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La missione dell'università di fronte alla sfida della modernità: Riflessioni alla luce del pensiero di Giambattista Vico nelle Orazioni inaugurali
La missione dell'università di fronte alla sfida della modernità: Riflessioni alla luce del pensiero di Giambattista Vico nelle Orazioni inaugurali
La missione dell'università di fronte alla sfida della modernità: Riflessioni alla luce del pensiero di Giambattista Vico nelle Orazioni inaugurali
E-book326 pagine4 ore

La missione dell'università di fronte alla sfida della modernità: Riflessioni alla luce del pensiero di Giambattista Vico nelle Orazioni inaugurali

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Info su questo ebook

Il testo affronta il ruolo che l’università è chiamata a svolgere nel contesto culturale attuale, caratterizzato dal dominio di ciò che Papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’, definisce come il «paradigma omogeneo e unidimensionale», ossia la radicalizzazione del metodo matematico- sperimentale assunto a chiave di lettura universale. Per reagire a questo riduzionismo, l’università oggi, fedele alla sua identità di istituzione che cerca la verità nel suo significato più pieno, è chiamata ad allargare gli orizzonti del pensiero, della ricerca e della razionalità. La riflessione di questo testo, che ha sullo sfondo il riferimento al pensiero di Giambattista Vico, intende stimolare la cultura ad un costante sforzo di apertura alla trascendenza, intesa in primo luogo come capacità di affrontare la realtà e la persona umana in tutte le sue sfaccettature ed esigenze e, in seconda analisi, come accoglienza della luce che la Rivelazione getta sulla ragione umana. 
LinguaItaliano
Data di uscita25 lug 2019
ISBN9788838248528
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    La missione dell'università di fronte alla sfida della modernità - Luca Gallizia

    Luca Gallizia

    La missione dell'università di fronte alla sfida della modernità

    Riflessioni alla luce del pensiero di Giambattista Vico nelle Orazioni inaugurali

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura ed Universale sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    Volume pubblicato col contributo della

    Fondazione Giulio e Giulio Bruno Togni

    Copyright © 2019 by Edizioni Studium - Roma

    ISBN 9788838248528

    edizionistudium.it

    ISBN: 9788838248528

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Abbreviazioni

    Prefazione

    Introduzione

    PARTE I. ORIGINE E SVILUPPO DELL’UNIVERSITÀ

    I. Lo sviluppo dell’Università nella storia

    II. Il pensiero di Newan sull’Università

    PARTE II. LA MISSIONE DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA

    I. L’Università nel magistero della chiesa

    II. La verità come fine della ricerca scientifica

    III. L’unità del sapere e il ruolo della teologia

    IV. Sintesi armonica tra fede e ragione, scienza e sapienza

    V. La libertà del sapere a fondamento dell’Università

    VI. La centralità della persona

    VII. Spirito di servizio al bene comune

    VIII. L’università e la missione di evangelizzazione

    PARTE III. LA MODERNITÀ ALLA LUCE DEL PENSIERO DI GIAMBATTISTA VICO NELLE ORAZIONI INAUGURALI 1699-1708

    I. Il concetto di modernità

    II. Vico e la modernità. Orazioni inaugurali e De Nostri Temporis Studiorum Ratione

    PARTE IV. L’UNIVERSITÀ OGGI DI FRONTE ALLA SFIDA DELLA MODERNITÀ

    I. Una ragione umile

    II. Un triplice sforzo di trascendenza

    III. La ragione umile e l’università: verso l’integrazione delle sciene e della persona

    Conclusione

    Bibliografia

    Indice dei nomi

    CULTURA

    Studium

    169.

    LUCA GALLIZIA

    LA MISSIONE DELL’UNIVERSITÀ

    DI FRONTE ALLA

    SFIDA DELLA MODERNITÀ

    Riflessioni alla luce del pensiero

    di Giambattista Vico

    nelle Orazioni inaugurali

    Prefazione di Giuseppe Mari

    Abbreviazioni

    AAS Acta Apostolicae Sedis

    DAIS De Antiquissima Italorum Sapientia

    DMH De mente heroica

    DNT De nostri temporis studiorum ratione

    DV Dei Verbum

    ECE Ex Corde Ecclesiae

    GEd Gravissimum Educationis

    GS Gaudium et Spes

    IBXVI Insegnamenti di Benedetto XVI

    IGPII Insegnamenti di Giovanni Paolo II

    LEV Libreria Editrice Vaticana

    LG Lumen Gentium

    OIN Orazioni inaugurali

    SCN La Scienza nuova (1744)

    VSS Vita scritta da sé medesimo

    Prefazione

    A chi lavora in università fa certamente bene fermarsi a considerare quali sono le ragioni che giustificano un’attività di rilievo per l’intera società civile. La qualifica superiore di questi studi allude all’apice della ricerca e della docenza. Le risorse investite per promuoverne la qualità confermano la centralità dell’istituzione accademica all’interno del tessuto formativo, culturale e produttivo del Paese. Gli interventi di carattere internazionale, gli sforzi prodigati in ordine alla cooperazione e alla integrazione tra sistemi accademici mostrano che l’università gioca un ruolo che va al di là dei confini nazionali. Con questo spirito mi accingo a stendere alcune note, tenuto conto del fatto che sia per i docenti sia per gli studenti la routine universitaria può mettere in secondo piano le questioni di fondo che invece questo volume pone in evidenza.

    Già nel nome l’ università esprime la densità della propria identità. Il termine, infatti, non posiziona l’istituzione all’interno di una gerarchia dei livelli scolastici, neppure identifica l’oggetto tipico che la riguarda. Piuttosto mette in luce un tipo d’approccio alla realtà, secondo il quale la molteplicità viene ricondotta a unità. Com’è noto, si tratta di una delle questioni più antiche affrontate dal pensiero occidentale: il rapporto uno-molti. Le due polarità si sono sempre fronteggiate (e continuano a farlo) con la costante oscillazione tra i due estremi che, tuttavia, non riescono a intercettare fino in fondo il richiamo dell’ universitas perché questa non si limita a stabilire il primato dell’uno, ma lo coniuga con l’indispensabile esistenza dei molti, benché convergenti su una meta comune. L’ uni-versus, infatti, è intrinsecamente dinamico. Certamente il termine universitas rimanda alla congiuntura storica che ha visto il suo costituirsi attraverso le corporazioni medievali, ma non identifica solo la convergenza di interessi contingenti, bensì un modo di guardare alle cose che le riconosce orientate a comporsi continuamente nella propria differenza all’interno di un’unità.

    Del resto, l’università è nata nel medioevo e il medioevo è la stagione delle summae. Esposizioni generali la cultura ne aveva già conosciute, soprattutto grazie alla ricerca sviluppatasi nel Museo alessandrino, ma ora c’è un’originalità perché l’ universitas allude alla reductio ad unum correlata al Dio creatore che attira a Sé tutte le cose. In altre parole, lo studio e l’insegnamento praticati all’università sono nati nel segno di una profonda ispirazione religiosa. Dobbiamo considerarla un reperto archeologico? Evidentemente l’autore di questo volume non la pensa così e offre un bell’intreccio – chiaro oltre che articolato – tra l’idea di università in quanto tale e quella di università cattolica, intesa non come un corpo estraneo all’interno della circolazione accademica, ma come una delle sue coerenti molteplici espressioni.

    Una profonda fiducia pervade le pagine del testo non solo in merito al ruolo che l’università continua a svolgere pur con tutti i problemi che conosciamo, ma anche relativamente alla reciproca implicazione esistente tra la vita universitaria e la vita di fede. Non penso che si tratti di una forzatura, ritengo invece che sia una benefica provocazione al pensiero e all’azione perché, se è vero che l’università di oggi è molto diversa da quella delle origini, è altrettanto inoppugnabile che continua ad essere universitas come possiamo chiaramente evincere dai continui richiami alla sinergia, alla collaborazione, al confronto. Certo, la secolarizzazione ha imboccato un indirizzo diverso da quello teologico, ma continua a restare essenziale (nel senso che riguarda l’essenza stessa dell’istituzione universitaria) non ignorare la trascendenza che costituisce il cuore della conoscenza umana, anche quando si distacca dalla religione, per il semplice fatto che si compone di domande e di risposte espresse all’interno di un flusso che non si ferma mai. Il rischio è che la routine opacizzi questo dinamismo la cui vitalità è invece essenziale anche perché si esprime nell’incontro con i giovani ossia con i soggetti in età evolutiva. Se le loro domande vengono raccolte da risposte puramente funzionali, il dinamismo dell’ universitas diventa banale non perché sia insignificante ciò che è utile, ma perché, per il fatto stesso che serve a qualcosa, non costituisce l’essenziale ossia ciò che vale di per sé.

    La rivisitazione del pensiero di Vico, che costituisce il cuore della ricerca condotta da Gallizia, è strategica perché fa incontrare non solo un illustre esponente dell’ universitas, ma anche un pensatore che ha colto il limite di una modernità declinata in chiave puramente strumentale. Il XX secolo è stato teatro di un ampio confronto nel quale autori anche di diversissima ispirazione – come il cattolico Guardini, il marxista Horkheimer e il laico Heidegger – sono stati convergenti nel denunciare un tipo di conoscenza povero perché appiattito sulla tecnica, cioè sulla strumentalità. La riflessione che loro ed altri hanno condotto sta sullo sfondo del frequente invito di Benedetto XVI – che è stato anche docente universitario – ad allargare l’idea di razionalità, a cui Francesco ha corrisposto rilanciando – con la pubblicazione di Veritatis Gaudium – il lógos come vettore di dia-lógos (n. 4). In effetti, l’ universitas, in quanto dinamismo orientato a coniugare molteplicità e unità, si manifesta compiutamente nel dialogo come vettore di ricerca a tutto campo. Sul piano didattico, significa che la docenza è anzitutto occasione d’incontro in vista della crescita globale della persona di tutti coloro che vi sono coinvolti. Sul piano della ricerca, vuol dire che occorre sempre perseguire il confronto e non chiudersi nei recinti dove le specializzazioni tendono a relegare.

    Confrontarsi con la modernità, come fa Gallizia sulla scia di Vico (ma anche di Newman), è essenziale. Valorizzare il contributo che l’università cattolica reca all’università in quanto tale, come viene mostrato bene in questo libro, significa uscire dalle secche dell’ideologia e servire la causa della verità che libera (Gv 8,32). Adottare una razionalità umile ma non debole, costituisce un invito che merita raccogliere se vogliamo che l’ universitas continui a fecondare le menti e i cuori, evitando di contrarsi su un dispositivo produttivo ma sterile.

    Giuseppe Mari

    Ordinario di Pedagogia generale

    Università Cattolica del Sacro Cuore

    Con costernazione le Edizioni Studium e l’Autore ricordano il prof. Giuseppe Mari, scomparso la notte tra il 13 e il 14 novembre 2018, condirettore della rivista Pedagogia e Vita, membro da diversi anni del Consiglio scientifico dell’Editrice, ed autore della Prefazione a questo volume. Esprimono inoltre profonda stima e riconoscenza per la serietà del suo impegno scientifico e la ricchezza della sua umanità così ammirevolmente spesa a servizio di ciascuno dei suoi studenti.

    Introduzione

    Le pagine di questo libro intendono offrire una riflessione circa la missione dell’università, nei confronti del contesto culturale contemporaneo. Diversi documenti del Magistero Pontificio hanno sottolineato infatti l’importanza di tale istituzione nel contesto più generale della missione evangelizzatrice della Chiesa. La ricchezza e ampiezza degli interventi dei Pontefici – in modo particolare quelli del XX secolo – sull’università, confermano l’attenzione costante verso il tema e hanno rappresentato lo spunto iniziale e il riferimento costante della presente ricerca.

    Il tema non è certo nuovo, è stato ripetutamente affrontato da chi si è occupato di università. Originale tuttavia è il proposito di approfondirlo a partire dalle allocuzioni che, a cavallo tra il XVII e XVIII secolo, sono state pronunciate dal filosofo italiano Giambattista Vico, professore di retorica presso l’università di Napoli. Il pensiero di Vico si inserisce pienamente nell’aspirazione, propria della modernità a lui contemporanea, di conseguire un sapere certo; ma si presenta come un’interessante, originale e illuminante alternativa all’impostazione cartesiana delle idee chiare e distinte.

    La critica di Vico a Cartesio – e più in generale a un pensiero moderno di stampo matematico-scientifico – offrendo spunti importanti circa le potenzialità e i limiti della conoscenza umana nella ricerca della verità, sarà l’occasione per estendere queste riflessioni anche all’università, luogo per eccellenza destinato a tale ricerca. Non è un caso che la professione di Vico fosse proprio quella di professore universitario a Napoli. Questo dato biografico spiega perché le sue riflessioni non siano solo teoriche, astratte: fu sempre vivo in lui l’interesse per la pedagogia e l’attenzione verso una metodologia degli studi in grado di trasmettere agli studenti un sapere non fine a sé stesso, ma al servizio della loro persona e di conseguenza anche della cultura e del bene comune.

    Vico ha elaborato un pensiero alternativo a Cartesio sottolineando i rischi di una ragione che, nella pretesa di raggiungere la chiarezza e la distinzione, rischia di perdere la ricchezza (e la problematicità) del reale. Parimenti l’università oggi è chiamata ad accogliere l’invito – sottolineato con speciale enfasi da Benedetto XVI – ad allargare gli orizzonti della razionalità, superare una ragione che si autolimita e che cerca la certezza nel misurabile e nel quantificabile. L’università deve contribuire a una ragione che, rimanendo fedele a sé stessa, sappia aprirsi e rispettare la sfida della realtà, la complessità della persona umana, l’orizzonte del trascendente. Queste tre esigenze di trascendenza saranno analizzate, una per una, nel susseguirsi della riflessione.

    L’intenzione di chi scrive non è solo teorica. Dal terreno della riflessione filosofica, emergono qua e là vie applicative rivolte all’odierna missione dell’università. Nell’attuale contesto culturale post-illuminista, l’università è ancora chiamata a stimolare la ragione scientifica in modo che si confronti e si apra ai valori della trascendenza. L’università cattolica, in particolare, ha il compito di offrire ancora oggi una valida e ragionevole alternativa ai limiti di un razionalismo che esclude il tema di Dio come ascientifico e lo relega nel campo delle scelte soggettive e inappellabili della coscienza.

    L’obiettivo del presente libro è così tracciato in sintesi. Verrà sviluppato percorrendo fondamentalmente quattro tappe, che costituiranno le quattro parti del testo. Le prime due offriranno riflessioni di carattere generale quali strumenti necessari per inquadrare il tema e fornirne le principali idee di contesto. La terza e la quarta parte si focalizzeranno sull’argomentazione centrale della tesi, a partire dal pensiero di Giambattista Vico, con applicazioni svariate alla concreta realtà universitaria.

    La riflessione avrà come punto di partenza una sintesi del percorso storico dell’Università, intesa in senso lato quale istituzione di studi superiori, specialmente nel contesto occidentale. Nel primo capitolo si analizzeranno infatti i prodromi dell’Università ravvisabili in alcune realtà educative dell’antichità greco-romana. Si presenterà poi il contesto culturale della rinascita del Mille, sottolineandone gli elementi di novità e di vivacità culturale. Il percorso storico si centrerà poi sul processo di fondazione delle prime università europee (Salerno, Parigi, Bologna, Oxford,...) e metterà in luce le caratteristiche peculiari di ciascuna ma anche gli elementi comuni. Il passo successivo sarà la presentazione dell’università nel periodo rinascimentale, sottolineando in particolare la relazione umanesimo-università e i riflessi della Riforma protestante. Seguendo l’evoluzione storica, si prenderà in considerazione il periodo della modernità e la diffusione delle accademie.

    La modernità costituisce un passaggio chiave. In essa si assiste, infatti, a un cambio di paradigma culturale: gli esponenti della cosiddetta rivoluzione scientifica condividono un orientamento teoretico di chiara matrice platonica che li volge fiduciosi verso la ricerca dell’unità attraverso la conoscenza. L’analisi di questa transizione sarà particolarmente importante per la nostra riflessione perché il pensiero di Vico si presenta proprio come alternativo e originale rispetto a questo contesto razionalistico.

    Il 1810, anno di fondazione dell’università di Berlino, rappresenta una data fortemente simbolica, un ulteriore punto di svolta verso la concezione contemporanea di università. A questo proposito, si analizzeranno i caratteri di questo momento storico e culturale, in particolare l’impostazione humboldtiana di università e come questa si declina nelle varie realtà universitarie europee.

    Chiude la prima parte il riferimento al pensiero di Newman sull’università tratto dalla sua opera L’idea di università, considerato come una delle elaborazioni più complete e illuminate circa l’identità e la missione di una università moderna. Non poteva mancare un accenno, pur sintetico, alle idee di Newman a conclusione di un capitolo che, nel presentare lo sviluppo storico dell’istituzione universitaria, intende allo stesso tempo coglierne gli elementi essenziali per la riflessione successiva.

    La seconda parte sarà interamente dedicata all’analisi dei principali documenti del Magistero circa la missione dell’università cattolica. Si analizzeranno in particolare i documenti conciliari e gli interventi di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco in occasione dei numerosi incontri con il mondo della cultura e dell’università. A partire da questo ricco patrimonio, si tenterà una sintesi circa la specificità della missione di un’università cattolica nell’ambito della più amplia missione evangelizzatrice della Chiesa. Saranno numerosi gli spunti che ne derivano: la sintesi tra fede e ragione; la fiducia nella possibilità dell’uomo di accedere alla verità e la sintesi tra verità e amore; l’unità del sapere; il ruolo unificante della filosofia e della teologia; la libertà della ricerca scientifica quale valore irrinunciabile; il ruolo della tradizione del pensiero; lo spirito di servizio alla persona e alla cultura; l’università come luogo anche di evangelizzazione, di un sapere che si apre alla trascendenza e all’incontro con Cristo.

    La scelta di dedicare una parte rilevante della tesi alla rilettura del Magistero, nasce da questa convinzione di fondo: che la riflessione della Chiesa sull’uomo e sulla cultura possieda un valore universale, valido anche al di fuori del recinto delle istituzioni esplicitamente confessionali. Gli approfondimenti del Magistero sull’Università, infatti, offrono un ideale completo, elevato e particolarmente stimolante per il dibattito culturale e pedagogico attuale.

    Nella terza parte, a partire da tutti gli elementi raccolti attraverso il percorso storico e la lettura dei testi magisteriali, la riflessione si avvicinerà progressivamente all’obiettivo attraverso un primo capitolo dedicato al concetto di modernità. Sarà questo il momento per presentare in modo più specifico Giambattista Vico: la sua vita e quegli aspetti del suo pensiero che ruotano intorno alla critica del pensiero moderno. Va subito detto che il libro non intende offrire una presentazione globale delle opere di Vico: saranno analizzate dettagliatamente solo le allocuzioni che l’autore ha pronunciato in qualità di professore dell’università di Napoli. Si offrirà quindi una sintesi del pensiero di Vico che emerge da queste prime opere giovanili, con sporadici riferimenti anche alle evoluzioni nelle opere successive ( De antiquissima, De mente heroica, Scienza Nuova,). L’analisi del principio verum-factum, cardine del pensiero vichiano e la valorizzazione delle dimensioni poetiche-fantastiche del sapere, saranno essenziali per addentrarsi nella ricchezza e originalità del pensiero di un autore che, non compreso dai suoi contemporanei, ha costituito un importante punto di riferimento per la filosofia successiva, fino ai nostri giorni.

    La quarta ed ultima parte, raccoglierà alcuni frutti del percorso fatto, per applicarli al contesto culturale a noi contemporaneo. Una domanda di fondo guiderà la riflessione conclusiva: qual è la sfida dell’università oggi in Italia?

    Circa la metodologia investigativa, conviene nuovamente chiarire che non si è voluto offrire una presentazione complessiva ed esaustiva del pensiero di Vico nelle diverse opere e tappe del suo percorso filosofico. Il tema centrale è l’Università a confronto con la modernità, non un singolo pensatore. Vico non è infatti l’unico autore di riferimento: le riflessioni sull’università di Newman, Ortega y Gasset, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI saranno ulteriori importanti stimoli. Per quanto riguarda i testi di Vico, che sarà comunque l’autore più citato, per la traduzione all’italiano saranno utilizzati due riferimenti: principalmente quella di Mondadori del 1990 curata da Andrea Battistini; per i testi non presenti in questa pubblicazione (in particolare le Orazioni inaugurali dal 1699 al 1707) il riferimento è all’edizione di Sansoni del 1971, curata da Paolo Cristofolini.

    PARTE I. ORIGINE E SVILUPPO DELL’UNIVERSITÀ

    I. Lo sviluppo dell’Università nella storia

    1. I prodromi dell’Università nella civiltà greco-romana

    La storia della istituzione che oggi definiamo come Università fa risalire le sue origini ad un’età ben anteriore rispetto a quella che vide nascere l’ universitas medievale. Già nell’antichità classica, infatti, sorsero istituzioni che per la profondità della ricerca scientifica in esse compiuta e per la completezza del metodo di trasmissione del sapere, possono a buon diritto paragonarsi all’Università sorta nel medioevo e giunta a noi attraverso i secoli. La civiltà umana fin dai suoi albori ha sentito infatti la necessità di costituire luoghi espressamente dedicati alla coltivazione e trasmissione del sapere.

    L’esempio più illustre è quello dell’Accademia fondata da Platone ad Atene nel 387 a.C. Attraversando fasi alterne, ebbe una vita quasi millenaria: fu infatti chiusa definitivamente dall’imperatore Giustiniano nel 529 d.C. L’Accademia si costituì come associazione privata di singole persone nella forma giuridica di thíasos (il precedente era costituito dalla «confraternita» pitagorica di cui tuttavia poco sappiamo [1] ), cioè della comunità per il culto religioso [2] , anticipando così due aspetti che avrebbero caratterizzato l’Università nell’epoca medievale: il costituirsi come corporazione di persone (studenti e/o docenti) e il riferimento a una dimensione spirituale-religiosa.

    In antitesi ai sofisti (con cui si era criticamente confrontato il suo maestro, Socrate), Platone intendeva formare persone capaci di pensare e governare secondo verità e giustizia, attraverso il metodo dialettico che metteva a confronto maestri e discepoli. In linea con il magistero socratico (almeno per come ci è illustrato nei suoi dialoghi), Platone mirava a trasmettere una conoscenza che non si configurasse in chiave meramente tecnica, bensì etica, comportando la promozione della maturità morale del discepolo. Non si trattava infatti di un esercizio puramente logico o retorico: l’ideale proposto da Platone era quello di una trasformazione interiore del discepolo attraverso l’ascesi e l’apertura alla verità che procede dal lógos. La conoscenza era quindi anche un esercizio spirituale, una tensione verso la trascendenza. «Per Platone, che l’ha formulata per primo in termini filosofici, la libertà nella verità non sta casualmente, bensì essenzialmente in rapporto con la sfera della venerazione e del culto» [3] .

    Con tratti simili a quelli dell’Accademia, Aristotele – il maggiore dei discepoli di Platone – fondò ad Atene il Liceo, così detto perché sorgeva in un pubblico ginnasio consacrato ad Apollo Licio. Rispetto al suo maestro, lo Stagirita – pur proponendosi il medesimo scopo (educare la classe dirigente attraverso un percorso di tipo essenzialmente morale) [4] – adottò un tipo di approccio fortemente innovativo in coerenza con la nuova impronta da lui impressa alla conoscenza metafisica.

    Per Aristotele, infatti, l’essere «è usato in molte accezioni» ancorché «si riferisce in ogni caso ad una cosa sola e ad un’unica natura» [5] . Ciò significa che, rispetto a quello platonico, il pensiero aristotelico coniuga unità e pluralità. Per questa ragione – sul piano formativo – concepisce un dispositivo didattico più articolato. Sappiamo che anche nell’Accademia esistevano insegnamenti diversi (lo stesso Aristotele vi professava la docenza di retorica); è tuttavia chiaro che il richiamo dell’unità vi prevaleva come dimostrano sia l’identificazione della dialettica come sapere dell’intero [6] , sia il primato della virtù come costrutto unitario congiunto alla conoscenza intellettuale.

    In Aristotele, pur mantenendosi il richiamo dell’unità, tuttavia l’approccio è più realistico. La sua metafisica respinge la dottrina delle Idee come «vera realtà»; attribuisce una verità anche alla contingenza mondana; abbraccia un’antropologia unitaria che in parte riscatta il corpo dalla insignificanza antropologica e riconosce l’esistenza di una «verità pratica» che è tale pur non restituendo una conoscenza «necessaria».

    Su questo atteggiamento influiscono almeno due fattori, uno remoto, l’altro prossimo. Il primo rimanda al fatto che Aristotele proveniva da una famiglia di medici. Questo lo rendeva attento all’esistente nella varietà delle sue espressioni, anche quelle apparentemente più marginali [7] . Il secondo ha a che fare con il fatto che Aristotele, insegnando retorica nell’Accademia, era venuto a contatto con gli scritti di Isocrate (che era l’antagonista della scuola platonica, avendo eletto la retorica a sapere fondamentale della sua pratica didattica, pur attribuendole una finalità pedagogica che andava oltre il mero dispositivo tecnico – con ciò distinguendosi dai sofisti). Furono questi fattori probabilmente a renderlo più attento alla contingenza. Ad esempio l’espressione «per lo più» [8] ( epì tò polù) a cui associa la verità pratica, è di derivazione isocratica, cioè rimanda alla cultura retorica.

    La novità dell’approccio aristotelico è riconoscibile sia sul piano teoretico che su quello pratico. Infatti lo Stagirita professa l’esistenza di molte scienze in riferimento al diverso tipo di certezza che le connota [9] , esattamente come riconosce una certa varietà di comportamento all’interno di un’unica specifica virtù (questo in riferimento alle variabili individuali) [10] . L’elemento più rilevante – in ordine a quello che stiamo esplorando – è il primo perché spiega l’identità pedagogica di un’altra grande istituzione formativa antica a cui possiamo accostare l’Università odierna: mi riferisco al Museo alessandrino.

    Secondo Geymonat, il termine «musei» identificava i cenacoli pitagorici [11] , a conferma dell’onda lunga che il pitagorismo ha espresso nella

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