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Il futuro è già qui: Harmony Bianca
Il futuro è già qui: Harmony Bianca
Il futuro è già qui: Harmony Bianca
E-book162 pagine2 ore

Il futuro è già qui: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa

Prima che la sua migliore amica morisse, l'infermiera Elene Lowe aveva accettato di occuparsi di sua figlia, Aimee. Ed è per questo che adesso è in viaggio alla volta dell'Italia con un unico obiettivo in testa: trovare il padre della bambina, il chirurgo Mattia Ricco.

Mattia è sconvolto quando viene a sapere di avere una figlia, e la situazione si complica ulteriormente quando l'immediata attrazione che prova per Elene innesca un incendio che nessuno dei due sembra intenzionato a spegnere. Adesso l'unica cosa che desidera è dare alla sua bambina e alla donna che ama un motivo per restare.
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2020
ISBN9788830509276
Il futuro è già qui: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Il futuro è già qui - Sue Mackay

    successivo.

    Prologo

    «Per un pelo!»

    L'infermiera Elene Lowe rabbrividì e si passò il dorso della mano inguantata sulla fronte mentre si scostava dal tavolo operatorio sul quale giaceva il piccolo Joe Crawford di cinque anni, intrappolato in una impressionante quantità di gesso che gli avrebbe impedito ogni movimento per il prossimo futuro.

    «Sì, l'abbiamo salvato per un pelo.» Mattia Ricco, il chirurgo, corrugò la fronte. «Qualcuno potrebbe chiedere al nostro incantatore di bambini preferito di occuparsi di questo piccolo? Avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile.»

    «Certamente.»

    Una delle altre infermiere trasse un sospiro mentre lasciava la sala operatoria seguita a ruota dal resto del team.

    Bip. Il monitor cardiaco avvisò di nuovo che il cuore di Joe si era fermato.

    Mattia imprecò mentre afferrava le piastre del defibrillatore. «Allontanatevi.»

    Elene scrollò rabbiosamente la testa. «Non è giusto.»

    Il cuore del bimbo si era arrestato due volte durante la lunga operazione per ridurre le fratture alle gambe e a un braccio. E per fissare la mascella con del filo di ferro.

    Il piccolo corpo si inarcò mentre Mattia somministrava una scarica elettrica.

    Bip. Bip. Bip.

    «Te lo dico io quello che non è giusto» brontolò Mattia. «Una madre che guida nel traffico del venerdì sera con il figlio sdraiato sul sedile posteriore invece di essere assicurato al suo seggiolino.»

    Aveva ragione. Perché una madre amorevole si sarebbe dovuta comportare in quel modo? Certo, l'incidente era stato provocato da un guidatore ubriaco che aveva investito la macchina a tutta velocità, ma la donna era sicuramente colpevole di negligenza nei confronti di suo figlio. Elene deglutì il sapore amaro che le aveva riempito la bocca. Comprendeva il bisogno che aveva Mattia di sfogarsi. E visto che al momento c'erano soltanto lei e l'anestesista a sentirlo, lui non correva il rischio di un rimprovero da parte della direzione.

    «Porto Joe in Rianimazione e spiego allo staff quello che sta succedendo» gli disse.

    «Ti accompagno» borbottò Mattia. «Non penso che tu abbia bisogno di me per il tuo rapporto, visto che di solito non dimentichi mai niente, ma non voglio affidare Joe a qualcun altro prima di essere sicuro che il suo cuore abbia ripreso a funzionare a dovere.»

    Quelle parole riflettevano esattamente il pensiero di Elene. «Sì, capisco la tua riluttanza. Ma in Terapia intensiva sarà monitorato come qui. Nessuno lo perderà di vista.»

    Quaranta minuti più tardi Mattia commentò: «I segni vitali sono migliorati, ma non quanto piacerebbe a me». Si rivolse a Elene. «Caffè? Preferirei restare nelle vicinanze, casomai...»

    Non c'era da stupirsi. Assunto con contratto di dodici mesi, lo specialista ortopedico italiano riscuoteva l'ammirazione di tutto il reparto per il suo impegno e la qualità del suo lavoro. E non soltanto, ma con la sua bellezza e il suo carisma aveva affascinato ogni membro femminile dello staff, compresa Elene.

    «Preferisco il tè.»

    Elene lo seguì nella stanza dello staff vicino alla sala operatoria. Nella sua mente continuava a rivedere il viso di Joe coperto dalla mascherina per l'ossigeno e il piccolo corpo che veniva delicatamente ricomposto. Gli arresti cardiaci. Non era pronta a restare sola con i propri pensieri.

    «Non è facile essere genitori» osservò Mattia.

    «È un compito spesso proibitivo, sono d'accordo.»

    «Ma... al diavolo!» Mattia si passò le dita fra i folti capelli scuri. «Un bambino di cinque anni con un arresto cardiaco è semplicemente indescrivibile. Come avrei potuto informare i suoi genitori, se non si fosse ripreso?»

    L'accento italiano era divenuto più marcato, rendendo le parole quasi incomprensibili.

    Elene si morse il labbro. «A volte dubito di avere scelto il lavoro giusto. Non mi va di assistere al dolore e all'angoscia delle persone.» Aveva inconsapevolmente parlato italiano. Tornò all'inglese, la sua lingua materna, e aggiunse: «Sì, abbiamo salvato Joe, ma è stato ugualmente un incubo». Mise rapidamente i granelli di caffè liofilizzato in una tazza e la bustina di tè in un'altra, cercando di pensare a qualcosa di più allegro.

    «Non parlare così. Sei un'infermiera eccezionale. In questi momenti tutti siamo assaliti dai dubbi.»

    Mattia allungò la mano di fianco a lei per prendere il bricco di latte.

    «Sì, lo so» convenne Elene con un sospiro.

    Una deliziosa fragranza maschile le accarezzò le narici. Dopobarba? No, il bel mento del chirurgo italiano aveva un'ombra scura. Cercò d'indietreggiare per mettere un po' di distanza fra loro, ma urtò il petto di Mattia. Una solida parete di muscoli che colmava il camice alla perfezione. Si ritrasse di scatto e si mosse di nuovo in avanti, ma se lo trovò di fronte. La fissava con gli intensi occhi neri ed Elene credette di scorgere nelle loro scure profondità un'emozione assai simile al desiderio. Anche lui aveva bisogno di scordare le ultime due ore? Il buon senso di Elene svanì all'istante, sostituito da un'incontenibile eccitazione. Escluse tutto tranne il bisogno di stringersi contro quel fisico meraviglioso, di sentirne la forza, di scordare le terribili scene che le erano rimaste impresse nella mente.

    Mattia le aveva posato le mani sui fianchi per attirarsela più vicino. Un attimo dopo lui chinò la testa in avanti finché le sue labbra furono vicinissime, provocandola, stuzzicandola, risvegliandola dal sonno in cui era sprofondata da anni... da quando aveva lasciato il suo ex. Un sonno dal quale non aveva voluto svegliarsi per paura di commettere gli stessi errori. Ma quell'uomo era Mattia, l'oggetto del suo desiderio, anche se a volte litigava con lui per tenerlo a distanza. Da quando aveva cominciato il lavoro all'ospedale di Wellington, undici mesi prima, era ricorsa spesso a quell'espediente nel tentativo di reprimere la passione che non le dava pace.

    Questo è l'uomo con cui attualmente la tua migliore amica ha un'avventura.

    Elene si ritrasse da quelle mani e dalla bocca provocante che avrebbe potuto trascinarla su una strada senza ritorno e maledisse il giorno in cui quell'uomo aveva lasciato l'Italia per lavorare in Nuova Zelanda.

    Mattia respirò profondamente. Non staccò lo sguardo da Elene nemmeno per un attimo. La vide deglutire, gli occhi pieni di rimorso... un rimorso che ora si stava insinuando nella sua mente. Benché non si potesse parlare di una vera relazione, in quel momento lui flirtava con un'altra infermiera, Danielle. Si trattava di una semplice avventura, ma in ogni caso non avrebbe cercato un'altra donna prima della conclusione di quella storia... probabilmente alla scadenza del suo contratto, di lì a due mesi.

    Tuttavia era stato vicinissimo a baciare Elene. Troppo vicino. Aveva sentito il bisogno di scordare le immagini del piccolo Joe steso sul tavolo operatorio con le ossa rotte e il cuore in arresto. Sì, era stato vicino a baciare quella bella donna. Per un momento gli era parsa la distrazione ideale. Ma non lo era. Elene aveva fatto benissimo a ritrarsi.

    «Dimentica il caffè, vado in Terapia intensiva.»

    Il bimbo al centro dei suoi pensieri doveva trovarsi là.

    «Non ci sono problemi» mormorò Elene con un tono che in realtà suggeriva il contrario.

    Lui si fermò sulla soglia. «Ti chiedo scusa per il mio comportamento. Ho commesso un errore.»

    Sondare il terreno non significava essere insensibile ed egoista. Sapeva bene come quei difetti potessero offendere il prossimo. Non che la sua ex fidanzata lo avesse trattato in quel modo. No, aveva trovato un altra strada per tormentarlo. Tuttavia lui, nonostante il dolore che aveva provato, non si era mai vendicato sulle altre donne. In quel momento Danielle era la sua ultima conquista, così doveva dedicarsi esclusivamente a lei. Purtroppo. Perché quel quasi bacio... Non avrebbe mai conosciuto il seguito. Ma ora capiva perché Elene lo avesse inconsciamente provocato e respinto nel corso degli ultimi mesi. Era una donna calda, passionale, quindi pericolosa per il suo equilibrio. Tuttavia lui non intendeva cambiare idea a proposito delle donne e delle relazioni, anche se quella affascinante infermiera gli faceva galoppare il cuore come non mai.

    Elene deglutì di nuovo. «Se ti scusi, devo scusarmi anch'io. Non doveva accadere e certamente non succederà più. Non posso credere che tu sia stato vicinissimo a baciarmi.» S'interruppe per prendere fiato. «Probabilmente è dipeso dal bisogno di scordare le ultime due ore.»

    Danielle ed Elene erano amiche, e probabilmente si erano accordate per non rubarsi gli uomini a vicenda, pensò Mattia. Si diresse verso la porta, impaziente di andarsene e lasciarsi tutto alle spalle. «Va tutto bene, Elene. Dimentichiamo quello che è successo.» Ma come? «Che tu ci creda o meno, non voglio far soffrire Danielle. Come non lo vuoi tu.»

    Lei annuì. «Così, quando saremo insieme, riprenderemo a comportarci in modo esclusivamente professionale, senza destare il minimo sospetto.»

    Mattia non capì bene se nel suo sguardo vi fosse sollievo o delusione, ma non intendeva restare per scoprirlo. Dovevano lavorare insieme per un altro mese. L'idea di mantenere un rapporto unicamente professionale era la scelta migliore, anche se non gli andava molto a genio. Perché si trattava solo di una facciata. Da parte sua, se non altro. Voleva conoscere Elene... intimamente. Ma è l'ultima cosa che farai, vecchio mio.

    1

    «Come sarebbe a dire? Avete assegnato ad altri la mia stanza?» Soltanto la bimba che Elene teneva in braccio le impedì di afflosciarsi sull'elegante moquette rossa. Del resto, se l'avesse fatto, avrebbe soltanto peggiorato la situazione, offrendo alla receptionist un motivo in più per essere felice che lei avesse perso la stanza. Perso? Elene sbatté sul banco lo stampato della prenotazione. «Prenotata e pagata un mese e mezzo fa. Non intendo andare in nessun altro posto.» Avrebbe voluto parlare con più decisione, ma si sentiva esausta. «Mi occorre quella stanza.»

    «Capisco, signora.» La receptionist sbirciò l'anulare di Elene e si corresse. «Signorina. Mi dispiace, a volte si commettono degli errori. Le altre persone che hanno prenotato e pagato la stanza sono arrivate tre ore fa e hanno firmato il registro. Non possiamo mandarle via.»

    «Però lei sta mandando via me.» Elene strinse più forte il suo adorato fagottino. Voleva soltanto sistemare Aimee in mondo da poter dormire assieme a lei per ore. «Che cosa dovrei fare?»

    Aimee cominciò ad agitare i piedini, segno che stava per finire il suo sonnellino. Era ora. Si era svegliata quando erano sbarcati all'Aeroporto Internazionale di Napoli, ma si era riaddormentata sul taxi che li portava a Sorrento. Un viaggio che valeva la spesa dopo più di trentaquattro ore in aereo da Wellington.

    «Tutti gli altri alberghi della città sono al completo» replicò la receptionist, apparentemente concentrata sulle proprie unghie. «Me l'hanno detto le altre persone che sono venute qui in cerca di una camera.»

    Ancora un'altra buona notizia, pensò Elene ironica. «Devo trovare un alloggio da qualche parte.» Calma. Non far capire che sei furibonda. «Non può suggerirmi un albergo nelle vicinanze? Voglio dire, in un'altra città? Vede, mia f... figlia...» Inciampò sulla parola. «È stanca per il viaggio e devo metterla a letto.»

    «Sì, capisco, signorina. Posso provare a chiedere a qualche ostello, ma dovrà dividere la stanza con altre donne.

    La donna aveva già alzato il ricevitore.

    Ostelli? Dove alloggiavano i vagabondi? Con una bambina di un anno? Oh, sarebbe stato davvero meraviglioso! Ma non aveva alternative. Non poteva certamente dormire davanti alla stazione ferroviaria, avrebbe traumatizzato Aimee per il resto della sua vita. E sarebbe stata una nota negativa alla lista di pro e contro che un certo medico avrebbe sicuramente stilato quando avesse saputo perché erano là.

    Elene

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