Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Sabba di Paralleli
Sabba di Paralleli
Sabba di Paralleli
E-book176 pagine2 ore

Sabba di Paralleli

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Una raccolta di racconti "asintotici", che tendono a una certa grandezza senza mai raggiungerla. Alcuni brevi, altri brevissimi, altri ancora più articolati. Alcuni sono allegri, altri meno, altri ancora per nulla, tutti però politicamente molto scorretti: se gli "ismi" vi stanno talmente a cuore da non sopportare che vi si faccia dell'ironia, siete avvertiti.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2018
ISBN9788827837658
Sabba di Paralleli

Leggi altro di Andros

Autori correlati

Correlato a Sabba di Paralleli

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Sabba di Paralleli

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Sabba di Paralleli - Andros

    Indice

    0) Indice

    1) Prefazione

    2) Mai più di una

    3) Evoluzioni sulle parallele

    4) Rometta & Giulieo

    5) Le avventure di Peder Pan

    6) Senza parole

    7) Dopinpiadi

    8) Smaltimento rifiuti

    9) Un trans chiamato Desideria

    10) Tormento inesistenziale

    11) Il sardo masochista

    12) Il giorno dei morti

    13) Vivere è un po’ morire

    14) Close to water

    15) Casus Belli

    16) Volatilizzati

    17) Archeologia dopodomani

    18) La vita è meravigliosa?

    19) La fiaba della Fatta Turchina

    20) Lèvati dai piedi

    21) Illustri sconosciuti

    22) Letterina di Natale

    23) Un giorno sono nato

    24) Zitti e Mosca!

    25) Sensi di colpa

    26) Vieni avanti, credente

    27) Bugiardino sincero (o sincerino)

    28) L'ultima partita

    29) La vota sefreta dei redusi

    30) Inganni d'uomo

    31) Il salvagente bucato

    Sabba di Paralleli

    Racconti Asintotici

    Copertina di Andros

    Dedico questo libro al tempo che ho dedicato a scriverlo; e dedico il tempo che ho dedicato a scriverlo alla dedica di questo libro. Chiamatela pure dedicazione autoreferenziale.

    Prefazione

    Sabba di paralleli è il titolo di una raccolta di racconti pubblicata nell'estate del 2005, con una piccola casa editrice non mercenaria, da Andros, artista poliedrico che spazia dalla scultura alla scrittura, passando per le performance, le installazioni, la pittura, i fumetti e altro ancora.

    Erano venticinque racconti di lunghezza variabile fino alla singola pagina, circa la metà dei quali scritti nel corso di vari anni; i restanti invece scritti per l'occasione.

    Anni dopo, Andros è rientrato in possesso dei diritti di questi racconti, che ora ripropone riveduti e corretti in formato e-book senza il supporto di alcuna casa editrice, aggiungendone cinque, tre dei quali mai pubblicati prima.

    Li definisce racconti asintotici, perché pensa che tutta l'arte sia asintotica per natura, tendendo quindi a una determinata grandezza senza mai raggiungerla; e anche paralleli, perché non crede si potranno mai toccare tra loro, neanche all'infinito.

    Una dozzina di queste storie ha la caratteristica di essere costruita su giochi di parole. Come è facile notare, i giochi di parole spesso fanno ridere, ma è preferibile non ammetterlo, perché ormai sono fuori moda.

    Sì, a quanto pare c'è la moda anche per le risate, e le ultime collezioni primavera/estate contemplano altre formule.

    Oggi anche la risata deve sembrare intelligente, altrimenti ci sentiamo più stupidi di quanto temiamo di essere; ma mai stupidi come quando non ammettiamo l'intelligenza di una battuta solo perché è veicolata da un gioco di parole.

    Alcuni di questi racconti sono strane forme parodistiche di storie d'amore, talmente bizzarre, eppure a loro modo intense, da lasciare il dubbio se siano troppo assurde oppure troppo realistiche.

    Alcuni sono allegri, altri meno, altri ancora per nulla, ma soprattutto sono per lo più politicamente molto scorretti: le istanze transgender, femministe, maschiliste, sessiste, animaliste, vitaliste, e tutte le altre possibili iste, non sempre ne escono bene. Se vi stanno talmente a cuore da non sopportare che vi si faccia dell'ironia, siete avvertiti.

    A parte questo, buona lettura.

    Se vi verrà da ridere, potrete farlo, se vi verrà da pensare, anche: io non vi giudicherò di certo.

    Leonardo Spalla

    Sabba di Paralleli

    Mai più di una

    Cadde rumorosamente, alzando la pioggia caduta a terra in mille piccoli schizzi. La gente intorno lo guardò accigliata, sussurrando imprecazioni. Anche Astore imprecò, ma ad alta voce; la sua condizione di straccione gli consentiva di fregarsene delle convenzioni, così abbellì il tonfo con le espressioni più colorite del proprio repertorio. I passanti avevano fatto spazio intorno a lui, vuoi per gli schizzi, vuoi per gli improperi, e, lungi dal soccorrerlo, scappavano in ogni direzione, protetti da ombrelli griffati.

    Pioveva con convinzione e Astore faticava a rimettersi in piedi, tanto era gonfio di acqua, e ora anche di fango.

    In un ennesimo tentativo, non riuscito, Astore si accorse di qualcosa di appuntito che faceva capolino tra la fanghiglia: «Cos’è ‘sta roba?» si chiese sfilandola dal cumulo. «Sembra... sembra quasi...» mentre parlava, la pioggia si rendeva utile pulendo l’oggetto. «È un portafogli!» esclamò sorridendo con i denti superstiti. «È un portafogli!» ripetè urlando e ridendo come non gli capitava da anni. In un guizzo di entusiasmo riuscì finalmente ad alzarsi e addirittura a saltellare nel fango con insospettata agilità canticchiando: «Sono caduto, sono caduto, che culo che ho avuto, che culo che ho avuto...» e si fermò solo quando uno scivolone lo riportò nel fango. «Troppo culo, non esageriamo.» biascicò rialzandosi e si diresse sotto un ponte.

    Le mani gli tremavano, non vedeva l’ora di scoprire quali tesori contenesse quel prezioso oggetto; era di pelle, pelle vera! Con tanto di rifiniture e di iniziali in oro.

    «Una A e una O! Saranno le iniziali di un nome» si disse. «Un portafogli di classe come questo di sicuro sarà appartenuto a un banchiere; oppure a un finanziere, o chissà, a un nobile!»

    Doveva essere sicuramente pieno di banconote di ogni taglio e persino il suo peso lasciava ben sperare. Lo aprì con delicatezza, quasi con deferenza, e cominciò a esplorare gli scomparti uno a uno avendo cura di non dimenticarne alcuno. L’angoscia si impossessò di lui quando si rese conto che era vuoto, completamente vuoto.

    Preso dallo sconforto lo scagliò contro un pilone del ponte con tutta la forza che quella delusione gli aveva lasciato. Nell’impatto, però, qualcosa ne svolazzò fuori e Astore, con riaccesa speranza, si precipitò a recuperarla.

    «È solo un cartoncino» disse deluso. «Chissà dov’era nascosto, non l’avevo proprio visto.» Stava per buttarlo quando si accorse che sul retro c’era scritta una frase: Mai più di una, mai meno di una.

    «E che vuol dire?» disse rigirando il cartoncino tra le dita, come a cercare una spiegazione a quella frase. «È proprio una serata balorda!» concluse lasciando cadere il cartoncino nel fango dal quale era venuto e dal quale, secondo alcuni, tutti siamo venuti. Scosse vigorosamente la testa e cominciò a cercare qualche cartone per coprire il suo sonno. Prima di addormentarsi lanciò un altro sguardo al portafogli, rimasto dove lui l’aveva buttato.

    «Dopo tutto è un oggetto di valore» pensò. «Vendendolo, qualche euro dovrei tirarlo su.» Lo raccolse osservandolo a lungo poi, sorridendo, si sfilò una scarpa, infilò una mano nel calzino e ne trasse una banconota da cinque euro: tutti i suoi averi, che custodiva gelosamente a costo della fame.

    Con fare da cerimonia stese la moneta e la infilò nel portafogli; erano secoli che non ne aveva uno e, almeno per una notte, voleva sentirsi come tanti anni fa, quando non era ancora uno sfrido della società, ma una delle sue tante rotelle.

    L’indomani mattina avrebbe cercato di venderlo e con questo pensiero si addormentò abbracciato al portafogli.

    La città era ancora tra la veglia e il sonno, gli unici esercizi aperti erano i bar e le edicole. Astore vagava senza meta, intontito dal sonno e dal freddo. Si appoggiò all’entrata di un bar per poter meglio sentire il calore dei cappuccini e dei clienti, che lo avvolgeva confortandolo.

    «Sarebbe bello» pensò, «entrare e prendere un caffè, magari con un bel cornetto caldo e fragrante!» Un brivido di fame lo percorse. Poi si ricordò del portafogli, lo strinse tra le mani e lo fissò con cupidigia. «Quando ti avrò venduto, potrò permettermi anche più di un pasto completo!» disse sorridendo e si incamminò verso una grande piazza con passo deciso.

    Tentò prima con i negozi, ma quasi non lo facevano entrare. Provò allora con gli ambulanti delle bancarelle ma questi, impauriti dall’aria troppo lussuosa del portafogli si rifiutarono persino di toccarlo. Infine tentò di venderlo ai passanti, col solo risultato di attirare le ire di un vigile che prese a inseguirlo per ben due isolati, prima di decidere di lasciarlo andare.

    Stanco e deluso, dopo ore e ore di inutile scarpinare, con la fame che se lo mangiava, tornò sotto il suo ponte per accendere un fuoco.

    «Maledetto!» guaì contro il portafogli. «Nessuno ti vuole, non servi a niente!» e così dicendo lo scagliò di nuovo verso il pilone del ponte e, di nuovo, qualcosa ne uscì. Astore lo raccolse, era il suo biglietto da cinque euro.

    «Porco cane» esplose. «Avevo completamente dimenticato di toglierlo; meno male che non sono riuscito a venderlo, altrimenti ci avrei rimesso cinque euro!» e così dicendo rimise, come se per lui fosse un gesto usuale, la banconota nel portafogli: fu allora che se ne accorse. «Ma... ma...» balbettò, come a cercare le parole giuste. «Qui dentro ci sono altri cinque euro! Non è possibile!»

    Aveva passato le ultime ore a pensare e ripensare all’accaduto. Non riusciva a credere che un portafogli potesse stampare soldi dal nulla, eppure tutto lo lasciava pensare. Studiò la banconota in tutti i suoi particolari, ne valutò la consistenza, la carta, la filigrana, i colori. I tanti anni passati a lavorare in banca, quando la sua vita era ben diversa, non gli permettevano di sbagliare: quella era una vera, validissima, banconota dello Stato, oltretutto nuova di zecca! Nessuno poteva aver infilato cinque euro nel suo portafogli e nessuno mai lo avrebbe voluto fare, del resto. Sicuramente non poteva averla messa lui senza accorgersene. Forse i suoi cinque euro erano in realtà due banconote attaccate e lui non se n’era mai accorto? Possibile, ma molto improbabile. Aveva mentalmente ripercorso gli avvenimenti del giorno prima, a partire dalla caduta, e non c’erano altre soluzioni: il portafogli aveva generato una banconota!

    «Si è sprecato, però!» tuonò all’improvviso. «Giacché c’era poteva farmi trovare cinquecento euro!» poi un pensiero lo accarezzò. «Ma sì! Quando la prima volta l’ho scagliato contro il pilone, ne è uscito un cartoncino, anche se inutile; la seconda volta sono usciti cinque euro!» ora il suo viso era luminoso come la luna. «È così! Basta picchiarlo contro qualcosa per farne uscire denaro!» e così dicendo cominciò a lanciarlo contro il pilone, il muro, il terreno, se lo lanciò persino sul piede e l’unico risultato fu che il portafogli, che prima brillava d’oro e odorava di pelle, ora fosse sporco e puzzasse di fango e urina.

    «Basta!» disse sinceramente deluso. «Mi hai preso in giro! Ma almeno cinque euro me li hai dati. Mi accontenterò e, perlomeno, mangerò qualcosa, stasera!». Così, prese uno dei cinque euro dal portafogli e si rituffò nella città.

    Il giorno seguente Astore si svegliò a mattina inoltrata, la notte non era riuscito a dormire pensando al portafogli e alla sua speranza tradita. Lo guardò con aria assente, ora non era più così bello, dopo il trattamento della sera prima aveva perso la sua lucentezza e la pelle risultava sporca e screpolata.

    «Chissá, forse ora riuscirò a venderti» fece per togliere i cinque euro e, di nuovo, si accorse che ce n’erano due. «È assurdo!» disse allucinato. «Tu ce l’hai con me! Vuoi vedermi impazzire! Ma non ti darò questa soddisfazione» sibilò con l’aria di aspettarsi una risposta dal portafogli. Quando capì che non c’era risposta si calmò, si sedette e tentò di capire cosa stesse succedendo.

    Rimase una buona mezz’ora in silenzio a fissare quel magico oggetto, distogliendo di tanto in tanto lo sguardo e gesticolando a seguire i suoi pensieri. Poi d’un tratto si alzò.

    «È chiaro! Come ho fatto a non pensarci prima?» sembrava un invasato. «Ma sì! Non può che essere così! Basta lasciare per una notte dei soldi nel portafogli perché questo li duplichi! Cinque euro al giorno, sono pochi; però, posso farmi cambiare questi due cinque euro in una banconota da dieci, che il portafogli mi duplicherà. In dieci giorni metto da parte dieci banconote da dieci euro, che posso farmi cambiare con una banconota da cento. Dopo altri cinque giorni posso cambiare le cinque banconote

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1