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La pianura degli scherzi
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E-book228 pagine3 ore

La pianura degli scherzi

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Info su questo ebook

« Se Arlt è lo scantinato della casa della letteratura argentina, e Soriano è il vaso da fiori nella stanza degli ospiti, Lamborghini è una scatoletta sullo scaffale giù in cantina. Una scatola di cartone, piccola, coperta di polvere. Ebbene, se uno apre la scatola, dentro ci trova l’inferno »
Roberto Bolaño

Quattro prose, due edite e due postume, fanno di la pianura degli scherzi (metafora dell’Argentina) la prima opera in prosa che appare in Italia. Il mondo allucinato di questo genio crudele che intese distruggere la letteratura e divenne oggetto di un autentico culto letterario.

« Segreto, ma non ignorato (nessuno poté farne a meno), l’autore conobbe la gloria senza aver goduto del minimo barlume di fama. Fin dall’inizio, fu letto come un maestro » .
César Aira
Per la prima volta in Italia la prosa sporca, violenta, barocca e inattuale di uno degli ultimi grandi maestri della letteratura argentina, Osvaldo Lamborghini. Il fiordo, La causa giusta, Sebregondi retrocede e Le figlie di Hegel: attraverso quattro racconti (due editi e due postumi), La pianura degli scherzi (metafora dell’Argentina) presenta per la prima volta al lettore italiano il mondo allucinato di questo genio crudele che intese distruggere la letteratura e divenne oggetto di un autentico culto letterario, che illustrò la politica del suo paese e i rapporti umani con l’esibilizione di oscenità, violenza, poesia e una profondissima visione letteraria. Scomodo, amato e odiato con uguale trasporto, contrabbandato, riabilitato, sempre e comunque letto come un classico.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2020
ISBN9788833860688
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    Anteprima del libro

    La pianura degli scherzi - Osvaldo Lamborghini

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Nota dei traduttori

    la causa giusta

    I

    II

    il fiordo

    Sebregondi retrocede

    I. Grossista fornito, perduto

    L

    PORCHIA7 ERA PAZZO

    UN'ALTRA CANZONE

    DIALOGO CON UN LIBERALE INTELLIGENTE

    GROSSISTA FORNITO, PERDUTO

    IL VINCITORE

    VISTO DAL ROVESCIO

    LA BACINELLA

    L

    TOGLIMENTI

    UN CASO SPINOSO

    RADURE

    II. Bagattelle

    IL MARCHESE DI SEBREGONDI ARRIVA E RETROCEDE

    SARTIE

    BAGATTELLE

    UNA DONNA

    LA NAVE

    CALLAO

    CON MANO ORTOPEDICA, IL MARCHESE DI SEBREGONDI

    HA GIÀ SCRITTO IL SUO POEMA

    III. Il bambino proletario

    IV. Il ritorno

    RIDUTTORE DEI LIVELLI DI CARICO

    ZIO BEWRKZOGUES

    TRAVERSE

    le figlie di Hegel

    Pura merda, fottute porcate

    I

    15 ottobre 1982

    II

    16 ottobre 1982

    III

    (1982)

    La ragazza del gendarme

    //SEDICI SETTEMBRE//

    Per un capitolo primo

    Mar del Plata. Ottobre del 1982

    LA LETTERA DI EDUARDO WILDE

    IL CERVELLO AD AL TARÍN

    IL CERVELLO AD AL TARÍN

    URRÀ!

    (per un romanzo che comincia)

    tamizdat

    ( 9 )

    © 2011 Osvaldo Lamborghini

    © 2018 Penguin Random House Grupo Editorial SA

    © 2019 Miraggi edizioni

    via Mazzini 46 – 10123 Torino

    www.miraggiedizioni.it

    Titoli originali:

    La causa justa (trad. V. Barca), El fiord (trad. C.A. Montalto),

    Sebregondi retrocede (trad. V. Barca), Las hijas de Hegel (trad. C.A. Montalto)

    Progetto grafico Miraggi

    Obra editada en el marco del Programa « Sur » de Apoyo a las Traducciones del Ministerio de Relaciones Exteriores y Culto de la República Argentina.

    Opera pubblicata nell’ambito del Programma « Sur » di supporto

    alle traduzioni del Ministero degli Affari Esteri, del Commercio Internazionale

    e del Culto della Repubblica Argentina.

    Finito di stampare a Chivasso nel mese di settembre 2019

    da A4 Servizi Grafici snc per conto di Miraggi edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio – Book Cream 80 gr

    e Carta Fedrigoni Woodstok Materica Clay 180 gr

    Prima edizione digitale: settembre 2019

    isbn 978-88-3386-068-8

    Prima edizione cartacea: settembre 2019

    isbn 978-88-3386-069-5

    Nota dei traduttori

    Quattro o cinque dizionari aperti contemporaneamente sullo schermo del computer e una montagna di contributi critici su Osvaldo e la sua opera. D’accordo, non è una novità. Per ogni testo che si traduce è necessario raccogliere ogni opportuna informazione, e fa parte del compito del traduttore collocare l’opera su cui sta lavorando nel suo contesto. Tuttavia, di fronte alla complessità dei testi di Lamborghini, alla loro intrinseca difficoltà, si ha l’impressione di non saperne mai abbastanza e si spera che qualunque intervento possa apportare quel chiarimento decisivo, quell’illuminazione che mancava.

    Lamborghini rompe nettamente con gli schemi di una letteratura tout court. Gioca con nomi propri e comuni, con verbi e avverbi, depreda il linguaggio altissimo e bassissimo, lo rompe e lo corrompe per conferirgli una nuova vita, crea una sorta di lingua irriducibile che attinge molto spesso dal lunfardo tanto quanto dalle letture di scrittori e filosofi che lo hanno stilisticamente influenzato. Influenze che emergono soprattutto in testi come lo stupefacente romanzo breve Le figlie di Hegel, scritto in un periodo di convalescenza mentre si trovava a Mar del Plata. A fare da fil rouge in questo testo è un accurato panegirico metaletterario con cui l’autore esprime ripetutamente i propri gusti.

    Sulla questione della forma, esemplare è il caso di Sebregondi retrocede, uno dei testi più famosi e più ermetici, ammesso sia possibile stabilire nella produzione di Lamborghini una gerarchia prendendo a metro il grado di enigmaticità.

    Dice Aira nella sua postfazione all’edizione Mondadori (2013, la più recente) che Sebregondi era stato scritto in forma poetica e solo per le insistenze dell’editore aveva assunto la forma prosastica nella quale si legge nella prima edizione (Noé, Buenos Aires 1973). « Los editores nunca entienden nada » aveva sentenziato lapidario l’autore. Incerti sul da farsi e viaggiando ondivaghi tra le due versioni a nostra disposizione (tre, se si aggiunge quella del Serbal, datata 1988) ci decidiamo a tentare l’esperimento poetico almeno per uno dei pezzi più rappresentativi della raccolta: « Il marchese di Sebregondi arriva e retrocede ». Il risultato ci soddisfa abbastanza e ce ne chiediamo la ragione. Abbiamo appagato una pretesa di lealtà, rimanendo fedeli a una volontà testamentaria dell’autore oppure la forma poetica ci ha consentito maggiore libertà, calmando l’ansia dei salti logici da riempire, delle ambiguità irrisolte, dell’oscurità totale di certi passaggi? Perché in fin dei conti la poesia può concedersi una quota di indecifrabilità, non le si richiede quella linearità del racconto che Lamborghini programmaticamente disattende e rifiuta. Una scelta pavida quindi, opportunistica, mascherata sotto le vesti della fedeltà.

    All’amico César Aira, ovvero colui che curerà la sua opera, in prossimità del finale de Le figlie di Hegel (e qui il traduttore sentitamente ringrazia), Lamborghini porge l’omaggio di una citazione. Egli infatti menziona il prolifico autore argentino a proposito di una frase tratta da un suo saggio (che, tiene a precisare, è un inedito). Ed è proprio ad Aira che Lamborghini aveva raccontato dei libri che leggeva da piccolo: fin da allora aveva letto romanzi di un certo spessore ; eppure la sua teoria sui romanzi lunghi era quella che dessero come ultimo risultato una frase, « piccola e molto bella ». Sono proprio frasi come queste a determinare un effetto spettacolare all’occhio del lettore che viene inesorabilmente proiettato nell’ampia « Pianura degli Scherzi » di Osvaldo Lamborghini.

    Perché Lamborghini sa che il problema del romanzo è la sua tendenza a « grammaticalizzare il destino » e, per sfuggirvi, opta per una radicale scelta di « non sintassi ». A scanso di ogni equivoco, ecco quanto dichiara ne La causa giusta: « A trovare una forma al destino sono solo i personaggi dei romanzi, di quelli che ora non si scrivono più. Ma non c’è scampo, a volte le cose si complicheranno un pochino. Alcuni di noi non trovano nessuna forma al – chiamiamolo – destino. Se la trovassimo, ci piacerebbe addirittura averne uno, di destino. Ma accusare me stesso in un romanzo (francamente un buon romanzo) della mia ridicola pretesa di scrivere un romanzo, non mi esime… » (infra, p. 22).

    Ecco: non c’è scampo per il traduttore, non sono possibili scorciatoie. A volte le cose si complicheranno… e più di quel pochino .

    Lamborghini insisteva sul fatto che i grandi romanzi sono percorsi da « una melodia orecchiabile, una musichetta ». E altrove: « Si hay algo que odio, eso es la músi­ca ». Dice in un’intervista concessa al poeta Luis Thonis nel 1981: « Inscrivere ciò che è già stato scritto, inscrivere. La toppa glossolalica – coniarla – è il trionfo momentaneo, breve di un certo eccesso di senso, un buon esempio di glossolalia felice »¹. .

    Al traduttore, abituato, come gli apostoli nella Pentecoste, a parlare in lingue , questa asserzione potrebbe dare un momentaneo sollievo: ma attenzione, lo speaking in tongues di Lamborghini riguarda lo stesso castigliano, perché, se da una parte l’autore dice « Puedo hablar incluso un lenguaje que no entiendo », dall’altra esplode in un « Odio a mi lengua / el español cerrado / cerrado como cu de muñeco »². A parte il fatto che chiuso come il culo di un bambolotto può sembrare spesso anche l’italiano, c’è un altro elemento importante che emerge. È che la glossolalia deve risultare felice . L’aveva detto Freud ormai un secolo fa: i lapsus, i giochi di parole, tutto ciò che ci fa manipolare la lingua come un pongo, ci restituisce un eccezionale piacere infantile, una gioia primordiale. Ora, il traduttore non trova sempre felice la sua glossolalia, ha l’impressione che il colore della sua toppa strida col resto. Amen. Tradurre, si sa, significa negoziare e, a un certo punto, occorre rassegnarsi a mettere la parola fine ai propri tentennamenti.

    In Lamborghini « tutto è lingua, tutto superficie, tutto materialità sonora »³. « El idioma es tremolina, toletole »⁴ (dove tremolina sta per mulinello di vento e armarse un toletole significa grossomodo far succedere un quarantotto ). « Esta es la letra: carcomida », e carcomida sta per tarlata, corrosa …⁵. Queste e altre analoghe affermazioni di Lamborghini, dopo aver precipitato il traduttore nell’abisso della paura, lo stimolano però a seguire l’autore nel fare ammoina (in napoletano) e nel corrodere le parole, nello sbriciolarle, nel farle esplodere producendo divisioni atomiche che concentrano tuttavia nuclei di senso. Come senza alcuna remora fa lui.

    In ogni testo che si traduce, la lettura ripetuta e sorvegliatissima rivela certi tic e certe affezioni che più o meno consapevolmente ritornano come marchi personali dell’autore. In Lamborghini compaiono come loghi o stemmi parole che evocano il mondo canagliesco, tutti i sinonimi di scopare disponibili in castigliano, verbi che hanno a che fare con oggetti che feriscono o sfregiano, coltelli, lame a profusione di cui spesso si sente il tintinear (un altro verbo amatissimo dall’autore, che lo sgretola in vari tin tin o in un solo tin definitivo). Su un altro versante – ed è quando Lamborghini produce quella frase perfetta improvvisa, che ha fatto dire ad Aira « cómo se puede escribir tan bien? » – incrocia questo lessico un altro in cui prevalgono ori e vapori, tardanzas (indugi) e destellos (scintillii), in un’altalena di registri tanto vorticosa quanto difficile da seguire. Una menzione a parte merita il verbo crujir (onomatopeico quanto l’italiano scricchiolare, stridere, ma anche frusciare). Non cruje soltanto una voce o un pezzo di legno. Cruje il membro del marchese di Sebregondi, cruje il potere, crujen le pagine di un libro, è un crujido il rumore dell’essere, è crujiente lo stesso marchese ma altrettanto la frattura dei gerghi e delle lingue. « Cruje – no: tintinea – la mascarada de un destino »: « Scricchiola – no: tintinna – la mascherata di un destino »⁶.

    Dal linguaggio popolare vengono brisco (omosessuale passivo), ciruja (chi rovista nell’immondizia), trincar (scopare), colimba (naja), guacho (bastardo),guaranga (che sta per cazzo, ma anche per cafone). Dal lunfardo (il gergo sviluppatosi a fine Ottocento nelle città di Buenos Aires, Rosario e Montevideo) provengono guasca (sborra), bufa o bufarra (omosessuale attivo), pesada (gang), piola (simpatico) o yira (puttana).

    Infine, ci sono le creazioni lamborghiniane, i suoi neo­logismi quanto mai personali: falangineo è il lunghissimo membro del marchese Sebregondi (in quanto costituito da noduli-­falangi), da huevos (testicoli) si ricava un collettivo hueváceos (che abbiamo tradotto con coglioname ), l’urina è ora sporcodorata ora falsodorata. Girantepallida e vuotasplendida sono attributi della luna, la « … sanguinante / Luna di Quevedo »⁷.

    Non c’è da stupirsi (forse appena da spaventarsi) se spesso ciò che si legge ci sembra criptico (e quasi sempre lo sarà anche in queste pagine), se nell’arco della traduzione alcuni passaggi impongono la libertà di concedersi delle libertà , arrivando quasi a riscrivere parole se non addirittura frasi intere, così da mantenere – per lo meno – alcuni giochi di parole (siano essi grafici o sonori… o entrambi, perché no?) presenti nel testo originale. Una libertà che combacia con una sorte ricorrente del traduttore: la resa, la sconfitta quale vittoria dell’arte.

    Messe da parte le preoccupazioni per il senso, accettate (una volta per tutte?) le diversioni lamborghiniane, il traduttore può finalmente dedicarsi ad accompagnare la misura, il ritmo (soprattutto in testi pensati per una forma poetica), obbediente al rinvio infinito, al coitus interruptus, disposto infine a ricominciare a scrivere con l’autore un eterno capitolo primo ⁸.

    Questa nota non ci sembra il luogo in cui discutere i giudizi critici, le interpretazioni psicanalitiche, le opinioni spesso discordanti dei commentatori sull’opera di Lamborghini. Esiste una vasta letteratura in merito, parte della quale è facilmente accessibile in rete. I nomi che maggiormente ricorrono tra i critici di diversa impostazione sono quelli di Freud (Il bambino proletario è stato letto come la versione peronista del celebre saggio Un bambino viene picchiato), Lacan (tantissimo Lacan), Barthes, Lautréamont, Bataille e naturalmente Sade, il Divin Marchese.

    Possono invece interessare il lettore alcune curiosità che riguardano scelte a volte difficili da decifrare e che hanno perciò richiesto un approfondimento.

    Ci sono per esempio nei testi, esplicite o variamente camuffate, figure che appartengono all’epoca e al contesto culturale (soprattutto argentino) in cui Lamborghini è vissuto. Una di queste è Witold Gombrowicz. L’autore di Ferdydurke, considerato tra i maggiori scrittori polacchi del Novecento, aveva vissuto in Argentina dal 1939 al 1963 ed era entrato in contatto con i circoli letterari del tempo. Al Café Rex di Buenos Aires si riuniva il cosiddetto Comité de traducción, formato da diversi letterati, tra cui emerge la figura dello scrittore cubano Virgilio Piñera. Nessuno di loro conosceva il polacco, Gombrowicz aveva una conoscenza assai limitata del castigliano, non c’erano dizionari a disposizione e spesso gli affiliati usavano il francese come lingua ponte. Da questo surreale lavoro di gruppo nacque la traduzione spagnola di Ferdydurke, pubblicata in Argentina nel 1947⁹. Diversi commentatori hanno identificato nella figura di Gombrowicz (che Lamborghini aveva conosciuto) la matrice del personaggio di Sebregondi, nella cui identità confluirebbero, oltre al polacco, lo scrittore José Bianco e uno zio di Lamborghini che dall’Italia aveva visitato la famiglia quando Osvaldo era ancora bambino.

    All’influenza dello stesso Gombrowicz, che in Argentina ebbe una vita quanto mai travagliata e costellata di leggende ambigue, si dovrebbe, secondo alcuni critici, la presenza di numerosi nomi di chiara matrice polacca; tra i più importanti Jansky (l’infelice antagonista di Tokuro ne La causa giusta), il dottor Katsky (« livellatore delle mie defecazioni », infra, p. 125) e Galewski, un capobanda incapace che compare anche come Galews e finalmente come l’ex Galewski quando muore ammazzato nel racconto El niño Taza. Lo Zio Bewrk­zogues, che, con i pantaloni abbassati, aspetta i giovanotti che tornano dai campi, è anche lui di ispirazione polacca? Del resto, lo dice Lamborghini nel racconto omonimo: è un giorno di maggio nella calda Europa…

    Un accenno anche a Porchia, a cui è dedicato il brano « Porchia era pazzo » in Sebregondi retrocede. Si tratta di un curioso personaggio della Buenos Aires degli anni Cinquanta. Un operaio comunista di origini calabresi, autore di una raccolta poetica, Voces, che comprende una serie di aforismi di ispirazione zen. L’eccentricità del personaggio e il suo lavoro ossessivo sulla lingua devono aver sedotto Lamborghini.

    Quello dei nomi propri è un capitolo a parte nell’universo di Lamborghini: ne Il fiordo, le iniziali di Carla Greta Terón rimandano alla Cgt, Confederación General de Trabajo; sotto il nome di Atilio Tancredo Vacán si cela Augusto Timoteo Vandor, segretario generale della Unión Obrera Metalúrgica e leader del cosiddetto Peronismo sin Perón , mentre Alcira Fafó adombrerebbe la figura di Arturo Frondizi, oppositore di Perón, che fu Presidente dell’Argentina dal 1958 al 1962. I nomi di questi tre personaggi subiscono continue variazioni morfologiche nel corso della narrazione, un procedimento piuttosto frequente in Lamborghini, così come le oscillazioni tra il maschile e il femminile, senza contare la creazione di un vero e proprio eteronimo femminile dell’autore, Juana Blanco, a cui è dedicato un ciclo di poesie¹⁰.

    Per parlare ancora di nomi: il bambino proletario dell’omonimo racconto fa di cognome Stroppani (da noi storpiato in Storpiani, e sempre seguito da un gran punto esclamativo). Stroppani non sembra un nome diffuso in Italia, ma a noi è venuto in mente Giannino Stoppani, un altro bambino letterario notissimo in Italia per « Il Giornalino di Gian Burrasca ». Anche lui un bambino picchiato. Infine in un racconto di Moravia, uno Stroppani (tale e quale) c’è, ed è un "

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