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Una scusa per uccidere: Un delitto per Claudia
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Una scusa per uccidere: Un delitto per Claudia
E-book168 pagine2 ore

Una scusa per uccidere: Un delitto per Claudia

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Info su questo ebook

Non è facile fare il poliziotto. Non lo è in una città che non è la tua. Non lo è soprattutto se sei una donna che viene strappata all’affetto della tua famiglia per qualcosa di cui non sei responsabile. Clau-dia Facoltà lo sa. Ma sa che deve fare il suo lavoro.
In una Milano avvolta dalla nebbia e dal gelo un ispettore di Polizia, da un apparentemente semplice indagine intorno a una ricca eredità, si troverà coinvolta in un complicato caso di delitti seriali che la porterà alla scoperta di un’amara verità. Una verità che cambierà per sempre la sua esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita2 apr 2020
ISBN9788835807117
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    Anteprima del libro

    Una scusa per uccidere - Andrea Bizzarri

    astronomico

    I

    Era il più grande produttore di zafferano della Penisola, il tipico imprenditore che si era fatto da sé. La sua azienda occupava ettari di terra nelle splendide colline umbre di Città della Pieve.

    Francesco Ralli di anni settantadue. Proprietario di un appartamento in via della Spiga a Milano. Patrimonio stimato: una decina di milioni. Trovato morto, dalla donna di servizio, nel suo appartamento, alle otto di domenica mattina.

    Lo aveva trovato a terra, in preda a evidenti tremori e con la bava alla bocca. Aveva dato subito l’allarme, ma Ralli era morto nel tragitto verso l’ospedale. La morte era apparsa naturale.

    Essendo però giunto cadavere in ospedale, occorreva darne notizia al Pubblico Ministero di turno alla Procura.

    Sentiti i fatti, questi decise di mettere la salma a disposizione dell’autorità sanitaria per l’esame autoptico.

    Antonio Maranzano, Questore della Provincia di Milano. Poliziotto vecchio stampo, cresciuto sulla strada, non era solito lasciare mai nulla al caso. Giunto da poco nel capoluogo lombardo. Vecchio amico del Ralli.

    Maranzano aveva quindi chiesto una piccola indagine in grado di fugare ogni dubbio, sull’effettiva naturalità della morte, al dirigente del commissariato del Ticinese, Maschi.

    Alfredo Maschi, Vice Questore Aggiunto. Dirigente del commissariato di Porta Ticinese. Un passato al Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza (N.O.C.S.). Pratico e pragmatico. Impulsivo. Risolutivo.

    Una telefonata in procura era valsa a mettere il cadavere di Ralli a disposizione dell’autorità giudiziaria; l’autopsia si sarebbe svolta in serata, o al massimo l’indomani all’alba.

    «Cominciamo a sentire i nipoti, vediamo se hanno un alibi per l’ora del decesso. Lo sa come si fa in questi casi, caro Maschi», aveva detto il Questore tenendolo a braccetto, «e parliamo col medico che farà l’autopsia, chissà che non venga fuori qualcosa».

    Il Questore Maranzano conosceva personalmente Ralli. Sapeva che soffriva di attacchi quotidiani di epilessia. Da una decina di anni teneva a bada la malattia con massicce dosi di antiepilettici.

    «Era un uomo buono. Molto ricco ma sobrio. Non si faceva mai vanto della sua condizione. Un vero signore», aveva commentato il Questore.

    La vita di Ralli si divideva tra l’Umbria e il capoluogo lombardo.

    Gli unici parenti che aveva erano i tre nipoti, figli dei fratelli.

    Tre debosciati a detta di Maranzano. Ralli gli chiedeva ogni tanto di fare controlli sulle loro vite, ma non era mai emerso nulla di nuovo, rispetto a quanto già noto. L’imprenditore manifestava un certo sconforto nel riconoscere in loro i suoi unici eredi.

    «Parliamo anche con la donna di servizio», aveva suggerito Maschi. «Il corpo lo ha trovato quella poveretta e, a quanto ne so, è ancora sconvolta».

    «Non è la nostra zona…», osservò candida Claudia Facoltà.

    Claudia Facoltà, Ispettore Capo. Quarantaquattro anni sposata con due figli. Trasferita d’ufficio da Viareggio a Milano. Il perché era ignoto ai più, visto che lei non ne faceva menzione. Al suo secondo giorno di vita milanese aveva abbandonato la sua solita espressione sorridente, contrariata dalla decisione ministeriale che l’aveva allontanata dalla sua famiglia. Doveva, voleva reagire.

    «Lo so. Ma a Maranzano non potevo dire di no. Mi stima molto, me lo ha chiesto come un favore personale», disse Maschi perentorio.

    «Dopo pranzo andrete all’ospedale. Il sovrintendente Caserta, il responsabile del posto di polizia, già sa tutto e vi farà un quadro più dettagliato. Al massimo domani sapremo qualcosa dal medico che deve praticare l’autopsia».

    «Dottore, io devo andare a casa a fine turno», protestò la Bassi.

    Federica Bassi, Assistente Capo. Una biondina di un metro e sessanta circa, con gli occhi azzurri come il ghiaccio. Il fisico minuto, e la muscolatura tonica, nascondevano egregiamente i suoi quarant’anni. Divorziata. Due figli. Eternamente in guerra con la baby sitter.

    «Non posso fermarmi. Lo avessi saputo prima mi sarei organizzata con la baby sitter».

    «Che devo dirti Federica?», sbottò Maschi retorico. «Si chiama straordinario emergente. Difficilmente è prevedibile».

    «Si chiama straordinario quando è pagato», continuò Federica senza preoccuparsi di nascondere la nota polemica.

    Maschi, come sempre comprensivo, spostò lo sguardo interrogativo su Claudia, lei i figli li aveva lasciati a Viareggio. Claudia, al più, avrebbe dovuto rinunciare alla mezza giornata libera con sua cugina Francesca, che la ospitava in casa.

    «Non preoccuparti, farete presto. Dopo pranzo con te c’è Noce».

    Maurizio Noce, Sovrintendente Capo. Trentotto anni di servizio. Fiero e orgoglioso del lavoro che faceva, trascorso per due terzi abbondanti nella squadra di PG del commissariato di Porta Ticinese. Stato di servizio immacolato, cinquantasette anni identificabili solo da una consolidata calvizie e da un filo di pancia che incurvava verso il basso la camicia a quadri di flanella azzurra. Più che l’odore di pensione, Noce emanava la puzza della paura di doverci andare di lì a poco.

    «In fondo dovete solo prendere contatti con il personale sanitario e con i colleghi del posto di polizia. Poi decidete voi quando sentire ’sti benedetti nipoti del morto», concluse Maschi in maniera del tutto sbrigativa.

    «Mi assento per un quarto d’ora, tu intanto fai conoscenza col nuovo ambiente. Federica saprà guidarti nell’impresa».

    «Ci vediamo all’una», aggiunse poi imboccando l’uscita.

    Claudia avvisò la cugina e scambiò due chiacchiere con Federica. Avendola sentita parlare dei figli le venne naturale farle domande sulla famiglia, quanti anni avessero i figli, se fosse sposata…

    «Se posso permettermi», aveva concluso correggendo il tiro, realizzando che in fin dei conti era stata indiscreta poiché non c’era alcuna confidenza, tra loro.

    Federica si era invece aperta completamente. Con un’incredibile capacità di sintesi, aveva raccontato i suoi ultimi dieci anni di vita.

    «Non so come la pensa lei, ispettore, ma secondo me un rapporto che implica dipendenza non ha motivo di esistere», disse con la sua parlata a mitraglietta. «Io voglio scegliere qualcuno non per bisogno, ma perché lo voglio. Quando ho deciso di tornare a Milano non mi sono neanche posta il problema dei bambini: tanto una soluzione si trova sempre. Basta volerlo e sapersi organizzare».

    Claudia sostenne la tesi di Federica e si lasciò andare.

    «Dammi del tu», disse a Federica, «abbiamo quasi la stessa età».

    Maschi fece il suo ingresso annunciando trionfante: «Ciao Claudia, buongiorno Bassi, sono rientrato in tempo per pranzo».

    «Ciao Maschi, sei tornato perché avevi fame?», rispose Claudia.

    Poi le due donne inarcarono le sopracciglia mettendosi a ridere.

    «Sì, sì. Fate pure le spiritose voi due. Ricordatevi però che il capo sono io».

    «Federica, fai in tempo a mangiarti un piatto di pasta con noi in trattoria?».

    La Bassi acconsentì. Quel Ciao Maschi un po’ troppo confidenziale la sorprese.

    «Ma vi date del tu?», chiese stupita.

    Fugando possibili pensieri impuri della sua sottoposta, Maschi dichiarò la più che decennale conoscenza professionale con Claudia, poi si avviarono.

    Complice il rumore del traffico, raggiunsero la trattoria senza scambiarsi troppe parole. Teresa era un locale di tre vetrine che affacciavano direttamente sul Naviglio. La cucina tradizionale pugliese costituiva la ragione del quotidiano affollamento ai tavoli.

    Appena entrati la temperatura che li accolse ebbe un effetto ristoratore. Giorgio Gaber viveva ancora nelle casse dello stereo; ribadiva l’importanza del sesso a tutti i costi, benvenuto anche laddove non si fosse accompagnato all’amore. Solo in extremis, però.

    Cucina pugliese, canzoni milanesi. Questi strani accostamenti tentavano di mettere Claudia di buon umore. L’ispettore Facoltà resisteva arduamente curando, con passione e dedizione, quel broncio malcelato.

    Alfredo Maschi ruppe il ghiaccio, appena si accomodarono.

    «Le solite orecchiette, per tutti e tre, quelle con le cime di rapa, e un litro sfuso di Primitivo di Manduria, quello buono che tenete sotto il bancone», aveva specificato al giovane cameriere che segnava la comanda.

    Claudia non ricordava di avere mai assaggiato un piatto così intenso e genuino. Il mondo in un attimo si tinse di un verde piacevole: pacificatore. Boccone dopo boccone, le tornò il gusto della favella. Al primo bicchiere di vino, le calò sugli occhi il velo rosso della passione: non era avvezza al Primitivo e ai vini del sud, in genere. Lo trovò forte, ma squisito.

    «Strepitoso!», disse e le tornò il sorriso e la voglia di fare.

    Federica salutò, con un improbabile saluto militare su una visiera inesistente, e si diresse a piedi verso la fermata del tram.

    All’ingresso del commissariato Carminati, l’addetto al corpo di guardia, riferì al dottor Maschi che il sovrintendente Noce era entrato e aveva ricevuto gli incartamenti lasciati dal funzionario al corpo di guardia.

    Consultava fogli stampati al computer con l’assistente Rubino.

    Gianluigi Rubino, Assistente. Trent’anni, di bell’aspetto, dal look un po’ retrò. Sardo, fidanzato in famiglia. Allergico a Milano e a tutto ciò che non fosse la Sardegna. Esperto informatico. Gianluigi, per tutti Gigi.

    «Molto piacere ispettore, assistente Gianluigi Rubino».

    «Dottore, buonasera!», disse il secondo.

    Tese poi la stessa mano in direzione di Claudia.

    «Lei deve essere l’ispettore Facoltà», le disse mostrandosi contento di accoglierla. «Il dottore qui mi aveva avvisato del suo arrivo. Molto piacere, sovrintendente capo Maurizio Noce».

    Claudia in quella stretta di mano percepì tutta la sincerità abbondante in quell’uomo che, sorridendo sotto un paio di baffi modello Chevron, pareva essere sceso dall’etichetta di una birra.

    «Bene», esclamò il dottor Maschi. «Ora che vi siete presentati posso lasciarvi lavorare. Se non esce fuori niente dalle ricerche in ospedale, ci vediamo domani».

    «Ispettore, le illustro come avevo pensato di muoverci».

    «Noce, anzi Maurizio, se per lei va bene possiamo darci del tu». Poi, rivolta a Rubino continuò: «Questo ovviamente vale per tutti, Gianluigi».

    «Non chiedo di meglio», si fiondò Noce tra le parole dell’ispettore.

    «Gigi. Puoi chiamarmi Gigi. È più veloce».

    «Ti faccio presente che sono arrivata oggi e dove stavo prima avevo tutt’altro incarico», proseguì Claudia rivolta a Noce, fingendo pessimamente di atteggiarsi a capo, «perciò sarà una gioia starti a sentire mentre mi illustri come pensavi di procedere».

    «Il Questore vuole stabilire che il signor Ralli ci ha lasciato per cause esclusivamente naturali, al di là di ogni ragionevole dubbio. L’unico che può toglierci tutti i dubbi del caso è l’anatomopatologo del San Paolo».

    «Quello che dovremmo incontrare tra poco?».

    «Esattamente», confermò Noce. «Conoscendolo, non avremo i risultati dell’autopsia prima di domani all’ora di pranzo. Non è che sia proprio uno stacanovista», aggiunse per giustificare quanto detto poco prima mentre si lisciava i baffi tra il pollice e l’indice della mano destra.

    «Di persone che potrebbero essere informate sui fatti ci sono gli unici parenti in vita di Ralli, tre nipoti dalla levatura non proprio eccelsa, e poi dovremmo fare anche due chiacchiere con la collaboratrice domestica», continuò il sovrintendente.

    «Sono d’accordo. Contestualmente faremo anche un giro nell’appartamento del defunto», disse poi Claudia, facendo il verso a Noce e strizzando un occhio.

    «La donna di servizio ha le chiavi. Ci parlavo al telefono giusto poco fa. Mi sa che stavolta Gigi si deve rassegnare…», aggiunse poi volgendo lo sguardo interrogativo a Rubino.

    «In che senso?», fece Claudia con fare dubbioso, ma nel contempo divertito.

    «Nel senso che non sono riuscito a trovare la presenza di questo signore sul web», spiegò l’assistente. «Finora ho un sacco di riferimenti legati alla sua azienda, di cui abbiamo il sito internet. Ma a livello di social non c’è traccia del signor Ralli», concluse deluso. «Però non mi rassegno: datemi ventiquattr’ore e qualcosa la caccio fuori», riprese convinto, mettendo gli occhi a fessura e ostentando un sorriso di sfida.

    La vecchia Punto bordeaux faceva sperare che il nosocomio non fosse troppo lontano.

    «Ne hai visti di inverni», pensò l’ispettore accomodandosi al posto del passeggero, su un sedile che pareva fosse stato lacerato da un’orda di gatti agguerriti.

    Avrebbe guidato Noce che conosceva la strada.

    «A quest’ora ci mettiamo

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