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Sick love: Amore malato
Sick love: Amore malato
Sick love: Amore malato
E-book151 pagine2 ore

Sick love: Amore malato

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Info su questo ebook

Quattro detenuti rinchiusi in carcere di alta sorveglianza a Tbilisi in Georgia, un giorno riescono ad evadere,
scappando.
Per non farsi trovare dalla polizia , decidono di rifugiarsi a casa di uno dei quattro per calmare per il momento le
acque, avendo a loro disposizione un’arsenale nel caso si sarebbero dovuti difendere da essa.
La cosa scivola un po’ dalle mani e i nostri protagonisti si troveranno ben presto a fare i conti non solo con le forze
armate ma anche con i loro sentimenti.
Una storia di pericolo, amore, paure e speranze! Che incollerà il lettore fino alla fine della storia.
Potrà l’amore far luce lungo le tenebre della propria anima?
LinguaItaliano
EditoreAbel Books
Data di uscita15 dic 2017
ISBN9788867521975
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    Anteprima del libro

    Sick love - Graziella Battistella

    AbelBooks

    Introduzione

    "Dicono che la pazzia sia una cosa negativa, che chi è pazzo sia tagliato fuori dal mondo, un rinnegato fra la gente, uno scherzo della natura, un abominio...

    Ma perché in alcune persone si innesca qualcosa nel cervello che ti porta a cambiare completamente chi sei fino a spingerti a fare cose che mai avresti fatto?

    Che succede se la pazzia prendesse posto della realtà’?

    C’è gente che è pazza da quando è nata, chi invece lo è diventata per via di uno shock, e chi invece lo è diventata e basta.

    C’è chi è guarito grazie alle cure mediche, mentre altri hanno semplicemente imparato a conviverci imparando ad usare ogni sfaccettatura.

    E se vi dicessi che c’è anche chi non vuole smettere di essere pazzo?

    Che in qualche modo possano esistere persone che amano essere un abominio della natura e amano fare cose da pazzi come arrivare ad uccidere una persona senza rimorso?

    Questa storia che staremo a raccontare non parla di persone che vivono serenamente le loro vite, in una bella casa in un quartiere abbastanza frequentato...

    No, parleremo di persone squilibrate, malate di testa, in preda alla follia omicida, altro che... Dei reietti!"

    Capitolo I

    Il carcere n. 8

    Carcere n. 8 Tbilisi Georgia!

    Si erano sentite molti voci in giro riguardo quel carcere.

    Voci dicevano che chi entrava non ne sarebbe mai uscito, altre che le torture erano talmente terrificanti che i detenuti stessi desideravano la morte istantanea piuttosto che sopportare altre torture.

    Altre ancora dicevano che dentro là, venivano fatti degli esperimenti sui detenuti stessi usati come cavie da laboratorio.

    Una volta era un ex manicomio ma con il passare degli anni decisero di unirsi creando così un manicomio per carcerati.

    Nel piano superiore c’erano tre stanze molto ampie dove si effettuavano esperimenti scientifici.

    Nel piano terra, vicino alla porta d’entrata invece, c’era collocato un ufficio per chiedere informazioni di qualsiasi genere e lungo il corridoio c’era una mensa in comune per tutti i detenuti.

    I muri erano di color grigio scuro e le piastrelle del pavimento erano di un color giallastro.

    Vi erano collocate poche finestre e la luce faceva fatica a trapassare attraverso le tapparelle mezze chiuse.

    Qualche lampadario qua e là permetteva parzialmente di vedere dove si camminasse.

    Quel carcere era stato lasciato andare un po’ in rovina con gli anni e molti impianti non erano stati cambiati.

    Negli angoli dei muri vi erano crepe lunghe quasi un metro e i davanzali delle finestre erano pieni di polvere.

    Come entravi nella mensa, c’erano cinque file da quattro tavoli tutti uniti fra loro.

    Le panchine che c’erano per sedersi, erano consumate da quanto vecchie erano e le gambe che le reggevano erano tutte arrugginite.

    Nel piano inferiore c’erano le celle una di fianco all’altra.

    Dentro a malapena vi era un letto vecchio.

    Le lenzuola venivano lavate ogni sei mesi e da come erano rovinate e strappate si capiva che erano là da più di trent’anni.

    Le gambe dei letti ormai avevano perso tutta la vernice e si erano arrugginite pure quelle.

    Ogni carcerato aveva nella propria cella una specie di turca attaccata al letto mentre nelle celle delle donne avevano dei gabinetti vecchi e scrostati.

    Le sbarre alle ringhiere erano spesse cinque centimetri l’una e distanziavano di dieci centimetri l’una dall’altra.

    Nelle segrete, vi erano i carcerati più terribili e pericolosi fra tutti, infatti le loro celle erano più grandi e più spesse.

    Le ringhiere erano il doppio delle celle comuni del piano superiore.

    Anche queste non avevano un gran che a parte un letto mezzo rotto e un gabinetto che a malapena riconoscevi.

    Cambiava solo il fatto che le celle durante il giorno avevano un filo elettrico ad alta tensione che non permetteva a nessuno di avvicinarsi se non voleva morire folgorato.

    Lo disattivavano solo quando le guardie portavano le medicine ai vari detenuti.

    Nelle celle intravedevi a stento un po’ di luce che illuminava un quarto della stanza e lungo il corridoio era privo completamente di luci.

    I detenuti avevano una divisa arancione uguale per tutti che portavano giorno dopo giorno e non c’era nessuna differenza nella divisa tra donne e uomini.

    In quel stabile ci lavoravano diverse persone, la maggior parte guardie, il capo reparto, dei dottori e il padrone del stabile.

    I dottori cercavano giorno per giorno di trovare nuove cure contro la pazzia.

    Tra i tanti c’era uno di nome Nicolas Marlaskey, si occupava generalmente di trovare nuove cure per i disturbi mentali e appena ne fabbricava uno, lo usava su uno dei tanti carcerati usandoli come cavie da laboratorio.

    Non importa se l’antidoto fosse efficace o se provocasse qualche effetto collaterale.

    Non gli importava come sarebbero uscite le sue cavie una volta finita l’operazione.

    A Nicolas importava solo di riuscire a scoprire più in fretta possibile una cura contro la pazzia.

    Non gli importava di chi aveva sotto le mani, per lui non erano altro che gente senza vergogna, uno sbaglio della natura e che dovevano solo aspettare che la loro vita arrivasse alla fine.

    Tutti erano al corrente di questi esperimenti che venivano fatti sui detenuti ma nessuno aveva il coraggio di dire niente.

    Sembrava come se non vedessero quello che succedeva sotto ai loro occhi giorno dopo giorno, lì dentro...

    Si,...nel carcere n. 8!

    Le persone che vi erano rinchiuse, per quanto la loro colpa fosse grave da meritarsi di essere lì, non sapevano ancora che il peggio dovesse ancora arrivare e che molto presto sarebbero stati come carne al macello.

    Capitolo II

    I quattro detenuti

    C’era una vasta categoria di persone là dentro.

    C’erano assassini, ladri, pazzoidi omicida e ognuno aveva un suo passato alle spalle.

    Ma in mezzo a tutta quella gente c’erano quattro detenuti particolari.

    Tutti gli altri li temevano, ed erano stati rinchiusi nei sotterranei.

    Nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a parte le guardie.

    Rimanevano isolati, tagliati fuori dal mondo.

    Non si conoscevano tra loro e la loro solitudine era la loro più grande amica.

    La prima si chiamava Gabriela Steven alias Dark Queen (Regina oscura), 25 anni.

    Da tre anni era rinchiusa in quella prigione, dopo che la polizia riuscì a intercettarla mentre si trovava in un locale notturno un po’ fuori città.

    Prima di farsi chiamare Queen, era una ragazza tranquilla e lavorava presso uno studio legale sempre in Georgia.

    Era fidanzata da un anno con un ragazzo di tre anni più grande di lei e stavano per andar a vivere insieme.

    Ma una sera lui l’abbandonò per telefono per scappare con una più grande di lei e gli spezzò il cuore.

    Non si riprese più dallo shock di essere stata lasciata e poco tempo dopo iniziò a impazzire e cambiò personalità. Uscita di testa cambiò il modo di vestire, i capelli e anche il carattere.

    La pacifica ragazza da gli occhi azzurri e capelli castani avvolti in una coda di cavallo, vestita sempre con giacca e pantaloni di velluto, lasciò il posto a una ragazza più ribelle e senza cuore.

    Cominciò a colorarsi i capelli portando quel suo castano naturale a un biondo con le punte viola.

    Sciolse i suoi capelli portandoli mossi, indossava sempre un top di pelle color nero e una gonna sempre di pelle nera che gli arrivava un po’ più in su dal ginocchio.

    Calzava degli stivali neri in pelle con il tacco dodici.

    Il suo trucco era abbastanza deciso e aveva disegnato a volte un seme di picche nero nella guancia destra.

    Si divertiva ad adescare gli uomini, ci giocava in tutto e per tutto.

    Soddisfava i suoi desideri! Li portava a letto e quando si stancava di loro li uccideva senza pietà.

    Sapeva sparare e spesso usava una 357 magnum canna 4 pollici Smith & Wesson, ma amava uccidere le sue vittime con metodi più barbari usando uno dei suoi tanti pugnali della sua collezione.

    Alcune volte dopo averli uccisi, gli strappava via il cuore dal petto e lo appoggiava di fianco al cadavere e se ne andava senza lasciare traccia.

    Ma non uccideva soltanto gli uomini, se veniva contestata, lei uccideva chiunque ancora prima che la vittima se ne potesse rendere conto.

    Era pazza, manipolatrice e senza cuore!

    Purtroppo la sera che fu trovata, la polizia era già da diverso tempo nelle sue tracce e grazie a una soffiata l’avevano rintracciata, presa e portata direttamente nel carcere N. 8.

    La seconda si chiamava Hilary Loyd alias Black Witch, 25 anni.

    Hilary era una ragazza che studiava per diventare scienziata.

    Ottimi voti a scuola e stimata da tutti.

    Cercava di mettersi alla prova ogni volta che ne aveva la possibilità di farlo e far vedere a quelli attorno a lei, quanto fosse capace.

    Iniziò a sperimentare un siero chiamato B52 capace di modificare il DNA umano e utilizzava dei topi come cavie ma senza vedere mai un risultato.

    Aveva molti nemici attorno che spiravano a prendere il suo posto specialmente uno, un certo Julian Derek, che invidioso di lei, cercò di metterla fuori uso.

    Una mattina si nascose dentro al laboratorio e prese con se una siringa che conteneva il siero di Hilary.

    Aspettò Hilary che arrivasse e quando lei entrò quella mattina come tutti gli altri giorni, iniziò a lavorare e non si accorse che lui era dietro di lei.

    La prese da dietro e con la mano sinistra le tappò la bocca e con la destra le conficcò la siringa al collo iniettandole il siero B52.

    A Primo impatto svenne e lui riuscì a scappare, ma i giorni successivi cominciò ad essere strana.

    La mente gli cominciò a fare brutti scherzi, sentiva in continuazione una voce provenire dentro di lei che gli ripeteva:Fammi uscire!.

    In un momento si trovava in un posto e subito dopo in un altro e capì che era in grado di teletrasportarsi.

    Da là cominciò a impazzire e scelse di prendere le distanze da tutti, dal lavoro, dalla famiglia, da lei stessa...

    Il culmine della pazzia arrivò una sera quando scoprì che in lei vi era un’altra persona grazie al DNA.

    Diventava una strega oscura che riusciva a parlare in una lingua che a prima vista sembrava latino e aveva la capacità di controllare la mente delle persone.

    Quella sua vocina in testa che gli diceva di uccidere si fece sempre più grande finché non arrivò lei stessa a uccidere

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