Non c’è più religione?
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Questi e molti altri, tra cui le questioni teologiche che emergono dalle scritture sacre, sono i temi che affronta in questo breve saggio Vittorio Savini, con il ricorso ampio a citazioni di altri autori, in genere piuttosto critici verso la visione cristiana.
Un credo, quello cristiano, che storicamente ha generato più di una contraddizione, ma che ancora oggi raccoglie nel mondo un consenso piuttosto ampio, motivato da fattori che poco hanno a che fare con la ragione e la logica. Si può dunque continuare a credere a un Dio unico e ai dogmi della Chiesa cattolica al giorno d’oggi? Cosa comporta in termini pratici e di morale personale?
Vittorio Savini è nato a Russi di Romagna nel 1943. Laureato in ingegneria civile idraulica all’Università di Bologna, è stato libero professionista fino al 2003. Appassionato di scienza, suona l’armonica in un gruppo di musica irlandese. Ama lo sport, che ha praticato soprattutto da giovane, e i viaggi. Ama coltivare le amicizie, la convivialità a base di braciole di castrato e cozze dell’Adriatico, con vino Prosecco e Franciacorta. Ha amici in Francia, Germania, Irlanda e Scozia. Ha di recente pubblicato per Albatros Il Filo un libro dal titolo L’universo deterministico.
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Anteprima del libro
Non c’è più religione? - Vittorio Savini
Albatros
Gli Speciali
Vittorio Savini
Non c’è più
religione?
Una ricerca illustra come l’Italia
stia smarrendo il senso del sacro
e si stia riducendo il numero dei cattolici.
© 2018 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-567-9161-7
I edizione ottobre 2018
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
www.gruppoalbatros.com
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Non c’è più religione?
Una ricerca illustra come l’Italia
smarrisce il senso del sacro e si riduce
il numero dei cattolici
I
Premessa
Quando si affronta un tema, qualunque esso sia, è bene fare riferimento ai dati disponibili che ne illustrano nello specifico la situazione. Trattandosi poi di un tema come la religione, su cui ciascuno ha maturato da tempo le proprie convinzioni, in assenza di dati si rischia di esprimere semplici opinioni personali, che se pur legittime, mancano però dello spessore necessario al fine di ritenerle accreditate di un effettivo aggancio alla realtà. Che la religione in Italia e nel mondo occidentale fosse da tempo in crisi lo si poteva constatare da diversi fenomeni, quali le chiese sempre più vuote, la crisi delle vocazioni e il conseguente calo dei sacerdoti, molti dei quali vengono ormai importati
soprattutto dai Paesi dell’Est europeo e dall’Africa. Ma accanto al crollo delle vocazioni vi sono altri fenomeni che rendono ancor più evidente il progressivo distacco di molte persone dalla fede nella Chiesa, come il crollo dei matrimoni religiosi
che oramai sono raggiunti dai matrimoni civili
⁰¹ , per non parlare delle coppie di fatto
in costante aumento. Oltre al progressivo calo degli studenti che frequentano l’ora di religione, percepita come un’imposizione finalizzata alla catechizzazione cattolica, e di scarsa utilità. Oltre a questo c’è il disincanto che permea molti di coloro che ancora si professano cattolici.
Ma al di là di quella che può essere una percezione soggettiva, ci pensa una ricerca sull’Italia condotta da Community Media Research pubblicata da La Stampa
il 22 dicembre 2017 a fornire il quadro della situazione dal 2000 al 2017. Il dato più evidente consiste nella diminuzione di coloro che si dichiarano Cattolici dal 79,2% al 60,1% ed in contemporanea la crescita di coloro che dichiarano di non appartenere a nessuna fede, dal 18,8% al 33,4%. La ricerca evidenzia inoltre tutta una serie di elementi: salgono i buddisti (dal 0,2 al 1,8%), i protestanti (dal 0,3 al 1,1%) e altre confessioni non cristiane (dal 0,1 al 1,3%).
Tab. A: A quale confessione religiosa senti di appartenere?
(*) Questo dato non sembra coerente con i dati della Fondazione ISMU, che dà il 2,3% di islamici in Italia.
Fra i cattolici (Tab. B) i credenti
sono il 51,1%, i materialisti
il 29%, coloro che esprimono una religiosità culturale
(ispirata alle consuetudini) il 12,9% e coloro che si richiamano ad una spiritualità soggettiva
il 7,1%. Un’ulteriore suddivisione che tiene conto di tutte le fedi individua come gruppo prevalente quello dei materialisti
(46,3%) che dichiara di non avere né una visione spirituale né religiosa, poi quello dei credenti
(34,5%), poi coloro che dichiarano una spiritualità soggettiva
ma non riconoscono alcuna Entità superiore (11,1%) e coloro che hanno un’appartenenza religiosa legata alle consuetudini, ossia una religiosità culturale
(8,1%). Riguardo la frequenza alle funzioni religiose gli assidui
passano dal 49,6 al 25,6%, gli occasionali
dal 34,9 al 47% e chi non va mai
dal 15,5 al 27,4%: ulteriore elemento che denota la diminuzione del senso del sacro
, e spiega il fenomeno delle chiese sempre più vuote.
Tab. B: I profili della religiosità e spiritualità
La tabella mette in evidenza come la fascia dei credenti
sia maggioritaria dai 55 anni in su.
*Materialisti: non hanno una vita spirituale né religiosa
*Credenti: hanno una vita spirituale e religiosa
*Spiritualità soggettiva: non riconoscono un’Entità Superiore
*Religiosità culturale: appartenenza ispirata alle consuetudini
N.B. (le suddette definizioni sono quelle che dà la Ricerca: si riportano senza entrare nel merito)
Una considerazione a parte merita l’aumento dei buddisti
, che difficilmente può essere attribuito al solo fenomeno immigratorio, ma piuttosto a tanti italiani ex cristiani
che hanno ritenuto di trovare nel buddismo elementi più convincenti. Le considerazioni che si possono trarre da questi dati sono molteplici. Se guardiamo alla Tab. B si vede che i materialisti
di tutte la religioni superano sia gli aderenti ad altre religioni sia i cattolici. In sostanza la maggioranza (relativa) degli italiani (46,30%) si sente libera di non credere in alcuna fede religiosa. Ciò nonostante la Chiesa continua a godere di tutta una serie di privilegi, come l’otto per mille, che attraverso un criterio quanto meno discutibile, incamera anche la quota di chi non opta per la Chiesa stessa. In effetti su di un totale di fondi da assegnare pari a €. 1.257.577.000 (ripartizione del 2016) alla Chiesa vanno €. 1.018.842.000 pari al 81,23% a fronte di una percentuale del 36,77% di chi ha fatto l’opzione per la Chiesa. Questo succede perché quel 54,19% che non sceglie viene poi ripartito proporzionalmente fra le religioni che sono ammesse alla ripartizione. A fronte del 54,19% di chi non ha espresso alcuna scelta, se lo Stato avesse incamerato per sé tale percentuale avrebbe incassato €. 681.481.000 mentre alla Chiesa sarebbero andati €. 462.411.000 (cioè ben €. 556.431.000 in meno). Ma tutti i governi che si sono succeduti hanno avallato questo criterio di ripartizione: non si capisce per quale motivo la quota di chi non ha operato la scelta non dovrebbe andare allo Stato anziché venire ripartita ulteriormente fra le varie religioni. Ma qui forse c’è di mezzo il Concordato
fra Stato e Chiesa.
Tab. C: Come la Chiesa utilizza l’otto per mille (70° Assemblea Generale della C.E.I. Maggio 2017)
Come si può ben notare l’otto per mille serve soprattutto a mantenere l’apparato clericale della Chiesa, cui va in totale circa il 73%. Alle opere caritatevoli va circa il 27%, di cui al terzo mondo
va una quota di circa l’8%. Forse chi guarda lo spot pubblicitario della Chiesa si potrebbe aspettare una diversa percentuale.
01 I matrimoni civili nel 2015 erano al 45,3% del totale (88.000 su 194.377), in aumento dell’8% sul 2014 (dati ISTAT).
II
La crisi di credibilità
Oggi quella ricerca mette bene in evidenza il calo dei cattolici, un dato che viene però da lontano, almeno da quel maggio del 1974 quando il popolo italiano voltò le spalle alla Chiesa in occasione del Referendum sul divorzio. Il referendum, promosso (sotto la spinta della Chiesa) dalla DC per bocciare una legge dello Stato, fu seppellito sotto una valanga di NO, dimostrando già allora le prime crepe nel monolitismo su cui la Chiesa contava per continuare ad imporre le sue scelte e le sue concezioni a tutti i