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Una sposa in fuga: Harmony Bianca
Una sposa in fuga: Harmony Bianca
Una sposa in fuga: Harmony Bianca
E-book166 pagine2 ore

Una sposa in fuga: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Mim McCarthy ha bisogno di concentrarsi su come salvare la propria clinica e non sul suo bellissimo e purtroppo ancora sexy ex fidanzato, il dottor Connor Wiseman. Lui potrà anche sfoggiare il sorriso più smagliante e seducente in circolazione ma tanto lei non abbocca. Sa benissimo che è tutta una farsa e che Connor non ha dimenticato il fatto che lei lo ha mollato praticamente sull'altare. Tuttavia è inutile negare le scintille che incendiano l'aria quando si trovano fianco a fianco. Certo, le loro litigate erano leggendarie, ma le riconciliazioni che seguivano erano forse ancora più memorabili. Adesso da lui dipende il suo futuro e Mim si chiede se potrà mai perdonarla.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2018
ISBN9788858988220
Una sposa in fuga: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Una sposa in fuga - Louisa George

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Waking Up With His Runaway Bride

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2012 Louisa George

    Traduzione di Francesca Tessore

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-822-0

    1

    «Figurarsi! Non ho la minima intenzione di impressionarlo. Sarebbe un colpo basso, e non è da me. Come puoi anche solo pensarlo?» Dall’alto della scala Mim McCarthy rivolse un sorriso divertito alla collega. Ci aveva proprio azzeccato. «Ho solo ritenuto che fosse finalmente giunto il momento di dare una sistematina» aggiunse, passando una seconda pennellata sull’ostinata macchia di umido sul soffitto.

    «Quindi è solo un caso che tu lo abbia deciso proprio il giorno in cui arriva il valutatore del progetto Matrix, vero?»

    «Okay, mi hai scoperto. Hai ragione, farei qualsiasi cosa per ottenere questo finanziamento. Quei soldi ci servono, altrimenti...»

    «Cosa?» l’interruppe Skye. «La clinica di Dana chiuderà? No, Mim, i pazienti non lo permetteranno mai.»

    «Nemmeno io. Venderò l’anima al direttore della banca, piuttosto.» Mim trasse un profondo sospiro. Chiudere i battenti avrebbe significato per la comunità dover fare chilometri e chilometri per raggiungere il centro medico più vicino, e per lei la fine di un sogno e il tradimento delle promesse fatte a sua madre. Non poteva arrendersi. Non era una rinunciataria. Aveva dovuto imparare fin da piccola a cavarsela da sola. «Una veloce rinfrescata renderà questo posto più accogliente, nascondendo la perdita. Speriamo solo che settimana prossima non piova mai!»

    «Le previsioni sono belle. Cielo azzurro e sole estivo.» L’infermiera arricciò il naso. «Per fortuna hai comprato una pittura che non puzza troppo, o il nostro uomo potrebbe accorgersi dello stratagemma.»

    «Be’, se non riesci a vincere da solo, imbroglia un po’.»

    «Un altro dei proverbi di Dana?»

    «Sì. Non molto corretto, ma appropriato.» Mim fece l’occhiolino alla collega. «Ho conosciuto il dottor Singh quando facevo l’internato. È un tesoro. Non ci darà problemi. Il nostro approccio innovativo alla medicina lo conquisterà.»

    «Sarai tu a conquistarlo, cara» asserì Skye, sorridendo. «Hai già trasformato questo posto. Manca solo un po’ di fortuna.»

    «Lo so. Ieri, durante la clinica pediatrica eravamo stracolmi di appuntamenti. Credo che il messaggio stia finalmente arrivando. E di certo l’apertura ventiquattro ore su ventiquattro aiuta molto.» Anche se le giornate così piene la stavano uccidendo. Ma la prospettiva che la gente ricominciasse di nuovo a fidarsi del nome McCarthy alimentava la sua determinazione.

    Si scostò la frangia dalla fronte con il retro del polso e scese dalla scala. In piedi sulla scrivania, guardò in alto la zona appena imbiancata. «Peccato che non tutto nella vita sia così facile da sistemare. Adesso bisognerebbe tinteggiare anche il resto del soffitto.»

    «E dell’ambulatorio» aggiunse Skye, scrollando le spalle. «Ma non abbiamo tempo. Manca solo mezz’ora all’appuntamento. E poi, a essere oneste, i muri scrostati sono il minore dei nostri problemi.»

    Parlamene. L’invito era chiaro, ma Mim non lo accolse. Perché mettere la sua amica a parte della disastrosa situazione finanziaria dell’ambulatorio? «Non dobbiamo far altro che portare il dottor Singh dalla nostra parte.»

    «Wow, adoro le sfide!» Skye appoggiò il pennello sporco in cima al barattolo e si strofinò le mani. «Okay, come vogliamo gestirla? Ci penso io a corromperlo?»

    «Ci mancherebbe!» protestò Mim con veemenza. Poi un sorriso sornione le increspò le labbra. «A meno che...» Sollevando maliziosamente il bordo della gonna, si scoprì la coscia e ancheggiò, un movimento che aveva appreso dal DVD di salsa. Spagnolo, sensuale, super sexy. «Per influenzare un uomo, che c’è di meglio delle subdole arti femminili?»

    «Ehm...»

    Un improvviso colpo di tosse la fece trasalire.

    Ottimo. Bella figuraccia! Una salsa sexy? Sulla scrivania?

    Le guance infiammate, sfoderò il suo sorriso più smagliante e si voltò lentamente per affrontare il dottor Singh, cercando disperatamente di nascondere il proprio imbarazzo. «Quindi, Skye, ti dondoli a sinistra e... Oh, mio Dio...» La vista dell’ospite le bloccò per un istante il respiro. Un brivido misto di sofferenza ed eccitazione le percorse la schiena. «Connor?» mormorò con un filo di voce. «E tu cosa...?»

    Fermo sulla soglia, con indosso un elegante completo di alta sartoria e una serie di interrogativi senza risposta celati dietro i profondi occhi color liquirizia, c’era Connor Wiseman. Perché era lì, proprio in quel giorno così importante per il suo futuro?

    I tre anni passati con lui erano stati clementi ma nel suo viso non c’era più traccia della dolcezza che l’aveva conquistata.

    Entrò nella stanzetta, riempiendola con la sua presenza fisica. Ogni centimetro di lui parlava di successo.

    «Be’, suppongo che il mistero della mia fidanzata scomparsa sia stato finalmente risolto» esclamò lui dopo un istante, un sorriso sardonico sulle labbra. «Sarà bene che richiami alla base le squadre di ricerca.»

    «Direi di sì. Sherlock Holmes ci avrebbe messo due minuti a trovarmi.» Se solo qualcuno si fosse impegnato a cercarmi.

    Lo aveva ferito, certo. E il suo prolungato silenzio ne era stata la prova, insieme alla rabbia che ancora dopo tanti anni gli scintillava negli occhi scuri. Gli uomini come Connor non erano abituati a ricevere rifiuti, tanto meno da una che non poteva assolutamente vantare un pedigree come il loro.

    E adesso chissà cosa pensava di lei e della sua stupida esibizione in stile burlesque! A giudicare da come stringeva le mascelle, il peggio.

    Un nodo che le stringeva lo stomaco, Mim drizzò le spalle e scese dalla scrivania. Se solo avesse scelto un abbigliamento un po’ più formale...

    «Sono stata molto chiara, Connor. Ti ho telefonato, ma ti sei rifiutato di parlarmi. E come ti ho scritto nella mia lettera di addio, Atanga Bay è la mia casa. È qui che voglio vivere.»

    «Finalmente avrò l’opportunità di vedere cos’ha di così speciale, rispetto a Auckland, allora.» Le labbra gli si incurvarono impercettibilmente, tornando poi subito a formare una linea dritta. «Hai ricevuto questo posto in eredità o è cadente di suo?»

    «Per i tuoi standard snob e cittadini può anche darsi, ma è roba mia e lo sto ristrutturando. Lentamente. Lavori in corso.»

    «Stile post moderno?» Lo sguardo raggiunse la macchia bianca che campeggiava sul soffitto giallastro e le labbra gli si incurvarono di nuovo.

    «In costruzione» ripeté Mim, drizzando ulteriormente la schiena. Maledizione. Dopo tutto quel tempo la capacità di Connor di farla innervosire non era affatto svanita. Non gli avrebbe permesso di avere la meglio su di lei. Dove era finito tutto il suo umorismo, proprio adesso che ne aveva bisogno? Zittito dall’incredibile acume finanziario di quell’uomo e dal suo aspetto mozzafiato, probabilmente. «E a me piace stare qui.»

    «Vi lascio» li interruppe Skye, imboccando la porta con la scala e il barattolo di pittura tra le mani. «Ho un sacco di lavoro da sbrigare, oggi.»

    Mim la seguì con gli occhi. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla seguire. Tante volte, nei momenti bui, aveva immaginato quel momento, pianificato cosa avrebbe detto, come lui avrebbe reagito. Ma mai aveva pensato che le avrebbe fatto così male. Né che stare di nuovo nella stessa stanza con lui l’avrebbe paralizzata in quel modo.

    Si lisciò le pieghe della gonna e lo guardò in viso. Lo conosceva intimamente, ogni centimetro, ogni curva. Era da tre anni che quel volto popolava con allarmante regolarità i suoi sogni.

    E adesso Connor era lì. Cosa dire all’uomo che aveva abbandonato la sera prima della festa di fidanzamento?

    «E quindi sei qui... di passaggio?» gli chiese, sperando che il rossore delle guance e la voce tremula non la tradissero troppo.

    «No, per affari.»

    «Ma certo, per affari.» Un nodo le strinse la bocca dello stomaco. Connor non era lì per vederla. Certo che no. Perché avrebbe dovuto? E, comunque, che importanza poteva avere? Tre anni avrebbero dovuto essere un tempo più che sufficiente per dimenticare il suo primo grande amore.

    Cercò di reagire. «Vicino a Two Rivers stanno costruendo un nuovo complesso residenziale.»

    «Lo so. Ho visto il posto e mi è venuta qualche idea.» Connor spostò lo sguardo verso la finestra e corrugò le sopracciglia, chiaramente impressionato dal panorama. La vastità dell’oceano e le spiagge immacolate di Atanga Bay erano stupende. «Ha un grande potenziale.»

    Frase dell’anno, in puro stile Wiseman. «Contemplare una vista magnifica e convertirla in denaro. Tuo padre ne sarebbe fiero.»

    «Ne dubito» sibilò Connor.

    Mim si costrinse a sorridere. «Sei sempre stato molto bravo a capire le potenzialità delle cose.»

    «Ma tu no, a quanto pare.»

    «Sostengo le mie decisioni.» Tre anni prima avevano creduto di avere un futuro insieme, il ragazzo ricco e la ragazza eccentrica pronti ad affrontare da soli il mondo intero. Peccato che le loro aspirazioni fossero così diverse!

    Lei non lo aveva mai dimenticato. Le sarebbe piaciuto che Connor facesse parte della sua vita, ma sua madre aveva ucciso la sua capacità di fidarsi degli altri.

    Gli indicò gli edifici in costruzione in cima alla collina. «Una cinquantina di villette, che dovrebbero portarci più pazienti. O almeno spero.»

    «Hai dei problemi?»

    «Niente che non possa affrontare.»

    «Sono certo che ce la farai. Lo hai fatto sempre, con o senza di me. Non hai mai temuto le sfide. Tranne che nel momento più importante.»

    «Se solo mi avessi ascoltato...»

    «Se tu me lo avessi permesso...» Connor si girò per guardarla, il viso duro come granito, inamovibile. Era stata proprio quella fermezza ad affascinare Mim. E anche una delle ragioni per cui se n’era andata.

    Cercando di non pensare alla serie infinita di interrogativi che erano rimasti in sospeso tra loro, Mim guardò l’orologio. Non aveva tempo per stare lì a ripercorrere la dolorosa strada dei ricordi. Niente doveva distrarla dal presente. Dove era finito il dottor Singh? Il suo ritardo non faceva presagire niente di buono. «Non so come mai tu sia qui, ma, come vedi, sono occupata. Tra qualche minuto ho una riunione importante. Perché non ritorni un’altra volta?» Tra qualche millennio, magari.

    «I miei affari riguardano proprio La clinica di Dana. Sono un funzionario del ministero della salute, per il progetto Matrix.» Connor le porse un biglietto da visita. Sembrava divertito di averla disorientata. «A quanto pare il cerchio si chiude, Mim. Solo che stavolta sono io a essere nel tuo territorio, per innervosirti.»

    «Fai parte del ministero? Hai seguito le orme di tuo padre e hai lasciato la medicina?»

    «Diciamo che ho solo cambiato prospettiva. E comunque» aggiunse, muovendo leggermente la testa come se un moscerino lo avesse infastidito, «l’unica cosa importante è che adesso sono qui.»

    Un brivido percorse la schiena di Mim. Conosceva intimamente non solo il suo viso, ma anche ogni centimetro del suo magnifico corpo. E proprio adesso che stava quasi riuscendo a espellerlo dalla memoria, lui le riappariva davanti così, pronto a tentarla di nuovo... «Davvero? Sarai tu a valutare la mia richiesta?» Si guardò intorno, sperando invano di scoprire una telecamera nascosta. Ma purtroppo era tutto vero. Orribilmente e inesorabilmente reale.

    Arrossì. Che disastro! Il suo futuro dipendeva da un amante respinto, un uomo che aveva della medicina generica una visione assolutamente opposta alla sua. Lei credeva nella flessibilità e nella possibilità di scelta, lui nei protocolli e nella disciplina. Per non dire di come l’avesse abbandonato senza una vera spiegazione...

    E adesso ne avrebbe pagato le conseguenze. Stizzita, gettò il biglietto da visita sulla scrivania. «Non mi serve. So già chi sei.»

    «Pensavo di dovertelo ricordare.» La fissò.

    Come se me ne potessi mai dimenticare. «E il dottor Singh? E il tuo ambulatorio?»

    «Il dottor Singh sta male, e io ho venduto la mia quota dello studio» rispose gelido Connor, elencando le due risposte sulle dita. L’ultima volta che Mim le aveva viste erano sul suo addome, promettendole ore di piacere. Adesso, invece, erano entrate a far parte del suo peggiore incubo.

    «Quindi ora lavori con il paparino?

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