La mia vita nelle tue mani: Harmony Bianca
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Info su questo ebook
Mio figlio è in grave pericolo e l'unico che può salvargli la vita è lo stesso uomo che ha distrutto la mia tanto tempo fa. Ma questa volta le cose andranno diversamente. Perché io non sono più la stessa donna che ero un tempo, la stessa donna che si è lasciata manipolare e usare da un uomo egoista, arrogante e... dannatamente sexy.
Todd:
Avevo dimenticato quanto Hannah mi fosse entrata sotto pelle, quanto l'avessi amata e quanto sia stato duro per me lasciarla. Ma non avevo alternative. Ora che quei sentimenti sono tornati prepotentemente alla ribalta, ho intenzione di non commettere più gli stessi errori e di darle tutto il mio sostegno, ogni giorno e ogni notte.
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Anteprima del libro
La mia vita nelle tue mani - Susan Carlisle
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Heart Surgeon, Hero... Husband?
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Susan Carlisle
Traduzione di Silvia Calandra
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-581-6
1
«Un trapianto di cuore? Ma ha solo due anni.» Hannah Quinn fissò il dottor Todd McIntyre, il cardiochirurgo seduto davanti a lei al tavolo della sala riunioni. I suoi occhi azzurri come il mare Mediterraneo erano pieni di comprensione, ma l’espressione sul suo volto restava severa.
Rivedere Todd era stato uno shock, ma niente in confronto al dolore scatenato dalle sue parole. Suo figlio stava morendo.
Era arrivata al Children’s General Hospital e le sembrava di essere scivolata nella tana del Coniglio Bianco, di essere finita in un mondo di assurdità e orrore. Doveva affrontare il peggior incubo di una madre e la notizia arrivava dal miglior cardiochirurgo di Atlanta, lo stesso uomo che anni prima l’aveva ferita terribilmente.
In un film sarebbe stato definito uno scherzo del destino, un’orrenda ironia della sorte. Ma quella non era una sceneggiatura, era vita vera. Suo figlio, che sorrideva sempre, il suo piccolo, che rideva quando gli faceva le coccole e lo baciava dietro l’orecchio, era in pericolo di vita.
«Stava bene. L’ho portato dal pediatra soltanto per un controllo di routine. E un attimo dopo chiamava l’ambulanza per farlo ricoverare.» Hannah si portò la mano alla bocca per soffocare i singhiozzi che minacciavano di traboccare con violenza. Le lacrime le offuscavano la vista di Todd... adesso era il medico di Jake. «Dev’esserci un errore.»
Lui lanciò un’occhiata ad Andrea, la coordinatrice del reparto trapianti di cuore, seduta accanto a lui, poi allungò la mano sul tavolo e prese quella di Hannah.
«Non farlo» lo fermò lei con voce secca, raddrizzando le spalle e costringendolo a ritirare il braccio.
Quella sera, otto anni prima, era cominciato tutto con una semplice carezza della mano. Non poteva ricascarci, non si sarebbe fatta coinvolgere di nuovo. Rischiava di uscirne con le ossa rotte. Doveva mantenere il controllo finché il suo mondo non si fosse di nuovo raddrizzato. Perché era così che sarebbe andata. Tutto si sarebbe sistemato. «Sapevo che prima o poi si sarebbe dovuto sottoporre alla sostituzione della valvola, ma un trapianto di cuore... La diagnosi non può essere esatta.»
Todd si passò la mano tra i capelli ondulati. Con il passare degli anni il biondo chiaro dei suoi capelli si era trasformato in una tonalità più dorata. Di nuovo fece passare le dita tra i capelli, un’abitudine che Hannah ricordava sin dai tempi in cui erano stati buoni amici. Avevano chiacchierato e scherzato tanto quando lui era andato a lavorare all’unità di Terapia Sub Intensiva. E ben presto tra loro era nata una bella amicizia, preziosa per entrambi.
Todd si sporse in avanti e cercò di riportare l’attenzione al motivo per cui erano seduti in quella piccola stanza sterile, come se tra loro non ci fosse mai stato nulla.
«Mi dispiace, Hannah» mormorò con compassione. «La diagnosi è corretta. Si tratta di cardiomiopatia dilatativa» precisò con voce più professionale.
«Quando il cuore si dilata?» chiese Hannah.
«Esatto. Probabilmente Jake ha contratto un virus che si è insediato nella valvola che fin dalla nascita non funzionava correttamente. Il cuore adesso è infiammato e non pompa più efficacemente.»
«Ha avuto solo un po’ di raffreddore. Se ci fosse stato qualcosa di più serio l’avrei portato subito dal medico.»
«Non metto in dubbio il modo in cui ti prendi cura di tuo figlio. Forse effettivamente si è trattato di un virus da poco, come può essere quello di un raffreddore, ma gli ha attaccato il cuore e l’ha danneggiato. Talvolta trascorrono settimane prima che si manifesti e qualche volta, come nel caso di Jake, solo un giorno o poche ore. Sei infermiera, lo sai.»
«Ho lavorato quasi sempre in ortopedia e al momento sono in aspettativa.»
Lui reclinò il capo con espressione interrogativa. «Comunque, l’unica cosa che possiamo fare per tuo figlio...»
«Si chiama Jake» precisò lei con voce gelida. Non avrebbe permesso che diventasse solo un numero, un altro paziente che occupava un letto.
Todd la fissò. «Jake ha bisogno di un cuore nuovo.» Poi la sua voce si addolcì. «Bisogna metterlo subito in lista.»
Lei avrebbe voluto sprofondare, sparire. Lasciarsi la realtà alle spalle. «Dev’esserci un altro modo. Non ci sono farmaci? Voglio un consulto.»
La pelle intorno alle labbra di Todd si tese. Scrollò il capo lentamente, prevenendo qualsiasi altro argomento. «Hannah, fa’ come credi. Ma non perdiamo tempo. Jake può morire da un momento all’altro. Potrebbe avere solo poche settimane di vita. Lo inseriremo subito nella lista del Sistema Informativo Trapianti.»
Lei si asciugò le lacrime sulle guance. Le foto incorniciate di bambini sorridenti appese alle pareti della piccola stanza parevano deriderla. Suo figlio avrebbe dovuto essere uno di loro. Invece lottava tra la vita e la morte nel reparto di Terapia Intensiva Cardiologica.
«Ho visitato Jake. Le sue condizioni sono stabili. Lo stiamo sottoponendo a una terapia anticoagulante per prevenire i coaguli, che possono essere frequenti nei casi di cardiomiopatia, e teniamo sotto controllo eventuali aritmie.»
Lei sbarrò lo sguardo. «Coaguli! Aritmie!»
Si sporse verso di lui, le mani strette intorno al bordo del tavolo. «Jake dev’essere messo subito in lista.»
«Prima devi sottoporti a una valutazione psicologico.»
«Vuoi scherzare? Jake sta morendo e tu vuoi che veda uno psicologo? Io sto bene. Devi solo trovare un cuore nuovo per mio figlio.»
Todd si spostò con un certo disagio sulla sedia, le sue lunghe gambe coperte dal tessuto verde dei pantaloni da sala operatoria battevano contro la scrivania. Benché fosse terrorizzata da ciò che le stava dicendo, Hannah non poté fare a meno di paragonare l’uomo che le stava di fronte con quello che aveva conosciuto in passato. Era sempre stato alto, ma adesso le sue spalle erano ancora più ampie. Attraente e con un fascino tutto americano allora, adesso vantava anche il carisma dell’uomo potente, di successo. La maturità e le responsabilità gli avevano aggiunto lievi rughe sul viso che lo rendevano ancora più avvenente agli occhi delle infermiere.
Todd possedeva quella sicurezza di sé che ne faceva la stella più splendente della sua categoria e l’oggetto del desiderio del personale femminile dell’ospedale. Lei per un po’ era riuscita a restare immune a quel fascino da playboy, ma non abbastanza a lungo.
«Calmati. Respira profondamente.»
«Non trattarmi con condiscendenza.»
«La visita con lo psicologo rientra nel protocollo. Ti farà solo qualche domanda per essere sicuro che hai capito cosa prevede un trapianto. Il postoperatorio è importante quanto il trapianto stesso. Dobbiamo avere la certezza che tu ce la possa fare.»
Lei spinse indietro la sedia e si mise con le braccia conserte. «Sono assolutamente in grado di prendermi cura di mio figlio, sia come madre sia come infermiera.»
Todd appoggiò i gomiti sul tavolo, congiunse le mani e usò gli indici per puntualizzare le sue parole. «Hannah, non lo metto in dubbio e capisco il tuo stato d’animo, ma le procedure vanno rispettate.»
Se non altro sembrava che capisse veramente i suoi sentimenti, non come in passato. Tutti sapevano che le sue buone maniere avevano sempre lasciato molto a desiderare, in tutti i sensi, ma lei non aveva mai neanche sognato di dovere un giorno avere a che fare con lui dal punto di vista professionale.
«Non m’interessano le procedure. Voglio solo che Jake stia bene.»
«In tal caso, dovrai lavorare al mio fianco.»
«Va bene, farò il colloquio.» Hannah lo guardò dritto negli occhi. «Quanto mi costerà tutto questo?»
Lui la fissò con altrettanta risolutezza. «Non ti preoccupare adesso. La cosa più importante ora è che Jake arrivi nelle migliori condizioni all’intervento.» Poi Todd si rivolse ad Andrea. «Puoi fissare la visita psicologica per Han... uh... per la signora Quinn?»
«Me ne occupo subito» rispose Andrea.
Spingendo all’indietro la sedia di metallo, Todd si alzò. «Ci sentiamo presto. Mi dispiace che sia accaduto proprio a tuo figlio.» Esitò, come se volesse aggiungere qualcosa, ma ci ripensò. Un sorriso sghembo si disegnò sul volto di Hannah. «Andrea deve farti firmare alcuni documenti. Ti lascio nelle sue mani.»
Todd uscì in fretta dallo studio. Non la sorprese che non si fosse lasciato andare alle emozioni. Si era comportato nello stesso modo la mattina dopo che lei aveva commesso l’errore di cedere al suo fascino. La loro amicizia era morta e anche la sua fiducia in lui. Hannah spense il cervello e rispose alle domande di Andrea meccanicamente.
«È un bravo chirurgo il dottor McIntyre?» chiese ad Andrea dopo che ebbero finito con il questionario.
«Il migliore» le rispose con voce rassicurante.
Era solo una delle tante donne cadute sotto l’incantesimo di Todd? «Jake non può morire.»
«Signora Quinn.» Andrea le posò la mano sul braccio. «Il dottor McIntyre è un chirurgo eccellente. Si prenderà cura di suo figlio come nessun altro. Si fidi di lui.»
Andrea accompagnò Hannah in una sala d’attesa vuota. Lei si sedette sul divano di similpelle azzurra, si prese la testa tra le mani e si abbandonò a un pianto sconsolato. Aveva capito ciò che le avevano detto, ma non era del tutto convinta. Non poteva accettare ciecamente quella diagnosi. Suo figlio era tutta la sua vita.
Osservò attentamente il disegno a quadri azzurri della moquette. Non si rese conto che Andrea si era seduta accanto a lei finché non sentì una mano rassicurante sulla spalla.
«Andrà tutto bene, vedrà. Perché non torna da Jake? Tra poco termina l’orario di visita» le consigliò Andrea.
Entrando nell’unità di Terapia Intensiva Cardiologica, Hannah si presentò all’infermiera seduta dietro il bancone circolare al centro dell’enorme sala. Dei venti e forse più letti sistemati lungo le pareti, solo uno la interessava. Il terzo a sinistra, dove suo figlio giaceva immobile.
Il suo prezioso bambino sembrava così piccolo e pallido disteso sul lenzuolo bianco del grande letto. Era collegato a dei monitor con dei fili. Aveva già visto quelle scene quando faceva l’internato per diventare infermiera, ma stavolta c’era suo figlio su quel letto.
Siamo solo tu e io, tesoro. Non mi lasciare sola.
Gli occhi azzurri solitamente vivaci di Jake erano oscurati dalla paura e parevano supplicarla affinché lo rassicurasse. Hannah gli prese la piccola mano, facendo attenzione a non toccare il tubicino della flebo. Le si strinse il cuore. Gli baciò la fronte e poi gli accarezzò i riccioli scuri, cercando di coccolarlo con un lieve mormorio.
«Signora Quinn?» Una giovane donna si fermò ai piedi del letto. «Oggi sono io l’infermiera di turno di Jake. Potrà tornare quando vuole a trovarlo, ma prima deve telefonare per avere l’autorizzazione.»
E se accadesse qualcosa mentre non ci sono? Come potrei continuare a vivere con questo rimorso? Vorrei continuare a vivere? Le tremavano le mani e si sentiva lo stomaco chiuso. Si strinse le braccia intorno