Sul ponte verso il cielo
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Anteprima del libro
Sul ponte verso il cielo - Andrea Caselli
Andrea Caselli
SUL PONTE VERSO IL CIELO
INDICE
Cap. 1 ………………………………………………………………………………. pag. 4
Cap. 2 ………………………………………………………………………………. pag. 6
Cap. 3 ……………………………………………………………………………….. pag. 8
Cap. 4 ……………………………………………………………………………….. pag. 12
Cap. 5 ……………………………………………………………………………….. pag. 15
Cap. 6 ……………………………………………………………………………...... pag. 18
Cap.7 ………………………………………………………………………………... pag. 26
Cap. 8 ……………………………………………………………………………….. pag. 33
Cap. 9 ……………………………………………………………………………….. pag. 36
Cap. 10 ……………………………………………………………………………… pag. 43
Cap. 11 ……………………………………………………………………………… pag. 49
Cap. 12 ……………………………………………………………………………… pag. 55
Cap. 13 ……………………………………………………………………………… pag. 64
Cap. 14 ……………………………………………………………………………… pag. 69
Cap. 15 ……………………………………………………………………………… pag. 75
Cap. 16 ……………………………………………………………………………… pag. 79
Cap. 17 ……………………………………………………………………………… pag. 82
Cap. 18 ……………………………………………………………………………… pag. 89
Cap. 19 ……………………………………………………………………………… pag. 95
Dedicato agli angeli come te, piccola Anna.
I
Cosce di maiale.
Come appesa a un filo. A due millimetri dal suolo.
Dopo tanto tempo… guardate cosa fanno queste cosce di maiale!
Gli adduttori esterni bruciavano come fiamme. I polpacci sapeva che c’erano ancora, la macchina seguiva i suoi comandi. Funzionavano, anche se non li sentiva più da un pezzo, ormai.
Le cosce… le sento sempre invece.
Le sento sempre urlare!
Il grido di disperazione dei pneumatici ad ogni curva, interamente coperto dal dolore di quelle lame incandescenti che trapassavano le sue gambe da parte a parte.
Mi dà così gusto… così gusto far loro del male!!
«Destra 2, 30 dritto, apre in quarta, 50 in affondo!!»
Soltanto un decimo di secondo, una frazione infinitesimale di tempo per uno sguardo allo specchietto.
Il tuo fiato sul collo…
La brusca frenata, l’apertura in seconda, un lieve rimbalzo.
Vuoi smettere, lo so…
Il gas spalancato prima di atterrare di nuovo.
Non me ne importa nulla, lo sai?
Ancora fiamme. Sempre più dolorose.
Mi piace…
Non era quello che ti aspettavi, vero? Né te, né tutti gli altri.
«Seconda sinistra chiude, 100 terra!!»
Ora dimmi tu…
Quel maledetto numerino sul display.
Prima… quanto ti odio.
Seconda, terza, quarta,Così mi piaci!
L’urlo del motore.
Non vai mai su di giri abbastanza per me.
E voi due… non morite mai.
Soffrite, allora… cosce di maiale!
A tratti la nuvola di polvere che sollevava la sua auto, a tratti il chiarore improvviso del sole, un abbaglio infuocato, la visuale affidata al terzo occhio della carta del navigatore. Il suo avversario era vicino.
So che pensi che sono pazza.
«Dosso in terza, destra 2, sinistra 4!!»
Che confondo la carne con l’acciaio.
Gli scarichi caldi del motore Audi facevano salire la striscia a cristalli liquidi dell’indicatore della temperatura dell’acqua sul display.
Manca così poco, ormai…
«90 stringe destra, cunetta 3, 20 guado!!»
Carne… eppure conto sull’acciaio.
Il freno a mano prontamente tirato, una fila di alberi evitata per un soffio.
Le spazzole del tergicristallo lavavano via terra e acqua.
L’aderenza persa per quel secondo ammorbidiva il grip della trazione integrale che scaricava nuovamente tutti i 650 cavalli sulla terra battuta.
L’acciaio che non sono.
«50 in asfalto, Sinistra 4 chiude, apri 30!»
Né io, né te…
Il retro dell’auto avversaria era ormai a meno di venti metri dal cofano della sua auto.
Cedi sempre quando manca poco.
L’ultima curva asfaltata.
«90 destra, ci siamo!!»
Lo so… tranquilla…
La fumata bianca, l’odore della gomma bruciata.
Sempre alla fine.
Un leggero colpo di freno a mano, poi il volante girato quasi con dolcezza, l’auto di Michelle già allineata con l’ultima curva.
Ti ho sempre detto che si può fare di più.
Due rapide pompate all’acceleratore, il volante ora girato di scatto, e poi piccoli movimenti con le braccia a destra e a sinistra, con l’acceleratore premuto a metà. Michelle si lasciò alla sua destra l’auto del rivale riallineandosi all’ultimo istante, evitandone il cofano per una manciata di centimetri.
E finalmente l’affondo. E la bandiera.
Un’occhiata allo specchietto, l’interruttore di massa girato.
Il rombo del sei cilindri biturbo morì in un’ultima fiammata allo scarico.
Michelle e il suo navigatore alzarono la visiera del casco e si congratularono a vicenda con uno sguardo radioso.
II
«Grazie, ma con un bicchiere già parto.»
«Eh già…» quasi ti invidio.
«Tu invece non ti fai mai troppi problemi, vedo.»
«Soltanto alle feste… lo sai.»
Lei sorrise.
E con le pupille rapide come un fulmine scostò lo sguardo dagli occhi di Gilbert, indirizzandoli verso un angolo vuoto dell’ampio salone dell’albergo.
Era un bel ricevimento.
Gilbert la osservava con discrezione. Sfuggente come sempre, e come sempre come racchiusi in uno scrigno di prezioso avorio i suoi pensieri. Quei segreti che teneva nascosti dietro le sue iridi color dell’ebano, il suo contorno occhi e le sopracciglia disegnate ad esaltare il suo sguardo e il suo atteggiamento deciso e sicuro, che pareva quello di un’altra persona, come se le sue pupille comandassero dispoticamente sui suoi lineamenti dolci e un po’ paffuti e la sua silhouette decisamente curvy.
Gilbert la conosceva da tempo, e capiva quando voleva starsene sola. Forse per gentilezza, forse per quella punta di orgoglio maschile che un tempo lo avrebbe fatto impermalosire, si congedò da lei prima che fosse lei stessa a chiederglielo.
Lei tornò a guardarlo e gli sorrise, notando che i suoi occhi castani e solitamente caldi erano quella sera un po’ storditi dall’ebbrezza alcolica.
Lo osservò allontanarsi: un uomo piacevole d’aspetto, anche se nulla di eccezionale, con i suoi capelli ben curati, i suoi muscoli allenati, la sua voce particolare che nessuno dimenticava mai una volta che l’aveva sentita.
Capisci sempre quando gradisco… e quando preferisco rimanere sola.
Michelle si avvicinò all’ampio buffet per prendere un altro succo di frutta.
Scelse il primo che le capitò tra le mani, senza pensarci tanto.
Anche per te sono gli ultimi tratti di un sogno che non doveva finire mai.
Sorseggiò il suo succo come di controvoglia, come per farsi vedere troppo occupata a pensare per essere disturbata. Di lì a poco avrebbe dovuto sopportare il noioso momento della premiazione.
Una pizza con il mio navigatore… e una passeggiata sulla spiaggia, nel cuore della notte… no?
«Tutto bene, Michelle?»
La 28enne pilota di rally si voltò immediatamente al suono di quella voce così familiare.
«Monique… sì, tutto ok.»
«Avrei voluto dirtelo prima… mi dispiace che…»
«Piantala, Monique! Non devi scusarti di nulla.»
Poi voltò discretamente lo sguardo verso l’altro pilota suo amico-rivale.
«Gilbert è capace di questo e altro… lo sappiamo tutte e due.»
Dai suoi spessi occhiali tondi, per nulla alla moda e un po’ stonati rispetto al resto del suo corpo snello, dolce e aggraziato, ornato da delicati lineamenti, Monique volse discretamente a sua volta losguardo verso di lui.
«Capace di questo e altro.. .sì.»
Il pilota prese all’improvviso il suo navigatore per un braccio.
«Michelle… ma dove mi stai portando? Ci sarà la premiazione tra poco!»
«Taci e corri… muoviti…»
Le due donne camminarono velocemente, un po’ impedite dai tacchi alti e dalle gonne attillate.
«Qualcosa non è andato veramente in te oggi. Ma non ha più nessuna importanza!»
Michelle tirò fuori le chiavi della sua Delta integrale.
«Ma dove vuoi andare?» rimarcò il suo navigatore.
«Dove possiamo divertirci veramente… lontano da qui!»
Il potente quattro cilindri sovralimentato sputò fuori dai collettori di scarico tutta la sua potenza, mentre le gomme davano voce a tutta la sua rabbia.
Sollevando un lembo di una tenda del salone Gilbert sorrise, tenendo il suo ennesimo drink in mano, osservando quell’auto scomparire in una nuvola di fumo.
«Era quello che desideravo più di qualsiasi altra cosa!»
Monique sorrideva davanti a una birra piccola ascoltando il suo pilota, mentre l’aroma delle pizze appena sfornate riempiva loro le narici.
Michelle diede un piccolo sorso alla sua birra. «Comincia, dai!» disse a Monique incitandola, prendendo in mano coltello e forchetta.
Monique continuava a sorridere, ancora piuttosto stupita dell’ uscita
di Michelle.
«Samuel ci ucciderà domani…»
«Se è per questo vorrebbe già farlo. Senti come vibra il cellulare…»
«Pensi che sia lui?»
«L’ho nella borsetta. E lì rimane. Resti lui a vedere i successi degli altri. Io… io non so per quanto ancora…»
Monique non aveva mai udito quelle parole dalla bocca di Michelle.
E il suo pilota si rese conto di aver detto una frase di troppo.
Monique cercò di riprendersi. Non era da Michelle aprirsi. Sempre riservata, sicura di se stessa.
Invece il sorriso che le si spalancò in quel momento era di circostanza, tutt’altro che spontaneo. Serviva a distogliere gentilmente l’attenzione da quella frase appena detta.
Monique capì il desiderio di riservatezza del suo pilota.
«Ad ogni modo… l’abbiamo fatta davvero grossa.» commentò poi.
La spiaggia era illuminata dalla luce della luna. Le due donne passeggiavano sul bagnasciuga, tenendo in mano le loro scarpette dai tacchi alti.
Michelle volgeva spesso lo sguardo verso l’orizzonte, verso quella luce splendida che donava rivoli argentei finemente ondulati alla superficie del mare.
Poi si sedette sulla spiaggia.
Infine si distese.
E Monique accanto a lei.
Si sorrisero. Poi tornarono a guardare i giochi di luce che la luna donava alle onde del mare.
Il corpo di Michelle era stanco, provato dalla dura prestazione sportiva di quella giornata. La schiena le faceva male. Le gambe le facevano male.
Osservò la spiaggia.
Con la sua Audi Quattro avrebbe potuta attraversarla ai duecento all’ora.
Ma in quel momento le piaceva sapere che era stata controllata, lavata e ingrassata.
E che ora era ferma. Come morta in attesa di risorgere al prossimo giro di chiave.
Anche la sua Delta la stava aspettando in quel momento.
Con i suoi cerchi cromati, il suo colore bianco Martini. Ma soprattutto col suo cuore d’acciaio pulsante che in quel momento dormiva come un leone addormentato.
Ed era così che le piaceva in quel momento. Ferma.
III
«Tre!»
Splendida strigliata.
«Due!»
Mi sono veramente trattenuta dal ridere!
«Uno!»
No, non è vero… facevi impressione.
«Vai!!»
Col sangue che ti si schiaccia nella nuca è ancora più facile ricordarlo.
«50 breve, 10 stacca, sinistra 2!!»
Davanti, poi… come quando freno…
«74 liscio, sinistra 3, apre destra largo, 20 apri tutto!»
…un po’ lo stomaco mi si è chiuso. Eri davvero furioso…
I comandi di Monique si erano impadroniti del corpo di Michelle, che agiva senza pietà sulla pedaliera facendo tuonare il sei cilindri Audi.
Non avremo più sponsor
, credi che non lo sapevamo fin dall’inizio della scorsa stagione che prima o poi tutto questo sarebbe dovuto finire?
E ora questi potrebbero essere gli ultimi momenti della mia vita con te…
Michelle guardò per un attimo la corona del volante che a stento i suoi rapidi movimenti permettevano alle pupille di seguire. Amica mia…
L’unica che…
Un dosso, un piccolo decollo, poi il tonfo degli ammortizzatori che collassavano. La strattonata delle cinture di sicurezza che scattavano ad ogni salto facendo soffrire i muscoli del collo.
L’unica, certo.
Tu non discuti.
Non ho mai dovuto litigare con te.
Sempre ai miei comandi…
«Destra 1 muro, 30 dritto!!»
Michelle evitò quelle pietre per un soffio.
Tutti non vedevano l’ora di conoscervi e mi fate fare una figura di merda!!
Ancora un decollo, e ancora un micidiale tonfo sulla terra battuta.
Ipocrita e bugiardo. Le tue attrazioni
, certo…
Io una 28enne cicciona… e Monique la classica nerd acqua e sapone che soffre di agorafobia!
«100 liscio, destra 3, sinistra 1!»
Non sfogare i tuoi nervi su di noi perché sai che sei pieno di debiti e dovrai dichiarare fallimento prima che lo facciano gli sponsor!
Uno stacco col freno a mano.
Fango dappertutto sul parabrezza.
Il tergicristallo fu meno rapido dei comandi di Monique.
Michelle sorrise. Non è la prima volta che mi guidi alla cieca… e ci salvi la vita.
Non è la prima volta… ma lo sai che non sono tipa da abbracci.
Le due si tolsero il casco. Michelle girò l’ interruttore di massa e il motore si fermò.
Sbloccò il finestrino laterale, e un cronometrista le porse un asciugamano.
«Quarto tempo, Michelle!»
Ma cosa mi sta succedendo…
«Ho avuto un’eccessiva difficoltà nei tratti fangosi! Occorre trasmettere maggior potenza all’asse anteriore!»
Il capomeccanico, appena giunto alle spalle del cronometrista, diede uno sguardo all’automobile, poi si rivolse a Michelle con la sua consueta aria apparentemente depressa.
«Hai proprio intenzione di scendere di un altro paio di secondi allora… mi spieghi come farai in partenza se ti tolgo potenza al retrotreno?»
Michelle si slacciò nervosamente le cinture e scese dall’auto.
Sbattè la portiera, poi prese il meccanico sottobraccio portandolo con sé la distanza che fosse sufficiente perché gli altri non sentissero la loro conversazione.
Staccò quindi il braccio da lui, poi lo guardò fisso negli occhi.
«Ascoltami bene, Ronald! Sappiamo tutti che stiamo per chiudere bottega! Non facciamo finta di essere al campionato mondiale, facciamo finta di trovarci tutti come saremo tra poco, a casa senza nessuno che lascerà un messaggio nel nostro cellulare di merda, perché nessuno ci troverà più un altro lavoro all’età che abbiamo, e lo so anch’io che tanto con quello scassone non vinceremo mai!! Era in conto fin dall’inizio, che stronzata è stata! Motore davanti a tutti i costi! Cosa speravamo di dimostrare, lo sappiamo tutti, abbiamo cappellato, e cappellato alla grande!! Ma voglio che almeno nell’ultima gara dia la polvere agli altri! Ce la sto mettendo tutta, e…»
Ronald scosse la testa guardando Michelle con aria pietosa. Lei fu sopraffatta dagli occhi verdi del