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Una medicina speciale: Harmony Bianca
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Una medicina speciale: Harmony Bianca
E-book185 pagine2 ore

Una medicina speciale: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

GLI EROI DI BONDI BAY 2/4
Questi medici coraggiosi e sprezzanti del pericolo sono pronti a mettere le loro vite, e i loro cuori, in prima linea.

Quando il dottor Luc Braxton viene chiamato sul luogo del crollo di un centro commerciale, l'ultima persona che si aspetta di estrarre dalle macerie è la sua emancipata, orgogliosa ex moglie, la dottoressa Beth Carmichael... e il piccolo Toby, il figlio di cui lei non gli ha mai parlato. Mentre Beth è ricoverata in ospedale, Luc si prende cura di Toby e instaura con lui un rapporto speciale, fatto di fiducia e comprensione. Quando Beth viene dimessa e si trasferisce a casa sua per proseguire la convalescenza, Luc ha l'illusione di aver riunito la sua piccola, grande famiglia. Ma per tenere entrambi nella propria vita, lui dovrà curare Beth con la medicina più potente di tutte: l'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2019
ISBN9788858995006
Una medicina speciale: Harmony Bianca
Autore

Marion Lennox

Marion Lennox is a country girl, born on an Australian dairy farm. She moved on, because the cows just weren't interested in her stories! Married to a `very special doctor', she has also written under the name Trisha David. She’s now stepped back from her `other’ career teaching statistics. Finally, she’s figured what's important and discovered the joys of baths, romance and chocolate. Preferably all at the same time! Marion is an international award winning author.

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    Anteprima del libro

    Una medicina speciale - Marion Lennox

    successivo.

    1

    «Ci vorrebbe un'emergenza.»

    Il dottor Luc Braxton si appoggiò al letto di Harriet e le rubò un cioccolatino. Si annoiava. Anche Harriet era piuttosto stufa, ma per ben altri motivi. Si era rotta una gamba durante un'esercitazione di discesa in corda doppia, qualche settimana prima. Era una brutta frattura e le complicazioni dopo l'intervento la costringevano a lottare giorno dopo giorno per riacquistare un minimo di forza.

    «Carino da parte tua» lo rimbeccò lei, concedendogli però un sorriso.

    Luc e Harriet facevano entrambi parte della Divisione di Soccorso Specialistico del Bondi Bayside. Non si augurava certo che un disastro si abbattesse sulla comunità, ma Luc si sentiva piuttosto irrequieto quando non accadeva nulla.

    Viveva per il primo soccorso. L'incidente della sua amica Harriet lo aveva abbattuto, ma non aveva placato la sua sete di adrenalina.

    «Allora la conferenza è stata una noia?» chiese Harriet, cercando di dimostrare interesse.

    «Come si fa ad annoiarsi a New York? No, la parte sulla medicina di emergenza è stata fantastica. Ho imparato un sacco. Ma mi sono sorbito ventiquattro ore di volo per poi starmene tutto il tempo lì seduto ad ascoltare, e ora che sono tornato la mia squadra sta facendo un'altra esercitazione sulle Blue Mountain senza di me...»

    «Ecco perché è bene che non ci siano emergenze» gli disse Harriet, anche se lo capiva. Lei era un'infermiera di Terapia Intensiva, mentre Luc era medico al Pronto Soccorso. Nessuno dei due amava starsene con le mani in mano. «Il team potrebbe tornare in fretta, ma ci impiegherebbero almeno un paio d'ore per poter essere di nuovo alla base» aggiunse. «Torneranno domani, sarà meglio non ci siano emergenze fino ad allora.»

    «Ma tu non ti annoi?»

    «Certo che sì!» Harriet gli lanciò un'occhiataccia, mentre cercava di muovere la gamba. «Dacci un taglio, Luc. Io mi annoierò ancora per molto tempo. Almeno tu puoi fare qualcosa.» Lo esaminò per un istante. «Ehi, magari potresti approfittarne per pensare un po' alla tua vita amorosa. Si dice che quella bella infermiera con cui uscivi ti abbia mollato prima della partenza. Mi sa che le hai dato buca una volta di troppo.»

    «Quest'ospedale conosce la mia vita privata meglio di me» commentò Luc.

    «Sei tu che alimenti i pettegolezzi. Quante sono quest'anno? Tre? Non è ora di mettere la testa a posto? Un mutuo, dei bambini, lavare la macchina la domenica...? Non ti interessa?»

    «Neanche per sogno.»

    «Ma non sei già stato sposato?»

    «Già.» Si staccò dal letto e si diresse alla porta. Non gli piacevano i discorsi personali. «Otto anni fa. E non ho fretta di rifarlo.»

    «E allora perché esci con così tante donne?» Harriet si annoiava e non aveva voglia di lasciarla cadere. «Cosa cerchi, Luc? Una ragazza carina, intelligente, sexy e che non veda l'ora di essere bidonata nove volte su dieci per delle emergenze, oppure che resti a guardare il suo ragazzo saltare giù da una falesia mentre tutti gli altri temono che si rompa l'osso del collo...?»

    «Harry...»

    «Scusa, so che non sono affari miei» gongolò. Stava iniziando a divertirsi. «Ma devi smetterla di farti passare tutto lo staff dell'ospedale, sta iniziando a diventare un problema. Perché non ti iscrivi a un sito di incontri? Ti aiuto io a creare un profilo, se vuoi. Vediamo un po'... Uno e ottanta, capelli scuri, palestrato, vagamente misterioso... o per lo meno, ama i racconti polizieschi. Sì, ti ho visto leggere qualche volta nei tempi morti. In grande forma. Ottimo stipendio. Magari faresti bene a stipulare un'assicurazione sulla vita per coprire i rischi del mestiere, ma wow, Luc, vedrai quante richieste riceverai. Sarai sicuramente il marito perfetto di qualcuna!»

    «Non ho nessuna intenzione di diventare un marito, perfetto o meno!»

    «Ma se lo sei già stato» ribatté Harriet. «Non ti va di raccontare a zia Harry cosa è successo? Dove è lei adesso?»

    «E non intendo raccontarti del mio matrimonio solo perché ti annoi» rispose Luc a denti stretti. «È acqua passata. E non so dove sia ora. Torno al Pronto Soccorso a vedere se posso rendermi utile.»

    «Le infermiere dicono che è tutto tranquillo. Sembra non stia succedendo nulla di interessante in questo ospedale. Come nella tua vita privata.»

    «Perché non parliamo della tua? Come sta Pete?»

    Lei arrossì. «Sì, be'... un punto morto. Ma sul serio, Luc... La mia offerta di aiutarti su un sito di incontri è ancora valida. Potrebbe essere divertente.»

    «Mi diverto già a sufficienza» disse lui e l'abbracciò, rubandole un altro cioccolatino prima di andarsene.

    Harriet rimase sola con i suoi pensieri.

    Sono piuttosto sicura che non ci sia abbastanza divertimento nell'universo per renderti felice, Luc Braxton. E poi mi piacerebbe sapere cosa è successo al tuo matrimonio e dove sia tua moglie adesso.

    La dottoressa Beth Carmichael era così stanca che non desiderava altro che dormire. Quel giorno era stata un'emergenza dopo l'altra. Finalmente ora poteva andare a casa, ma tornare a casa con un bambino piccolo e una valigetta di scartoffie medico-legali non era esattamente il tipo di serata rilassante in cui sperava.

    C'era stato un problema persino quando era andata a prendere Toby all'asilo.

    «Beth, ti dispiacerebbe dare un'occhiata a Felix Runnard? È tutto il giorno che è fiacco e credo abbia la febbre.» Margie Lane, la maestra, era una donna pratica che non si lamentava mai, ma sembrava preoccupata.

    Così Beth aveva rimandato il tanto agognato ritorno a casa e si era seduta con il piccolo in braccio.

    Una febbre leggera? Gli avevano già provato la febbre un'ora prima ma ora era bollente. Sembrava anche avere mal di testa e quando gli toccò il collo si mise a piangere.

    Febbre. Dolore al collo. Nessun segno di virus. Ma qualcosa non quadrava.

    «Controllagli la pancia, per favore» disse a Margie mentre lo cullava, e Margie gli sollevò la canottiera e gli tolse il pannolino.

    Un principio di rash.

    Meningite?

    L'asilo nido si trovava nella piazza del centro commerciale, vicino alla clinica in cui lavorava Beth. Mandò qualcuno in clinica a prendere degli antibiotici e gliene iniettò subito una dose. Sperò che la sua diagnosi fosse sbagliata, ma non poteva attendere una conferma. Nel caso avesse avuto ragione dargli un antibiotico immediatamente avrebbe potuto fare la differenza.

    Un'ora dopo Felix e i genitori del piccolo erano a bordo dell'elicottero di soccorso diretti a Sydney. La meningite non era ancora stata confermata, ma Beth non intendeva perdere tempo a fare dei test. Se l'infezione si fosse propagata, Namborra non era certo il luogo migliore in cui trovarsi. Era meglio muoversi prima e magari spaventare inutilmente i genitori del bambino, che rischiare l'inimmaginabile.

    Dopo di che si lavò accuratamente, e si organizzò per contattare tutti gli altri genitori in modo che potessero prendere gli antibiotici prescritti a chiunque fosse venuto in contatto con il piccolo. Quando ebbe finito si spogliò di nuovo ? come medico di base di campagna aveva sempre un cambio extra con sé ? prima di riabbracciare il suo Toby.

    Piangeva perché era molto stanco. Anche lei lo era, ma Toby non aveva la meningite e questo la fece sentire come la madre più fortunata del mondo.

    «Stasera mangeremo gli spaghetti» disse a Toby, e il suo faccino si illuminò.

    «I lombrichi!»

    «Esatto! Quanti lombrichi vuoi?»

    «Uno, due, cento» ripose lui e affondò la testolina sulla sua spalla.

    Lei lo abbracciò stretto e si diresse al parcheggio. Doug, il suo vicino di casa, l'aspettava per portarla a casa. Dio lo benedica, pensò, per l'ennesima volta. Doug aveva circa settant'anni, era vedovo e trascorreva le sue giornate a rendere il suo giardino e la sua auto impeccabili. Quando lei aveva iniziato a lavorare a Namborra si era accorto del gran via vai di taxi davanti alla casa e si era offerto di accompagnarla. All'inizio lei era stata titubante – aveva orari impossibili – ma alla fine quando aveva capito che Doug aveva bisogno di rendersi utile, aveva accettato.

    Aiutare gli altri era bello. Lo aveva capito molto tempo prima. Era ricevere la parte più difficile.

    Col bambino in braccio si incamminò verso la macchina del vicino, cercando di non inciampare nell'oscurità del parcheggio sotterraneo.

    Poi si fermò.

    Sentì un rombo provenire da sopra la sua testa. Un aereo?

    Il piccolo aeroporto cittadino era chiuso. Capitava che degli aerei sorvolassero la zona, ma questa volta il rumore assordante stava quasi facendo tremare i vetri.

    Ma che...?

    Ebbe solo un attimo per stringere Toby ancora più forte e chinarsi, che era quel che faceva ogni volta che si sentiva in pericolo. Tenere la testa bassa, al di sotto della linea di tiro... Ma lei stessa era nella linea di tiro. E anche il Namborra Plaza, il centro commerciale più frequentato della zona.

    Luc aveva finalmente qualcosa da fare. Un bambino che giocando a hockey dopo la scuola senza protezioni si era preso una pallonata negli stinchi.

    «Davvero avrò la cicatrice?» chiese il piccolo paziente.

    «Solo una piccola linea» gli disse Tod.

    «E non puoi farla più grande?»

    Luc sorrise. «Vuoi che ti rifaccia la sutura?»

    Il bimbo ridacchiò. Un'infermiera arrivò con una bibita e un panino per il piccolo, che li afferrò come se stesse morendo di fame.

    «D'ora in avanti ricordati i parastinchi» gli disse Luc mentre qualcosa nella sua tasca vibrò.

    L'ospedale usava il cellulare ? o gli intercom ? per contattarlo, mentre il cercapersone significava una chiamata dalla Squadra Specialistica di Soccorso.

    Tre vibrazioni, ripetute.

    Codice uno.

    Evvai!

    Oppure... ehm... no. Non avrebbe dovuto reagire così. Un codice uno significava qualcosa di serio. Avrebbe dovuto odiare quel tipo di emergenze, e una parte di lui lo faceva. Dopo ogni evento disastroso che coinvolgeva varie vittime, di solito sfruttava il servizio di supporto psicologico della squadra, e a volte non era sufficiente a impedirgli di avere incubi per svariate notti di fila.

    Ma era addestrato per quello e in un certo senso era ciò di cui aveva bisogno.

    Doveva ammettere che all'inizio l'idea di parlare con uno psicologo non lo aveva entusiasmato, ma uno degli psicologi più perspicaci del gruppo aveva insistito e per qualche ragione ? e gli incubi ricorrenti avevano avuto un peso determinante nella decisione ? lui aveva accettato.

    «La tua infanzia è stata traumatica e tua madre dipendeva da te?» Come era tipico nella psicologia classica, lo specialista aveva proiettato tutto su di lui. «E come ti faceva sentire? Necessario?»

    Aveva raccontato che sua madre aveva lasciato il marito quando lui era molto piccolo. Poi era passata da una relazione burrascosa all'altra. I suoi primi ricordi... «Cosa c'è in frigo? Va' dai vicini e chiedi alla signora Hobson se ti dà qualcosa. Dille di darti un pezzo di pane. E aspirine. Vai, Luc, se mi porti un'aspirina ti do un bacio...»

    Ricordava che una volta uno dei suoi fidanzati, furioso e ubriaco, li aveva sbattuti fuori in piena notte. Poi era arrivata la zia e gli aveva dato una lavata di capo. «Che fai, ragazzino? Te ne stai qui impalato? Torna dentro e chiedigli di darti le vostre cose. Forza, Luc. Non ti farà niente. Non vedi che tua madre ha bisogno di te? Sei inutile se non puoi dare una mano.»

    Aveva sette anni. Ed era riuscito ad affrontare il fidanzato della madre. Aveva buttato quel che poteva in una valigia e la zia aveva poi finito per accoglierli controvoglia a casa sua.

    Poi c'era stato suo cugino...

    Ti prego, no.

    «E così hai sempre associato l'amore alla necessità di renderti utile?» gli aveva chiesto la psicologa. Luc aveva interrotto gli incontri. Era troppo doloroso ricordare.

    Associava l'amore con la dipendenza? Forse era per quello che lui e Beth...

    Ma non aveva tempo di pensare al fallimento del suo matrimonio. Il cercapersone stava ancora vibrando.

    Partì a grandi falcate.

    Dopo il rombo dell'aereo, lo shock dell'impatto e l'effetto domino del crollo delle lastre di cemento, ci fu un improvviso silenzio. Poi partirono gli allarmi delle auto, scatenati dalla caduta delle macerie.

    Beth era a terra, o almeno così credeva. Aveva la schiena schiacciata contro un pilastro.

    Era circondata dalle macerie, fin quasi a esserne sommersa.

    Sentiva qualcosa sulla gamba. Come...

    Un dolore lancinante.

    Ma la cosa peggiore... era il silenzio di Toby.

    L'aria era talmente pesante da essere quasi irrespirabile.

    Toby.

    Lo teneva ancora stretto, il suo corpicino accoccolato contro il petto.

    Era immobile...

    «Toby...» La sua voce un sussurro strozzato dalla polvere. «Toby?»

    Lui si mosse per stringersi ancora di più a lei. Piangeva...

    Grazie. Oddio grazie.

    Con le mani cercò di accarezzarlo, di rimuovere i massi.

    Non c'era sangue. E sentendola si era calmato di nuovo.

    Era brava a fare valutazioni al buio. Troppo brava. Per lo meno, le capacità che aveva sviluppato le stavano tornando utili. Le sue dita le stavano confermando l'assenza di ferite. Gli aveva tastato il petto e la testa. Sembrava tutto okay.

    Lei però...

    Aveva qualche graffio sulle dita, niente di serio. Ma la gamba...

    Provò a estrarla dalle macerie e una fitta indescrivibile di dolore le trafisse tutto il corpo.

    Toby era la sua priorità. In qualche modo riuscì a sollevarsi la maglietta che si

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