non aveva un ottimo rapporto con la cognata, la madre di Marco, però quando andava a trovare il nipote sopportava sempre abbastanza bene la situazione, a volte anche facendo buon viso a cattivo gioco.

    Forse anche il carattere di Marisa Lavezzoli, questo era il nome della donna, era stato tra le cause della dipartita del padre del ragazzo, quando questo era poco più che maggiorenne.

    Un particolare piuttosto strano che fin da subito era stato notato da Carla e suo marito era che Luciano Mezzogori se n'era andato da un giorno all'altro senza dire nulla a nessuno, senza lasciare nulla di scritto né alcuna traccia di altro tipo, come se di punto in bianco avesse voluto cambiare vita lasciandosi totalmente il passato alle spalle, partire per terre più o meno lontane e non tornare indietro.

    La situazione dei restanti due componenti della famiglia Mezzogori, ovvero Marco e la madre, non era certo rosea.

    Dal giorno in cui il marito non era più con loro, Marisa Lavezzoli aveva dovuto occuparsi da sola del figlio emiplegico, con tutte le terapie e le cure del caso, oltre ovviamente a dovere affrontare anche spese per i due interventi chirurgici a cui Marco aveva dovuto sottoporsi nel corso degli anni per cercare di migliorare le condizioni di salute in cui si trovava.

    Da quando Luciano Mezzogori non era più con loro, tutti i risparmi erano serviti per le cure mediche di Marco.

    Purtroppo la madre non era mai riuscita ad ottenere un lavoro a tempo indeterminato e si era sempre dovuta accontentare di qualche lavoretto saltuario, di pochi mesi o durata simile, con cui racimolare almeno il denaro sufficiente per il sostentamento suo e del figlio, nonché le spese mediche necessarie a quest'ultimo.

    Nel corso degli anni, a peggiorare ulteriormente le cose, era arrivato lo sfratto: ormai la madre non era più in grado di pagare l'affitto, a cui generalmente pensava il marito, e nel giro di un mese Marisa Lavezzoli e il figlio dovettero trasferirsi nell'appartamento attuale.

    Era uno di quelli gestiti dal Comune, che venivano dati a persone con ristrettezze economiche e che bastava pochissimo per poterselo permettere.

    Per questi motivi accadeva spesso che, quando passava da loro, la zia di Marco lasciasse un po' di soldi nella speranza che fossero usati al meglio.

    A causa della sua emiplagia, il ragazzo portava perennemente un tutore per spalla e braccio destri e uno per la gamba destra e a cadenza regolare gli veniva somministrata la tossina botulinica per allentare la tensione muscolare.

    Ovviamente Marco provava riconoscenza per tutto quello che veniva fatto nei suoi confronti, anche se non mancava di sentirsi come un peso per la madre, la zia e chiunque altro facesse qualcosa per lui.

    Una delle persone con cui, per quanto potesse essere, Marco aveva legato maggiormente dopo la madre e la zia Carla era l'infermiera che passava da loro ogni mattina quando lui doveva svegliarsi e che gli faceva anche le iniezioni di tossina botulinica.

    Lo trattava come se fosse suo figlio e di questo il ragazzo era grato.

    Daniela Rossi era una signora sulla cinquantina che faceva parte del team medico che seguiva Marco dal giorno in cui si era evidenziato il problema dell'emiplagia. Inizialmente le infermiere si alternavano nel seguire Marco aiutandolo nelle sue necessità giornaliere, poi lui stesso, tramite la madre, aveva espresso il desiderio per cui fosse sempre Daniela ad occuparsene.

    Quando l'infermiera arrivava, la madre di Marco se ne stava in disparte, in un altra stanza dell'appartamento, per non essere d'intralcio; generalmente tutte le operazioni, dal mattino alla sera, portavano via circa mezz'ora di tempo, poi Daniela se ne andava e tornava il giorno seguente.

    Lo stesso valeva per Andrea Fusari, un esperto di ginnastica riabilitativa che seguiva privatamente Marco Mezzogori due volte alla settimana.

    Facevano eccezione le occasioni in cui Marisa Lavezzoli trovava uno dei lavoretti saltuari, che di solito la costringevano ad uscire di casa lasciando da solo il figlio: in quel caso, la signora Rossi trascorreva con Marco tutto il tempo fino al ritorno della madre.

    C'erano ugualmente dei momenti in cui Marco restava a casa da solo e questo accadeva quando si rendeva necessario fare compere senza preavviso.

    Solitamente si affidavano al servizio messo a disposizione dal supermercato, per cui bastava telefonare lasciando una lista della spesa e un volontario avrebbe portato tutto a domicilio, mentre in casi di spese non preventivate la madre usciva cercando di fare prima possibile per non lasciare Marco da solo troppo tempo.

    Gli unici altri momenti in cui Marco restava da solo era quando scriveva sul suo diario personale.

    Aveva preso quella decisione quando era diventato maggiorenne.

    Il diario per lui era un compagno ormai inseparabile, sulle cui pagine imprimeva tutte le sue emozioni, scriveva quello che si sentiva di scrivere e con cui a volte dialogava come se il diario potesse parlare con lui. Ci annotava eventi e avvenimenti delle varie giornate e tutti i suoi pensieri e le sue emozioni e sensazioni.

    Evidentemente considerava il diario anche un mezzo per dare libero sfogo a quello che aveva dentro, sentendosi come costretto in una condizione in cui non avrebbe voluto essere.

    Si chiudeva nella sua stanza prima di andare a dormire e trasformava le emozioni in parole fatte di inchiostro.

    Generalmente cercava di terminare la scrittura prima che arrivasse l'infermiera per farlo coricare ma, in caso contrario, lei lo lasciava fare senza mettergli fretta e, una volta che aveva terminato, si prendeva cura di lui.

    II

    Stefano Zamagni conosceva Carla Mezzogori perché abitavano lungo la stessa via, a poca distanza tra loro: lui più vicino a Piazza della Repubblica e lei all'incrocio con il primo tratto di via Venezia.

    La prima volta in cui si erano parlati era stato casualmente quando, un giorno, lui la aiutò a tirare fuori dall'auto un pacco ingombrante e si era reso disponibile, visto il peso, a portarglielo almeno fino dentro l'androne del palazzo.

    Stava passando di fianco all'auto della donna quando, vendendola in difficoltà, si era offerto per darle una mano.

    Lei lo aveva ringraziato e poi ognuno era andato per la propria strada.

    Da quel giorno era capitato varie volte che si incrociassero sul marciapiedi e che si salutassero e, con il passare del tempo, l'ispettore di polizia aveva iniziato a fare conoscenza con la donna e, poco dopo, anche con il marito.

    Quella di Zamagni con Carla Mezzogori e Giuseppe Ruspoli non poteva ancora definirsi una vera e propria amicizia, ma quantomeno una buona conoscenza.

    Loro avevano anche invitato a cena Zamagni qualche volta a casa propria per trascorrere un paio d'ore in compagnia e lui, per sdebitarsi, a volte portava qualcosa da bere e a volte li invitava a fare colazione al bar.

    In tutte le loro chiacchierate avevano parlato di svariati argomenti, tra cui le loro occupazioni (Carla era un'impiegata statale all'ufficio postale di Bologna del quartiere Mazzini, il marito lavorava in un'officina meccanica; e a quel punto destò meraviglia la notizia secondo cui Stefano Zamagni era un ispettore di polizia), nonché della preoccupazione di Carla Mezzogori per il nipote emiplegico, del legame che si era instaurato con il ragazzo e del fatto che lei e suo marito non avessero figli per la paura che potesse nascere un bambino con le stesse problematiche. Ovviamente nei loro dialoghi non mancavano di parlare di questioni più leggere.

    Da quando aveva saputo di questa situazione familiare, Zamagni chiedeva spesso a Carla riguardo le condizioni di salute del nipote, senza intendere mostrare invadenza, e lei le definiva sempre pressoché stabili.

    Ovviamente l'ispettore non tirava sempre fuori l'argomento di sua spontanea volontà, ma spesso approfittava del fatto che fosse la donna a parlarne.

    Solo per chiedere velocemente come stesse il ragazzo, perché in fondo gli dispiaceva che potessero esistere situazioni del genere.

    Una volta, Carla aveva anche parlato del suo rapporto non proprio ottimo con la cognata e il fatto che suo fratello, il padre del ragazzo, anni indietro se ne fosse apparentemente andato via senza lasciare sue notizie. Questo aveva contribuito a insinuare nella mente di Zamagni l'idea secondo cui quella famiglia non versasse in buone condizioni.

    Tutti questi pensieri sparivano dalla testa dell'ispettore quando quest'ultimo era sul lavoro, impegnato a risolvere qualche caso più o meno intricato. Tra l'altro, aveva vissuto da poco l'inaspettato epilogo degli eventi legati all'Associazione Atropos.

    Zamagni non riusciva ancora a capire la realtà delle cose: era impegnato a portare a termine quella che sembrava una normale indagine di polizia, finché non era accaduto qualcosa di particolare e a cui lui non avrebbe minimamente pensato.

    E tutto così velocemente.

    Stava ascoltando con il vivavoce una telefonata da cui avrebbe potuto risalire al reale colpevole degli eventi che stavano accadendo in quel periodo, quando era arrivata Emma Simoni, la sua vicina di casa, per portargli alcune delle prelibatezze che era solita preparare, e aveva riconosciuto la voce all'altro capo del telefono. A quel punto, Zamagni non aveva capito nulla di quanto stesse accadendo, almeno sul momento, poi subito dopo aveva fatto i dovuti collegamenti anche se non riusciva a rendersi conto di come fosse possibile una cosa del genere.

    A quanto pareva, chi stava parlando a quel telefono cellulare era legato ad Atropos ma c'entrava in qualche modo anche con Daniele Santopietro, con cui l'ispettore Zamagni aveva avuto a che fare tempo indietro.

    Poi c'erano la lettera che gli era stata inviata e quelle telefonate che aveva ricevuto.

    Non le è stato recapitato nulla? Vorrà dire che le arriverà presto. Intanto volevo complimentarmi con lei, aveva detto il suo interlocutore, quindi aveva riattaccato per poi richiamarlo subito dopo.

    Volevo anche informarla di un'altra cosa , aveva aggiunto l'uomo, è buona norma che ognuno pensi ai propri affari, senza interferire in quelli degli altri. Pensavo lo sapesse, ma a quanto pare mi sbagliavo .

    Dopo la dovuta pausa successiva alla risoluzione dell'indagine riguardante l'Associazione Atropos, Zamagni era intenzionato a fare luce sui misteri che ancora aleggiavano attorno a Daniele Santopietro, a quella lettera sibillina che gli era stata recapitata e allo sconosciuto che lo aveva chiamato. Possibile che fossero tutte cose collegate insieme? Ed eventualmente, da che cosa?

    Si sarebbe occupato di ogni particolare a tempo debito con la collaborazione dell'agente Finocchi, che lo aveva sempre aiutato nelle indagini fino a quel momento e che aveva avuto a che fare, come lui, con Daniele Santopietro.

    Ora io devo uscire per comprare alcune cose, disse Marisa Lavezzoli al figlio, accendendo il televisore, Ti lascerò da solo per poco tempo. Resta tranquillo e guarda qualcosa. Che canale preferisci?

    Lui le fece capire che in quel momento un canale era uguale a qualsiasi altro.

    Sua madre mise il telecomando sul tavolo e uscì.

    Quando rientrò dopo circa mezz'ora, la donna trovò suo figlio dove lo aveva lasciato, con lo sguardo fisso sul televisore, come imbambolato.

    Visto che ci ho impiegato poco?, disse lei, Ora sono tutta per te. Vado a sedermi in cucina a leggere qualcosa. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, batti un colpo.

    Il figlio le rispose con un gesto di assenso e, dopo un po' di tempo, sempre tenendo il televisore acceso, sentì la madre che scartabellava.

    Anche quella sera fu una come tante, con l'infermiera che si presentò puntuale per fare l'iniezione di tossina botulinica e aiutare Marco Mezzogori a coricarsi.

    Appena sentì il campanello, Marisa Lavezzoli mise via le cose che stava leggendo, quindi accolse Daniela Rossi che rimase da loro solo il tempo per fare il suo lavoro e se ne andò.

    La notte trascorse tranquilla fino al giorno seguente, così come il giorno dopo.

    Quello successivo avvenne una tragedia.

    Era uno dei giorni in cui, al rientro dal lavoro, Carla Mezzogori si fermava a salutare suo nipote Marco e la cognata e, quando arrivò a casa loro, venne ad aprire la porta Marisa Lavezzoli con un volto diverso dal solito. Vi si vedeva trasparire la disperazione, quella di una persona che ha perso tutto quello che aveva e a cui non è rimasto nulla.

    Che cosa c'è, Marisa?, chiese Carla entrando nell'appartamento, E' accaduto qualcosa?

    Poi anche lei perse la parola per qualche istante vedendo quello che si ritrovava davanti e, trascorso il tempo necessario perché si riprendesse dallo shock, chiese: Che cos'è successo?

    La cognata attese alcuni secondi prima di rispondere, poi disse semplicemente: Non lo so spiegare.

    Dopo essersi asciugata alcune lacrime che le stavano rigando il volto, proseguì: L'ho trovato così quando sono tornata. Sono andata un attimo al supermercato qui vicino, sarò stata fuori forse... venti minuti, trenta al massimo.

    Carla fissò per un attimo il suo sguardo sul nipote emiplegico, che giaceva immobile riverso sul pavimento del soggiorno, poi si

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