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Il sogno di Giovannino che diventerà la sua missione per la vita
Il sogno di Giovannino che diventerà la sua missione per la vita
Il sogno di Giovannino che diventerà la sua missione per la vita
E-book92 pagine1 ora

Il sogno di Giovannino che diventerà la sua missione per la vita

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La storia di questo romanzo si svolge tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo, in un Italia dei nostri giorni, descrive la vita di una modesta famiglia che risiede in una grande città, che fa i conti con i problemi di tutti i giorni, con le disavventure di un padre Alfio, che scopre di essere affetto da una malattia molto grave, che ne uscirà comunque guarito, ma che la vita gli riserverà sia a lui che alla sua famiglia un tragico destino, la morte del primogenito Nicolò per un infortunio sul lavoro.

Della grande forza interiore che spingerà sia lui, ma soprattutto il terzo figlio Giovannino, alla costituzione prima dell’associazione culturale “Sicurarte” e poi alla fondazione del “Movimento per la Sicurezza”.

Capace di mobilitare tanta gente con il solo tam tam sui social della rete, che avrà il suo culmine con una imponente manifestazione che porterà in piazza la testimonianza che il lavoro è vita e non morte.
LinguaItaliano
Data di uscita5 lug 2019
ISBN9788831629713
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    Anteprima del libro

    Il sogno di Giovannino che diventerà la sua missione per la vita - Antero

    lavoro

    La storia

    Inizia tutto nell’agosto del 1985 quando Maria una casalinga di Roma partorisce all’ospedale di zona un bel bambino di 3,6 kg, moro, occhi verdi, già col piglio del leader, che faceva sentire con grandi vagiti il suo arrivo al mondo intero.

    In quella calura estiva si stava materializzando il sogno dell’allora bambino Giovannino.

    Alfio, Il padre, un operaio elettricista dipendente in una media azienda, per dare un futuro migliore ai figli lavorava sodo, ed era stimato dai suoi capi, sempre disponibile, insomma sapevano tutti che potevano contare su di lui, e nello stesso tempo si prodigava anche nel rappresentare gli interessi dei colleghi, sempre alla ricerca di una mediazione che non scontentasse nessuno, non solo, aveva molto a cuore la salute di tutti e per questo si batteva per assicurare le migliori condizioni di benessere, insomma un gran brav’uomo.

    Si era rimesso a studiare e la sera frequentava il corso alle scuole statali per diplomarsi come perito elettrotecnico.

    Maria, la madre una donna minuta ma molto energica aveva tirato su i primi 2 figli, un maschio e una femmina, di 5 e 3 anni, sempre a bisticciare tutto il giorno, e nonostante le sue gravidanze, di cui una sofferta, cercava di mantenere un aspetto piacevole, conciliava il suo essere moglie e madre con qualche lavoretto: quello di assistere le persone anziane e visto che aveva lavorato da ragazza presso una parrucchiera, si cimentava nel tagliare e acconciare le chiome delle signore attempate.

    Maria per poter gestire la famiglia, i suoi modesti interessi lavorativi e un marito che fra il lavoro e la scuola a casa non c’era quasi mai, riceveva l’aiuto della mamma, Elisa, vedova da molti anni.

    Elisa per ammazzare il tempo la sera frequentava un centro anziani, era molto conosciuta e ben voluta da tutti, si era sacrificata molto nella vita, aveva cominciato presto a lavorare, sempre lavori umili, soprattutto a faticare a casa d’altri: pulire, cucinare, stirare, insomma quello che capitava.

    Doveva contribuire all’economia della famiglia e crescere le sue quattro figlie.

    Il marito Antonio era deceduto una decina di anni prima, per una trombosi cerebrale, un uomo che negli ultimi tempi della sua vita frequentava un osteria, si dava alle partitelle a carte e al vino, aveva lavorato nel mondo dello spettacolo, come attrezzista, purtroppo alcuni anni prima, la crisi che ha colpito il settore e l’età avanzata lo avevano messo fuori dal mondo del lavoro, l’unico sostentamento economico era la sua pensione minima. 

    Una famiglia come tante in questa Italia, che deve fare i conti con la crisi, con la mancanza di lavoro, con l’immigrazione fuori controllo, con la delinquenza, con i femminicidi, con i terremoti, le alluvione e le frane.

    Le giornate trascorrevano sempre allo stesso modo, la mattina alle sei Alfio prendeva un caffè veloce dopo una notte quasi insonne, si era alternato con Maria ad accudire il terzogenito, il nuovo arrivato soffriva di coliche gassose, senza avere nemmeno il tempo di preparare il pranzo d’asporto, visto che Maria proprio a quell’ora crollava in un sonno molto profondo, pertanto si doveva accontentare di un panino con due fette di prosciutto e una di formaggio.

    Uscendo alla chetichella per non svegliare nessuno lasciava il loro modesto appartamento di periferia: due stanze, un piccolo bagno e un cucinotto, al secondo piano di un condominio di quattro senza ascensore.

    Aveva una piccola utilitaria ma per risparmiare prendeva i mezzi pubblici, non aveva una sede di lavoro fissa, raggiungeva il cantiere di turno, l’azienda lavorava quasi prevalentemente per appalti privati.

    Gli piaceva la vita di cantiere nonostante si lavorasse in condizioni difficili: tra la polvere, il freddo d’inverno, il caldo d’estate.

    Conosceva i rischi, le insidie.

    C’era sempre una tabella di marcia da rispettare, il cantiere doveva essere consegnato nei tempi stabiliti, non si doveva correre il rischio di allungare i tempi delle lavorazioni, dato che i lavori venivano aggiudicati al prezzo più basso, a volte pur di lavorare il prezzo coincideva con i costi senza nemmeno un piccolo margine di utile, non solo i committenti provveduti inserivano le penali per gli eventuali ritardi sulla consegna.

    E sempre più spesso questo comportava anche l’abbassamento di quei presidi di sicurezza, ai quali lui non intendeva rinunciare, ma per mantenere l’occupazione si doveva chiudere un occhio, si faceva passare il tutto per un rischio accettabile.

    A volte per dare manforte nelle fasi finali si faceva uso di mano d’opera, non sempre regolare, italiana e straniera.

    A capo di questa piccola azienda c’è Giuseppe Monetti, origine campane, veniva da Vico Equense, un bel paese sul golfo di Napoli, era partito giovane insieme al fratello Ottavio, si era stabilito nella capitale e  aveva trovato lavoro presso un gruppo industriale francese, che aveva messo le radici in Italia, acquistando negli anni imprese italiane nel settore della costruzione e manutenzione degli impianti tecnologi.

    Giuseppe non era un tecnico specialista ma aveva una spiccata capacità organizzativa, sapeva fare i preventivi e le trattative con i vari fornitori e subappaltatori, si era fatto strada sino a diventare responsabile capo commessa, gestiva un certo numero di contratti e le risorse a lui affidate. 

    Poi un giorno stanco di lavorare sotto padrone e anche per i rapporti tesi con la direzione, contestava alcune scelte di politica aziendale a suo dire in contrasto con la realtà lavorativa, ha preso la decisione di mettersi in proprio e dare inizio alla sua avventura di imprenditore.

    Inizialmente con i pochi risparmi frutto della liquidazione e con l’aiuto del fratello Ottavio, che si era unito da li a poco, aveva trovato con fatica un piccolo locale, i costi di affitto erano abbastanza alti e per un eventuale acquisto decisamente proibitivi, che usava come ufficio e magazzino per il ricovero dei materiali e delle attrezzature.

    Con il passaparola e le poche conoscenze cominciavano i fratelli a lavorare prima con le piccole riparazioni, andavano nelle case o presso i negozi - per ripristinare l’impianto elettrico fuori servizio per guasto

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