Sull'isola di Naxos c'è un tesoro: Avventure e misteri di uno dei luoghi più affascinanti della Grecia
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Un tombarolo protetto dai Cavalieri di Rodi che cerca necropoli sepolte sotto le discariche. Una miniera abbandonata, che forse nasconde delle pietre preziose, e una grotta che tutti conoscono, ma nessuno sa dove si trovi.
Gli antichi greci, che tagliarono perfetti blocchi di marmo semitrasparente per farne templi mistici e luminosi, in seguito smontati pezzo per pezzo dai crociati veneziani per costruire una roccaforte che resiste intatta da ottocento anni. Un colonnello delle S.S, che nelle stanze di questa roccaforte diventò poeta, e il figlio di uno dei suoi soldati, che abbracciò la filosofia hippy e dormì sulla spiaggia per vent’anni.
Arianna e Dioniso, che si sposarono sotto lo sguardo attento di capre fiere come leoni e gatti grossi come leopardi.
È tutto successo qui, dove volle approdare anche il capitano Hook e dove nacque il primo partigiano d'Europa.
Nella casa che fu di Nikos Kazantzakis ora c'è in inglese che fa il vino, mentre i discendenti del pirata veneziano Niccolò Sanudo Spezza Banda, terrore dell'Egeo, hanno aperto una farmacia.
Naxos non è un'isola qualunque.
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Anteprima del libro
Sull'isola di Naxos c'è un tesoro - Loredana de Michelis
Loredana de Michelis
Sull'isola di Naxos c è un tesoro
Avventure e misteri di uno dei luoghi più affascinanti della Grecia
Copyright: Loredana de Michelis, 2017. Seconda edizione aggiornata.
Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, senza autorizzazione.
UUID: 44e8c6ee-cf0e-11e8-9ee8-17532927e555
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Indice
SULL’ISOLA DI NAXOS C’È UN TESORO
Ringraziamenti
Dove tutto inizia
Misteri e Tesori
Le foreste scomparse
Marmo e Smeriglio
Arte e occasioni perdute
Arianna e Dioniso
Arrivano i Romani
Profumi bizantini
Il Castro
Tutto, prima o poi, scompare
Sbarcano gli esploratori di Sua Maestà
Eroi di Naxos
Seconda Guerra Mondiale
Spiagge
Gli anni '70
Hippy
Luna piena
Distruzione
Addio
Un futuro per Plaka
Altri libri pubblicati da Loredana de Michelis
SULL’ISOLA DI NAXOS C’È UN TESORO
Avventure e misteri di uno dei luoghi più affascinanti della Grecia
Questo libro non è una guida intesa come elenco di suggerimenti su luoghi storici, d’attrazione o di consumo. È piuttosto una narrazione che vuole introdurre il viaggiatore all’atmosfera di un’isola e alle vicende straordinarie che l’hanno caratterizzata.
Naxos era già popolata ai tempi in cui molta parte d’Europa era deserta. La vita intensa che da sempre l’attraversa le ha conferito una qualità particolare: è possibile appartenere a questa terra, nel senso più stretto e sentimentale. Il suo spirito è talmente forte che ci sarà sempre spazio per coloro che sono alla ricerca di un sogno da inseguire.
Loredana de Michelis è nata a Torino nel 1965 e vive periodicamente a Naxos dal 1987.
Ha pubblicato numerose opere tra cui: Lettere da Londra underground (Edizioni Ultra) Nerd Fitness (Edizioni Ultra) Preferisco vederci chiaro (Edizioni Amrita) Visotonic lifting muscolare del viso (Edizioni Amrita).
www.loredanademichelis.it
Ringraziamenti
Un grazie sentito a Dieter Depnering, per le informazioni ricche ed emozionanti sulla storia antica di Naxos, del Castro e delle chiese dell’Isola. Grazie per avermi aperto le porte segrete che si affacciano sui vecchi vicoli della Chora: che il tuo mazzo di chiavi preziose, conquistato con tanta pazienza, si moltiplichi.
A Ficus Extremis, brillante detective dal talento misterioso, le cui indagini non cesseranno mai di affascinarmi.
Al maestro Ingbert Brunk, per avermi mostrato su quale picco di Paros il sole tramonta d’inverno, per il vino e le gite nei luoghi più nascosti, ma soprattutto per avermi permesso di toccare e amare il marmo di Naxos nel suo atelier.
A Koko e a Miki, per le loro sognanti memorie degli anni ‘70 e ‘80, cariche di sole e di viaggi. Perché Naxos senza di loro non sarebbe più Naxos, per me.
A Christos, che non potrà leggere questa storia, che sarebbe dovuta essere scritta da lui.
A Koula, Costas, Sophia, e alle persone che vivono sull’Isola, e che nel corso degli anni ho avuto la fortuna d’incontrare: alcune sono diventate invisibili per sempre, altre sono invece rimaste a invecchiare un po’ a ogni stagione. Con un sorriso accolgono il mio arrivo e la mia partenza, senza rimpianto.
Loredana de Michelis
Nota: a causa dell’incerta trascrizione della pronuncia greca in altre lingue, i nomi dei luoghi o dei personaggi storici menzionati nelle cronache non sono sempre scritti allo stesso modo. Il paese di Engares, per esempio, è a volte citato sulle mappe come Egares o come Enkares.
Dove tutto inizia
La sottile crosta di rocce laviche non resistette al calore e ai movimenti del magma sottostante: si frantumò e scomparve nell'enorme crepaccio, sprofondando per quarantamila metri verso il centro della Terra. L’altissima temperatura e la pressione delle masse soprastanti fusero le rocce, trasformandole in minerali nuovi.
Quando il territorio riemerse, era diverso: una dorsale di montagne e di vulcani lo percorreva, mentre nuovi strati continuavano a formarsi e a scontrarsi, sovrapponendosi. Era nato il complesso Attico-cicladico, un’unica terraferma che si estendeva dall'attuale Grecia continentale fino alla Turchia.
Milioni di animali preistorici che camminarono in quelle terre boscose sono ora polvere e pietra sul fondo del mare, che a un certo punto iniziò a salire riempiendo le valli e lasciando emergere soltanto i picchi delle montagne più alte.
Il fondo del Mar Egeo continua a muoversi e il livello dell’acqua si alza o si abbassa in alcuni punti: ai tempi delle prime civiltà preistoriche, Naxos, Paros, Antiparos e le Piccole Cicladi erano unite tra loro da lembi di terra. L’isoletta di Palatia, davanti alla Chora* di Naxos, era collegata alla terraferma da una striscia di sabbia fino ad appena due secoli fa.
Osservando una mappa delle Piccole Cicladi che mostri in diverse tonalità d’azzurro la profondità del mare, è possibile individuare quali fossero le zone che una volta facevano da ponte tra queste terre. L’acqua bassa e limpida che ora le separa lascia a volte intravedere le rovine di antiche civiltà.
Le rovine, giusto nome. Nulla può rovinare un progetto più di una rovina. In Grecia non c’è scavo - di fondamenta per una casa nuova, d’interramento di cavi elettrici, anche sottomarino - che non porti alla scoperta di un passato che può bloccare ogni progresso a danno di chi, vivente e non certo in eterno, ha investito del denaro. Così, a volte, le scoperte archeologiche sono tenute nascoste, come ben sanno gli operai, i muratori greci e anche i vecchi pescatori dell’isola di Donoussa, quasi tutti senza un braccio per via dell’abitudine alla pesca con l’esplosivo, che ha probabilmente distrutto immensi tesori.
Naxos e i suoi dintorni furono floridi e sicuramente popolati fin dal IV millennio a.C., rendendola una delle isole più vissute del mondo. Si narra che sia sempre stata una terra ricca e fertile, dove le genti prosperavano più che altrove. Se Atlantide è esistita, avrebbe potuto trovarsi in una valle tra Naxos e Santorini o forse intorno a Delos, protetta dal vento e graziata dall'abbondanza, dove in tanti poterono dedicarsi all'osservazione e alla conoscenza poiché non vi era da strappare magro cibo alla terra. Il mare l’ha coperta, un immane tsunami forse l’ha affondata nel suo stesso sogno e ora osserva il mondo da sotto, dove tutto è scuro e silenzioso, mentre i traghetti scivolano ignari lassù in alto, portando nuove genti da terre lontane.
Tra queste genti non tutti sono semplici turisti. Alcuni hanno attrezzature da sub molto sofisticate e ben stipate in piccoli caravan autosufficienti, che saranno parcheggiati all'ombra discreta di qualche cedro, nei pressi di spiagge deserte. Altri arrivano da lontano e fanno una sosta in Svizzera per degli acquisti particolari: piccoli attrezzi da scavo pieghevoli, in leghe leggere e pregiate. Poi saltano con i loro zaini appesantiti sul treno panoramico che attraversa le Alpi e poi ancora su di una nave che salpa dalle coste italiane. Un pellegrinaggio lungo, o forse una simpatica crociera. Comunque sia, sbarcano sull'Isola senza dover passare attraverso un metal detector.
Approdare a Naxos è sempre impressionante, per quante volte uno l’abbia già fatto. Ci si arriva costeggiando le scogliere nude a nord di Paros, fino a raggiungere una larga baia protetta da colline. All'orizzonte s’intravede la vetta del Monte Zas, il più alto di tutte le isole Cicladi. Grappoli di basse costruzioni bianche salgono dal porto verso la collina e abbracciano il castello medievale che le sovrasta dall'alto: è l’antica Chora*.
La baia è protetta a nord dalla piccola penisola di Palatia, sulla quale sorge un portale di marmo gigantesco: è ciò che rimane di un tempio dedicato ad Apollo ed è orientato in direzione dell’isola sacra di Delos. Da millenni è la cornice di un grande affresco cangiante di mare, cielo e tramonti spettacolari.
Il porto è accogliente, e i numerosi locali affacciati sull'acqua sono in lieta attesa di fornire ristoro ai viaggiatori affaticati. Basta aspettare che si apra il ponte levatoio
della grande nave-cittadella tecnologica, manovrata con la destrezza scaltra e a volte creativa dei capitani più esperti del mondo, i quali nei giorni di bonaccia possono giocare a lanciare un traghetto contro la passeggiata del porto di Syros per poi sterzare
all'ultimo minuto - sollevando un muro d’acqua spaventoso - e parcheggiare
con grande precisione in retromarcia
. I baristi del porto di Syros scuotono la testa con una certa ammirazione mentre i turisti, che assistono impotenti alla corsa del Titanic in rotta di collisione con il loro tavolino, si rovesciano tremanti il caffè sulla maglietta.
Sono emozioni forti. E a sbarcare a Naxos, sono proprio tante: la luce, l’aria, i gabbiani, il rumore sordo dei motori e l’acqua che ribolle. Tornando a camminare sulla terraferma dopo ore di navigazione ci si sente improvvisamente traballanti e minuscoli, soprattutto al cospetto di quest’isola immota e maestosa.
Nell'affrettarsi lungo il molo con i bagagli, sono pochi quelli che si accorgono del piccolo semicerchio di massi a pelo d’acqua sulla sinistra: è ciò che rimane di un altro porto, quello che avevano costruirono i Micenei duemila anni fa.
Dritto in fondo, intrappolata tra l’ufficio degli autobus e i resti cadenti dell’Hotel Okeanis, c’è invece la piccola chiesa cattolica di S.