30 anni belli e... incasinati
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Anteprima del libro
30 anni belli e... incasinati - Laura Inzerillo
Indice
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Epilogo
Laura Inzerillo
30 anni belli e... incasinati
ISBN | 9788827868492
Questo libro è stato realizzato con PAGE di Youcanprint
Youcanprint.it
Le vicende e i personaggi del libro sono opera della fantasia dell’autrice. Ogni riferimento a cose, fatti o persone è puramente casuale.
Al mio cane Ringo, con cui ho trascorso
14 anni e mezzo più belli della mia vita
1
La foschia e il cielo plumbeo ammantavano le strade. Al pianterreno di un palazzo rinascimentale c’era il negozio di erboristeria Sinfonie di fiori di Bach
. Le intelaiature delle porte erano in legno scuro e le luci calde dell’interno invitavano ad entrare. La vetrina di sinistra era decorata con le scatole gialle dei prodotti al propoli e agrifogli con le bacche rosse. Una donna coperta con un giubbotto scuro e una pesante sciarpa rossa intorno al collo spinse la porta e il tintinnio dello scacciapensieri avvisò dell’arrivo di un nuovo cliente. Elisabetta sollevò lo sguardo dal suo smartphone e con un sorriso radioso accolse la cliente.
«Buon giorno, signora Masuccio»
«‘giorno Elisabetta» borbottò tossendo subito dopo.
«Abbiamo preso l’influenza?» le domandò sistemandosi il camice bianco.
La donna si soffiò il naso con un fazzoletto di carta e schiarendosi la voce roca le disse:
«Ieri sera ho preso freddo, così…»
«Non si preoccupi le consiglio Flufast e si sentirà subito meglio» parlò gioiosamente voltandosi.
Elisabetta afferrò la scatoletta arancione e tornando a guardare la cliente le spiegò:
«Deve assumerlo due volte al giorno e se può, deve cercare di stare al caldo il più possibile»
La signora annuì soffiando un’altra volta il naso prima di estrarre il portafogli, mentre Elisabetta digitava il prezzo sul registro di cassa. Infilò nel sacchettino biodegradabile la scatoletta e lo scontrino. Lo smartphone pigolò, mentre Elisabetta consegnava il resto alla donna, che la salutò afferrando i manici del sacchettino:
«Grazie…e Buon Anno»
«Buon anno anche a lei, signora Masuccio» ricambiò con un sorriso.
La cliente uscì con il tintinnio dello scacciapensieri ed Elisabetta lesse sul suo profilo Facebook l’ennesimo augurio di buon compleanno. Con un sorriso scrisse il ringraziamento, poi lasciò lo smartphone sul bancone e si diresse nel retrobottega. Si avvicinò alle tre scatole, che il giorno prima il corriere aveva consegnato, piegò le ginocchia e sollevò uno scatolone marrone ritornando nell’area del negozio. Lo appoggiò su uno sgabello accanto al bancone, tagliò lo scotch con il cutter e cominciò a estrarre i profumi dell’Erbolario riponendoli negli spazi vuoti dello scaffale.
Lo scacciapensieri tintinnò ed Elisabetta si girò verso la porta, che venne oltrepassata dalla proprietaria, con le mani occupate da due tazzine, e dalla sua migliore amica, che da dietro teneva fermo l’uscio alla madre. Elisabetta corse a liberare una mano del suo capo e, appena la porta si richiuse alle loro spalle, la sua amica esclamò mettendosi dietro un orecchio, tempestato di piercing, una ciocca corvina:
«Auguri vecchiona!»
Elisabetta ridacchiò e precisò spostandosi nel retro del negozio con una tazzina fra le mani:
«Se vogliamo essere fiscali, cara Malva, tu sei più vecchia di me di tre mesi»
«Oh…sentiamo il peso dei trenta» la canzonò l’amica.
«Malva, piantala di infastidire Elisabetta!»
«Su, mamma! Se non la prendo un po’ in giro io, chi vuoi che lo faccia. Quello scemo del suo ragazzo è solo buono a spar…»
«Non offendere il mio Omar!» la redarguì Elisabetta sgranando i suoi occhi a palla e con un mezzo sorriso la informò «Non so se te l’ho già accennato ma…questa sera sono sicura che mi chiederà di sposarlo»
Malva spalancò i suoi occhi nocciola truccati con uno spesso strato di kajak nero e borbottò:
«D…Davvero?!»
Elisabetta annuì con il capo e si spiegò meglio:
«Ieri sera è venuto a casa mia per cena e mi ha detto che alla festa, dove andremo per festeggiare l’ultimo dell’anno, mi dovrà dire una cosa molto importante. E cos’altro potrebbe essere, se non chiedermi di sposarlo?!»
Malva scoppiò in una risata argentina, mentre la madre inforcò gli occhiali legati ad un cordoncino blu e la rimproverò:
«Malva, io ti avrei insegnato l’educazione ma vedo che non ha avuto i suoi frutti»
Elisabetta poggiò una mano sull’avambraccio della donna e la rassicurò terminando con un’alzata di spalle:
«Non ti preoccupare, Paola. Lo sai che Malva è…è così»
La donna in questione smise di ridere e scuotendo il capo disse:
«Vedo, Eli, che sei sempre la solita ingenua di quando andavamo al liceo. Non vi vedete da mesi e tu pensi che lui possa davvero farti una proposta così importante?! Ma poi Omar che faccia aveva quando ti ha parlato ieri sera?»
Elisabetta sollevò i suoi occhi azzurro pervinca sul soffitto e riportandoli sull’amica rispose:
«Era molto serio»
«Allora, sono due i casi…o ti deve fare un’importante richiesta o se no…» fece una pausa ad effetto.
Elisabetta spalancò gli occhi ed esclamò puntandole l’indice contro:
«Non dirlo nemmeno! Sono sicura che mi chiederà di sposarlo. Oggi compio trent’anni e, secondo il mio progetto, in questo anno mi devo sposare per cui Omar mi farà sicuramente una proposta di matrimonio. Non c’è nessunissimo dubbio»
Malva e Paola osservarono l’espressione decisa di Elisabetta, che si calmò portandosi alle labbra la sua tazzina di caffè e dopo aver deglutito le guardò sorridendo. Le due donne si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Paola lo abbassò sulla brochure della nuova linea della Nature’s e Malva scosse la testa pensando che la sua amica non sarebbe mai cambiata.
Quando aveva un progetto in testa, era difficile che la si potesse scoraggiare dalla sua idea. Malva scosse il suo crespo caschetto nero e mormorò con un’espressione imbronciata:
«Se sei così convinta, buon per te…»
«Ti racconterò filo e per segno quello che succederà! Non vedo l’ora che sia già questa sera» ammise con un sospiro soddisfatto.
Malva fece scorrere lo sguardo sul suo viso gioioso e sentendosi una cattiva amica per la sua assenza alla festa di compleanno di Elisabetta si scusò:
«Lo sai che sono immensamente dispiaciuta di non poter festeggiare il tuo trentesimo compleanno come si deve…ma per questo Capodanno il nostro gruppo è stato assunto per intrattenere la clientela di un importante hotel di Santa Margherita Ligure e lo sai quanto è difficile poter guadagnare qualche soldo in questo campo…Non sai quanto vorrei che venissi con noi invece di festeggiare nella tua pausa pranzo in uno striminzito bar. Con il proprietario che ogni volta ti si rivolge con bella gioia»
«Me l’hai portato il regalo?» replicò al fiume di parole dell’amica.
«Certo!»
«Allora, sono a posto così» parlò seriamente alzando per un secondo le spalle verso l’alto.
Elisabetta bevve gli ultimi sorsi di caffè, poggiò la tazzina sul piattino e osservando l’amica con la fronte corrugata le propose facendole l’occhiolino:
«Allora, ti andrebbe di darmi una mano a rimettere a posto i nuovi prodotti prima di sgattaiolare al bar?!»
Malva annuì alzandosi in piedi dalla sedia e seguendo Elisabetta pensò, che la sua migliore amica era una donna veramente imprevedibile, dove il suo mondo era solo bianco o nero e non riusciva minimamente a contemplare le sfumature. Aveva un cattivo presentimento e prevedeva che la rivelazione di Omar non promettesse niente di buono. Se lo sentiva nel profondo del cuore e l’aspetto che più la preoccupava era che per un mese non ci sarebbe stata per farla piangere sulla sua spalla. Elisabetta finì di tagliare lo scotch che chiudeva la scatola e fissandola le domandò:
«Allora, mi dai una mano o rimani tutta la mattinata a fissarmi?! Lo so, che sono meravigliosa soprattutto oggi che compio trent’anni, ma non vorrei che il tuo sguardo mi consumasse la pelle e Omar non mi vedesse più per la meraviglia che mi dice sempre di essere.»
Malva piegò il collo all’indietro scoppiando in una risata argentina e tenendosi l’addome si avvicinò allo scatolone. Si asciugò le lacrime con le punte delle dita e iniziò a togliere i prodotti dalla scatola assieme a Elisabetta, chiacchierando delle rispettive feste di Capodanno e i futuri progetti per il nuovo anno.
2
Il getto dell’acqua tiepida colpì la nuca di Elisabetta e con estrema cura eliminò l’olio di jojoba dai capelli. Da quando usava quel prodotto li sentiva più fluenti e i suoi colpi di sole risultavano più brillanti. Sicuramente Omar le avrebbe fatto tanti complimenti per il nuovo colore di capelli e per il vestito che aveva scelto per la serata. Non vedeva l’ora di incontrarlo, visto che erano due mesi che non trascorrevano la notte insieme. All’inizio di ottobre era dovuto partire assieme a sua madre e a suo padre per Casablanca, dato che la nonna paterna aveva avuto problemi di salute. Non aveva capito bene di che cosa si trattasse, perché lui non gliel’aveva spiegato e lei non gli aveva chiesto niente per non metterlo troppo sotto pressione, così nelle loro telefonate avevano parlato solo del tempo e di quando sarebbe tornato a Genova. La sera prima avevano solo mangiato e parlato della serata, che avrebbero passato insieme per festeggiare la fine dell’anno, senza affrontare niente di troppo serio.
Elisabetta abbassò la leva del rubinetto, aprì i vetri della doccia e afferrò da sopra la lavatrice lo spumoso accappatoio color pesco. Lo indossò e a piedi scalzi uscì dal bagno per dirigersi nella sua camera da letto. Il lampadario produceva una luce fioca, così si avvicinò alla scrivania, che fungeva anche da toeletta, e schiacciò il tasto della lampada cromata. Un’intensa luce calda le permise di occuparsi del belletto che l’avrebbe resa la trentenne più splendente del mondo. Si asciugò i capelli dandole una perfetta piega con la spazzola e il phon e poi passò al trucco. Elisabetta si spalmò il fondotinta con i minerali attivi che, come le aveva rassicurato la commessa della profumeria, le avrebbe reso la pelle luminosissima, poi si truccò gli occhi giocando con gli ombretti azzurro e blu, in modo tale da nascondere la loro forma a palla, e si passò un cremoso rossetto rosso sulle labbra sottili. Ripose nelle loro confezioni tutti gli attrezzi, poi osservò il suo viso riflesso nello specchio rotondo, appeso sopra la scrivania, e si sentì meravigliosa. Sperava con tutta se stessa di risultare bella anche a Omar.
Elisabetta rivolse un ultimo sorriso alla sua immagine riflessa, dopo di che si spostò verso il letto matrimoniale coperto da uno spesso piumone ricolmo di cuori azzurri. Su di esso era adagiato l’abito di raso rosso borgogna con le spalline sottili e vertiginose spaccature a forma di v, che lasciavano scoperto sia il petto che la schiena. Elisabetta si frizionò il corpo con il panno dell’accappatoio, che si tolse poco dopo per abbandonarlo sul letto, e indossò le mutande di pizzo rosso, che sarebbero state l’unico indumento intimo della serata. Lei ridacchiò scuotendo la testa. Non era proprio nel suo stile girare vestita in quel modo, ma quella sera era l’ultimo giorno dell’anno e anche il suo trentesimo compleanno, quindi aveva voglia di essere più audace.
Era sicura che Omar le avrebbe fatto la proposta di matrimonio e magari dopo i festeggiamenti si sarebbero potuti impegnare per concepire un bambino prima della fine del 2017 quando avrebbe compiuto trentun anni. Ridacchiò all’idea che anche quel progetto della sua vita si sarebbe realizzato. Certo poi ne avrebbe dovuto immaginare uno nuovo, ma in quel momento voleva viversi appieno il raggiungimento di quel desiderio che ormai coltivava da anni.
Elisabetta smise di ridere, poi afferrò l’abito, che per acquistarlo aveva speso la metà della sua tredicesima, e con cautela lo indossò. Si avvicinò alla scrivania, si spruzzò un’abbondante dose del suo profumo con le essenze di tonka e pepe rosa e calzò le decolleté rosse con il tacco di dodici centimetri, che avevano un buco al centro della punta per mostrare le sue unghia dei piedi smaltate di rosso. Persino le scarpe erano un regalo per quella incredibile serata che si apprestava a vivere. Raggiunse l’armadio, aprì l’anta, sfilò dalla gruccia il cappotto rosso in feltro, lo indossò e prima di uscire riempì una pochette rosso scuro ricolma di brillantini. Elisabetta spense tutte le luci e dopo aver girato per bene la chiave nella toppa si abbottonò il cappotto. Era giunto il momento di chiamare un taxi e andare nel ristorante di Omar per festeggiare.
Una musica arabeggiante e un bel tepore accolsero Elisabetta nel ristorante Couscous
della famiglia El Koundri. Una decina di persone del nord Africa circolavano per il locale in attesa di essere invitati ad accomodarsi per cenare. Elisabetta con un sorriso radioso sulle sue labbra tinte di rosso si sbottonò il cappotto e se lo sfilò. Gli uomini presenti nella sala si ammutolirono e la guardarono aggrottando le loro cespugliose sopracciglia o mostrando un evidente interesse per la porzione di pelle che Elisabetta stava mostrando. Lei arricciò il naso infastidita da tutta quell’attenzione, così lo indossò di nuovo per nascondere la schiena scoperta. Omar sbucò dalle porte a vento e, appena si accorse di lei, si rabbuiò in viso. Con decisi passi si fermò davanti a lei ed esordì con il suo leggero accento marocchino:
«Come ti sei conciata?»
Elisabetta sgranò gli occhi e balbettò:
«B…Beh…ho p…pensato di festeggiare la fine dell’anno con qualcosa di più audace»
Omar affermò guardando in giro per il locale:
«Mi metterai in imbarazzo con la mia famiglia e i nostri clienti»
Elisabetta spalancò la bocca e gli occhi. Non poteva credere alle sue orecchie. Quello era il giorno del suo compleanno. Il giorno in cui lui le avrebbe chiesto di sposarlo. Elisabetta deglutì e osservò il suo viso olivastro, i suoi occhi scuri e vicini, le sue ciglia ben curate e i ricci neri, in cui tante volte ci aveva passato in mezzo le sue dita. Omar abbassò lo sguardo per evitare il suo attento esame e porgendole la mano disse:
«Dai, vieni, che dobbiamo parlare»
Elisabetta si sentì ghiacciare il sangue perché le parole di Malva, che le suggerivano la possibilità di notizie negative, le tornarono alla mente. Con riluttanza poggiò il palmo sul suo e lui lo circondò con le sue mani olivastre in contrasto con la sua pelle lattea. L’uomo la sospinse verso il retro del ristorante e oltrepassarono le porte a vento, che continuarono a sbatacchiare ancora per qualche secondo dopo il loro passaggio.
Il battito del cuore di Elisabetta accelerò perché quel modo di fare così brusco non le ricordava per niente quelli affettuosi del suo amato Omar, quindi tutto questo non prometteva niente di buono, pensò Elisabetta seguendolo traballante sulle sue lucenti scarpe con il tacco.
La cucina del ristorante era nel pieno dell’attività, dove vapori e profumi inondavano le stanze sul retro. Omar aprì una porta alla sua sinistra e rimasero qualche secondo al buio, prima che la luce del neon illuminasse lo sgabuzzino delle scope. Elisabetta si scostò in tempo, dato che il bastone dello spazzolone dei pavimenti scivolò dal suo posto. Omar lo afferrò al volo, lo incastrò nel suo piccolo spazio e lasciandole la mano la fissò a lungo. Elisabetta deglutì e più osservava i suoi profondi occhi scuri più sentiva un freddo polare nel suo corpo, così abbottonò il cappotto. Rimasero in silenzio studiandosi reciprocamente, poi lo strillo di una parola araba li riscosse. Omar abbassò per un frangente lo sguardo e riportandolo sulla spalla di lei parlò:
«In questi mesi a Casablanca sono successe tante cose…»
«Tua nonna come sta?» bisbigliò osservando lo smalto rosso che pitturava le sue unghie dei piedi.
«Bene. Alla fine aveva una pleurite che ci ha fatto passare attimi