Il dipinto
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Il dipinto - Giuliana Cittanti
Indice
RINGRAZIAMENTI
PREFAZIONE
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
EPILOGO
IL DIPINTO
di
Giuliana Cittanti
Titolo | Il Dipinto
Autore | Giuliana Cittanti
ISBN | 978-88-31636-36-0
Prima edizione digitale: 2019
© Tutti i diritti riservati all'Autore. Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva.
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RINGRAZIAMENTI
"All’amore,
alla vita,
all’universo."
PREFAZIONE
Esiste una chiave universale chiamata amore
attraverso la quale si può aprire la porta
dell’Anima. Guardarsi dentro è come varcare un uscio senza sapere esattamente cosa si potrà trovare all’interno, fino a quando non s’inizierà a vagare in stanze
che si scopriranno legate tra loro da un groviglio di sottopassaggi che delinea non solo la nostra vita ma tutto il Creato.
Portare alla luce il proprio essere equivale, infatti, a scoprire l’intero cosmo poiché non siamo altro che il prodotto della stessa sostanza. Quando il visibile cede il posto all’invisibile, riusciamo a percepire l’universo interconnesso a livello vibrazionale. È in quel campo energetico che fluisce la nostra essenza e nel quale possiamo osservare il tutto divenire un Uno
.
Raccogliete ora l’amore che possedete e lasciatelo andare al mondo, lo ritroverete esattamente lì.
Così è iniziato il viaggio
alla scoperta di me…
Buona lettura.
Giuliana Cittanti
CAPITOLO I
Si trovava su un aereo stretta nella morsa di un seggiolino.
Alla sua destra sedeva un ragazzo dall'abbigliamento distinto con in mano schemi, in testa calcoli e nel cuore una dose di paura mista a desiderio di sicurezza, si sistemava la giacca come a prepararsi a un colloquio di lavoro, quello che attendeva da tempo di vivere. Alla sua sinistra aveva occupato posto una ragazza in abbigliamento casual con lo sguardo dolce, assorta in pensieri che evocavano malinconia e curiosità, sembrava pronta a tutto e forse lo era veramente.
Felicity era seduta lì in mezzo, osservava quel frammento di specchio del mondo che la stava circondando e si ritrovava in loro, così diversi all'apparenza ma con lo stesso obiettivo di arrivare a destinazione, era come vederseli accanto e, al contempo, sentirseli dentro. Tentò di guardare fuori dal finestrino, seppur distante, per scrutare se anche il cielo in quel momento le potesse suggerire qualcosa di più su se stessa.
Il seggiolino le apparve ancora più piccolo, avrebbe voluto slacciare la cintura, potersi affacciare e respirare tutta l'aria che in quell'istante avrebbe necessitato inglobare. Chiuse allora gli occhi, si mise le cuffie e iniziò ad ascoltare una canzone; sentì il suo respiro, ascoltò il suo battito e vide l'istante, quello dove si rese conto che non stava solo volando ma che stava anche vivendo e che era in ottima compagnia poiché tutto quello di cui necessitava era intorno e dentro lei. Allora sorrise e il seggiolino non le sembrò più scomodo.
L'aereo atterrò, il sole splendeva colorando il cielo di un blu intenso, quel riflesso lo aveva ben presente nei suoi occhi, l'aveva potuto ammirare e rimirare nei giorni precedenti e ora lo osservava, come se si fosse portata a casa il suo dipinto, si domandò allora se fosse veramente tornata o se non fosse mai ripartita.
Si diede questa risposta: aveva potuto ammirare quel cielo e questo era già un piccolo miracolo.
Entrò in casa, abbandonò il borsone sulla sedia della camera, si spogliò e lasciò che l'acqua scorresse sul corpo per ritemprarla, mentre alcuni ricordi scorrevano come fotogrammi di un film che valeva la pena riprodurre. Le venne in mente l'odore della sabbia che l'aveva avvolta, mentre giocava con le dita delle mani nel disegnare quello che lei stessa avrebbe voluto leggere in mezzo a quei granelli.
Fu come se fosse ritornata per un attimo bambina, pronta a confidare un segreto che le onde del mare avrebbero custodito nel fondo degli abissi. Quanto era bello per un singolo momento poter pensare che quella sabbia avrebbe potuto essere magica, ma allora ancora non sapeva che sarebbe stata molto di più.
Si asciugò e si spalmò la sua crema preferita sul corpo in parte abbronzato che ora stanco chiedeva riposo.
La sera stava calando, decise di lasciare il borsone ancora chiuso insieme agli altri ricordi da riassaporare. Era arrivato il momento di stappare una bottiglia, riempire un calice e ascoltare il silenzio della notte, mentre il futuro diveniva già presente.
Felicity si destò, impiegò un po' a capire che si era addormentata sul divano, una luce flebile illuminava la sala, era quella di una candela alla lavanda ancora accesa. Non sapeva se fosse pronta a ricordare, ma si ritrovò a farlo. Il profumo aveva ormai invaso ogni angolo, aspirò la sua essenza e quando richiuse gli occhi, stava vagando per le vie di quella città.
Fu proprio vicino a un negozio di fiori che incontrò Vincent.
CAPITOLO II
Stava camminando con fare spedito, la mattinata era trascorsa in un centro commerciale, dove era stata allestita una galleria d'arte che le avevano suggerito di visitare, le piaceva l'idea di potersi concedere il tempo necessario per dedicarsi alla sua passione, mentre necessitava di acquistare i prodotti da ba+gno non portati da casa per non sovraccaricare il bagaglio.
Si rese conto in seguito di essere troppo distratta per assaporare fino in fondo quelle opere o che forse, il sovraffollamento del sabato mattina avesse reso quell'incontro con l'arte un match ricco di spintoni e carrelli volanti non consono allo spirito che avrebbe voluto possedere in quel momento. Si promise di tornare un altro giorno.
Quella città era del tutto sconosciuta ai suoi occhi, per lavoro o forse più per divertimento la vita l'aveva condotta ad acquistare quel biglietto aereo. Prima di partire aveva avvertito una stretta allo stomaco quasi normale per lei che aveva paura di volare. Uscita dal centro commerciale risentì quella stretta, erano le due del pomeriggio e aveva bevuto dal risveglio solo un caffè, aveva semplicemente fame.
Libera dal caos si mise alla ricerca di un locale per pranzare, sperando di trovare uno di quei ristorantini tipici, magari con un tavolino fuori al sole, dove soffia un alito di vento e gli odori del cibo si confondono per ritrovarsi risaltati nei sapori.
Con l'autobus raggiunse il borgo antico, ora poteva respirare. Vide in fondo a una stradina un bar, sul lato sinistro di una piazzetta, sembrava il classico bar turistico, all’apparenza non rispecchiava esattamente quello che avrebbe desiderato, ma non aveva bisogno di ricordarsi che l’appetito stava avanzando inesorabilmente.
Mentre s'incamminava, fu invasa da un'ondata di profumi, non si trattava di cibo, erano più dolci, a tratti pungenti, evocavano ricordi d'infanzia, di quando sua madre curava il giardino di famiglia; inspirò profondamente e di tutti quei profumi che