Orrore Antigas
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Anteprima del libro
Orrore Antigas - Gianluca Ingaramo
Index
PREFAZIONE
CAPITOLO 01
CAPITOLO 02
CAPITOLO 03
CAPITOLO 04
CAPITOLO 05
EPILOGO
POSTFAZIONE
GLI AUTORI
La presente opera è protetta dalle leggi vigenti sui diritti d’autore. Nessuna parte di essa può essere riprodotta in tutto o in parte senza l’espressa autorizzazione scritta degli autori.
Tutti i diritti riservati.
***
Qualsiasi analogia con persone, eventi e luoghi descritti non è da ritenersi del tutto casuale.
La presente opera è ispirata a fatti realmente accaduti inventati appositamente dagli autori per l’occasione.
Edizione: Dicembre 2017
Titolo originale: Orrore Antigas
Revisione e progetto grafico di copertina:
Athaena Publishing & Graphics
© 2017 by Olga Gnecchi e Gianluca Ingaramo
Proprietà letteraria e artistica riservata
ISBN: 9788827800430
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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PREFAZIONE
Senza una trilogia non si è nessuno.
Questo dovrebbe assumere, un autore emergente (ma da cosa?) che deve mettere giù qualche riga introduttiva alla nuova opera. Che poi, diciamolo pure, per scriversi la prefazione da soli bisogna proprio essere malmessi.
Comunque, non stiamo a sindacare oltre.
Potrebbe partire da concetti astratti, argomenti di un certo spessore intellettuale, come la fidelizzazione del lettore o la serializzazione della letteratura. Rischiando di annoiare quel povero disgraziato che abbia scaricato l’opera stessa.
Senza offesa. Né al lettore, né al povero disgraziato.
Anche illustrare la genesi di una trilogia avrebbe il suo perché: in presenza di soli due volumi, si definisce dilogia oppure duologia? Domande esistenziali, davanti alle quali è meglio tagliare la testa al toro e scrivere un terzo volume.
Senza offendere il toro. La testa viene tagliata nella finzione.
Per noi, la via più semplice è ricordare un percorso di follia, un crescendo iniziato col racconto lungo Amore Antigas (2016) e proseguito con Giallo Antigas (2017) e che adesso si conclude con il romanzo breve Orrore Antigas.
Parodie di genere, da leggere per divertirsi. E pure gratis.
Olga Gnecchi e Gianluca Ingaramo
CAPITOLO 01
La vetrina, presa d’assalto come il giorno della presentazione dell’ultimo modello di iPhone, infine aveva ceduto.
«Ci stanno massacrando! Ritirata, ritirata, ritirata!»
L’ordine mi rimbombava nelle orecchie mentre i compagni cadevano uno a uno.
Ma io restavo calmo e mantenevo la postazione. La differenza tra la vita e la morte passava tra le mie mani: un colpo, un morto.
Ogni volta mi sentivo vivo, pensavo di esistere solo per quello.
Il rimbombo di uno sparo. Poteva essere uno tra i tanti, eppure sarei stato capace di riconoscere il canto della Glock in mezzo a mille, né avevo bisogno di verificare gli spruzzi di materia grigia che imbrattavano le pareti del negozio.
Era come se l’arma costituisse un’appendice del braccio. Era sufficiente voltarmi e mettermi in posizione e tirare il grilletto, senza neppure prendere la mira.
Sei proprio un pistola!
mi dicevano spesso all’accademia.
Quanto avevano ragione, a riconoscere l’abilità nel tiro al bersaglio!
Meglio poligono che poligamo
continuavo invece a ripetermi io, sapendo che una scappatella mi sarebbe costata cara, ma anche per senso del dovere.
Già. Perché lo facevo per la patria ed ero anche pagato per quello.
Maledizione… pagato: e come potrebbero?
la mente, libera da ogni pensiero sulla carneficina, poteva vagare mentre, come sempre, la mano con spietata efficienza compiva il proprio dovere. «Ho dimenticato di comunicare l’IBAN!» mi bloccai un istante, chiedendomi come potevo essere stato così stupido. Per la dimenticanza e per aver pronunciato quelle parole ad alta voce.
«Squadra Uno, ripiegare! Ripeto: Squadra Uno, ripiegare immediatamente!»
«Stalini, finiscila di sbraitarmi nelle cuffie!» se non altro, per fortuna il capo aveva altro per la testa. Riflettei che in ogni caso la frase era tremenda: avevo usato due parole che potevano essere scambiate per sinonimi!
«Non puoi capire, qui è una carneficina! Vedi di tornare alla svelta!»
Pensando di rinnovare le rimostranze appena giunto alla base, nel frattempo risposi un laconico: «Va bene, lo so, ma non sono sordo né voglio diventarlo, lo capisci?» e togliendomi l’auricolare lo lanciai il più lontano possibile. «Mettimelo pure in conto» aggiunsi sapendo che nessuno dall’altra parte poteva sentirlo.
Ancora urla, mentre tutto intorno i compagni cadevano come mosche.
Non era certo previsto che succedesse una cosa del genere: neppure saprei in che altro modo definirla. Una cosa, come cosi erano gli abitanti di quella cittadina: cosi a digiuno da mesi. Cosi che ci avevano scambiati per kebab da consumarsi a morsi sul posto? Urgeva trovare sinonimi, ma nella concitazione andava bene lo stesso.
«Alla testa, mirate alla testa di quelle cose per ucc…» le parole dell’altro militare si persero in un gorgoglio liquido, mentre una cosa – potevo chiamarla zombie? ma sì, decisamente meglio e rendeva l’idea – tirandogli indietro la testa gli affondava i denti nella gola, ritirandosi con un boccone da masticare, prima che un colpo della Glock le facesse esplodere il cranio. La scena aveva un che di disgustoso.
Mi venne da pensare che avrei evitato il kebab per un bel pezzo.
Mi bloccai di fronte a una zombie. Sapevo che prima o poi sarebbe successo.
Non era come se la conoscessi, come se dovessi affrontare un conflitto interiore tale da impedirmi di ucciderla… ma con quello che aveva tra le mani… e tutto aveva una sua logica, in fin dei conti si trattava di una libreria. Certo. Una dannata libreria. Gli zombie erano entrati in cerca di cosa? Forse di