Numero 821. La memoria come dovere
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Anteprima del libro
Numero 821. La memoria come dovere - Giovanni Bonofiglio
GIOVANNI BONOFIGLIO
numero 821
La memoria come dovere
LPE.jpgProprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Stampato in Italia nel mese di marzo 2021 per conto di Pellegrini Editore
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinieditore.com
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
"Tutti coloro che dimenticano il loro passato,
sono condannati a riviverlo".
Primo Levi
In memoria di nonno Angelo.
Ai punti fermi della mia vita, Mamma e Papà,
mio fratello Angelo e la mia meravigliosa
compagna di vita, Virginia.
Introduzione
"La storia dell’internato militare italiano numero 821, è un’opera biografica volta a ricostruire una fase triste di un ragazzo che vive il periodo definito dalla storiografia come
totalitario". Mio nonno, costretto a vivere come tanti ragazzi di quella generazione i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale.
Angelo Bonofiglio, questo era il suo nome, visse a Borgo Partenope piccola frazione alle porte della città di Cosenza.
L’intento del presente scritto, è duplice, in primis raccontare attraverso la testimonianza di chi ha vissuto l’Italia fascista ed in quale drammatico destino furono trascinati migliaia di giovani di quel periodo, in seconda battuta, sensibilizzare – mediante un racconto semplice – la società odierna a ripudiare le ideologie fasciste.
A distanza di oltre settant’anni dalla fine del Secondo conflitto Mondiale, nell’Europa e nel mondo intero, non è affatto scomparso quel suono seducente, affascinante del richiamo di quelle ideologie di morte, antisemitismo e distruzione dello Stato di diritto.
Pur volendo trovare una giustificazione a tutte quelle persone che rimpiangono il Duce, mosso da un senso di estrema comprensione, credo che tali affermazioni siano frutto di una scarsa o mancata conoscenza del periodo storico oggetto del presente saggio.
Ritengo inoltre, che tali rimpianti siano rafforzati altresì, da dichiarazioni di autorevoli esponenti nazionali, membri del consiglio europeo, che in alcune interviste hanno affermato e poi smentito che Mussolini fece anche cose buone!
.
Per quanto mi riguarda, a seguito dei racconti di mio nonno che ha vissuto in prima persona il regime fascista, rafforzato anche dai miei studi e ricerche in qualità di dottore in Storia, alla passione che nutro per questa disciplina, e per alcune collaborazioni con lo storico Prof.re Carlo Spartaco Capogreco – uno dei massimi storici internazionali dello studio e della riscoperta dell’internamento civile fascista in Italia e nei Balcani – quello che portò il Duce in Italia e l’ideologia fascista in Europa, riadattando il titolo dell’opera arendtiana, fu "la banalità del male" assoluto.
Mio nonno all’epoca era un ragazzo come tanti, che dal servizio di leva obbligatoria, fu chiamato dal regime fascista alle armi e dopo l’8 settembre 1943, fu catturato dai nazisti ed internato, passando prima per il campo di concentramento di Dachau e subito dopo trasferito in uno dei sottocampi di Mauthausen – situato a venticinque chilometri circa dalla città di Linz, Alta Austria – appositamente previsti per i prigionieri di guerra, condannato a vivere l’esperienza dei campi di concentramento, privato della libertà e costretto ai lavori forzati, il giovane Angelo Bonofiglio, apparteneva pertanto alla categoria degli IMI (internati militari italiani). Oggi il termine "totalitarismo torna ad assumere un posto di primo piano nel panorama politico internazionale. Ritengo pertanto di estrema importanza attualizzare l’evento storico
totalitario, poiché ad esso è intrecciato un altro concetto, quello della violazione o la totale negazione dei
diritti umani". Il risultato che ne esce fuori dal paragone fra questi due termini è l’indifferenza dei popoli europei alla persecuzione nazista degli ebrei e l’indifferenza attuale e quotidiana nei confronti della disperazione e della morte di migliaia di migranti nel Mediterraneo.
Allora erano il totalitarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no, oggi è una quieta rassegnata indifferenza, quell’indifferenza che è stata una componente centrale degli anni bui dei totalitarismi. C’è una lezione terribile a cui oggi si dovrebbe prestare particolare attenzione: l’ascesa del nazismo nella Germania di Weimar. Come è spiegato in un bel libro dello storico americano Benjamin Hett, La Morte della Democrazia
(The Death of Democracy: Hitler’s Rise to Power and the Downfall of the Weimar Republic, ndr), il nazismo fu innanzitutto un movimento di protesta contro la globalizzazione, e in particolare contro l’Europa. Il nazismo riuscì a convincere e mobilitare milioni di tedeschi che si sentivano vittime di forze internazionali su cui non avevano nessun controllo, attribuendone la colpa alle potenze occidentali. Molti aspetti economici e sociali della Germania di Weimar ricordano elementi della situazione attuale. Ma il mio scopo, non è solo quello di parlare del nazismo e del fascismo come ci raccontano i libri di storia,