La folle storia del kamikaze che non voleva morire
()
Info su questo ebook
Correlato a La folle storia del kamikaze che non voleva morire
Ebook correlati
La Madonna della luce: Svetlaja Bogorodiza Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl diavolo giallo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Sig. A. Retta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe femmine del babbuino Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'ultimo sopravvissuto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSe dici noir Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRisorgemia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa terra, il cielo e il costato Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniHo combattuto a Castelfranco: A Parigi sull'Arco di Trionfo tra le battaglie napoleoniche importanti è citata quella di Castel Franco Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa profezia dell'Olocausto. Il codice segreto di Ester Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAnime Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRicordi di un uomo allietato da un bicchiere di vodka Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL’uomo dal labbro storto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'enigma delle anime perdute Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCrimini imperfetti. Tutte le indagini di Marco Corvino Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI tedeschi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl male dentro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniNella luce degli aironi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Giudice E Le Streghe: Romanzo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl silenzio assordante della follia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSchizzodiVino (Pomanzo Rosso) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL’avvocato Sanpapiers Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTannenfall: La storia di un uomo e di un cervo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGiosuè in Chipas Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniHospitale Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa vita tragicomica Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa parte di niente Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa morte scherza sul Ticino: La seconda indagine di Sambuco & Dell'Oro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI morti non piangono Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLezzo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Arti dello spettacolo per voi
Il Medioevo (secoli XIII-XIV) - Letteratura e teatro (35): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 35 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniManuale Di Dizione Italiana: Regole Ed Esercizi Pratici Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDelos Science Fiction 215 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Maestro tra danza e musica. L’accompagnamento musicale nella lezione di danza classica dell’Ottocento, dal violino al pianoforte Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Quattrocento - Letteratura e teatro (41): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 41 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Seicento - Letteratura e teatro (54): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 55 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGiorgio Gaber. Frammenti di un discorso... Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAcqua di colonia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPro Tools For Breakfast: Guida introduttiva al software più utilizzato negli studi di registrazione: Stefano Tumiati, #1 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGestire la cadenza dialettale - Per colloqui di lavoro e il personal branding: Acquisire un italiano neutro per colloqui di lavoro e il personal branding Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAmphitruo - Asinaria - Aulularia - Bacchides Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDanza e Spazio: La metamorfosi dell'esperienza artistica contemporanea Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniKeep calm e guarda un film Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe commedie Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLeggende degli Indiani d'America Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGirotondo Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il Medioevo (secoli XI-XII) - Letteratura e teatro (29): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 29 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI capolavori Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Romeo e Giulietta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPaesi tuoi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Principe Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniShakespeare è Italiano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVisto in sala. Storytelling attraverso il cinema.: Lezioni di Storytelling attraverso il cinema Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl diritto di contare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Giocatore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStoria dei fumetti di Alien e Predator: 1988-2018. Un universo raccontato per la prima volta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSEGRETI E BUGIE DI FEDERICO FELLINI. Il racconto dal vivo del più grande artista del ‘900 misteri, illusioni e verità inconfessabili Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa casa in collina Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe leggende del castello nero e altri racconti Valutazione: 5 su 5 stelle5/5C'eravamo tanto amati. I capolavori e i protagonisti del cinema italiano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Recensioni su La folle storia del kamikaze che non voleva morire
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
La folle storia del kamikaze che non voleva morire - Claudio Marinaccio
Tavola dei Contenuti (TOC)
Delirio di negazione
FooG
Una giornata da dimenticare
Una barba lunga un mese
Il tragico inizio di una storia non banale
Pelle
Amore farmacologico
Un viaggio mentale in una terra desolata
La folle storia del kamikaze che non voleva morire
Così diversamente uguali
La ballata del ladro di anime
© 2018 Miraggi Edizioni
via Mazzini 46, 10123 Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
Illustrazioni in copertina e all’interno di Luca Garonzi
Finito di stampare a Città di Castello
nel mese di maggio 2018 da CDC Artigrafiche
per conto di Miraggi Edizioni
su carta Book Cream Avorio 80gr.
Prima edizione digitale: maggio 2018
isbn 978-88-99815-87-5
Prima edizione cartacea: maggio 2018
isbn 978-88-99815-68-4
golem / racconti
claudio marinaccio
La folle storia
del kamikaze
che non voleva
morire
Per Alan Kurdi e tutti quei bambini
che muoiono per colpa degli adulti, scusateci.
C’è una dolce, piccola storia dell’orrore che è lunga
soltanto due frasi: «L’ultimo uomo sulla Terra sedeva da solo in una stanza.
Qualcuno bussò alla porta».
Fredric Brown
Delirio di negazione
Franz Reichelt era un sarto austriaco di 33 anni con la passione per il volo, aveva dei grossi e spessi baffi a manubrio, un taglio di capelli che gli faceva sembrare la testa quadrata e due fessure orizzontali al posto degli occhi. La settimana scorsa, con indosso un paracadute di sua invenzione, tentò di volare lanciandosi dalla Torre Eiffel, di mattino presto, circa alle 8.30. Salì sopra uno sgabello posto sul lato interno del primo piano del monumento e dopo qualche secondo di esitazione si lanciò nel vuoto. Il paracadute, che aveva progettato e costruito personalmente, era una sorta di mantello con un grande cappuccio di stoffa. Non si aprì e per questo si schiantò al suolo dopo una caduta di circa sessanta metri, provocando persino un piccolo cratere di una ventina di centimetri.
All’evento avevano assistito diversi giornalisti della stampa parigina ed era persino stato filmato da due cineprese, il suo fallimento diventò immortale. Dall’autopsia eseguita su quel che rimaneva del corpo spappolato di Reichelt, i medici dichiararono che l’austriaco era morto a causa di un attacco cardiaco poco prima dell’impatto. Personalmente trovavo estremamente divertente quanto accaduto: quando avevo letto la notizia su «Le Petit Journal» ero scoppiato a ridere così tanto che avevo attirato gli sguardi attoniti degli altri clienti del Café de Flore e mi ero dovuto scusare con tutti.
Ora ero nel mio studio e stavo giocando con il fumo, che era soffice e bianco. Lo facevo scendere in gola e lo fermavo poco prima che mi entrasse nei polmoni, un’anima densa di sapore che dominavo e assaporavo in bocca e nel palato. Fumare la pipa era una questione di equilibri, bisognava effettuare la tirata nell’istante preciso in cui si stava per spegnere, così la brace rimaneva più fredda e il sapore migliore. Avevo sempre immaginato che fumare la pipa fosse come salvare la vita di un uomo che stava per morire, per poi farlo peggiorare e aiutarlo nuovamente, finché non si fosse spento per sempre. Mi sentivo padrone della vita della brace della pipa, mi sentivo importante, speciale, una sorta di dio. Forse per questo ero diventato un medico, perché mi piaceva decidere ed essere responsabile della vita degli altri.
Ero a conoscenza del modo migliore per fumare perfettamente una pipa perché era l’unica informazione importante che mi aveva insegnato mio padre, l’unica eredità realmente utile che riuscivo a sfruttare. Era un uomo brillante, un avvocato che amava i vizi della vita più della vita stessa e quando rimase senza più fondi per mantenerli, si impiccò in questo stesso studio. Quando entrammo a casa, dopo la solita passeggiata pomeridiana ci precipitammo da nostro padre, come di consueto. Stava dondolando, morto, con la lingua di fuori e le braccia distese adiacenti al corpo, aveva un’espressione buffa, un volto paonazzo e violaceo. Mia mamma urlò, mia sorella urlò, la domestica urlò e a me venne da ridere. Inanimato e appeso per il collo mi sembrava un burattino, pensavo fosse ancora vivo però. Avevo sette anni.
Ancora oggi, quando ripenso alla scena, mi viene da ridere, un po’ meno se ripenso alle botte che mi diede mia madre il giorno del funerale, perché avevo riso davanti a quella tragedia e non avevo versato neppure una lacrima durante la funzione religiosa. La cicatrice grossa, gonfia e storta che avevo sopra l’occhio sinistro mi rimembrava quotidianamente quel fatto. Un ricordo indelebile inciso sulla carne in malo modo; fu la domestica a suturarmi la ferita, senza lavarsi le mani dopo aver tagliato delle cipolle per il minestrone che avrebbe preparato per cena. Ricordo ancora l’odore acre e pungente delle sue dita sporche che si mischiava a quello rugginoso del mio sangue giovane.
Fumavo guardando fuori dalla finestra la Torre Eiffel. Più la osservavo e più la odiavo, mi irritava. Per questo osservavo la neve candida che volteggiava morbida e si adagiava delicatamente sulla strada già bianca nella speranza che la coprisse. Purtroppo non bastava la neve per nascondere gli oltre 18 000 pezzi di ferro forgiato e i quasi due milioni e mezzo di bulloni che l’ingegner Gustave Eiffel si era divertito a unire ed elevare verso il cielo, come una moderna torre di Babele. Esattamente venticinque anni fa, insieme a un gruppo di architetti, artisti e intellettuali, tra cui anche il mio amico intimo Guy de Maupassant, inviammo una petizione al ministro dell’Esposizione chiedendogli che fosse abbandonato il progetto per l’inutile e mostruosa Torre
, che dal nostro punto di vista avrebbe umiliato tutti gli altri monumenti di Parigi. Non fummo ascoltati e dovemmo accettare di tenerci sulla fronte questo enorme brufolo gonfio e purulento che rovina la bellezza del volto fine, aristocratico ed elegante di Parigi.
Non ero solo, c’era una delle mie pazienti, la signora X. Lei soffriva di qualche disturbo mentale raro che aveva come sintomi un delirio ansioso da cui emergevano forme dissociative del senso di realtà e di sé. Ad esempio negava l’esistenza di Dio ma anche quella del Diavolo. Continuava a ripetere di essere morta, di non avere più né il cuore né i polmoni. Diceva che lo stomaco e il fegato si erano trasformati in polvere. Sembrava non respirasse mentre scandiva le stesse frasi all’infinito. La sua cantilena, però, mi lasciava indifferente. Le sue parole erano scandite senza emotività, sembrava le avesse imparate a memoria. Aveva uno sguardo freddo, spento e smunto. I suoi occhi azzurri non brillavano, erano opachi e sembravano secchi. Parlava fissando il vuoto stando seduta su una scomoda sedia di legno chiaro con le gambe piegate e le mani aperte sulle ginocchia. Aveva addosso un vestito sgualcito che un tempo doveva essere stato giallo, ora era senz’anima e sembrava riflettere la personalità della donna che lo indossava.
Le sparai un colpo in testa, mi era sempre piaciuto non deludere le persone, soprattutto i pazienti che avevano famiglie ricche che pagavano in anticipo e in quel caso mi avevano retribuito profumatamente affinché la togliessi di mezzo simulando un suicidio; tanto era pazza e nessuno avrebbe avuto problemi a confermarlo. Nessun parente voleva prenderla in custodia e tutti ambivano alla casa in campagna di sua proprietà, perfetta per le vacanze estive. Cadde in avanti senza vita, era morta per davvero. Incuriosito dalle sue parole ripetute all’infinito, presi il mio coltello da caccia che tenevo nel secondo cassetto della mia scrivania e con la lama pulita e lucente, tagliai la pancia della defunta signora X partendo dall’ombelico e salendo verso lo sterno, la carne era dura e faticai parecchio per aprirla, uscì una nube densa di polvere nera, non c’era sangue e neppure cuore. La vecchia non mi aveva mentito.
Mi iniettavo regolarmente cocaina e fumavo spesso l’oppio, avevo incominciato grazie al consiglio del Dottor Clapton, un medico americano che avevo conosciuto durante un seminario organizzato dalla multinazionale farmaceutica tedesca Bayer nel 1900. Illustravano l’utilizzo della diacetilmorfina per la cura di malattie neurologiche. Tale sostanza fu ribattezzata eroina, perché la Bayer sosteneva che questo nuovo medicinale non provocasse gli spiacevoli effetti collaterali, come dipendenza e assuefazione, palesati dalla morfina. Lui ne era totalmente dipendente e mi suggerì di utilizzare queste sostanze non solo per aiutare i miei pazienti ma anche per migliorarmi personalmente, sia dal punto di vista professionale che da quello fisico.
Da allora ero sempre pronto a sperimentare nuove droghe e per questo decisi di raccogliere un po’ di cenere e la misi nel fornello della mia pipa di legno di ciliegio scuro: le parti interne della signora X si amalgamarono perfettamente al tabacco naturale. Accesi un fiammifero e, prima di utilizzarlo per accendere il fuoco, lasciai che lo zolfo bruciasse per non sentirne il gusto. Una volta accesa la brace, aspirai lentamente e, anche se non ero solito farlo, aspirai il fumo a pieni polmoni. Mi venne da tossire e, dopo che incominciai a vedere tutto offuscato e percepii una strana sensazione di smarrimento, fui colto da un malore improvviso che mi fece perdere i sensi.
¶
La signora X e il signor Y si sposarono molti anni fa, per puro e vero amore. Vivevano a Quillan, un piccolo paese nel sud della Francia, verso il confine spagnolo. Si frequentavano sin da bambini, erano cresciuti nella stessa casa. La famiglia di lei era ricca e nobile, quella di lui di origini umili. Era figlio dei contadini che lavoravano nelle terre adiacenti alla casa, o sarebbe più preciso definirla reggia. Erano molto intimi, nessuno dei due aveva avuto rapporti con altri esseri umani, né fisici né semplicemente affettivi. Avevano condiviso momenti tristi e felici, rimanendo sempre molto uniti e rafforzando il loro legame che era diventato simbiotico. Quando palesarono il loro amore alle rispettive famiglie, furono denigrati da entrambe, quella del signor Y chiese perdono a quella della signora X e quest’ultima impose che il giovane fosse allontanato per sempre dalla casa, volevano per la figlia un marito migliore, almeno per i loro canoni. Loro però non vollero accettare le condizioni imposte e decisero di scappare e si sposarono poco dopo in una piccola chiesa a Rennes-le-Château, non erano più ricchi ma neanche poveri, erano semplicemente felici. Lei rimase incinta nei giorni successivi alle nozze; entrambi avevano aspettato quel momento per consumare la loro passione senza essere considerati peccatori agli occhi di Dio.
La signora X in quegli anni era bionda, estroversa e con dei bellissimi occhi azzurri che brillavano, lucenti e umidi di vita. Il signor Y era felice di poterla avere al suo fianco e ringraziava il Signor Iddio ogni mattina e ogni sera per quel dono. Quando mancavano ormai solo due mesi alla nascita del loro primo figlio, ebbero un incidente con la carrozza mentre si recavano alla chiesa Santa Maria Maddalena, la stessa dove si sposarono. Era il mercoledì precedente alla prima