In corsia col capo: Harmony Bianca
Di Connie Cox
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Info su questo ebook
Jason Drake è un brillante medico diagnostico, l'uomo a cui rivolgersi per trovare delle risposte. Tormentato da un passato doloroso, le sue maniere brusche e i suoi metodi poco ortodossi ne fanno, oltre che un professionista stimato, un uomo irresistibile. La sua dirompente personalità si concilia con una bruciante passione per la medicina e per il suo capo, la dottoressa Stephanie Montclair. La loro appassionata relazione non era mai uscita dalla camera da letto, fino a quando un evento inaspettato costringe entrambi a fare i conti con i loro sentimenti.
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Anteprima del libro
In corsia col capo - Connie Cox
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Baby Who Saved Dr Cynical
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Connie Cox
Traduzione di Giovanna Seniga
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-682-0
1
Alla fine aveva ceduto. Aveva venduto il buon nome del dottor Jason Drake per tre milioni di dollari e chiuso il caso.
Nella sua veste di direttore del reparto di Diagnostica aveva accettato la richiesta di risarcimento avanzata dalla famiglia di Isaac per la morte del bambino. In base all’accordo la responsabilità veniva attribuita al dottor Drake mentre non veniva mossa nessuna colpa alla Fondazione Sheffield.
«Abbiamo fatto del nostro meglio per salvare la vita del piccolo» cercò fino all’ultimo di resistere Stephanie davanti al cerchio di avvocati che circondavano la sua scrivania.
«Ha fatto la cosa giusta» la rassicurò il capo dei consiglieri legali. «Un bravo pubblico ministero riuscirebbe a far piangere giuria e pubblico nel giro di cinque minuti. Anche in caso di vittoria al processo la Fondazione rischierebbe una forte pubblicità negativa. Inoltre il dottor Drake, con i suoi modi bruschi, farebbe una pessima impressione sulla corte se fosse chiamato a testimoniare.»
Stephanie non poteva che essere d’accordo. Jason era un gran medico, uno dei migliori, ma non aveva mai cercato di addolcire il suo modo di fare.
«Secondo me la cosa giusta è che sia io ad assumermi la responsabilità.»
«Non sono d’accordo, dottoressa Montclair. È una mossa che potrebbe mettere a rischio l’intero reparto.»
Era stato un caso angoscioso. Insieme al reparto di Diagnostica, l’Unità Neonatale dell’ospedale era stata accusata di aver utilizzato metodi poco ortodossi per salvare la vita del neonato solo perché era stato permesso ai genitori di rimanere in ospedale per cercare di alleviare la loro pena.
E non aiutava certo il fatto che i genitori del piccolo Isaac fossero delle celebrità. La coppia aveva minacciato di ricorrere a tutti i canali di cui poteva disporre per accusare l’ospedale se non fosse stato punito il responsabile della morte del loro bambino.
Stephanie poteva capire cosa provavano i genitori. Anche se sapeva solo da pochi giorni di essere incinta, il pensiero di perdere quella piccola vita che stava crescendo dentro di lei le provocava ondate di angoscia.
Ed era certa che né lei né gli avvocati sarebbero riusciti a convincerli che nessuno avrebbe potuto fare meglio di quanto era stata tentato.
Il buon nome dell’ospedale era in pericolo. La Fondazione Sheffield era un piccolo ospedale dedicato alla ricerca e all’insegnamento e riusciva a sopravvivere grazie a donazioni e finanziamenti privati.
Intervenne il dottor Wilkins, direttore amministrativo e vecchio amico della famiglia di Stephanie. «Indicare il dottor Drake quale responsabile è il minore dei mali. Ha i suoi difetti, ma è considerato uno dei medici diagnostici migliori del mondo. Sicuramente questa causa non danneggerà la sua fama.»
Wilkins conosceva bene il suo tallone di Achille. «Abbiamo già avuto un calo di richieste. Una causa penale accompagnata da una clamorosa campagna di stampa potrebbe danneggiare la fama dell’ospedale in modo irreparabile. Rischiamo di allontanare i bambini ammalati che hanno bisogno di noi.»
Stephanie si affrettò a firmare il documento prima di farsi prendere dai dubbi. Tutti gli avvocati che lavoravano per l’ospedale andarono a stringerle la mano. Si ripromise di lavarsela appena possibile.
«Il consiglio e io eravamo preoccupati che la tua relazione con il dottor Drake potesse influenzare la tua decisione. Siamo felici che tu abbia anteposto a tutto il resto il futuro dell’ospedale» aggiunse Wilkins, che si era fermato nell’ufficio di Stephanie, dopo che tutti gli altri avvocati se n’erano andati.
Stephanie colse chiaramente la minaccia che si nascondeva dietro quelle parole, a dispetto del fatto che l’ospedale portasse il nome del suo bisnonno materno.
Veniva da una famiglia di medici. Sua madre era un cardiologo e suo padre un endocrinologo. E tutti e due facevano parte del consiglio di amministrazione dell’ospedale. Anche se qualcuno, nuovo dell’ambiente, avesse insinuato che occupava il posto di direttore della diagnostica pediatrica non per quello che aveva fatto, ma per quello che era, Stephanie era sicura che chiunque del personale medico lo avrebbe convinto in fretta del contrario. Lei lavorava giorno e notte per essere all’altezza del suo ruolo e, anzi, per essere più competente di tutti gli altri direttori.
Inoltre quelli che conoscevano i suoi collaboratori non la invidiavano di certo. Non era facile tener testa a uno come Jason Drake.
«Puoi dire loro di non preoccuparsi. Non metterei mai a rischio il futuro dell’ospedale per ragioni personali.» Esitò un attimo prima di aggiungere qualcosa, ma si trattava di una notizia che ormai circolava per tutto l’ospedale. «Io e il dottor Drake non stiamo più insieme.»
«Il consiglio sarà felice di saperlo.»
Stephanie non capì se si trattava di un commento relativo alla sua lealtà verso l’ospedale o alla fine della sua relazione con il dottor Drake o tutte e due le cose. Sapeva solo di avere preso la decisione giusta, anche se aveva dovuto diffamare e tradire Jason.
E allora perché si sentiva così a disagio?
Stephanie si fermò davanti all’ambulatorio delle visite per raccogliere le idee. Dalla porta aperta vide che dentro c’era ancora Jason. In base all’accordo legale lei doveva presenziare a tutti i casi di cui si fosse occupato Jason durante i sei mesi seguenti. Era quasi una fortuna che la cattiva pubblicità che avevano ricevuto avesse significato una riduzione del numero di pazienti per il reparto. Non era sicura di riuscire a portare a termine quel lavoro extra accanto ai suoi compiti normali. Almeno le nausee mattutine le stavano dando un po’ di tregua.
Il suo coinvolgimento non era del tutto una novità rispetto al passato. Infatti, anche se i suoi compiti amministrativi limitavano il numero di pazienti di cui si poteva occupare, Jason l’aveva sempre chiamata quando si presentava un caso che pensava la potesse interessare.
Lui prestava pochissima attenzione a quello che avveniva in ospedale di non strettamente medico e Stephanie contava che accogliesse con un’alzata di spalle l’accordo legale e continuasse a lavorare normalmente.
Come al solito Jason era vestito in modo informale contrariamente ai suoi colleghi che indossavano sempre abiti eleganti sotto camici immacolati. Comunque i pantaloni con il cordoncino in vita e la maglietta informe non toglievano nulla al suo fisico lungo e snello, in forma perfetta grazie alle camminate in montagna e al rafting giù per i torrenti.
Aveva bisogno di tagliarsi i capelli. I suoi ispidi capelli biondo scuro crescevano fuori controllo almeno come le sue parole. Quante volte lei glieli aveva pettinati con le dita dopo che avevano fatto l’amore?
Evidentemente una di troppo.
Inizialmente erano d’accordo di mantenere una relazione senza obblighi. In passato lei aveva evitato qualunque impegno sentimentale perché temeva che l’avrebbe distratta dal suo obiettivo di migliorare sempre più nella professione medica, ma Jason Drake le era sembrato perfetto. Distaccato. Stoico. Eppure profondamente sensuale e senza legami. Tutto quello che occorreva per una storia di puro sesso.
Il fatto che Jason fosse molto riluttante a parlare di se stesso, del suo passato, delle sue origini l’aveva aiutata a mantenersi distaccata. Almeno era quello che si era sempre detta, ma ormai desiderava di più.
Aveva creduto che fra di loro si fosse creato un rapporto speciale, ma adesso si rendeva conto di aver scambiato l’attrazione sessuale per un legame emotivo.
Non aveva alcuna intenzione di innamorarsi di lui e sicuramente Jason non si sarebbe mai innamorato di lei. Era un uomo assolutamente privo di emozioni.
Ormai era sicura che non avessero un qualche tipo di futuro insieme, neppure per amore del bambino. Forse ci sarebbe stata una possibilità se lui si fosse preoccupato di farsi vivo quella sera a cena, ma lei non era abbastanza importante da fargli cambiare i suoi piani.
Presto il suo stato sarebbe stato evidente. Avrebbe cercato di nuovo di dirlo a Jason. Era suo diritto sapere del bambino, anche se da lui non si aspettava niente.
Dannazione. Odiava quel tipo di casi.
La piccola dai capelli neri non arrivava ai quattro anni. Aveva degli enormi occhi marroni che teneva fissi su di lui sperando di essere rassicurata.
Scorse rapidamente la sua cartella clinica per conoscere tutti gli esami cui la bambina era stata sottoposta. Era stata punta da più aghi di quelli di un porcospino. Sicuramente non ne aveva capito il motivo.
Si disse che doveva essere obiettivo, che troppa partecipazione non l’avrebbe portato da nessuna parte.
Prima quel bambino, Isaac, e adesso la piccola lo colpivano veramente. E non gli era d’aiuto che fosse l’anniversario della morte di suo fratello. Aveva bisogno di un sostegno per lo stress. Una notte nel letto di Stephanie sarebbe stato l’ideale per lui. E, ne era certo, anche per lei.
La medicina non era l’unica cosa che gli dava soddisfazione.
Ancora non aveva capito bene cosa era successo. Si era trattato solo di un appuntamento a cena mancato, e all’inizio tutti e due erano d’accordo di non prendere la situazione troppo sul serio. Le loro carriere erano troppo importanti per impegnarsi e questo andava benissimo a Jason. Aveva giurato sulla tomba del fratello che non si sarebbe mai più lasciato coinvolgere.
Stephanie non voleva continuare la loro storia di sesso, ma potevano sempre dividere un pasto, parlare e godere della reciproca compagnia. Anche se non gli era mai successo prima di sentirsi solo, dopo la loro rottura le sue serate continuavano con lunghe notti senza sonno in attesa della mattina e del lavoro.
Fece un cenno d’assenso alla madre della bambina. «I risultati degli esami sono negativi. Non si tratta di sclerosi multipla.»
La donna gli sorrise. «Benissimo. E che altro c’è?»
Automaticamente lui confrontò i lineamenti della donna e quelli della figlia cercando di coglierne le somiglianze. Il padre non faceva parte del quadro. Come poteva guardarsi nello specchio un uomo che aveva abbandonato il proprio figlio? Per di più un bambino che sembrava disabile?
«Stiamo ancora cercando di escludere varie forme di distrofia muscolare. I campioni di DNA che stiamo studiando possono darci delle indicazioni come possono non farlo. Non voglio sottoporre la bambina a un esame di misurazione della velocità di conduzione nervosa finché non lo ritengo indispensabile. Si tratta di una procedura piuttosto sgradevole e non credo che Maggie ne capirebbe l’utilità.»
Sperava di arrivare a una diagnosi in modo meno invasivo per la bambina. Comunque si rese conto di stare diventando troppo sentimentale e questo non era un bene né per lui né per la sua paziente.
L’arrivo di Stephanie lo distolse dai suoi pensieri. Jason avrebbe riconosciuto quel passo ovunque. Deciso e sicuro. Con i suoi soliti tacchi lei gli arrivava al mento. Gli sarebbe bastato abbassare