Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le ferite del cuore: Harmony Bianca
Le ferite del cuore: Harmony Bianca
Le ferite del cuore: Harmony Bianca
E-book182 pagine1 ora

Le ferite del cuore: Harmony Bianca

Valutazione: 5 su 5 stelle

5/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Aurora: Tornata a casa dopo un terribile incidente, ho bisogno di tempo per guarire da tutte le mie ferite, soprattutto quelle dell'anima. Ma non posso farcela da sola, ho bisogno di aiuto e l'unico in grado di darmelo è Beau, il medico del paesino in cui vivo e mio primo, grande amore.

Beau: Ho perso mia moglie e sto crescendo mia figlia da solo. Non avevo bisogno che una donna venisse a stravolgermi la vita, soprattutto una donna come Aurora. Non sono ancora pronto a innamorarmi di nuovo, ma il tempo trascorso insieme a lei ha risvegliato sentimenti e desideri che avevo soffocato troppo a lungo. Possibile che sia proprio Aurora la donna in grado di riportare la felicità nella mia famiglia?

LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2018
ISBN9788858978436
Le ferite del cuore: Harmony Bianca
Autore

Molly Evans

Tra le autrici più amate e kette dal pubblico italiano.

Autori correlati

Correlato a Le ferite del cuore

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Le ferite del cuore

Valutazione: 5 su 5 stelle
5/5

1 valutazione0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le ferite del cuore - Molly Evans

    successivo.

    1

    Che cosa l'aveva spinta a tornare nella sua cittadina? Aurora Hunt non lo sapeva. Quando se n'era andata, aveva immaginato che avrebbe scoperto come sopravvivere, come trovarsi un nuovo lavoro, crearsi una nuova vita.

    Però, dopo che era stata buttata a terra da una serie di eventi imprevedibili, aveva rinunciato, si era arresa, ed era tornata alla casa della sua infanzia, nella Pennsylvania occidentale, per leccarsi le ferite. Ferite che l'avevano sfregiata dentro e fuori.

    Nulla in questa vastità selvaggia nel cuore dei monti Appalachi era cambiato, in duecento anni. Certo, le auto vantavano modelli più nuovi, i contadini aravano campi diversi, e c'erano anche più case, costruite dove un tempo si trovavano i pascoli, ma il cuore, la gente, la cultura, erano rimasti gli stessi, ancorati con forza alle medesime tradizioni, e questo era stato il motivo principale per cui se n'era andata. Per poter crescere era necessario affrontare dei cambiamenti, e lei aveva deciso di farlo dove c'erano più possibilità rispetto a questo villaggio remoto.

    Ma a causa di un terribile incidente d'auto era tornata al punto di partenza. Era successo tutto in un attimo, una sterzata improvvisa, e la sua vita aveva preso una strada che mai avrebbe immaginato. E così era stata costretta a tornare da sua madre. Per ora.

    Era una situazione temporanea. Finché non avesse ripreso le forze e non avesse capito cosa fare della propria vita. Poche settimane al massimo. Stare con sua madre a tempo indeterminato era fuori discussione.

    Uscire dalla vettura non le fu semplice quanto entrarci. Quasi ogni movimento le era difficile, ma era grata per quel dolore. Significava che almeno aveva ancora le forze per potere andare avanti. Però, niente era come prima. Niente.

    Era arrivata fino a lì per incontrare un vecchio amico affinché l'aiutasse a rimettere insieme la propria vita, un osso dolente dopo l'altro.

    L'indicazione della clinica medica locale era una semplice freccia rossa che segnalava una porta. Fino a qualche mese prima, non c'era alcuna clinica medica a Brush Valley. La più vicina si trovava a diversi chilometri di distanza, perciò era comprensibile che l'edificio non avesse l'aspetto di una florida attività.

    Quella costruzione era appartenuta a un veterinario. Dei segni scoloriti sulla parete all'ingresso indicavano cani a sinistra e gatti a destra. Non sapeva dove andare, ma, visto che era più una tipa da cani, infilò la porta di sinistra. Fortunatamente, entrambe le direzioni portavano nella sala d'attesa, che era quasi deserta.

    «Buongiorno, posso aiutarla?» Una donna in avanzato stato di gravidanza sorrise e le porse un foglio da firmare.

    «Sì, ho un appuntamento.»

    «Okay, benissimo.» Guardò il nome che Aurora scrisse sul modulo, poi si accigliò. «È parente di Sally Hunt?»

    «Sì, è mia madre.»

    «Oh, allora deve essere cresciuta qui!» Le tese la mano. «Sono Cathy Carter. Credo di essere andata a scuola poco tempo dopo di lei.»

    «Oh... molto piacere di conoscerla.»

    Sebbene Aurora non ricordasse tutti quelli che avevano frequentato la sua scuola più o meno nel suo stesso periodo, la donna aveva un aspetto vagamente familiare, con i suoi grandi occhi scuri e i lunghi capelli castani.

    «Sono sicura che non si ricorda di me.» Si toccò la pancia. «Ero molto diversa, allora.»

    Aurora rise. «Non lo eravamo tutti? Piacere di conoscerti... di nuovo.»

    «Siediti, il dottore sarà da te tra pochi minuti. C'è solo un paziente prima.» Cathy annuì a una giovane donna che attraversava con un bambino la piccola sala d'aspetto.

    «Nessun problema.»

    «Angie, perché non porti dentro Zachary che gli diamo un'occhiata?» A fatica, Cathy si alzò dalla sedia e seguì la mamma e il neonato nel primo studio.

    Aurora si dispiacque per la donna, che sembrava stesse portando un'anguria sotto ai vestiti. Ma anche se Cathy sembrava a disagio, non si poteva dire che non fosse felice.

    Poiché stare seduta le procurava troppo dolore, Aurora si alzò e percorse la stanza per tutta la lunghezza. Mentre camminava avanti e indietro, notò una bacheca, con avvisi per i genitori, e un tavolo pieno di riviste per pensionati. C'era una zona con giocattoli per bambini, ma niente per nessun altro.

    Era un debole tentativo per intrattenere chi aspettava. Oggigiorno, con tutti i dispositivi elettronici che la gente collegava alle prese di corrente, l'angolo sembrava spoglio senza nemmeno un caricabatterie a disposizione.

    «Aurora?» Cathy la chiamò alla reception. «Prendi le tue cose, posso farti accomodare in un'altra stanza, mentre Beau, voglio dire il dottor Gutterman, termina la visita in corso.»

    «Oh, puoi chiamarlo Beau. Siamo dalla stessa parte della barricata, in fondo.»

    «Giusto. Anche tu sei un'infermiera, non è vero?»

    «Be', sì» almeno, lo era stata. Non voleva dire di non esserlo più solo perché ora era in una fase transitoria. «Al momento non lavoro, ma immagino che, una volta che si diventa infermiere, lo si resta per sempre, giusto?»

    «Sì, siamo un po' come i Marines, in questo senso. Non credi?»

    Cathy le fece strada e indicò una bella stanza in cui poteva accomodarsi. Dopo un veloce controllo, lasciò Aurora ad aspettare Beau.

    «Non chiudere la porta, per favore. Sono un po' claustrofobica ultimamente.»

    «Oh, certo. Beau arriverà subito.» Cathy si premette una mano sulla schiena, e un'espressione di dolore le attraversò il viso.

    «Stai bene?»

    «Sì, solo che in questi giorni faccio più fatica.»

    «Cavolo! Quando è previsto il termine?» Quel dolore alla zona lombare non era un buon segno. Il travaglio poteva iniziare in qualunque momento.

    «Ancora qualche settimana, ma mi sento come se stessi per scoppiare.» Cathy si fermò sulla porta e sembrò che fosse sul punto di svenire. «Sono giorni che ho le contrazioni di Braxton Hicks.»

    Con l'istinto dell'infermiera, Aurora si spostò velocemente accanto a Cathy e iniziò a esaminare la donna. Non era specializzata in ostetricia, ma sapeva riconoscere il gonfiore che aveva alle mani e al viso, il rossore sulle guance e un leggero velo di sudore sul viso e sul collo.

    «Cathy, non credo che siano contrazioni di Braxton Hicks. Penso sia meglio che tu ti sieda.»

    «Sì, lo penso anch'io.»

    Senza lasciare la sua mano, Aurora prese una delle sedie a rotelle che erano nella stanza e l'avvicinò alla donna. «Ecco, mettiti comoda.»

    «Cavoli.» Cathy si lasciò cadere sulla sedia, poi si strinse l'addome e si piegò in avanti con un gemito. «Credo di essere in travaglio.»

    Respirò a fondo e divenne ancora più rossa in viso.

    «Oh, no! Mi si sono appena rotte le acque.»

    Il liquido amniotico che proteggeva il feto gocciolò a terra. Il travaglio sarebbe stato rapido e impegnativo.

    «Fammi chiamare Beau.»

    Aurora attraversò di corsa la sala d'attesa e bussò alla porta della stanza delle visite.

    «Dottor Gutterman, c'è un problema qui fuori!»

    Beau spalancò la porta accigliato, per poi rimanere sorpreso e illuminarsi con un sorriso. «Aurora! Cosa...?»

    «Cathy sta entrando in travaglio. Adesso.» Cercando di non farsi prendere dal panico, lasciò la maniglia.

    «Oh! Sapevo che era vicina al parto, ma non così tanto!» Beau si girò verso la madre del paziente. «Mi dispiace, Angie. Ti farò una ricetta per Zac appena possibile. Chiamami se tra qualche giorno non migliora.»

    Senza ulteriori convenevoli, Aurora lo afferrò per il braccio e lo trascinò nell'atrio. «Quando ti ho detto adesso, intendevo proprio ora

    «Oh! Vedo.»

    Beau si diresse nell'altra stanza e guardò la propria infermiera sulla sedia a rotelle che lottava con il dolore.

    «Oh, cavoli! È da tanto che non faccio nascere un bambino.» Diede una rapida occhiata ad Aurora. «Sei sicura che stia per averlo adesso?»

    «Sì» rispose Aurora mentre Cathy urlava di nuovo.

    «Sarà meglio chiamare il 911.»

    «D'accordo, ma il bambino potrebbe nascere prima dell'arrivo dell'ambulanza. Sembra una cosa imminente.»

    Sebbene Aurora avesse fatto diversi turni in sala parto, tuttavia era da un po' che non assisteva a un parto.

    «No! Non voglio averlo qui. Non posso!» Cathy ansimava, gli occhi da cerbiatto spalancati per la paura, mentre guardava Aurora in cerca di aiuto. «Io e mio marito avevamo dei piani da rispettare.»

    «Tesoro, quei piani stanno per andare in fumo» disse Aurora. «Dov'è tuo marito?»

    «A casa.»

    «Farai meglio a chiamarlo» le consigliò Aurora, e guardò Beau che telefonava al Pronto Soccorso perché mandassero un'ambulanza il più velocemente possibile. Solo che in quel paese, nulla poteva essere immediato o veloce, visto che si trovavano a chilometri di distanza da qualunque altro centro abitato.

    «Okay, okay...» Cathy inspirò a fondo e si appoggiò alla sedia, mentre il dolore diminuiva. Prese il cellulare dalla tasca del camice, digitò sullo schermo, e se lo portò all'orecchio. Mentre guardava Aurora in cerca di rassicurazione, il suo volto fu attraversato da un'espressione accigliata. Fece un profondo respiro. «Tesoro? Il bambino sta per nascere!»

    Aurora prese il telefono prima che Cathy lo frantumasse tra le mani. «Sua moglie è alla clinica, ed è entrata in travaglio. Farà meglio a venire qui subito, se vuole assistere all'evento.»

    Chiuse la comunicazione e le riconsegnò l'apparecchio. Che il marito li avesse raggiunti o no, la priorità di Aurora era aiutare quella donna e il suo bambino.

    «Cathy, dobbiamo prepararti.»

    «E l'ambulanza?» Con l'aiuto di Beau e Aurora, si sollevò dalla sedia a rotelle, facendosi forza su di loro.

    «Sai bene quanto me che ci vorrà mezz'ora prima che arrivi qui, e sembra che il tuo bambino abbia parecchia fretta di nascere.»

    Beau si tolse il camice e arrotolò le maniche, quindi si lavò mani e braccia al lavabo, pronto a fare tutto il necessario per soccorrere la propria infermiera e il suo piccolino.

    Sapeva che eroi non si nasce. Si diventa. In situazioni come quella.

    «Aurora, è bello rivederti, amica mia, ma sembra che prima di salutarci a dovere, dovremo dare il benvenuto a un nuovo membro della comunità nei prossimi minuti. Sei pronta?»

    «Certamente.» Non ci sarebbe stato nulla – neppure il dolore che sentiva alla schiena – che avrebbe potuto interferire con la sua determinazione a salvare una vita o due, quel giorno.

    «Fantastico. Mettiamola sul lettino e vediamo cosa succede.»

    Aurora notò che Beau aveva la mandibola contratta. L'unica cosa che sapeva di lui era che, quando sua figlia era venuta al mondo, sua moglie era morta. E ora quel parto improvviso stava ovviamente risvegliando quel ricordo. Si stava sforzando per tenerlo a bada? Non ci aveva pensato fino a quel momento, e provò una fitta di dolore per lui. Quei ricordi dovevano essere incredibilmente strazianti, eppure Beau non lo dava a vedere, e stava facendo quanto era necessario in quel momento.

    «Oh, no. Oh, no.» Cathy si piegò e si portò una mano all'addome, stringendo le dita di Aurora.

    «Beau, non credo che il lettino funzionerà. Non è adatto. E se mettessimo delle coperte e dei lenzuoli sterilizzati sul pavimento e la facciamo accovacciare?»

    «Okay. Buona idea.» Beau prese delle coperte e due confezioni sterili di lenzuoli.

    In pochi minuti, trasformarono la stanza in una sala parto improvvisata. Questo andava ben oltre quello che si era aspettata di fare quel giorno, ma sapendo che non c'era altra scelta, e confortata dal fatto di avere Beau al proprio fianco, era certa che insieme ci sarebbero riusciti.

    «Hai gli strumenti chirurgici, in caso dovessero servirci?» Aurora non voleva pensare all'eventualità di dover praticare un cesareo, ma prepararsi al peggio e sperare nel meglio aveva sempre funzionato.

    «Sì, sono lì.» Beau indicò un pensile sopra al lavabo. «È un kit generico, dovrebbe esserci tutto quello che ci serve.»

    «Respira, Cathy. Respira.» Aurora cercava di mantenere una voce calma e di non far percepire alla donna l'ansia che la pervadeva. «Ora ti toglierò le scarpe e i leggings.»

    Cathy annuì. «Adesso comunque va meglio.» Fece qualche respiro profondo, il sudore che le inumidiva il viso. «Beau, non hai intenzione di licenziarmi perché ho partorito nel tuo ufficio, vero?»

    Beau rise rumorosamente e le diede una rassicurante pacca sulla spalla, i suoi occhi non erano più cupi come pochi istanti prima.

    «No. Anche se devo ammettere che si sta rivelando uno dei giorni più interessanti che abbia mai avuto.»

    «B-e-n-e!» Un'altra contrazione ridusse Cathy quasi in ginocchio.

    «Ti mettiamo giù, prima che tu cada.» Aurora posò le mani sui fianchi di Cathy e la aiutò piegarsi sulle ginocchia, poi la fece sedere all'indietro, in modo che Beau potesse controllare e capire se il bambino era già pronto per uscire.

    Nella sala d'attesa una porta sbatté.

    «Abbiamo compagnia.»

    «Cathy! Cathy! Dove sei?» urlò una voce maschile, accompagnata da passi concitati.

    «Siamo nella stanza alla tua destra, Ron!» urlò Beau da dietro la porta.

    «Oh, mio Dio. Sei in travaglio. Allora non era uno scherzo.» Ron, il marito di Cathy, era sulla porta, ansimando per la fatica, gli occhi spalancati mentre osservava la

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1