Mentre sento il tuo profumo
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«Nuotammo, nuotai. Nuotai per scaldarmi, soprattutto, ma anche per rivalsa, per rabbia, per definire con bracciate regolari la fine di una vita che regolare non era. Nuotai per me, per i miei silenzi, per tutti i rospi ingoiati. Nuotai fino a quando Gilles mi fermò e mi baciò. Fu un bene».
Quattordici racconti, quattordici storie di donne legate tra loro da un filo invisibile. Donne in bilico, donne forti, donne ferite, donne felici. Donne che cadono e si rialzano. Donne che ridono e donne che piangono. Donne che imparano a non avere paura delle loro emozioni.
Serena Cappelli
Chemical romances
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Anteprima del libro
Mentre sento il tuo profumo - Serena Cappelli
Mentre sento il tuo profumo
Serena Cappelli
Copyright 2018 Serena Cappelli
Smashwords Edition
License Notes:
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A Parigi, città dai mille volti che
mi ha fatto scoprire il mio
Indice
1. Odori
2. Mer du Nord
3. Equilibri
4. La partita a carte
5. Complici
6. Incontri
7. E mi manca il fiato
8. Il corpo del reato
9. La caduta
10. Nero di seppia
11. Amore è
12. Amore non è
13. Innamorarsi di un bacio
14. Con gli occhi chiusi
Note sull’autrice
1. Odori
Parigi, sabato 7 settembre
Mentre lo aspetti non riesci a togliere gli occhi dalla ragazza nel tavolo accanto al tuo. È bella, ma non se ne rende conto. Capisci che è preoccupata per i suoi capelli, perché continua a toccarli mentre osserva i tuoi. Vorresti rassicurarla; vorresti dirle che non è importante, che i tuoi capelli sono perfetti ma che la tua vita non lo è.
Entra il suo compagno e dietro di lui entra Laurent.
Laurent, il tuo amore.
Laurent, il tuo tormento.
Perché Laurent non è tuo, Julie. E prima lo capirai, meglio sarà per tutti. Non è tuo. Appartiene a un'altra donna; accarezza la sua pelle, respira il suo profumo, cucina per lei, passeggia con lei, si corica accanto a lei.
E tu chi sei, Julie? Chi sei?
Sei quella con cui lui ama ridere, sorridere, parlare e camminare, ma non sei nessuno.
Sei quella che lui bacia di sfuggita negli androni, ma non sei nessuno.
Sei quella che lui al ristorante sfiora piano, ma non sei nessuno.
Sei quella con cui il suo corpo esplode di piacere, ma non sei nessuno.
Non sei sua moglie.
Ma nemmeno la sua amante.
Per te non ci sono definizioni.
Sei tutto.
E non sei niente.
Lo guardi mentre beve la sua solita spremuta. Tra cinque giorni sarete lontani da Parigi. Insieme.
Vedi una terrazza sul mare con tante luci colorate; ci saranno pochi tavoli di legno, delle tovaglie a quadretti e un'orchestrina di quelle che non si trovano più. Vi sarete fermati lì per mangiare qualcosa dopo il teatro e avrete ancora addosso gli abiti eleganti. Tu avrai il vestito di seta blu, quello lungo che ti lascia le spalle scoperte, ma la brezza non ti darà fastidio. Riderai.
Lui ti chiederà di ballare, poi ti prenderà per mano e ti porterà al centro della terrazza. Lì rimarrete sospesi nel tempo e nello spazio, come se quel momento non dovesse finire mai. L'istante perfetto. Le stelle, le luci, la musica, le sue labbra sul tuo collo, il fruscio della seta, il vento leggero che ti muoverà i capelli sfuggiti dallo chignon, il calore della sua guancia contro la tua. Ci sarete solo voi e tutto il resto, per una volta, non conterà più.
Quella notte dormirete insieme in un albergo. Farete l'amore con calma e poi chiuderete gli occhi in silenzio, grati di non dover lavar via l'odore del sesso dai vostri corpi. Lo respirerete ancora e poi ancora, inebriati; vi sembrerà quasi impossibile poterlo tenere addosso, ma è il vostro e vi accompagnerà fino al mattino.
Sarà lui ad aprire gli occhi per primo. Ti sfiorerà dolcemente e ti chiederà se hai fame. Annuirai e, nel dormiveglia, lo sentirai telefonare per ordinare la colazione. Distinguerai le parole mia moglie, ma, dopo un attimo di smarrimento, capirai che sta parlando di te.
«Ti ho chiamato mia moglie, hai visto?» ti dirà sorridendo, dopo aver riattaccato. Tu lo troverai buffo e riderai con lui.
Solo che non è buffo, Julie, perché una moglie c'è davvero e non sei tu. Non sei tu.
Sua moglie è la donna che domani andrà in campagna con lui, nella loro casa. La donna che gli siederà accanto in macchina, la donna a cui lui sorriderà mentre guida, la donna che canterà con lui per far ridere le bambine. La donna che litigherà con lui per motivi sciocchi, che si rappacificherà con lui, che farà l'amore con lui. Nel loro letto. Con il loro odore.
Il loro, non il vostro.
Perciò alzati da quella sedia, Julie, ed esci dal vostro caffè; incamminati per il Boulevard Saint-Michel, supera Notre-Dame e i turisti annoiati che guardano le stesse cose che lui, durante le vostre prime passeggiate, indicava a te; ignora le lacrime e raggiungi Châtelet, senza voltarti mai; prendi il treno che ti porterà a casa, metti due cose in valigia e vattene via.
Da Parigi, da lui.
Lo farai, Julie? Lo farai? O, come sempre, ti perderai nei suoi occhi e lì annegherai?
2. Mer du Nord
Dunkerque, sabato 7 settembre
Annegare o salvarsi? L’eterno dilemma, l’eterna lotta tra il bene e il male, tra il facile e il difficile. Perché è così semplice – dannatamente semplice –, mi chiesi guardando il mare, abbandonarsi alla morte, persino quando è lenta e dolorosa, invece di lottare per restare a galla?
Non ne avevo idea; sapevo solo che ero seduta in quel bar da troppo tempo e che i miei pensieri stavano prendendo una deriva filosofica. Però, mentre giravo per guadagnare altri minuti lo zucchero immaginario del mio terzo caffè – io lo bevo amaro –, mi fu all’improvviso chiaro che io non volevo annegare, non più, e che era giunto il momento di fare quello su cui fantasticavo da qualche giorno: prendere un traghetto e allontanarmi. Da quella vacanza, da Dunkerque, dalla mia vita e soprattutto da Pierre, mio marito.
Chissà se avevano cabine insonorizzate. Chissà se, insieme al biglietto, si poteva comprare anche quel silenzio che con Pierre stava diventando sempre più un miraggio, e non perché parlasse, tutt’altro – era un uomo di pochissime parole –, ma per via della musica sempre accesa. Non la sopportavo più. Odiavo la radio, odiavo il tablet, odiavo qualunque dispositivo permettesse la fuoriuscita di quello che per me era diventato solo rumore. Alla mattina, appena Pierre si svegliava, partiva il concerto e persino in macchina era diventato difficile viaggiare senza rimbombo costante. All’inizio della vacanza avevo espresso la mia perplessità sulla questione un paio di volte, con garbo, ma la risposta di mio marito era stata in entrambi in casi la più prevedibile: Sono libero di fare quello che voglio. Pierre era un uomo strano, solitario, che non amava essere disturbato, e io ero esausta; non avevo più nemmeno voglia di litigare, così, dopo i primi tentativi di fargli abbassare il volume, ero stata zitta.
Fino a quella mattina, quando – immersa nella ricerca online di informazioni per una città sotterranea che avremmo dovuto visitare nei giorni seguenti – avevo chiesto a Pierre di spegnere la radio e di discutere con me della gita. Preferisco la musica alla tua voce, aveva pensato bene di rispondermi, e io ero rimasta di stucco. Lo sapevo, ovviamente, eccome se lo sapevo, ma fino a quel momento, senza nessuna frase esplicita a confermarlo, avevo potuto far finta che non fosse vero, che il suo concetto di non disturbare non