Quella sera a Torino
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Anteprima del libro
Quella sera a Torino - Laura Inzerillo
Indice
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Epilogo
Le vicende e i personaggi del libro sono opera della fantasia dell’autrice. Ogni riferimento a cose, fatti o persone è puramente casuale.
Titolo | Quella sera a Torino
Autore | Laura Inzerillo
Immagine| Foto dell’autrice
ISBN | 979-12-20309-17-2
© 2020. Tutti i diritti riservati all'Autore
Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.
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Laura Inzerillo
Quella sera a Torino
Laura Inzerillo
Quella sera
A Torino
A quella sera a Torino, che ha permesso la nascita dell’idea, mentre correvo per le strade della città per non perdere l’ultimo
treno disponibile
1
L’intenso sole del mattino filtrò attraverso i buchi della tapparella a saracinesca. Un raggio illuminò un armadio di truciolato nero, che copriva un’intera parete della stanza. Era una camera da letto di piccole dimensioni, interamente occupata da un letto matrimoniale in cui giaceva una figura completamente coperta da un piumone blu notte. Sul comodino uno smartphone era adagiato sulla liscia superficie nera; all’improvviso si illuminò e lanciò nel silenzio della stanza un frastuono di chitarre, bassi e batteria seguito da una voce maschile dalla tonalità graffiante che cantava:
«Sono un idolo
Bevo il tè alzando il mignolo
Tutte mi vogliono amare
Ma rifiuto le loro chiamate al cellulare…»
La mano di un uomo uscì da sotto il piumone e tastò il piano del comodino, fino a quando non intercettò lo smartphone che scomparve assieme alla mano sotto le coperte. La stessa voce della canzone rispose scocciato:
«Chi è?»
«Buongiorno Boris!» esclamò una donna con una tonalità energica.
«Cosa vuoi Roberta?» bofonchiò l’uomo muovendosi sul materasso, ma rimanendo avvolto nel tepore di lenzuola e piumone.
La donna ridacchiò e, scuotendo la corta chioma biondo miele, disse:
«Sei sempre il solito. Comunque ti ho chiamato perché ho un’importante notizia da darti, però devi essere sveglio…Quindi alzati, bevi un caffè e richiamami»
Roberta chiuse la comunicazione e Boris sbuffò rumorosamente. Con un calcio si scoprì e con un colpo di reni portò le gambe da un lato del letto lamentandosi:
«Che palle! Sono sempre a rompere! Volevo dormire fino a mezzogiorno e invece…»
Sbirciò lo schermo dello smartphone, in cui la platea di uno stadio gremito di persone faceva da sfondo, e lesse 10 e 30. Boris si mise in piedi e scalzo raggiunse la porta della sua camera. L’aprì e, borbottando sull’ingiustizia che aveva appena subito, ovvero essere svegliato all’alba, entrò nella cucina deserta dirigendosi verso la macchinetta del caffè. Trafficò con la cialda e la tazzina e bevendo il primo sorso dell’espresso notò un foglio sul tavolo, così allungò il collo e lesse la calligrafia tondeggiante ed elegante della madre:
"Buongiorno piccolo mio, Boris contrasse il viso in una smorfia e pensò che sua madre non sarebbe mai cambiata, anche al suo centesimo compleanno sarebbe stato il suo piccolo. Scosse la testa e dopo un altro sorso di caffè tornò a leggere
spero che tu non sia rincasato troppo tardi, comunque se dovessi essere sveglio prima di mezzogiorno metteresti la pentola per la pasta sul fuoco? Io esco dal conservatorio alle 12 ma tuo fratello ci viene a fare visita per vedere come stai, così ti chiedo questo piccolo favore. Non ti preoccupare di condire o buttare la pasta perché dovrei arrivare in tempo per farlo io. Bé a dopo, piccolo mio"
Boris sospirò e, lasciando svolazzare il foglietto sul ripiano del tavolo, borbottò:
«Non bastava essere svegliato all’alba da Roberta, anche Danilo mi viene a rompere le palle!»
Si grattò la testa e buttò giù in un unico sorso il caffè. Raggiunse il lavandino, afferrò la spugna abbandonata accanto al rubinetto e, dopo averla affogata nel sapone color blu fluorescente, lavò la tazzina. La sciacquò con abbondante acqua fredda e la depose sul ripiano ondulato in acciaio accanto al lavatoio. Girandosi alla sua destra sfilò dal manico del forno un canovaccio bianco pieno di fiori rosa e si asciugò le mani. Non poteva rimandare oltre, doveva sentire l’importante notizia che doveva comunicargli Roberta. Con un altro sbuffo Boris ritornò nella sua camera, prese in mano lo smartphone, si tuffò sul letto sfatto e con due strisciate di dita sullo schermo fece partire la telefonata. Dopo alcuni squilli Roberta esordì con la sua voce energica:
«Allora, com’è la vita a Trieste?»
«Per ora bene, anche se sono qui da soli due giorni» rispose spostando con il piede destro il piumone e le lenzuola appallottolate.
«Invece il tour in Sud America?»
Boris allargò le labbra in un sorriso ed esclamò entusiasta:
«Mi sono divertito un casino! La gente lì è molto calorosa e sapevano già tutti i miei pezzi, anche se il cd da loro è uscito solo un mese prima del mio tour»
«Ricordati che c’è Itunes e Youtube» gli rammentò battendo la sua bic sull’agenda davanti a lei.
«Già…»
Rimasero qualche secondo in silenzio, poi Roberta disse poggiandosi sullo schienale della sua sedia:
«Ora veniamo a quello che ti volevo comunicare…»
«Sono tutto orecchi» la esortò rimanendo sdraiato e sistemandosi gli elastici delle mutande.
«Come ben sai sono tre anni che non esci con un nuovo cd in Italia»
«Sì, lo so» bofonchiò contraendo le labbra in una smorfia.
«Per questo la casa discografica Music in fly vorrebbe che ti mettessi sotto per scrivere dei nuovi pezzi»
Boris inspirò sollevando il torace e sgranando gli occhi ripeté buttando l’aria:
«Dei nuovi pezzi?!»
«Sì, la Rovelli mi ha comunicato questo ieri. Sono contenti per il successo che hai avuto in Sud America, ma vogliono puntare su un tuo nuovo prodotto anche qui in Italia»
«Oh, Roberta…» borbottò passandosi una mano sul viso e facendola salire sui capelli le ricordò «Lo sai, che non sto vivendo un momento meraviglioso e…»
Si interruppe e Roberta lo rassicurò:
«Non ti preoccupare del periodo in clinica e delle bravate che hai fatto. Quelle cose sono il passato, insomma a gennaio sei partito per Santiago del Cile senza sapere cosa ti avrebbe atteso e ora sei tra i primi in classifica nel Sud America. Secondo me, sei anche pronto per metterti al lavoro su nuovi pezzi per un cd»
«Non lo so» disse in un sospiro toccando il piccolo orecchino incastrato nel suo sopracciglio sinistro.
«Sì, sei pronto e per aiutarti ho pensato di contattare qualcuno che ti dia una mano» gli annunciò tornando a battere la bic sull’agenda.
Boris corrugò la fronte e le chiese mettendosi seduto:
«Hai contattato qualcuno?! E chi sarebbe?»
Roberta sollevò gli occhi al soffitto e in un soffio rispose:
«Un paroliere, anzi una paroliera»
«Ma dai, Roberta! Lo sai che quando scrivo lo devo fare da solo e soprattutto devo avere l’ispirazione. Te lo ricorderai che da quando Natasha mi ha lasciato non riesco a buttar giù nemmeno la lista della spesa» la rimproverò tirandosi alcuni riccioli.
Roberta inspirò e partì al contrattacco ricordandogli:
«A te quella Natasha ha solo fatto del male, altro che ispirazione! Ti vorrei ricordare che, quando vinsi The Singer e uscisti con il cd Sono un idolo
, Natasha sculettava sulle passerelle di piccoli stilisti della Russia. Poi, grazie a te, ha sfilato per Armani, Dolce e Gabbana. Peccato, che poi la stronza si sia rivelata l’arrivista che ti avevo sempre detto che era!»
Boris si morse il labbro inferiore per le parole di Roberta. Aveva ragione sulla descrizione che aveva fatto di Natasha, ma lei era la donna per la quale aveva perso la testa e il cuore, combinando una scemenza dopo l’altra. Non gli era mai capitato di essere l’oggetto del desiderio di una donna bellissima come Natasha. Chiuse le palpebre e il viso affilato, con due brillanti occhi azzurro zaffiro a impreziosire la sua candida pelle e la sua fluente e liscia chioma biondo grano, in cui tante volte ci aveva lasciato scivolare dentro le dita, si parò nell’oscurità. Boris spalancò gli occhi e guardò il soffitto trattenendo le lacrime che non erano scese per mesi e forse sarebbe stato meglio riversare, invece di buttarsi nella droga e nelle cavolate che aveva combinato negli ultimi mesi.
Roberta aguzzò le orecchie per capire se la linea fosse ancora attiva e lo richiamò:
«Ehi, Boris, ci sei?»
«Sì, sì» borbottò con voce roca.
La donna capì di essere stata troppo sincera e brusca, così si scusò:
«Boris, non volevo farti stare male, ma sentirti dire che l’unica tua ispirazione nella tua carriera è sempre stata solo Natasha mi ha fatta infuriare. Quindi ti chiedo scusa»
«Scuse accettate» parlò con un mezzo sorriso rivolto alla sua chitarra posata nel suo supporto e, dopo aver scosso energicamente il capo, le domandò «Allora, chi è questa paroliera?»
Roberta inspirò e gli spiegò:
«In realtà non è una del settore, ma è molto più brava di tanti che circolano nelle case discografiche»
«È una tua pupilla?» la canzonò sdraiandosi di nuovo sul materasso.
La donna ridacchiò e aprendo l’agenda gli disse:
«È la sorella minore della mia migliore amica, che è da un anno che non lavora»
«Di solito di cosa si occupa?»
«E’ un’insegnante delle scuole elementari, ma dopo tre anni di sostegno ad un bambino è stata lasciata a casa»
Boris contorse le labbra in una smorfia e, guardando senza attenzione il soffitto grigio, le chiese:
«Quindi tu credi che una maestra elementare possa aiutarmi a scrivere i pezzi per il mio nuovo cd senza aver mai cantato o suonato o…»
Roberta lo interruppe ed esclamò:
«Ah, qui ti sbagli! Dafne è diplomata al conservatorio in pianoforte!»
Boris annuì adagio con il capo e affermò:
«Okay…ora posso prenderla in considerazione»
«Inoltre Dafne ha vinto diversi premi di poesia e mi ha già dato una mano scrivendo Me ne vado al mare senza di te
per Dede»
Boris spalancò gli occhi ricordando il pezzo R’n’B che l’estate precedente aveva portato al successo di Desdemona che, secondo il suo punto di vista, era brava a sculettare e ad andare spesso dal chirurgo plastico, così ridacchiando le rammentò:
«Io non scrivo canzoni di quel genere»
Roberta raddrizzò la schiena e affermò con decisione:
«Sono convinta che Dafne sia proprio quello che ti ci vuole e sono sicurissima che ti aiuterà a scrivere tutti i pezzi del cd»
Boris smise di ridere e grattandosi il petto nudo borbottò:
«Vedremo»
«Con questo tuo vedremo, deduco che tu accetti la collaborazione…» lo incalzò allungando l’orecchio.
Lui inspirò tanta aria nei polmoni, pensando che era giunto il momento di buttarsi in una nuova avventura musicale, così rispose con un urlo:
«Sì…accetto»
Roberta allontanò un momento lo smartphone dall’orecchio e con un sorriso radioso esclamò:
«Perfetto! Ti aspetto lunedì a Torino! Mi raccomando sii puntuale, perché la ragazza non viene proprio dalle mie zone, quindi alle dieci ti voglio nel mio ufficio»
«Okay…» bofonchiò chiudendo le palpebre.
«Perfetto! A lunedì, Boris, ciao!» lo salutò agganciando subito dopo.
Boris sbuffò rumorosamente pensando che quella donna era una vera spina nel fianco, anche se, senza di lei, non avrebbe mai avuto il successo musicale che gli era piovuto dopo The Singer. Scostò lo smartphone dall’orecchio e guardò l’orario sullo schermo. Forse era il caso di farsi una doccia veloce, vestirsi e accontentare sua madre. Si mise seduto e i suoi occhi vennero catturati dalla sua adorata chitarra, appoggiata sul suo supporto. Prenderla in mano e mettersi a pizzicare le sue brillanti corde appariva l’unico modo per staccare dalla frenesia del lavoro e della famiglia, che entro poco minuti gli si sarebbe abbattuta addosso. Boris scosse il capo e, alzandosi dal letto, decise di fare il bravo figlio; avrebbe suonato dopo che quel casinaro di suo fratello se ne sarebbe uscito di casa. Scalzo strisciò fino al bagno e, dopo essersi liberato degli slip neri, si buttò sotto il getto freddo dell’acqua che lo svegliò completamente.
2
Il borbottio di una voce tonante con una pesante cadenza friulana giunse prima del rumore del chiavistello della porta. Boris deglutì con il cuore palpitante, conscio che entro pochi secondi sarebbe stato travolto dall’uragano, che di nome faceva Danilo, ma era peggio di Katrina che aveva distrutto New Orleans qualche anno prima. Il battente si aprì e apparve l’imponente figura di suo fratello che, appena lo vide, spalancò le sue braccia andandogli incontro. Boris gli rivolse un mezzo sorriso e bofonchiò:
«Mandi Danilo…»
Il fratello lo stritolò nel suo abbraccio e, piegando leggermente la testa, esclamò al suo orecchio:
«Mandi Boris! Che piacere rivederti! Era l’ora che tornassi a Trieste!»
Boris bisbigliò con un filo di voce, visto che la sua cassa toracica era ostruita dalla morsa delle braccia di suo fratello:
«Già…ma lunedì devo ripartire…»
Danilo si scostò con la fronte corrugata e mettendo le mani sulle spalle del fratello gli chiese, guardandolo con i suoi profondi occhi scuri:
«Dovresti rallentare, Boris. Soprattutto dopo quello che ti è successo qualche mese fa. Non si scherza con la merda che ti sei preso»
«Lo so…» borbottò annuendo con il capo.
Sbucando alla destra del fratello, la madre si intromise domandogli:
«Che cos’è questa notizia della tua partenza? Sei appena ritornato e già devi andartene?!»
«Questa mattina mi ha chiamato Roberta per informarmi dell’intenzione della casa discografica di produrre un nuovo cd. Così lunedì devo essere a Torino per mettermi d’accordo con Roberta» spiegò loro camminando verso la cucina.
Dalla pentola, sigillata con il coperchio, usciva fumo, così Luana accelerò il passo per sollevare la copertura e scoprire il bollore dell’acqua.