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Il giuramento dei quattro
Il giuramento dei quattro
Il giuramento dei quattro
E-book362 pagine4 ore

Il giuramento dei quattro

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Info su questo ebook

Il furto di un dossier denominato SL-41, risalente agli anni della seconda guerra mondiale e dimenticato negli archivi segreti di Stato è al centro di una delicatissima indagine che ha lo scopo di individuare i responsabili ed evitare una catastrofe che potrebbe avere proporzioni planetarie. Ad indagare su questo strano furto viene messa una delle migliori squadre investigative dei servizi segreti, diretta da Andreas e dal suo fidato amico e collega Lukas. A quanto pare questo dossier racchiude un segreto dimenticato da tutti che potrebbe mettere a repentaglio la vita di milioni di persone e peggio ancora la rinascita del nazismo.
LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2018
ISBN9788829530809
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    Il giuramento dei quattro - EMANUELE AVANTI

    Emanuele Avanti

    Il giuramento dei quattro

    Titolo

    Il giuramento dei quattro

    Autore

    Emanuele Avanti

    Editore

    LUPIEDITORE

    Sito internet

    http://www.yndy.it

    Tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con alcun mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Autore e dell’Editore. È espressamente vietato trasmettere ad altri il presente libro, né in formato cartaceo né elettronico, né per denaro né a titolo gratuito. Le strategie riportate in questo libro sono frutto di anni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento dei medesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume piena responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi forma di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo.

    Capitolo 1

    «Signor Blummen mi spiace comunicarle questa notizia ma purtroppo le condizioni di salute di sua moglie sono peggiorate. La cura che abbiamo tentato non sembra sortire gli effetti sperati. Abbiamo tentato tutto il possibile. Mi spiace terribilmente».

    Malgrado tutte le speranze riposte in quella cura, la notizia che gli aveva appena comunicato il dottore era quello che non avrebbe mai voluto avere.

    Sapeva fin dall'inizio che c'era la concreta possibilità che la cura non avesse successo.

    I medici erano stati molto chiari.

    La malattia di sua moglie ormai era ad uno stadio troppo avanzato per sperare in una completa guarigione.

    I medici avevano tentato tutto quello che era in loro potere, ma invano.

    Se anche questo trattamento non avesse avuto successo, non c'era più niente da fare.

    Karl non si era dato per vinto.

    Aveva deciso che non poteva arrendersi senza combattere. Tutta la sua vita era stata una continua battaglia e non era ancora pronto a perdere l'ultima.

    Ciò che c'era in gioco era più importante della sua intera esistenza. Amava quella donna come non aveva mai amato nessuno.

    Il fato aveva voluto che non avessero avuto figli e tutto quello che gli restava era sdraiato in quel letto d'ospedale.

    No. Non poteva finire così.

    Aveva dilapidato il suo intero patrimonio per curare la sua adorata Sophie ed ora era giunto il momento cruciale.

    «Dottore mi dica in tutta onestà quanto le resta da vivere ?».

    «Forse un anno o anche meno. La cura che abbiamo iniziato sembrava promettere bene ma per far precipitare la situazione cosi rapidamente deve essere subentrato qualcosa a noi ignoto. I protocolli, come le ho spiegato settimane fa, sono ancora sperimentali. Potrebbe essere successo di tutto».

    «Mi dica, non c'è davvero nessuna speranza che possa almeno migliorare ?».

    «Forse una debole speranza ci sarebbe. Ho letto proprio alcuni giorni fa un articolo di alcuni studi condotti negli Stati Uniti e precisamente a Boston, dall'equipe del professor Bohr.

    I risultati sono stati molto incoraggianti, anche su pazienti come sua moglie, con uno stadio della malattia molto avanzato.

    L'unico problema è che questa cura e realizzabile solo a Boston».

    «Quanto potrebbe venirmi a costare far curare mia moglie negli States ?».

    «Direi moltissimo. Almeno centomila dollari. Tenga conto che sua moglie, nonostante la cura non guarirà, ma forse potrebbe allungargli la vita di qualche anno».

    «Lei può informarsi meglio su questa cura e farmi sapere se davvero è efficace come dicono ?» domandò Karl.

    «Certamente. Questa nuova cura m'interessa moltissimo dal punto di vista professionale ed era mia intenzione approfondire meglio l'argomento. Vedrò quello che si può fare e quali sono i risultati e poi le farò sapere. Vorrei solo avvertirla di una cosa molto importante. Per accedere alla cura deve avere i soldi necessari, altrimenti non c'è alcuna possibilità di poterla iniziare. Vede, negli Stati Uniti non esiste il concetto di sanità pubblica. Curarsi è molto costoso ed a meno di non avere un'assicurazione che copre le spese mediche, non c'è altro modo che pagare per essere curato».

    «I soldi li troverò. Per favore dottore mi faccia avere una risposta al più presto sulla sua efficacia e mi faccia avere le informazioni per mettermi in contatto con il professor Bohr ed accordarmi perché Sophie possa ricevere le cure necessarie».

    «Va bene. Visto l'urgenza della cosa passi domani da me e le farò avere tutte le informazioni che le servono», rispose il dottore.

    Karl se ne andò.

    In fondo al cuore aveva sempre saputo che quello che aveva detto il dottore era la verità, ma non si voleva dare per vinto.

    Forse era la forza della disperazione, ma non voleva lasciare nulla di intentato.

    Si avviò con un senso di impotenza verso la camera della moglie.

    Stava ancora dormendo.

    Quando si fosse svegliata lui sarebbe stato lì al suo fianco.

    Non voleva lasciarla sola. Sicuramente avrebbe voluto sapere come andava la cura e cosa aveva detto il dottore.

    In tutti gli anni che erano stati insieme non le aveva mai mentito, ma in questo frangente era molto combattuto. Dopo averci pensato a lungo decise di dirle la verità.

    Era una donna forte, che non temeva le insidie della vita. Non avrebbe preso bene la notizia, ma non si sarebbe arresa.

    Aveva anche deciso di parlarle della nuova cura e della possibilità di andare a Boston.

    «Ciao. Sei stato qui tutta la notte ?»

    «Sì. Stavi dormendo e non ho voluto disturbati».

    «Perché non vai a casa a riposarti. Io posso restare qualche ora senza di te. Hai bisogno di dormire un po' anche tu».

    «Posso aspettare. Inoltre non ho voglia di andare a casa. È così vuota senza di te».

    «Ti ci dovrai abituare. Lo vedo dalla tua faccia che non ci sono buone notizie».

    «In tanti anni che stiamo insieme non sono mai riuscito a nasconderti qualcosa. Sembra sempre che tu mi riesca a leggere nel pensiero».

    «Per me sei come un libro aperto. Voglio svelarti un segreto. So sempre quello che ti frulla nella mente, perché non sei capace di nascondere le tue emozioni. Basta che ti guardi in viso per capire di che umore sei. Adesso hai la tipica faccia da cane bastonato. Hai parlato con il dottore vero ? Cosa ti ha detto ?»

    «Purtroppo mi ha detto che la cura non funziona. Qualcosa nel protocollo sembra non andare nel verso giusto. La malattia sta progredendo come prima».

    «Quanto mi resta da vivere ?» domandò Sophie.

    «Forse un anno, ma non è certo. Mi ha parlato anche di un professore a Boston che ha messo a punto una cura innovativa che sembra dare ottimi risultati anche in pazienti in fase avanzata della malattia, come te. Ho già chiesto di informarsi meglio. Se come spero funziona, andremo a Boston e vedrai che tutto si risolverà».

    Mentre diceva queste parole Karl stava già pensando al modo di trovare i soldi necessari per curare Sophie.

    La donna guardò con tenerezza il marito. Allungò, con non poca fatica la mano e gli asciugò una lacrima che correva sulla guancia.

    Il rapporto che c'era sempre stato tra loro era qualcosa di unico.

    «Apprezzo tutto quello che stai facendo per me, ma dobbiamo accettare la realtà. Ammesso che la terapia americana funzioni, cosa potremmo aspettarci ? Che aspettativa di vita avrei in più. Forse è meglio lasciar stare e fare in modo che la natura faccia il suo corso».

    «No. Non voglio arrendermi. Se c'è anche solo una minima speranza, dobbiamo combattere e vincere la malattia. Andremo a Boston per curarti. Non voglio sentire altro».

    Karl non era uomo da alzare la voce, ma la sua ostinazione non lasciava adito ad alcun margine di manovra.

    «Si ragionevole. Con cosa pagheremo le cure ? Non abbiamo più soldi e abbiamo ipotecato la casa. Inoltre non puoi abbandonare il tuo lavoro per seguirmi».

    «Non ti preoccupare dei soldi. So come trovare la cifra che serve e senza indebitarci di più di quanto non lo siamo già. Per il lavoro ho preso un'aspettativa retribuita. Il mio capo conosce la situazione e mi ha già detto di prendere tutto il tempo che serve per accudirti».

    «Non farai qualche sciocchezza spero ?»

    «No, stai tranquilla ho un vecchio debito da riscuotere e ora è giunto il momento di farlo».

    «Un debito di che tipo e con chi ?»

    «Ti ho detto di stare tranquilla, non ti preoccupare. Vedrai che i soldi li trovo cosi potremo andare a Boston».

    «Sono molto stanca. Penso che farò un pisolino. Tu nel frattempo vattene a casa. Non serve che resti qui. Ci sono dei bravi medici e delle fantastiche infermiere a prendersi cura di me».

    Sophie chiuse gli occhi e si mise a sonnecchiare.

    Karl non avrebbe voluto andarsene, ma dopo quello che gli aveva detto il medico, aveva preso una decisione che gli costava molto, ma che gli avrebbe consentito di curare sua moglie.

    Lasciò la stanza e si diresse verso l'uscita dell'ospedale.

    Fuori pioveva a dirotto e Karl non aveva l'ombrello.

    Aveva passato due giorni e due notti al capezzale della moglie senza prendersi nemmeno cinque minuti di pausa. Era sfinito, ma prima di concedersi un po’ di riposo doveva fare una cosa che avrebbe potuto cambiargli per sempre la vita.

    S'incammino fino alla sua auto parcheggiata poco distante e la mise in moto per passare da casa prima di dirigersi in ufficio.

    Mentre guidava, continuava a pensare a quale sarebbero state le conseguenze se avessero scoperto quello che stava per fare.

    Un solo passo falso e per lui e per Sophie sarebbe finita.

    Non aveva mai avuto l'ambizione di fare carriera. Lavorare per lo Stato non era certo una delle cose più esaltanti alla quale una persona avrebbe voluto ambire, però dava degli indubbi vantaggi.

    A casa ci aveva messo più del dovuto per prepararsi a quello che avrebbe dovuto fare una volta arrivato al lavoro.

    Uscì da casa molto agitato e si diresse in auto fino al suo ufficio agli Archivi Nazionali, dove parcheggiò la sua vettura nel posto auto che gli era stato assegnato anni prima.

    Salì le scale che conducevano al suo ufficio.

    Sul percorso incontrò più di un collega che aveva voluto sapere delle condizioni della moglie.

    A tutti aveva dato la stessa risposta, la cura purtroppo sembrava aver fallito.

    Quando arrivò nel suo ufficio, entrò chiudendo a chiave la porta. Il vantaggio di essere un responsabile d'area dava alcuni piccoli vantaggi, quali ad esempio poter disporre di un ufficio privato.

    Si sedette alla scrivania e aprì il cassetto superiore. Sotto alcuni documenti trovò quello che cercava. Era un piccolo biglietto da visita, privo di nome e con solo un numero di telefono al centro.

    Lo rigirò più volte tra le dita per trovare il coraggio di quello che stava per fare.

    Alzò la cornetta del telefono e compose il numero riportato sul biglietto da visita.

    Dopo appena due squilli rispose una voce che avrebbe riconosciuto tra mille.

    «Buon pomeriggio signor Blummen. Ha forse pensato alla mia offerta ?» disse la voce al telefono.

    «Sì, ho preso la mia decisione, ma vorrei porle delle condizioni».

    «Dica, la sto ascoltando».

    «Quello che sto per fare è un reato federale che mi potrebbe costare molto. Se devo rischiare venticinque anni di galera, voglio delle garanzie».

    «Che tipo di garanzie ?» chiese la voce all'altro capo del telefono.

    «Voglio due passaporti americani autentici e due milioni di dollari da versare su un conto corrente non rintracciabile. Inoltre voglio due biglietti aerei di prima classe per un volo diretto, sola andata per Boston con i nomi che vi dirò di mettere sui documenti. E non si dimentichi delle carte di credito e delle patenti».

    «Sono un mucchio di richieste ma credo si possa fare».

    Karl comunicò i nomi da mettere sul passaporto, il numero di conto corrente e la banca d'appoggio sulla quale fare il versamento.

    «Vediamoci domani alla birreria all'angolo con Mozart Platz a mezzogiorno. Porti con sé i documenti che le ho chiesto. Io avrò quanto chiede, dopo di che non ci rivedremo più. Sia puntuale».

    Dette queste ultime parole la voce riattaccò.

    Karl rimase qualche secondo con la cornetta del telefono in mano a pensare in quale guaio si stava cacciando. Non aveva via d'uscita. Se voleva tentare di salvare Sophie aveva bisogno di quei soldi.

    In circostanze diverse avrebbe denunciato quel tipo fin dal loro primo incontro, ma ora ringraziava il cielo di non averlo fatto. Quest'uomo gli aveva offerto l'unica possibilità di ottenere i soldi che gli servivano.

    Stava ancora pensando a com'era potuto accadere.

    Una sera di alcune settimane prima, era stato avvicinato da uno sconosciuto, in abiti molto costosi e decisamente fuori luogo per il bar in cui era andato.

    Era seduto ad un tavolo da solo a bere birra ed a pensare alla situazione che stava vivendo sua moglie.

    Era appena tornato dall'ospedale e non aveva voglia di tornare a casa.

    Da quando Sophie era in ospedale, la casa era solo una grossa scatola vuota.

    Il tizio si era avvicinato ed aveva chiesto il permesso di sedersi accanto.

    Karl non era dell'umore giusto per intavolare una conversazione, soprattutto con uno sconosciuto.

    Inizialmente aveva pensato di respingerlo ma non ne aveva avuto il tempo.

    Lo sconosciuto si era seduto ancor prima che Karl avesse il tempo di proferire parola.

    «Come sta oggi sua moglie ?» chiese.

    La domanda aveva fatto scattare un campanello di allarme nella testa di Karl. Come faceva quel tipo a conoscere le condizioni di salute della moglie ?

    «Ci conosciamo ?» domandò Karl.

    «No, ma io so cui è Lei e cosa fa per vivere».

    «Chi è lei e cosa vuole da me ?»

    «Diciamo che sono una persona in grado di aiutarla in questo momento difficile. Ho anche grosse risorse finanziarie, che potrebbero tornarle molto utili, nel caso in cui la cura a cui si è sottoposta sua moglie dovesse fallire».

    «Che cosa vuole da me ? Mi lasci in pace e se ne vada.»

    «Ascolti prima quello che ho da dirle e poi me ne andrò per la mia strada. Lei è la sola persona in grado di darmi un certo dossier, custodito negli Archivi Nazionali. Io voglio quel dossier. In cambio della sua collaborazione le darò una considerevole cifra, con la quale potrà pagare le migliori cure e magari godersi un po’ la vita. Decida lei il prezzo».

    «E' forse impazzito ? Io sono un funzionario pubblico, non sono un traditore. Potrei denunciarla e farla arrestare».

    «Vero, ma perderebbe una grande occasione. Quello che le sto proponendo è un affare che porterà benefici ad entrambi. Ricordi poi che la sua decisione potrebbe condizionare anche la possibilità di sopravvivenza di sua moglie. In ogni caso questo è il mio biglietto da visita e questo è il numero del dossier custodito negli archivi nazionali. Buonasera».

    Il tizio lasciò sul tavolo il biglietto da visita ed un foglietto sul quale compariva la sigla "SL-41" che non fu difficile da identificare come uno di quelli che erano usati per classificare i documenti coperti dal massimo livello di segretezza.

    Erano poche le persone all'interno del suo ufficio a godere di un nulla osta di segretezza di quel livello ma Karl era tra quelli.

    Negli Archivi di Stato erano custoditi documenti che non avrebbero mai dovuto vedere la luce. Sarebbe stato meglio che fossero stati distrutti o bruciati.

    Il livello di pericolosità che si celava dietro a quei documenti era motivo di preoccupazione da parte delle autorità.

    Per questo motivo erano stati riposti in una camera blindata, il cui accesso era consentito solo a personale autorizzato e passando diversi controlli di sicurezza.

    Una persona senza l'idoneo nulla osta non avrebbe avuto nessuna possibilità di accedervi.

    Un altro problema era la difficoltà nel far uscire quei documenti dalla stanza blindata.

    Chi vi entrava veniva controllato minuziosamente sia all'ingresso che all'uscita.

    Non era consentito portare macchine fotografiche o cellulari con fotocamera all'interno, ne tantomeno hard disk o chiavette usb.

    I documenti potevano essere solo consultati o duplicati, solo se autorizzati dalle massime cariche dello Stato. Cosa ancora più importante, era che quei documenti non dovevano mai uscire dalla camera blindata, per nessun motivo.

    Karl guardò ancora una volta il foglietto con la sigla del dossier, domandandosi cosa mai avesse di così importante da dover rischiare la prigione.

    Ormai aveva preso la decisione e non poteva più tornare indietro.

    Aveva da tempo imparato a falsificare la firma del ministro degli interni, che non era mai presente per impegni istituzionali.

    Prese uno dei moduli di autorizzazione e lo compilò minuziosamente, apponendo infine la firma contraffatta.

    Prese un lungo respiro e chiuse gli occhi per qualche secondo, pensando a quello che stava per fare. Quando gli sembrò di essersi tranquillizzato, si alzò dalla sedia ed uscì dall'ufficio.

    Capitolo 2

    Mentre si stava dirigendo verso la camera blindata Karl ripensò al piano per far uscire il dossier da là dentro.

    Il piano era azzardato e poteva fallire ancor prima di poterlo attuare.

    Se il dossier fosse stato troppo voluminoso, non avrebbe potuto nasconderlo in nessun modo.

    Quando era tornato a casa, aveva preso ago e filo ed un grosso pezzo di stoffa ed aveva cucito, nel retro della giacca, una tasca sufficientemente grande per farci stare una ventina di fogli.

    Aveva controllato più volte che non ci fossero difetti alla giacca, visibili dall'esterno.

    Era indispensabile se voleva che il suo piano avesse successo.

    In ufficio aveva voluto ricontrollare per l'ennesima volta che la tasca fosse ben nascosta e che gli eventuali fogli del dossier fossero ben celati al suo interno.

    Durante il tragitto sentiva il suo cuore pulsare troppo velocemente. Si dovette fermare a prendere fiato ed ad asciugarsi il sudore dalla fronte.

    Le mani continuavano a tremare e questo non era una buona cosa.

    Per fortuna il corridoio era quasi deserto ed a meno di un paio di persone che aveva incrociato, troppo impegnate per accorgersi della sua presenza, non aveva incontrato altri colleghi.

    Ad un paio di metri c'era una porta che indicava la toilette.

    Vi entrò un attimo per darsi una calmata.

    Il lavoro di spia non faceva proprio per lui. Si appoggiò con le mani al lavandino e aprì l'acqua.

    Si guardò alo specchio e si rese conto di essere molto pallido. Doveva assolutamente calmarsi, altrimenti la guardia all'ingresso si sarebbe potuta insospettire.

    Si sciacquò il viso e si diede una veloce rassettata ai capelli.

    «Pensa a Sophie. Quello che stai per fare è per lei», pensò.

    Quando si sentì più calmo, uscì dal bagno ed andò con passo deciso verso la sua meta.

    Quando arrivò alla camera blindata, vide che di guardia c'era una sua vecchia conoscenza.

    Questo poteva essere un vantaggio, magari non sarebbe stato così minuzioso nei controlli di routine.

    «Ciao Hans, come stai ? E' un po’ che non ci vediamo allo stadio», disse alla guardia.

    «Ciao Karl , ho avuto qualche grattacapo a casa, ma adesso è tutto risolto. Piuttosto ho sentito di Sophie, mi spiace terribilmente. Come sta adesso ?»

    «E' in ospedale. Stanno tentando una cura sperimentale, ma le cose non sembrano andare per il verso giusto. Forse è solo questione di tempo e magari tra qualche giorno potrebbe migliorare. Per il momento aspettiamo gli sviluppi e vediamo come va. Per fortuna è una donna forte e non si lascia abbattere. Io nelle stesse condizioni non so proprio come avrei reagito».

    «Mi spiace davvero tanto. E' una donna meravigliosa. Portale i miei saluti quando la vedi».

    «Sarà fatto,grazie tante del tuo interessamento. Le farà sicuramente piacere».

    «Cosa ti porta qui da noi nella profondità degli inferi», disse la guardia.

    «Ah, già scusa. Ho sempre in testa Sophie e mi sono dimenticato di darti il modulo per un dossier che devo controllare».

    Karl porse il modulo con la firma falsificata ed attese che la guardia lo controllasse.

    «Mi sembra tutto a posto. Vedo che è il gran capo in persona che vuole che lo controlli. Le regole le conosci. Hai dei dispositivi di memoria o delle videocamere ? Te lo devo chiedere per prassi».

    «Certo, nessun problema. Comunque no, non ho niente del genere. Se vuoi controllare, fai pure».

    «No, mi fido. Passa pure sotto il metal detector».

    Karl passò sotto la macchina senza che scattasse alcun allarme.

    La guardia riconsegnò il modulo a Karl perché lo potesse consegnare a sua volta all'archivista all'interno della camera blindata.

    Porse a Karl una specie di tablet ed una penna ottica.

    «Va bene. Firma qua e metti l'orario d'ingresso. Quando hai finito ricordati che devi firmare anche l'uscita».

    Questa era una novità.

    In passato gli era già capitato di andare nei sotterranei dove c'era la camera blindata, ma le firme d'ingresso ed uscita venivano poste su uno specifico registro cartaceo.

    «Vedo che vi siete evoluti anche quaggiù», disse cercando di simulare un po’ d'ironia.

    «Cosa vuoi farci. La tecnologia ormai arriva ovunque. Ci hanno dotato di tablet collegati direttamente con i server della sicurezza informatica. In questo modo ci hanno detto di avere il controllo in tempo reale di chi entra e chi esce. Visto il contenuto della camera, hanno rafforzato gli standard di sicurezza. Non so se siano leggende ma si dice che alcuni documenti custoditi là dentro potrebbero scatenare la terza guerra mondiale. Dai retta a me è meglio non scoperchiare quel vaso di Pandora».

    «Non ti facevo così disfattista. Ho visto alcuni documenti ma ti garantisco che non sono così terribili. Più che altro sono documenti su operazioni ed accordi segreti avuti con alcuni politici e paesi stranieri. Non ho mai sentito parlare di documenti così catastrofici».

    «Sarà come dici, ma io non mi fido. Se il livello di sicurezza è così elevato un motivo ci sarà, non ti pare ?»

    «Va bene, come vuoi tu. Posso entrare adesso ?»

    «Non ancora. Metti per favore la mano sullo scanner. E' un nuovo sistema di rilevamento delle impronte digitali. Quando vedi la luce verde allora potrai entrare».

    Karl fece come gli era stato detto ed appoggiò la mano destra sull'apposito schermo.

    Una riga luminosa blu cominciò a scannerizzare le sue impronte. Pochi secondi dopo lo schermo divenne verde e la porta d'ingresso si aprì.

    «Ci vediamo più tardi», disse alla guardia entrando.

    Quando fu dentro la porta alle sue spalle si richiuse automaticamente.

    Si avvicinò alla scrivania dove stava lavorando ad un terminale una donna che avrà potuto avere quasi sessant'anni.

    «Mi dia il modulo di autorizzazione per favore». Disse senza neanche alzare gli occhi dallo schermo.

    Karl porse il documento alla donna che lo guardò con attenzione e poi alzò finalmente gli occhi verso Karl.

    «Perché vuole vedere questo documento ?» chiese la donna.

    «Mi spiace ma sono informazioni riservate».

    «Attenda qua, vado a prenderlo».

    La donna si alzò dalla sua scrivania e si allontanò verso una serie di scaffali sui quali erano riposte centinaia di scatole, tutte perfettamente ordinate.

    Mentre stava aspettano che la donna tornasse, Karl diede uno sguardo allo schermo del computer appoggiato sulla scrivania.

    A video c'era la sua scheda completa, con tanto di fotografia, impronte digitali e dati anagrafici.

    Era proprio vero che dall'ultima volta che ci era venuto, le misure di sicurezza si erano intensificate.

    La cosa lo preoccupava molto.

    Aveva contato sul fatto che se mai fosse stato scoperto sarebbe passato del tempo sufficiente per scomparire con Sophie ma ora questa certezza vacillava.

    La tecnologia lo avrebbe potuto inchiodare nel giro di pochissimi minuti.

    Le mani stavano ricominciando a tremare.

    Doveva assolutamente calmarsi prima che la donna tornasse con il dossier.

    Ricominciò a pensare a Sophie e questo lo aiutò a distendere i nervi.

    Dopo alcuni minuti la donna fu di ritorno con in mano un plico di fogli racchiusi in una piccola cartella di cartone marrone, sulla quale era riportato la sigla di identificazione "SL-41".

    Finalmente le cose sembravano andare per il verso giusto.

    Il dossier non era voluminoso e lo avrebbe potuto nascondere facilmente nella tasca della giacca.

    «Là in fondo c'è una scrivania. Può sedersi laggiù e consultare il suo dossier senza essere disturbato. Quando ha finito lo riporti qui da me. Credo che sappia già come funziona. E' proibito duplicare le informazioni senza che mi venga comunicato cosa intende duplicare. Può comunque leggere quello che c'è scritto e prendere degli appunti se vuole. Se le servono delle copie dei documenti dovrà richiederle direttamente a me, ma credo che dovrà prima tornare con l'apposito modulo firmato dal ministro. Ora la lascio al suo lavoro».

    La donna era stata molto categorica. Le regole erano molto rigide e lei le avrebbe fatte rispettare.

    Karl prese il plico e si accomodò alla scrivania che gli aveva indicato la donna.

    Si tolse la giacca e l'appoggiò sulla scrivania in modo tale che coprisse gli incartamenti del dossier.

    Blummen si trovò a pensare quale potesse mai essere il significato di quella strana codifica sul dossier.

    Prese il plico facendo in modo di appoggiarlo nel verso giusto, in modo da sostituirne le pagine senza essere scoperto.

    Appena tolse i primi fogli dalla cartelletta in cui erano racchiusi gli venne quasi un colpo.

    In ognuna delle pagine c'era la classica svastica nazista che identificava i documenti come risalenti alla seconda guerra mondiale.

    Si chiese in quale pasticcio si stesse cacciando e perché quei documenti fossero

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