La vita tragicomica
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Anteprima del libro
La vita tragicomica - Gabriele Giuliani
© Alter Ego s.r.l., Viterbo, 2020
AUGH! Edizioni
Collana: Frecce
I edizione digitale: aprile 2020
ISBN: 978-88-9343-280-11
Progetto e illustrazione di copertina: Luca Verduchi
Progetto grafico interni: Stefano Frateiacci
www.aughedizioni.it
Dedicato ai vinti, agli eterni secondi,
a coloro che affrontano la vita senza fuggire mai.
Gli eroi silenziosi della nostra società.
"O sei vivo e fiero o sei morto;
e se sei morto, allora che ti importa?".
(Stephen Bantu Biko)
La signora Gastaldelli
La signora Gastaldelli e suo marito erano la coppia più benvoluta dell’intero paese. Nessuno mai, a memoria d’uomo, aveva sentito qualcuno parlarne male; sempre pronti ad aiutare gli altri, sempre i primi a organizzare le feste di beneficenza, ad aiutare chiunque senza mai pretendere nulla in cambio.
Era una coppia alquanto singolare: tanto magro e piccolino lui, quanto un donnone grande ed esuberante lei. Anche i loro caratteri pareva si accordassero con il loro aspetto fisico: lui un uomo mite e tranquillo, pronto ad agire nell’anonimato e mai al centro dell’attenzione, mentre lei era l’anima della coppia, sempre vivace e generosa, senza risultare però invadente.
Tutti nel paese avevano almeno una storia da raccontare sui coniugi Gastaldelli, aneddoti di raccolte fondi per i poveri, di aiuti inaspettati, di libri e quaderni per i bambini più sfortunati trovati come per magia sull’uscio di casa.
«Sono persone così dabbene, mai una volta che li abbia incontrati senza un sorriso stampato sul viso» raccontava la signora Ernestina, e ancora: «Ogni domenica sono in chiesa, sempre pieni di buongiorno
e buonasera
» ricordava il signor Cantì. Ogniqualvolta accadeva qualcosa di strano ma positivo, si pensava sempre ai coniugi Gastaldelli. Erano la forza del paese e ormai almeno due generazioni potevano testimoniare la bontà della coppia. «Una volta ho visto lui affiggere dei manifesti in strada per ritrovare il gattino scomparso del figlio del Matri, il falegname» narrava il professor Maricchio.
Faceva ancora storia la festa per la pensione del marito, un ex dipendente comunale con quarant’anni di servizio. Gli era stata organizzata dal sindaco in persona e dalla giunta una cena di addio nella piazza principale alla quale aveva partecipato l’intero paese. Tutti volevano bene ai signori Gastaldelli.
Per questo quando il fatto accadde, suscitò tanto scalpore e cordoglio.
La voce si diffuse di porta in porta, di via in via e già nelle prime ore del mattino tutti ne erano stati informati.
La signora Gastaldelli, come tutte le sere, si era coricata presto per andare a letto, ma a differenza delle altre volte, in quella occasione non si era più svegliata.
Il paese, spinto da un sentimento unanime di dolore e sgomento, si mosse come se fosse una sola persona; chi organizzava la veglia, chi allestiva una camera ardente, chi si occupava del marito… già, il marito! La notizia sembrava averlo lasciato in uno stato catatonico; pallido, con il volto fisso. Pareva smarrito, come se non capisse bene cosa stesse succedendo. E in effetti non lo capiva!
Il cervello rifiutò il fatto e rimase lì nel suo stato assente, vegetativo, con i soli occhi a testimoniare che era cosciente. Gli stessi occhi che guardavano con frenesia tutti gli sguardi che incrociavano, come a chiedergli: Ma cos’è successo?
.
«Povero signor Gastaldelli» mormoravano le comari. Tutto il paese si sarebbe preso cura di lui!
Iniziò così una lunga giornata di veglia, durante la quale l’intero paese, senza nessuna eccezione, sfilò davanti alla defunta e al povero marito.
Il medico curante della coppia, interpellato dai cittadini, era tra i più indaffarati.
«Un infarto» continuava a dire, «si è spenta nel sonno, il suo cuore si è fermato».
Eh via! Aveva una certa età, povera donna, non ci si può sorprendere più di tanto.
Eppure no! Tutti continuavano a fargli domande, quasi fosse colpa sua! Fu per lui una liberazione quando redasse la dichiarazione di morte e si congedò.
La processione intanto continuava senza sosta e il marito, mano a mano che le ore passavano, sembrava farsi sempre più piccolo, come se il peso della disgrazia aumentasse con il passare del tempo e gravasse su di lui sempre di più.
Oddio, a dire la verità anche tutte quelle pacche sulle spalle, insieme a quelle manate fecero il loro effetto. Tutti si sentivano in dovere di dire qualcosa e di poggiargli una mano sulla spalla, tanto che alla fine sembrava che la stessa gli si fosse abbassata di qualche centimetro.
E, come Dio volle, quel giorno finì e il povero e afflitto marito cercò di riposarsi, per affrontare all’indomani un’altra dura giornata.
Il funerale non era stato facile da organizzare così in fretta, ma poiché ognuno contribuì come poteva, tutto fu fatto in tempi brevissimi. Era il minimo per la signora Gastaldelli.
Persino l’impresario delle pompe funebri offrì gratuitamente la sua opera. E come poteva fare altrimenti? Si ricordava bene di quando la povera signora aveva aiutato la sua figlioletta anni addietro. Ripetizioni di italiano e storia. E senza voler mai essere pagata. Le piacevano i bambini e si prestava volentieri ad aiutarli in caso di bisogno.
L’idea del funerale riusciva a essere tollerata dal signor Gastaldelli, il resto no. Vestire la moglie. Collocarla nella bara che avrebbe dovuto scegliere personalmente. Non voleva per la miseria! Non voleva che quella fosse l’ultima immagine che avrebbe avuto di lei. Perché doveva presenziare a tutto questo? Era troppo doloroso. Sembrava però non se ne potesse fare a meno. Così si rassegnò e facendo ricorso alle residue forze resistette.
Quello che non sapeva, il signor Gastaldelli, era che di ben altre forze avrebbe avuto bisogno per poter resistere.
Ecco ciò che accadde.
Mentre i portantini sollevavano la signora dal letto per porla nella sua ultima dimora, chissà come, forse per l’emozione del momento, forse per semplice disattenzione, uno di loro inciampò facendo perdere l’equilibrio agli altri e anche all’ignara defunta!
Il risultato fu disastroso. Tre persone e un morto riversi per terra, un mormorio di voci, strilli, mobili spostati per la stanza, tutti a cercare di aiutare non si sa chi o cosa. Durò solo pochi istanti, poi il fracasso e le voci terminarono di colpo e il silenzio, un silenzio agghiacciante, avvolse tutta la stanza.
Beh, non era proprio silenzio, no. In effetti si sentiva distintamente un gemito, il lamento di una persona sofferente.
Tutti i cuori sani presenti in quella stanza smisero di battere nell’istante in cui capirono che a lamentarsi era la signora Gastaldelli stessa! Con la mano si tastava la testa e il fianco, mentre con uno sguardo confuso osservava i presenti.
La reazione fu fulminea: alcuni svennero direttamente, altri si precipitarono fuori urlando come forsennati, altri ancora caddero in ginocchio pregando. E il bello fu che per alcuni minuti nessuno si occupò della signora e dei suoi lamenti.
La giornata passò tra incredulità e gioia. Tra i più indaffarati c’era ancora una volta il medico, al quale tutti cercavano di estorcere una notizia.
«Un caso di morte apparente, non c’è dubbio, sono rarissimi ma è così, è stata morte apparente, catalessi».
Per quante spiegazioni poteva dare… niente, la gente non si accontentava. Volevano saperne di più. Così fu un sollievo per il dottore firmare un certificato di sana e robusta costituzione, stavolta, e riuscire ad andarsene.
La processione iniziò daccapo, ma questa volta era per congratularsi con la signora e suo marito. Già, il marito! In lui non sembrava esserci stato nessun cambiamento, era ancora nel suo stato catatonico, con lo sguardo smarrito e perso di chi ancora non è riuscito a comprendere bene la situazione. E come poteva farlo del resto? Veder morire la propria moglie e poco dopo guardarla muoversi, respirare e parlare… sarebbe troppo per chiunque!
Fu una serata interminabile. Lei appoggiata sul letto che ringraziava tutti e si compiaceva dello scampato pericolo e lui, sempre seduto sulla sedia a fianco del letto, a ricevere parole di affetto e pacche sulle spalle. Almeno ora, cambiando spalla, sembrava gliele avessero pareggiate in altezza.
Con molta fatica i due coniugi andarono a riposare, sapendo che la giornata successiva sarebbe stata molto impegnativa. Le varie comari, infatti, con alla testa la signora Ernestina che presiedeva i vari comitati di beneficenza, decisero di festeggiare lo scampato pericolo con una grande festa in piazza. Partecipò tutto il paese.
Ci furono otto portate di cibo, fiumi di vino, balli, canti, brindisi continui e tanta allegria. Un po’ troppa forse! Eh sì, perché ne passò di tempo prima che qualcuno si accorgesse che qualcosa non andava. Se ne accorse una vecchietta che porse il bicchiere per brindare con la festeggiata. Lei se ne stava lì, immobile, con un sorriso soddisfatto e l’espressione allegra, ma fin troppo ferma.
Così la festa si trasformò nuovamente in funerale.
Il dolore stavolta fu attenuato dall’incredulità. Nessuno riusciva a crederci, e come era possibile? Tra i più indaffarati c’era, neanche a dirlo, il povero medico che stavolta sembrava in preda a un delirio anche lui.
«Non so, mi pare incredibile, eppure… questa volta è morta, non c’è dubbio. Non esistono casi di due morti apparenti in così poco tempo. È morta, è morta. Non so…».
Il suo imbarazzo, il suo stupore e anche la sua rabbia erano evidenti. Ma era possibile? Aveva trattato in trentasei ore casi che, nei manuali, si impiega più tempo a leggerli! Con rassegnazione e frustrazione firmò l’ennesima dichiarazione e fu contento che ora e per sempre fosse finita!
Ciò che sorprese di più il giorno successivo fu il povero marito. Stavolta non era né perso né disorientato. Tutt’altro. Aveva degli occhietti vivi che mettevano a disagio. Non sembrava neanche addolorato, piuttosto era preoccupato.
Nessuno riusciva a capire a cosa pensasse. Si muoveva a scatti e nervosamente. Non faceva nemmeno più caso alle pacche, stavolta generosamente distribuite in modo equo su entrambe le spalle.
Non disse una sola parola. Accompagnò il corteo funebre in silenzio, come preso dai suoi pensieri. Ne aveva solo uno in realtà. Non sapeva bene come gli era venuto in mente. Attese fino al momento stabilito, cioè quando gli addetti, arrivati al cimitero, si accinsero a calare il feretro nella tomba di famiglia.
L’aveva studiata bene, fin nei minimi particolari. Aveva la fortuna che la loro tomba fosse a ridosso di un piccolo avvallamento che sembrava creato apposta. Nel momento in cui iniziarono a fare gli ultimi passi, il signor Gastaldelli, con fare noncurante, sgambettò il primo dei portantini e ottenne l’effetto domino voluto. Mancando l’appoggio iniziale, due portantini e il loro carico caddero fragorosamente a terra, rompendo la bara e facendo rotolare la