Foresteria (For Hysteria)
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Anteprima del libro
Foresteria (For Hysteria) - Salvatore Dama
Postilla
Foresteria
[For hysteria]
Salvatore Dama
A Claudio
Quando pensi che
sia tutto sbagliato.
Cancella.
E sbaglia meglio.
PROLOGO
Quarantotto ore prima.
Nelle vicinanze del Pantheon
Ora Rashid dorme. Si è accasciato lateralmente sul divanetto. Deve essere stata una roba improvvisa, valuto, perché ha ancora in mano il suo drink. In realtà, stringe solo il bicchiere vuoto. La vodka è tutta riversa sulla camicia Ralph Lauren, compresi un tot di cubetti di ghiaccio. Un altro rivolo di Belvedere gli esce dal lato destro della bocca e sta inumidendo il cuscino di broccato. Mi avvicino al de cuius e continuo la repertazione. Gli tiro su una palpebra. Ha la pupilla ribaltata. Gli scosto il Panerai e prendo il polso. Mmmmh. Non lo so, zio. Bagno il mio indice con la saliva e glielo ficco sotto al naso: lo stronzo respira. E’ vivo. In coma etilico, ma vivo.
Cinque minuti. L’ho lasciato da solo cinque minuti per andare fuori a fumare una Iquos e sono rientrato. Trasferta inutile, oltretutto: attraversando la pista per riguadagnare il privè, ho visto un gruppetto di diversamente tabagisti
svapare dentro. In questo scolo di club-finto-scicchettoso il succedaneo è ammesso. Ma l’ho scoperto solo ex post. Bene. Dio benedica la civiltà praticata in questo locale, zio. Tiro fuori il pacchetto delle sticks e me ne accendo un’altra. Intanto penso al da farsi.
Prima di assentarmi, l’emiratino era marcio, ma stava in piedi. Ballava quel pezzo, Joys di Roberto Surace, una gentile concessione del dj che, a un certo punto, ha smesso di rovinarci la serata con la Reggaeton passando finalmente un po’ di House decente.
Insomma: fino alle tre Rash era cosciente, più o meno. Uno di noi. E ora me lo ritrovo catatonico. L’amico.
Che poi, amico... Chi cazzo lo conosce. Ha fatto irruzione nella mia vita circa sette ore fa. Ospite di una delle mie dimore, l’Heaven chic apartment. Quando gli ho consegnato le chiavi, è andato dritto al punto: Organizzami una seratona romana, dai. Ovviamente tu sei mio ospite
.
Il primo retropensiero, my uncle, è stato: questo è gay. Cosa vuoi, non sono abituato a tutta questa liberalità disinteressata. Non ultimamente. Poi ho riflettuto: questo cazzone con la barba arriva da un posto, Abu Dhabi, dove se sei omo ti tagliano le falangi. E le sue mani mi sembrano apposto.
I residui dubbi sull’orientamento sessuale li ha fugati lui quando ha acceso la Smart tv, aperto il browser e scritto nella ricerca di Google le parole: Pornhub
, Horney wife
e bbc
.
Ok. Chiarito infine il fatto che il pornomane avrebbe pagato ristorante e club con i suoi petrodollari, ho imbastito il meglio che c’era su piazza di sabato sera. Prenotazione per tre al Destino. Cena fusion e tavolo in disco. Il migliore che hanno
, si era raccomandato il signor benefattore. E così ho fatto.
Ed eccolo qui, il mio coglione quattrinaio arabo: dorme collassato sul palco, affianco alla console, illuminato di viola dalle luci spot, mentre caccia dalla sua fogna di bocca una bavetta mista di saliva e vodka tonic. Esposto al pubblico ludibrio. Ci sarebbe da ridere, se non fosse un cazzo di problema mio.
Per quanto ne so, Rashid e il suo compare Omar non hanno mai smesso di bere nelle ultime dodici ore. Hanno cominciato a trincare sulla first di Emirates. Dove ipotizzo che il Profeta non abbia giurisdizione. Quattro whiskey and cola. A testa. Poi, arrivati a destinazione, hanno proseguito con una indianata.
Alle 21, quando vado a recuperare le mie guest stars a domicilio per portarle al Destino club, faccio una rapida valutazione del danno: sul top della cucina ci sono sei cadaveri di Du Demon, una bottiglia di vino rosso frizzante, tipo Tavernello, e dei Bacardi Breezer che i due viziosi hanno corretto con l’aggiunta di Absolut.
Omar collassa a cena. Appena la cameriera gli mette sotto al naso la ceviche di tonno, ha un conato e corre al cesso a sboccare. Torna lesso, chiede un taxi in reception e si dà. Non prima di lasciare un pezzone da cinquanta al bangla incaricato di ripulire lo schifo che ha combinato in toilet. Pure poco, come mancia, visto l’indegno lavoro da fare col suo sbratto.
Rash invece tiene clamorosamente botta. E’ un rotolone asciugatutto. Manco si siede e chiede subito un Campari Spritz. Poi apre la lista dei vini e ordina un Barbera da 120 pippi.
Alex, tu cosa bevi?
, mi fa uno sguardo obliquo, realizzando che il sottoscritto è ancora a gola secca.
In realtà niente. Ma pare brutto rifiutare l’ospitalità: Bollicine. Un bicchiere di Franciacorta
. Mi accorgo che la trachea ha partorito una voce quasi rassegnata.
Ora il mio commensale finge di interessarsi all’oggetto misterioso che ha davanti: Dimmi, quanti appartamenti hai?
.
Dieci. Ehm, dodici in realtà
. Scarto l’ipotesi che il tizio possa essere un agente di Equitalia travestito da nababbo. E parlo liberamente.
"Cool! E’ un bel business a Roma. Devi guadagnare molto bene, immagino", si fomenta l’arabo, lumandomi il Rolex.
Be’, diciamo che riesco a rimediare un piatto di pasta a tavola tutti i giorni
, faccio il brillantone. Colcazzo, caro il mio Saddam Hussein, qui è carestia. Gennaio. Bassa stagione. Non ci copro manco le spese questo mese.
Mai stato negli Emirati?
, continua l’interrogatorio.
Negativo. Viaggio poco. La ditta mi assorbe tutto il tempo. Non è solo l’accoglienza
, belo. E non so perché mi sto sfogando con questo buzzurro. La parte dura è l’assistenza durante il soggiorno, sono assediato dalle richieste degli ospiti. Il loro giudizio è fondamentale per la mia credibilità su Airbnb. Ne sono diventato schiavo. Cerco di accontentare tutti, ma…
.
Blocco la parlantina quando mi rendo conto che sto dando del cacacazzi anche al barbone che siede qui davanti. Ma tanto Rashid non mi sta ascoltando. La sua attenzione ora è rapita da un tavolo, tutte donne, qui di fianco.
Professioniste, zio. Lo capisco dai lampi che lanciano con gli occhi al mio compare. Bello, non è bello. E non è manco un tipo. Ma ha quell’accento inglese del Golfo Persico che lascia intendere una importante farcitura del portafoglio. Le signorine hanno captato. E se lo mangiano con gli occhi. Io? Al momento sono trasparente, mon oncle. La brigata in tacco dodici deve avermi rubricato come una sorta di attendente locale. Per cui, benché gnocco, non sono degno di attenzioni.
Rachid però sta troppo smerdato per attaccare bottone. Alcol e stanchezza iniziano a farsi sentire.
Adesso ci vorrebbe qualcosa per riprendermi...
, si rotea l’indice intorno al naso, mi guarda e sorride con i suoi dentoni gialli da 30 Marlboro rosse al giorno.
Alt, bello. Ok prostrarmi al cliente per quella maledetta recensione a cinque stelle. Mi riduco anche a fare la dama di compagnia, va bene, no problem. Ma pusher no. Non rischio il penale per gratificare la tua nasca aquilina. Lascio cadere il discorso, facendo finta di non aver capito. Lost in translation.
Mi guarda deluso. Ficca la testa nel piatto e ordina: Ceniamo in fretta, ho voglia di ballare
.
Tre ore dopo, una carcassa immobile è ciò che resta di lui. Fortuna che ha già pagato, penso. Perché in questo cacatoio si fidano poco: prima di darti il tavolo, al Destino, prelevano un fido dalla carta di quattro centoni. E, visto come si è conciato Rash-boy, non hanno tutti i torti. Io, invece, sono sufficientemente sobrio da pormi il problema di come trascinare a casa il talebano. Dal kit con bottiglia ho attinto solo acqua tonica e mezza Redbull. Ma sono stanco e il dj ha ricominciato a mettere musica di merda.
Telo e lo lascio qui. E’ deciso. Ci penseranno gli addetti alle pulizie, domani mattina, a trascinarlo via con i sacchi dell’indifferenziata. Chemmefrega. Mentre cerco in tasca la fiche del guardaroba, lo stronzo si tira su come un fuso. Faccia indemoniata. Si guarda intorno cercando me con lo sguardo. Poi mette a fuoco la mia sagoma e fa per avvicinarsi. Sento la sua manona sulla spalla e, a seguire, tutto il peso del suo corpo alcolizzato. Si aggrappa. Quasi perdo l’equilibrio.
L’arabo adesso ficca la sua bocca nel mio orecchio e sbiascica: Alex, voglio trombare!
. Sento l’alito fetido e mi allontano di scatto cercando aria buona da respirare. Ma niente: ha appestato tutto l’ossigeno che è intorno a me.
Ora sono io che mi avvicino al suo ventre auricolare: "Mi dispiace, sir, ma non sei il mio tipo".
Sbotta a ridere. Mi mostra di nuovo le pagine gialle che ha in bocca. Poi prova a darmi il cinque, ma si ribalta e casca indietro sulla poltrona.
E niente, non si arrende. Torna alla carica. Mi afferra per un braccio e mi tira verso di lui. Con l’altra mano si sta ravanando la tasca. Mi allunga due centoni stropicciati e parte con l’ordinazione: "Trova una, vai!".
Ma porco cazzo. Pure il lenone! Lo sto per mandare a cagare, ma poi penso che trovargli compagnia è l’unico modo per levarmelo di torno. Guardo la sala. Del battaglione di pretty woman di prima ne è rimasta solo una. Siede scocciata su un divanetto mentre compulsa Instagram dal telefono. Le altre avranno già socializzato, suppongo. Questa è mia! La aggancio al volo.
Ti offro da bere, cosa vuoi?
, le chiedo.
"Grazie, belo, vodka redbull", risponde rapida.
Accento brasiliano. Mora, occhi verdi, ma sono lentine colorate. Appena si alza le faccio una tac completa. Taglia 44. Tubino marrone corto. Troppo aderente. La lycra rivela i buchi di cellulite che ha sul culo. Tette rifatte, ma chirurgia sudamericana, zio. Quindi roba di serie b. Anche sugli accessori siamo messi male: Louboutin carne e Chanel baguette sono drammaticamente tarocche.
Le preparo il beveraggio. Mixo un goccio di vodka, quello che l’animale ha lasciato, e tre parti di liquido energizzante. Recupero i cubetti di ghiaccio dal divano dove aveva collassato Rachid. Giro con la cannuccia e servo.
Come ti chiami?
, le porgo questa porcheria imbevibile.
Amanda, tesorino, ma… io sto qui per lavorare, eh, no chiacchiere
.
La guardo e sorrido. Le sto per rispondere anche io
, ma evito. La cosa positiva è che Miss Buccia d’arancia ha tagliato subito corto con la fase del corteggiamento, andando dritta al sodo.
Ok, ma non è per me. C’è qui il mio amico che…
"Sono trescento, amore", mi stoppa di nuovo la favella.
Bene. Siamo un filo fuori budget, ma sono le tre e mezza del mattino e Lia de Bahia qui, se non si spiccia a rimediare un citrullo, rischia di mettere uno zero in agenda. Dunque c’è margine per negoziare. Così, alla fine, Amandona si accontenta del frusciante che ho in mano. Di mio, le do un ventello per il taxi e le chiavi di casa dove depositare il mio zombie arabo, raccomandandole di non fare caciara nel palazzo a operazione conclusa.
Adesso però la meretrice ha capito che gestisco un via vai di gentaglia quattrinaia e insiste per darmi il suo numero. Grazie per la fiducia, bella, ma fare il pappa non è tra le mie massime ambizioni professionali. Faccio finta di segnarmi l’utenza mentre controllo la posta Gmail. L’ultimo step dell’operazione è rianimare Rachid, che nel frattempo si è riaddormentato. Gli do una manata in faccia, lo tiro su per la collottola e lo metto sottobraccio alla sua donzella.
Poi domani mi racconti, campione
, lo perculo. Ma lui non ha neanche la forza di ghignare, oramai.
Mentre lumo i due sparire nella calca della pista, incrocio lo sguardo di questa tipa. Deve aver assistito a tutta la scena e mi guarda schifata. Insiste. Continua a tenermi addosso questi due occhi di biasimo. Allora scendo dal trespolo del privè e la afferro per un braccio.
Cazzo vuoi, eh?
, le urlo, facendomi largo con la voce tra i beat dell’elettronica. "Cosa pensi, che mi diverto? Io facevo il giornalista. Poi la crisi dell’editoria, la gente come te che non legge i giornali, che si abbevera delle cazzate di