Una sorpresa per l'infermiera: Harmony Bianca
Di Sue Mackay
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Info su questo ebook
L'infermiera Molly O'Keefe è pronta a ricominciare daccapo, ma non è sicura che lasciare il dottor Nathan Lupton fare irruzione nella sua vita sia una buona idea! Dopo essersi affrancata da un passato doloroso, Molly non sa se potersi fidare dei propri sentimenti, specialmente dal momento che Nathan vuole disperatamente quella famiglia che lei potrebbe non essere in grado di dargli. Ma l'attrazione tra loro è innegabile ed esplode in una notte di passione a cui nessuno dei due è in grado di opporsi. Il risultato di quell'incontro è una sorpresa inaspettata e travolgente e potrebbe legarli l'uno all'altra per sempre!
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Una sorpresa per l'infermiera - Sue Mackay
successivo.
1
Credici finché non diventa vero.
Certo. Era quello che aveva fatto sempre.
Impegnati a fondo. Ricordati di quello che ti ha consegnato ieri il corriere.
L'ultimo nodo era stato sciolto. Era libera. Di nuovo single dopo due anni di attesa. Era il primo giorno della sua nuova vita, e sarebbe andato tutto bene.
Da tempo cercava di costruire una nuova versione di sé, più saggia ma non così maledettamente prudente, e la sentenza del tribunale le aveva dato la spinta necessaria. I piccoli progressi che era riuscita a ottenere erano positivi, ma era arrivato il momento di allungare il passo, di puntare in alto, di non farsi mai più mettere i piedi addosso. A partire da subito.
Molly O'Keefe abbozzò una specie di sorriso e si girò a guardare negli occhi Nathan Lupton. Sussultò. Quegli occhi color caffè lanciavano scintille. Verso di lei?
«Cosa c'è che non va?» chiese.
Era quello il modo di non farsi mettere i piedi addosso? Provaci ancora.
«C'è qualcosa che devo sapere?» insistette.
«Ho passato un mucchio di tempo al telefono alle cinque e mezza del mattino per allertare gli specialisti per un paziente che adesso stanno portando in un altro Pronto Soccorso.»
«L'uomo trovato steso sui binari?»
Di sicuro non ce l'aveva con lei. Sarebbe stato ridicolo. Il battito del suo cuore rallentò. No, lei non c'entrava. Certo, lui era arrabbiato. Ma non con lei.
«Mi chiedo perché l'ambulanza sia stata indirizzata a un altro ospedale quando il nostro era il più vicino.»
Nathan la stava guardando, anche se non era sicura che la vedesse davvero. «È qualcosa che voglio chiarire. Non deve più succedere.» Era furibondo e chi poteva biasimarlo dopo che si era dato tanto da fare quando era arrivata la prima chiamata per quel paziente? «Non potresti dare un'occhiata ad Archie Banks?» le abbaiò.
Era strano come Molly non avesse provato timore per lui al suo primo giorno di lavoro al Pronto Soccorso del Sydney General, quando Lupton le aveva ringhiato di portargli il defibrillatore che lei stava già spingendo lungo il reparto. Poteva non piacerle un granché, anche se a essere precisi non lo conosceva che come medico, ma non era mai sulla difensiva nei suoi riguardi e non la spaventava più di tanto la sua scontrosità. E questo doveva pur voler dire qualcosa. Ci avrebbe pensato più tardi. Al momento doveva dargli una risposta per calmarlo, perché altrimenti non sarebbe stato di alcun aiuto.
«Già fatto. Ero venuta a sentire se potevi dargli un'altra occhiata. Il dolore aumenta invece di diminuire.» Nathan aveva somministrato al piccolo un potente antidolorifico solo mezz'ora prima.
Molly ottenne l'effetto di calmarlo, ed era ovvio. Da quello che aveva visto, Nathan adorava i bambini. «È arrivato qualche risultato dal laboratorio?»
«No. Ho appena controllato» aggiunse ansiosa, scoccandogli un'occhiataccia nel caso lui avesse qualcosa da ridire.
Lui sollevò le sopracciglia scure in quel modo indisponente che riusciva sempre a irritarla. Poi sospirò e le concesse un sorriso. «Scusa, non è colpa tua se quel paziente è stato portato da un'altra parte dopo che mi sono fatto in quattro per accoglierlo.»
Come giustificazione non era il massimo, ma almeno ci aveva provato e questo la sorprese. «Non c'è problema.» Niente di cui lui dovesse venire a conoscenza, almeno. Lei era piena di problemi, ma nessuno riguardava il lavoro. L'ospedale era il suo luogo sicuro. «Archie?»
«Ci sto andando» disse lui allontanandosi a schiena dritta e mascella sporgente e lei cominciò a sentirsi meno tesa.
«Brava, non lasciarti irritare da lui» le mormorò Vicki, dandole di gomito.
«Sei sicura?» rise lei, incapace di distogliere lo sguardo da Nathan nonostante cercasse di concentrarsi su quello che Vicki aveva da dirle.
«Certo» rispose la sua collega. «Sei ancora decisa a venire alla colazione?»
«Non ci rinuncerei per niente al mondo.» Sottolineò ogni parola. Aveva dovuto lottare contro la sua forte riluttanza a socializzare e a sentirsi troppo a proprio agio perché temeva sempre di essere respinta da gente che si aspettava da lei più di quanto fosse disposta a concedere. All'inizio aveva esitato ad accettare l'invito, poi aveva deciso di andare. Dopotutto Vicki si era mostrata amichevole e collaborativa fin da quando avevano cominciato a lavorare insieme, due mesi prima.
Provò un brivido di eccitazione che le riscaldò il cuore. I suoi colleghi si erano mostrati tanto gentili da commuoverla a volte, anche quando lei non si fidava abbastanza di loro da concedere qualcosa di se stessa. Uscendo e inserendosi nel loro gruppo, forse avrebbe potuto vincere il senso di solitudine che l'attanagliava giorno e notte. La sua riservatezza aveva un costo che forse poteva essere azzerato se fosse riuscita a sentirsi nuovamente felice.
«Molly? Puoi venire per favore?» Nathan, che era tornato calmo ed efficiente, era riapparso sulla porta di uno dei box per le visite.
Molly lo guardò e ignorando il turbamento che lui le procurava annuì. «Occorre il kit per le flebo?» chiese con voce neutra. La situazione era tornata normale.
Il sorriso di Nathan sembrava sincero e questo era ancora più inquietante. «Sì. Voglio che venga controllata la sua funzionalità epatica mentre aspettiamo l'autorizzazione al ricovero.»
Il ragazzo, dimesso una settimana prima dopo un'appendicectomia, era tornato lamentando dolori intestinali e al torace. Nathan sospettava una setticemia e aveva cominciato a somministrargli antibiotici per via endovenosa. Al momento stavano aspettando che fosse ricoverato in Pediatria.
«Ciao, Archie. Ora ti laveremo e poi ti procureremo un pigiama asciutto» disse Molly entrando nel box. Divorato com'era dalla febbre, Archie doveva essere continuamente asciugato dal sudore.
Lui guardò trepidante il kit per le flebo. «Basta che non mi metti un altro ago.»
«È seccante, vero?» disse Nathan mentre gli fissava al braccio sottile il laccio emostatico. «Però potrai raccontare a tutti i tuoi amici quanto sei stato coraggioso.»
Molly passò la spugna sulle gambe del bambino sperando di distrarlo. «Spero che tu non soffra il solletico.»
«La mamma mi fa il solletico.» Il piccolo fissò Nathan con aria preoccupata.
«Ecco. Tutto fatto.» Pochi secondi dopo Nathan le passò la provetta di sangue sulla quale avrebbe apposto l'etichetta con nome e data.
«Bene.» Lei si diresse verso la postazione informatica per chiedere di portare il campione di sangue in laboratorio.
Nathan la seguì. «Come ti trovi con noi?»
«Bene. Mi piace il lavoro e mi trovo a mio agio con i colleghi.» Perché quella domanda? Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Alla sua mente si affacciò il solito dubbio di essere fuori posto.
«Ottimo. Non ci piace cambiare personale troppo spesso.» Nathan aveva un tono fin troppo amichevole. «Allora, cosa fai quando non sei qui al lavoro?»
Come rispondere senza rivelare troppo di sé?
«Dove vivo ci sono sempre un sacco di cose da fare e persone di cui occuparsi e poi vado a fare shopping in centro.» Le stavano uscendo di bocca solo delle banalità. «E mi piace camminare.» Sicuramente una menzogna, perché usciva molto raramente se non per andare al lavoro.
Le sembrò che lui si fosse pentito della domanda. Bene, così non le avrebbe chiesto altro. Sbagliato. «Sembra che tu sia abbastanza libera. Così avrai il tempo di venire alla nostra grigliata per il solstizio di Natale.» Nathan stava alludendo all'abitudine di un certo numero di Australiani di origine inglese di celebrare con un party l'inizio dell'inverno nell'altro emisfero. «Qui non vedo il tuo nome» disse indicando una lista sul tavolo.
Il motivo era che lei aveva deciso di non andare. Non si sentiva pronta. Passare insieme agli altri un'ora per una colazione era un conto, partecipare a una festa era ben diverso. Anche se avrebbe dovuto ricominciare a socializzare adesso che era libera. «In realtà non ci ho pensato.» Che scusa poteva trovare? Cercò inutilmente di sbirciare nella lista che Nathan stava guardando.
«Mancano ancora quindici giorni, ma mi fa piacere sapere in anticipo chi viene. Porta piatto e beveraggi. Il cibo è disponibile.» Le toccò la spalla con la penna che aveva in mano. «Quella sera non sei di turno.»
Non era facile trovare una scusa plausibile a meno di non dirgli quanto fosse difficile per lei trovarsi in mezzo a un mucchio di gente.
«Incoraggio tutto lo staff a venire. Fra l'altro cementa lo spirito di gruppo» aggiunse.
A Molly non rimase che prendere la penna dalle sue dita, ben attenta a non sfiorarle, e aggiungere il suo nome accanto a quello di Vicki. «Ecco. Fatto.» E non aveva esitato a farlo. Era certamente un inizio per la sua nuova vita.
«Bene» osservò lui in tono definitivo. I suoi occhi color caffè la fissavano come se lei fosse un mistero che lui stava cercando di svelare. Probabilmente il fatto che avesse accettato così in fretta lo aveva sorpreso, visto che tutti sapevano del suo rifiuto di uscire con qualche collega per un cinema o una colazione.
Anche Molly si stupì della sua facilità a dire di sì e di colpo si sentì prendere da un leggero senso di euforia. «Dove si terrà il party?»
«A casa mia, a Coogee» rispose lui cominciando a leggere la cartella di un paziente.
«Ah» si lasciò sfuggire lei. Il cuore aveva ricominciato a martellarle nel petto e aveva la bocca secca. Come aveva fatto a non accorgersi che Nathan era bello da urlo? Probabilmente il suo rifiuto di avvicinarsi a un uomo l'aveva resa come cieca fino a quella mattina, quando si era ripromessa di darsi una smossa, costruirsi una nuova vita. Questo voleva dire cercare un nuovo amore? No, non poteva. Molly aveva imparato bene le lezioni di Paul, un uomo affascinante che le aveva giurato eterno amore. Era bastato un anno di matrimonio per far venire alla luce il vero Paul, che aveva cominciato a picchiarla ogni volta che non si mostrava d'accordo con lui, il che era un modo infallibile per farle tenere la bocca chiusa.
«La cosa ti crea dei problemi?» chiese Nathan.
«Ecco, sì.» Non era pronta. Era troppo presto. Aveva bisogno di tempo per riprendere davvero a vivere.
Lui la guardò stupito. «Perché? È normale andare a casa di qualcuno per un party.»
Imbarazzata, Molly arrossì. Aveva detto ad alta voce quello che pensava dell'invito. Però quel tizio la turbava anche se la cosa non aveva senso, dal momento che per i due mesi in cui avevano lavorato insieme l'aveva praticamente ignorato, se non per parlare di lavoro. «Certo. Naturale. Ci sarò.»
Suonò l'allarme. Codice rosso. Molly si precipitò con sollievo verso la Rianimazione e vide un uomo steso sul pavimento. Svenuto.
«Arresto cardiaco» le annunciò Vicki, che aveva cominciato a praticare il massaggio cardiaco al paziente.
Molly afferrò gli elettrodi del defibrillatore manuale e li porse a Nathan, che si era affrettato a seguirla. Poi prese il ventilatore meccanico e si inginocchiò accanto a lui.
«Dacci i dettagli» disse Nathan a Vicki mentre si preparava a impartire una scarica.
«Geoff Baxter, cinquantacinque anni. Ricoverato con forti dolori al petto. L'elettrocardiogramma ha rivelato un arresto cardiaco lieve un'ora fa. Era arrabbiato e non voleva restare sul lettino. Ha tentato di alzarsi ma è crollato a terra.»
«Chiaro.»
A un cenno di Nathan tutti si allontanarono dal paziente. Sotto l'effetto della scarica il corpo senza vita sobbalzò, ma la linea sul monitor rimase piatta. Vicki ricominciò il massaggio cardiaco e quando raggiunse le trenta compressioni Molly azionò la bottiglia con l'ossigeno.
Il tracciato sul monitor si impennò, si stabilizzò brevemente, poi divenne del tutto irregolare.
«Meglio, ma non come dovrebbe» osservò Molly. «Dobbiamo rimetterlo a letto.» Posò il ventilatore e andò a prendere una barella.
Un altro infermiere,